di Angela Ambrogetti
12 Febbraio 2011
intervista al fratello del Papa
La Musica Sacra è anche oggi una occasione per avvicinarsi al mondo della musica in assoluto. Parola di monsignor Georg Ratzinger, fratello di papa Benedetto XVI, per decenni direttore del coro dei Passerotti del Duomo di Ratisbona. Lo scorso 25 ottobre è stato insignito del Premio "Fondazione pro musica ed arte sacra", legato al Festival internazionale di Musica ed Arte sacra dedicato a papa Benedetto nel V anno di Pontificato.
Georg Ratzinger viene spesso a Roma. Nei giorni scorsi è stato operato alle ginocchia ed ora affronta con il solito buon umore e disciplina la terapia riabilitativa, preparandosi a tornare a Roma appena possibile per rivedere il fratello. Un legame profondo quello tra i due fratelli. Così come lo racconta al mensile statunitense Inside the Vatican lo stesso monsignor Georg Ratzinger in un incontro personale.
Qual è il primo ricordo del “fratellino”?
E’ difficile rispondere e ricordare. Della nascita ricordo poco, eravamo piccoli e anche al battesimo non ero presente perché è stato battezzato subito, e noi fratelli più grandi non siamo andatiperchè era tanto freddo. Poi nella vita quotidiana è arrivato questo bambino tanto piccolo e sinceramente non sapevo molto che fare con questo bimbo così piccolo.
Poi quando siamo un po’ cresciuti eravamo i due maschi e abbiamo giocato molto insieme e fatto tante cose insieme. Cero all’inizio ero legato più con mia sorella perché eravamo i due figli maggiori, in casa, però con gli anni si è costruito un contatto più intenso con il fratello piccolo. Noi due costruivamo insieme il presepe, e poi tra i giochi più frequenti c’erano giochi spirituali, noi lo chiamiamo il “gioco del parroco” e lo facevamo noi due, nostra sorella non partecipava. Si celebrava la messa e avevamo delle casule fatte dalla sarta della mamma proprio per noi. E uno volta a turno eravamo il ministrante o il chierichetto.
Poi il seminario, e la passione per la liturgia, la musica, lo studio...
E’ stato uno sviluppo continuo. Fin da piccoli abbiamo vissuto con un amore per la liturgia e questo è proseguito via via nel seminario, ma non si è aggiunta la musica fuori della liturgia. E’ stato un tutt’ uno.
In quegli anni e da ragazzi, aveva preoccupazione o timori o speranze per il fratello più piccolo che seguiva la sua stessa strada?
Non c’era nessun motivo di preoccuparsi. Mi sono sempre interessato di quello che faceva dei suoi progetti, ma serenamente.
Dopo la prima Messa?
Per tre anni siamo stati separati perché nel 1947 Joseph è andato a Monaco e nel 1950 ci siamo ritrovati a Frisinga. Dopo l’ordinazione dal novembre del 1951 ad ottobre 1952 stavamo in parrocchie confinanti e c’era in mezzo solo un parco a Monaco. Io avevo la chiesa di San Ludwig e Joseph al Preziossismo Sangue.
E’ vero che soprattutto Joseph ha accettato di diventare professore a Bonn anche in vista della utilità della famiglia. Nel 1955 i nostri genitori si sono trasferiti da lui a Frisinga e nel 1956 si è aggiunta anche nostra sorella, e così quando io ero libero ho sempre raggiunto la famiglia a Frisinga. Il fratellino era il riferimento per tutti, non era un problema per noi tutti.
E quando è divenuto vescovo e cardinale?
Prima siamo stati separati mentre Joseph era a Bonn, a Münster e Tubinga. Poi alla fine ci siamo ritrovati a Ratisbona, io a dirigere i Domspatzen e mio fratello all’università. E’ stato un periodo molto bello ed intenso, noi tre fratelli eravamo riuniti. Certo con la nomina e il trasferimento a Monaco, ma la distanza non era tanta, era piuttosto la mancanza di tempo che ci teneva lontani perché Joseph era impegnato come vescovo e cardinale.
