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by Aldo Maria Valli
di Jeanne Smits
Venerdì scorso il governo olandese ha confermato che un piano per la legalizzazione dell’uccisione medica di bambini di età compresa tra uno e dodici anni che è in elaborazione da più di un anno e diventerà legge entro la fine del 2023.
La legge consentirebbe la morte medicalmente assistita per i bambini in questa fascia di età in caso di “sofferenza fisica insopportabile e senza speranza” ogni volta che il trattamento medico non sia d’aiuto.
Il termine “eutanasia” è stato usato dai media, ma legalmente non apparirà: si parlerà di applicazione di un protocollo di “fine vita” deciso dai medici in accordo con i genitori. Nel linguaggio ordinario, invece, il termine eutanasia corrisponde esattamente a quanto si sta mettendo in atto.
Secondo la legge olandese, l’eutanasia segue necessariamente una richiesta del paziente, che si tratti di una richiesta recente o di direttive anticipate.
Il nuovo passo è stato reso possibile da una campagna mediatica che ha preceduto per più di un anno questa iniziativa, con la complicità della stampa olandese basata per lo più sul “sollievo” dei genitori, ritratti come impotenti di fronte al calvario della malattia di un figlio. Questo pendio scivoloso verso la barbarie mette da parte la legge naturale, inscritta nel cuore di ogni uomo (ma a volte abbastanza oscurata), che vieta l’uccisione degli innocenti.
A quanto pare nei Paesi Bassi il limite all’uccisione di coloro che soffrono (eutanasia) o di coloro che si presentano al momento sbagliato (aborto) è stato violato in modo definitivo.
Con le leggi adottate, nel paese un decesso su venti è correlato all’eutanasia (anno 2022). I casi che giustificano l’eutanasia includono sofferenza psicologica, peggioramento della malattia cognitiva, denunce multiple (nessuna delle quali fatale), demenza accompagnata da una precedente richiesta di eutanasia ed eutanasia per le coppie. L’eutanasia dei minori (dai 12 ai 16 anni con il consenso dei genitori, poi fino ai 18 anni senza tale consenso, anche se i genitori devono essere coinvolti nella discussione) è possibile da quando è entrata in vigore la legge olandese sull’eutanasia, la prima al mondo, adottata nel 2002.
Per i bambini di età inferiore a un anno, l’uccisione medica deliberata è possibile nei Paesi Bassi dal 2004 ai sensi del Protocollo di Groningen voluto da pediatri e funzionari del tribunale in quella città per affrontare casi in cui “l’unico modo per porre fine al dolore” o alla sofferenza del bambino sarebbe quello di “lasciare morire il paziente secondo procedure accurate”, senza incorrere in un’accusa di omicidio.
Tuttavia, l’espressione Protocollo di Groningen mira semplicemente a distinguere la pratica dall’eutanasia che viene eseguita su richiesta del paziente. In realtà, il Protocollo di Groningen consente di uccidere o “lasciare morire” per mancanza di cure senza essere soggetti ai requisiti della stessa legge sull’eutanasia.
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In pratica, nei vent’anni circa di esistenza di questo protocollo, tra i venti e i cento bambini di età inferiore a un anno sono stati portati a morte con il consenso dei genitori. Non è noto se queste statistiche siano esaustive, in quanto non si tratta di “eutanasia” in senso legale. Questi atti sfuggono alla vigilanza delle commissioni regionali deputate a valutare ogni caso effettivo di eutanasia, in quanto il medico non è obbligato a denunciarli. Il numero (relativamente) esiguo si spiega anche con la possibilità di aborti tardivi, che vengono eseguiti sulla base di esami prenatali ed eliminano i nascituri affetti da gravi handicap fisici o mentali.
Il Protocollo di Groningen prevede diversi modi per porre fine alla vita di un neonato durante il suo primo anno di vita: dal rifiuto delle cure di sostentamento vitale – il caso di gran lunga più frequente, che potremmo definire eutanasia lenta – all’uccisione cosiddetta “attiva” mediante la somministrazione di una sostanza letale.
La modifica voluta dal ministro della Salute olandese Ernst Kuijpers — e che dovrebbe essere attuata dall’esecutivo dopo che quest’ultimo avrà consultato gli operatori sanitari su possibili criteri e protocolli per la sua applicazione — estenderà l’uso del Protocollo di Groningen, autorizzando un “fine vita attivo” a “beneficio” dei figli da uno a dodici anni, ma senza la condizione sine qua non di una espressa richiesta personale.
Per procedere sarà necessario il via libera di due medici e l’assenso esplicito di entrambi i genitori. Il medico direttamente responsabile del bambino dovrà inoltre assicurarsi che il protocollo di fine vita non venga applicato in alcun modo contro la volontà personale del bambino. Una commissione di valutazione avrà il compito, d’intesa con la Procura della Repubblica, di verificare caso per caso il rispetto degli adempimenti di legge.
La lettera del governo con cui Kuijpers ha annunciato la sua intenzione rileva che in alcuni casi – da cinque a dieci all’anno – un bambino soffre in modo tale che le cure palliative non sono in grado di fornire sollievo. In tali casi, tuttavia, quando la morte è vicina, può essere utilizzata la sedazione profonda, e in questo caso l’intenzione non è necessariamente quella di fornire la morte o di abbreviare la vita, ma di combattere il dolore che non viene superato da nessun altro trattamento. Tuttavia, questa soluzione, che di per sé non è immorale, non è accettata da alcune persone. È per scelta, anzi per ideologia, che sta avvenendo la deriva verso l’eutanasia.
Allo stesso modo, la scelta di una decisione prettamente esecutiva da parte del Consiglio dei ministri è stata dettata dalla volontà di non sottoporre al Parlamento questo tema così delicato, dato che la coalizione che sostiene il governo non mostra unità sul tema.
Gli esempi forniti per giustificare l’uccisione deliberata sono sicuramente orribili. Includono un bambino che ha gridato aiuto per tre giorni mentre si batteva la testa prima di soccombere a un tumore al cervello; o bambini che hanno crisi epilettiche quasi continue. La sofferenza dei genitori di fronte all’esperienza del figlio fa ovviamente parte dell’equazione.
L’eutanasia viene indicata come l’unica soluzione. È facile capire perché nel contesto olandese l’eutanasia stia gradualmente diventando la norma o, meglio, una cosa normale. Il cinque per cento dei decessi per eutanasia è una piccola percentuale, ma è sufficiente che ogni olandese abbia avuto un parente, un amico o un collega che ha avuto una morte “scelta” e che l’approvazione sociale si sia diffusa ampiamente. E non c’è motivo di migliorare le cure palliative nei Paesi Bassi: da qui la corsa verso sempre più uccisioni “misericordiose”.
Tutto ciò equivale ad aprire la porta all’imposizione della morte ai più deboli giustificandola sulla base della percezione della loro sofferenza da parte di terzi. Si tratta infatti di un primo passo verso l’eliminazione su vasta scala di tutti coloro che non possono ancora o non possono più esprimere la propria volontà perché molto giovani, molto anziani, molto handicappati o molto malati.
Naturalmente, non c’è dubbio che l’espressione della volontà di una persona giustifichi in qualche modo l’eutanasia o la “morte scelta”. Ma l’attuale deriva nei Paesi Bassi mostra che legalizzando l’eutanasia è stato preparato il terreno per la morte scelta… da altri.
Fonte: lifesitenews.com
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