lunedì 21 febbraio 2011

Donne «eucaristiche» e la sacra Comunione nella clandestinità sovietica - (I parte)



di Mons. Athanasius Schneider
tratto da: Dominus est

II regime comunista sovietico, che è durato circa 70 anni (1917-1991), aveva 1a pretesa di stabilire una specie di paradiso sulla terra. Ma questo regno non poteva avere consistenza giacché era fondato sulla menzogna, sulla violazione della dignità dell'uomo, sulla negazione e persino sull’odio di Dio e della Sua Chiesa. Era un regno, dove Dio e i valori spirituali non potevano e non dovevano avere nessuno spazio. Ogni segno, che poteva ricordare agli uomini Dio, Cristo e la Chiesa, era tolto dalla vita pubblica e dalla vista degli uomini. Esisteva però una realtà che per lo più ricordava agli uomini Dio: il sacerdote. Per questa ragione il sacerdote non doveva essere visibile, anzi non doveva esistere.

Per i persecutori di Cristo e della Sua Chiesa il sacerdote era la persona pili pericolosa. Forse loro, implicitamente, conoscevano la ragione per cui il sacerdote era ritenuto la persona più pericolosa. La vera ragione era questa: solo il sacerdote poteva dare Dio agli uomini, dare Cristo in maniera più concreta e diretta possibile, cioè attraverso l'Eucaristia e la sacra Comunione. Perciò era proibita la celebrazione della santa Messa. Ma nessun potere umano era in grado di vincere la potenza Divina, che operava nel mistero della Chiesa e soprattutto nei sacramenti.
Durante quegli anni bui, la Chiesa, nell'immenso impero sovietico, era costretta a vivere nella clandestinità.

Ma la cosa più importante era questa: la Chiesa era viva, anzi vivissima, benché le mancassero le strutture visibili, benché le mancassero edifici sacri, benché ci fosse un'enorme scarsità dei sacerdoti. La Chiesa era vivissima, perché non le mancava del tutto l'Eucaristia -benché raramente accessibile per i fedeli -, perché non le mancavano anime con fede salda nel mistero eucaristico, perché non le mancavano donne, spesso madri e nonne, con un' anima « sacerdotale» che custodivano e persino amministravano l'Eucaristia con amore straordinario, con delicatezza e con la massima riverenza possibile, nella spirito dei cristiani dei primi secoli, che s'esprimeva nell' adagio: «cum amore ac timore».

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