E il trasferimento a Roma?
In effetti è stata un po’ come una perdita quando si sono trasferiti a Roma, anche perché sapevo che era una grande responsabilità per mio fratello e sapevo che avremmo avuto pochi contatti.
Tre volte l’anno io andavo a Roma, soprattutto l’estate, e a Natale i miei fratelli venivano da me, nella sua casa a Pentling e ci teneva molto, quella era proprio casa sua. Ma soprattutto c’erano degli appuntamenti fissi per vedersi, come per l’Ascensione, quando mio fratello veniva per il ritiro spirituale e poi rimaneva qualche giorno a Pentling. Ad agosto andavamo in vacanza insieme, a Bad Hofgastein, a Bressanone, a Linz.
Nel periodo in cui eravate lontani c’è un episodio particolare che Joseph raccontava?
Il momento sempre più bello era l’arrivo del cardinale che tornava nel suo paese. Atterrava a Monaco, lo andava a prendere il sig. Künel, e quando ero ancora direttore del Coro, veniva per una cena solenne. Questo segnava l’inizio delle vacanze ed era molto bello. e poi dopo che sono andato in pensione questa cena si svolgeva nella Lutzgasse, dove vivo tuttora. Era un vero rito di accoglienza anche se non c’era una esibizione del coro. E si faceva sempre una cena di cose scelte che gli piacevano particolarmente.
E ora il Papa come lo accoglie a Roma? C’è un rito?
E’ sempre un momento molto festoso e solenne quando si scende dall’aereo. All’aeroporto mi vengono a prendere con la macchina sotto la stiva, con le auto della polizia. Tutti sono molto gentili, e io posso entrare in macchina e mi portano subito qui. E allora penso a tutti quelli che devono trovare un mezzo pubblico e i problemi con le valigie io invece arrivo solennemente…
E’ sempre un’accoglienza gioiosa da parte delle memores, i segretari, suor Christine, che rendono l’accoglienza molto bella. Poi vado a visitare mio fratello nella sua stanza. Quello è il nostro primo incontro, ed per me è tornare a casa, in questa situazione familiare con le memores e così via, e con l’incontro con lui, quando ci raccontiamo le ultime novità.
Per me la casa è l’ incontro con mio fratello dovunque sia. E sento che qui la famiglia del papa è diventata anche la mia famiglia.
Qualche ricordo del passato?
Maria completava il trio. Da quando non c’è non c’è più questo trio. Naturalmente la sua presenza richiamava anche la presenza dei nostri genitori. Anche se mancavano lei è sempre stata la persona che ci faceva pensare a loro.
E quando ha saputo la notizia che il fratello è diventato Papa?
Durante il conclave non ho mai pensato che mio fratello potesse diventare papa. Anche altri me lo hanno chiesto, ma io ero sempre convinto che non fosse possibile perché era troppo anziano ormai. Mi ricordavo di papa Giovanni XXIII che era anche un anno più giovane, e poi il collegio dei cardinali si era assottigliato. Papa Pio XII non aveva fatto più cardinali, e quindi c’era anche una scelta ristretta. Ma nel 2005 non era più così, per cui lui non se lo aspettava proprio.
Poi quando è arrivata la notizia la primissima reazione è stata di tristezza, perché ero consapevole del fatto che come papa sarebbe stato trasportato fuori dalla sua vita privata e personale. Ma non sapevo invece che si può mantenere un rapporto molto personale con il papa e incontralo come faccio adesso, con tutti i privilegi che ho ricevuto per arrivare e ripartire. Ho tutte le agevolazioni per incontrare comunque il papa come fratello.
Parlate della Baviera, c’è nostalgia per la terra di origine?
Non c’è una vera e propria nostalgia. Si cresce e si matura. Naturalmente lui si interessa di Regensburg, dei vicini, delle persone che conosce da prima, compagni di studio e così via. Questo gli interessa molto.
C’è una curiosità che abbiamo in molti, il Papa ha ancora dei gatti?
Sì, ci piacciono molto i gatti, quando ci siamo trasferiti a Hufschlag avevamo dei gatti nostri, e altri passavano nel giardino. Ci piacciano i gatti, ma ora ci sono solo quelli di Pentling.
Qual è il suo pensiero più frequente per suo fratello?
Il mio pensiero per lui è che ogni mattina possa avere la salute e la forza, di cui ha bisogno per compiere la sua missione.
Torniamo a parlare di musica: Suonate insieme ora?
Non insieme perché non riesco più a leggere la musica, posso solo suonare a memoria.
E a quattro mani?
Lo facevamo da giovani, ma non molto.
E il Papa come è come pianista?
Ha sicuramente tanto talento che poi non ha sviluppato molto, perché ha dedicato più tempo ai libri e quando c’ero io suonavo io, e lui era imbarazzato e così non suonava.
Alla fine con monsignor Ratzinger si parla sempre di musica, e anche di educazione alla musica, e di come la musica sacra oggi abbia ancora un valore non solo artistico ma anche didattico.
"Sicuramente è ancora molto importante parlare di "musica sacra" anche oggi. E del resto è anche una occasione per coloro che vivono nei piccoli centri di avere il primo contatto con la musica in assoluto. Spesso la prima conoscenza musicale avviene attraverso la musica sacra." Ci spiega infatti il fratello del papa che "è importante per chi si occupa di musica sacra, far scoprire il senso stesso della musica. E la musica sacra rende la liturgia più comunicativa anche più gioiosa e quindi tanto più bella e per questo ha un enorme valore." Poi un esempio concreto: " Mi ricordo di un grandissimo basso Walter Berry la cui voce meravigliosa è stata scoperta perché cantava nel coro della sua parrocchia, e così ha iniziato la sua carriera."
Nonostante i suoi 87 anni e gli occhi stanchi, Georg Ratzinger conserva il fresco entusiasmo di un ragazzo quando si parla di musica, e quando gli chiedo se il fratello oggi pontefice suona bene, risponde " Certo ha molto talento!" E si dispiace di non poter più suonare insieme a lui.
Fonte: www.angelambrogetti.org
12 Febbraio 2011
intervista al fratello del Papa
La Musica Sacra è anche oggi una occasione per avvicinarsi al mondo della musica in assoluto. Parola di monsignor Georg Ratzinger, fratello di papa Benedetto XVI, per decenni direttore del coro dei Passerotti del Duomo di Ratisbona. Lo scorso 25 ottobre è stato insignito del Premio "Fondazione pro musica ed arte sacra", legato al Festival internazionale di Musica ed Arte sacra dedicato a papa Benedetto nel V anno di Pontificato.
Georg Ratzinger viene spesso a Roma. Nei giorni scorsi è stato operato alle ginocchia ed ora affronta con il solito buon umore e disciplina la terapia riabilitativa, preparandosi a tornare a Roma appena possibile per rivedere il fratello. Un legame profondo quello tra i due fratelli. Così come lo racconta al mensile statunitense Inside the Vatican lo stesso monsignor Georg Ratzinger in un incontro personale.
Qual è il primo ricordo del “fratellino”?
E’ difficile rispondere e ricordare. Della nascita ricordo poco, eravamo piccoli e anche al battesimo non ero presente perché è stato battezzato subito, e noi fratelli più grandi non siamo andatiperchè era tanto freddo. Poi nella vita quotidiana è arrivato questo bambino tanto piccolo e sinceramente non sapevo molto che fare con questo bimbo così piccolo.
Poi quando siamo un po’ cresciuti eravamo i due maschi e abbiamo giocato molto insieme e fatto tante cose insieme. Cero all’inizio ero legato più con mia sorella perché eravamo i due figli maggiori, in casa, però con gli anni si è costruito un contatto più intenso con il fratello piccolo. Noi due costruivamo insieme il presepe, e poi tra i giochi più frequenti c’erano giochi spirituali, noi lo chiamiamo il “gioco del parroco” e lo facevamo noi due, nostra sorella non partecipava. Si celebrava la messa e avevamo delle casule fatte dalla sarta della mamma proprio per noi. E uno volta a turno eravamo il ministrante o il chierichetto.
Poi il seminario, e la passione per la liturgia, la musica, lo studio...
E’ stato uno sviluppo continuo. Fin da piccoli abbiamo vissuto con un amore per la liturgia e questo è proseguito via via nel seminario, ma non si è aggiunta la musica fuori della liturgia. E’ stato un tutt’ uno.
In quegli anni e da ragazzi, aveva preoccupazione o timori o speranze per il fratello più piccolo che seguiva la sua stessa strada?
Non c’era nessun motivo di preoccuparsi. Mi sono sempre interessato di quello che faceva dei suoi progetti, ma serenamente.
Dopo la prima Messa?
Per tre anni siamo stati separati perché nel 1947 Joseph è andato a Monaco e nel 1950 ci siamo ritrovati a Frisinga. Dopo l’ordinazione dal novembre del 1951 ad ottobre 1952 stavamo in parrocchie confinanti e c’era in mezzo solo un parco a Monaco. Io avevo la chiesa di San Ludwig e Joseph al Preziossismo Sangue.
E’ vero che soprattutto Joseph ha accettato di diventare professore a Bonn anche in vista della utilità della famiglia. Nel 1955 i nostri genitori si sono trasferiti da lui a Frisinga e nel 1956 si è aggiunta anche nostra sorella, e così quando io ero libero ho sempre raggiunto la famiglia a Frisinga. Il fratellino era il riferimento per tutti, non era un problema per noi tutti.
E quando è divenuto vescovo e cardinale?
Prima siamo stati separati mentre Joseph era a Bonn, a Münster e Tubinga. Poi alla fine ci siamo ritrovati a Ratisbona, io a dirigere i Domspatzen e mio fratello all’università. E’ stato un periodo molto bello ed intenso, noi tre fratelli eravamo riuniti. Certo con la nomina e il trasferimento a Monaco, ma la distanza non era tanta, era piuttosto la mancanza di tempo che ci teneva lontani perché Joseph era impegnato come vescovo e cardinale.
E il trasferimento a Roma?
In effetti è stata un po’ come una perdita quando si sono trasferiti a Roma, anche perché sapevo che era una grande responsabilità per mio fratello e sapevo che avremmo avuto pochi contatti.
Tre volte l’anno io andavo a Roma, soprattutto l’estate, e a Natale i miei fratelli venivano da me, nella sua casa a Pentling e ci teneva molto, quella era proprio casa sua. Ma soprattutto c’erano degli appuntamenti fissi per vedersi, come per l’Ascensione, quando mio fratello veniva per il ritiro spirituale e poi rimaneva qualche giorno a Pentling. Ad agosto andavamo in vacanza insieme, a Bad Hofgastein, a Bressanone, a Linz.
Nel periodo in cui eravate lontani c’è un episodio particolare che Joseph raccontava?
Il momento sempre più bello era l’arrivo del cardinale che tornava nel suo paese. Atterrava a Monaco, lo andava a prendere il sig. Künel, e quando ero ancora direttore del Coro, veniva per una cena solenne. Questo segnava l’inizio delle vacanze ed era molto bello. e poi dopo che sono andato in pensione questa cena si svolgeva nella Lutzgasse, dove vivo tuttora. Era un vero rito di accoglienza anche se non c’era una esibizione del coro. E si faceva sempre una cena di cose scelte che gli piacevano particolarmente.
E ora il Papa come lo accoglie a Roma? C’è un rito?
E’ sempre un momento molto festoso e solenne quando si scende dall’aereo. All’aeroporto mi vengono a prendere con la macchina sotto la stiva, con le auto della polizia. Tutti sono molto gentili, e io posso entrare in macchina e mi portano subito qui. E allora penso a tutti quelli che devono trovare un mezzo pubblico e i problemi con le valigie io invece arrivo solennemente…
E’ sempre un’accoglienza gioiosa da parte delle memores, i segretari, suor Christine, che rendono l’accoglienza molto bella. Poi vado a visitare mio fratello nella sua stanza. Quello è il nostro primo incontro, ed per me è tornare a casa, in questa situazione familiare con le memores e così via, e con l’incontro con lui, quando ci raccontiamo le ultime novità.
Per me la casa è l’ incontro con mio fratello dovunque sia. E sento che qui la famiglia del papa è diventata anche la mia famiglia.
Qualche ricordo del passato?
Maria completava il trio. Da quando non c’è non c’è più questo trio. Naturalmente la sua presenza richiamava anche la presenza dei nostri genitori. Anche se mancavano lei è sempre stata la persona che ci faceva pensare a loro.
E quando ha saputo la notizia che il fratello è diventato Papa?
Durante il conclave non ho mai pensato che mio fratello potesse diventare papa. Anche altri me lo hanno chiesto, ma io ero sempre convinto che non fosse possibile perché era troppo anziano ormai. Mi ricordavo di papa Giovanni XXIII che era anche un anno più giovane, e poi il collegio dei cardinali si era assottigliato. Papa Pio XII non aveva fatto più cardinali, e quindi c’era anche una scelta ristretta. Ma nel 2005 non era più così, per cui lui non se lo aspettava proprio.
Poi quando è arrivata la notizia la primissima reazione è stata di tristezza, perché ero consapevole del fatto che come papa sarebbe stato trasportato fuori dalla sua vita privata e personale. Ma non sapevo invece che si può mantenere un rapporto molto personale con il papa e incontralo come faccio adesso, con tutti i privilegi che ho ricevuto per arrivare e ripartire. Ho tutte le agevolazioni per incontrare comunque il papa come fratello.
Parlate della Baviera, c’è nostalgia per la terra di origine?
Non c’è una vera e propria nostalgia. Si cresce e si matura. Naturalmente lui si interessa di Regensburg, dei vicini, delle persone che conosce da prima, compagni di studio e così via. Questo gli interessa molto.
C’è una curiosità che abbiamo in molti, il Papa ha ancora dei gatti?
Sì, ci piacciono molto i gatti, quando ci siamo trasferiti a Hufschlag avevamo dei gatti nostri, e altri passavano nel giardino. Ci piacciano i gatti, ma ora ci sono solo quelli di Pentling.
Qual è il suo pensiero più frequente per suo fratello?
Il mio pensiero per lui è che ogni mattina possa avere la salute e la forza, di cui ha bisogno per compiere la sua missione.
Torniamo a parlare di musica: Suonate insieme ora?
Non insieme perché non riesco più a leggere la musica, posso solo suonare a memoria.
E a quattro mani?
Lo facevamo da giovani, ma non molto.
E il Papa come è come pianista?
Ha sicuramente tanto talento che poi non ha sviluppato molto, perché ha dedicato più tempo ai libri e quando c’ero io suonavo io, e lui era imbarazzato e così non suonava.
Alla fine con monsignor Ratzinger si parla sempre di musica, e anche di educazione alla musica, e di come la musica sacra oggi abbia ancora un valore non solo artistico ma anche didattico.
"Sicuramente è ancora molto importante parlare di "musica sacra" anche oggi. E del resto è anche una occasione per coloro che vivono nei piccoli centri di avere il primo contatto con la musica in assoluto. Spesso la prima conoscenza musicale avviene attraverso la musica sacra." Ci spiega infatti il fratello del papa che "è importante per chi si occupa di musica sacra, far scoprire il senso stesso della musica. E la musica sacra rende la liturgia più comunicativa anche più gioiosa e quindi tanto più bella e per questo ha un enorme valore." Poi un esempio concreto: " Mi ricordo di un grandissimo basso Walter Berry la cui voce meravigliosa è stata scoperta perché cantava nel coro della sua parrocchia, e così ha iniziato la sua carriera."
Nonostante i suoi 87 anni e gli occhi stanchi, Georg Ratzinger conserva il fresco entusiasmo di un ragazzo quando si parla di musica, e quando gli chiedo se il fratello oggi pontefice suona bene, risponde " Certo ha molto talento!" E si dispiace di non poter più suonare insieme a lui.
Fonte: www.angelambrogetti.org
Nessun commento:
Posta un commento