sabato 30 luglio 2022

Il servizio sanitario britannico chiude la clinica che sfornava bambini transgender





Un'indagine definitiva conferma tutti i timori e le denunce di medici e pazienti. La gender clinic di Londra che somministrava farmaci sperimentali a migliaia di minori sarà smantellata




Caterina Giojelli30/07/2022
Salute e bioetica


Entro la primavera il Gender Identity Development Service (Gids) della Tavistock & Portman di Londra non esisterà più: dopo avere avuto accesso alle cartelle cliniche degli oltre 9 mila minori curati per disforia di genere negli ultimi dieci anni, il team di esperti guidato dalla pediatra in pensione Hilary Cass ha messo la parola fine all’incubo di Keira Bell e migliaia di ragazzini bollati come transgender e costretti a «un percorso tortuoso e inutile, permanente e che cambia la vita»: «L’attuale modello di cura – scrive Cass – espone i ragazzi a un rischio considerevole di disagio mentale e non rappresenta un’opzione sicura né praticabile a lungo termine».


L’inchiesta definitiva contro la Tavistock


Davanti alle prove schiaccianti raccolte dagli esperti sulla quantità indescrivibile di trattamenti sperimentali ormonali prescritti ai bambini al di fuori dei consueti standard clinici e di tutela, il servizio sanitario inglese ha finalmente deciso: il Gids verrà chiuso, i suoi servizi verranno trasferiti ai centri regionali supervisionati dai principali ospedali pediatrici, come Great Ormond Street e Alder Hey.


Ma ci sono voluti più di tre anni, le dimissioni di massa di molti medici, le denunce dei pazienti in tribunale, le prime pagine del Times per porre fine al furto dell’infanzia e alla mercificazione dei corpi dei minori (cinquemila pazienti nel 2021, erano 250 solo dieci anni prima): «È in atto un esperimento di massa sui bambini, i più vulnerabili». Tra di loro, Keira Bell, la ragazzina che a soli 16 anni e nel giro di tre soli appuntamenti, si trovò ad assumere bloccanti della pubertà, poi iniezioni di testosterone e a vent’anni a subire una doppia mastectomia. Fino a realizzare che ad essere sbagliato non era il suo corpo e decidere di ricorrere con tanti altri detransitioners come lei all’Alta Corte inglese contro la clinica.


Il dottor Bell: «Non potevo far finta di niente»


Lo scandalo della Tavistock era venuto alla luce alla fine del 2018, quando un rapporto sui metodi discutibili del Gids steso dallo psichiatra e psicanalista David Bell, responsabile dei servizi per gli adulti presso la Tavistock (che lo ostacolò e sanzionò in tutti i modi), era arrivato ai giornali. Tempi aveva ripercorso l’intera vicenda qui: dieci medici (un terzo dei clinici alle prese con i bambini avviati alla clinica) avevano bussato alla porta del luminare più anziano per chiedere aiuto. Al Gids, spiegavano, i bambini erano sempre più provati, e non sempre condividevano il senso di urgenza dei genitori. I loro capi liquidavano come “casi semplici” quelli di piccoli pazienti a cui diagnosticare immediatamente la disforia di genere e somministrare di default bloccanti della pubertà e ormoni sessuali incrociati.


Alcuni piccoli erano stati avviati al trattamento dopo due soli appuntamenti, bollati come trans, e da allora mai più seguiti. Secondo i medici il Gids stava inoltre arruolando troppi psicologi inesperti (e poco costosi). Il caso più grave riguardava un bambino, spedito da un endocrinologo per iniziare il trattamento a soli 8 anni. «Non potevo far finta di niente», raccontò Bell al Guardian.


«Volete un figlio vivo o una figlia morta?»


Quell’anno in 18 si licenziarono per “ragioni di coscienza” («questo trattamento sperimentale viene effettuato non solo sui bambini, bensì su bambini molto vulnerabili, che hanno avuto problemi di salute mentale, abusi, traumi familiari. Ma a volte questi fattori vengono semplicemente insabbiati», raccontarono al Times) seguendo l’esempio dello psicanalista Marcus Evans, il primo a contestare ciò che la clinica propinava come “trattamento reversibile” a minori con disturbi dello spettro autistico, nonché a genitori, già convinti da attivisti, celebrità ed influencer che la transizione fosse cosa normale, facile e indolore.

L’inchiesta del Times fece tremare il Regno Unito: i medici denunciarono le pressioni della clinica per avviare al percorso di transizione il più gran numero di bambini possibile dopo sedute di sole tre ore. Nella fretta di accettare e celebrare la nuova identità transgender venivano ignorate storie familiari complesse, di ragazzi gay o autistici diagnosticati di default come “transgender”, avviati ai bloccanti ormonali a partire dai sedici anni. E raccontarono come le charity transgender avessero avuto responsabilità fondamentali nel promuovere tra madri e padri la transizione di genere come unica “cura” per i loro figli, citando la potentissima Mermaids: «Mermaids dice sempre ai genitori che è una questione di vita o di morte. “Preferiresti un ragazzo vivo o una ragazza morta?”: la narrazione di Mermaids è ovunque».

«Un esperimento dal vivo e non regolamentato sui bambini»


Molti professori e colleghi si unirono ai medici, editoriali affrontarono il tema della pericolosità dell’uso off-label dei farmaci, «un esperimento dal vivo non regolamentato sui bambini». L’inchiesta sui servizi di riassegnazione aprì diversi contenziosi in tribunale, Tavistock diventò il centro di un’intensa attività di ispezione e monitoraggio da parte del ministero della Sanità, intervenne anche la politica.

Lo scorso anno un rapporto della Care Quality Commission bollò il Gids come «inadeguato», il punteggio più basso che può ottenere un operatore sanitario. Nel rapporto si denunciava la mancanza di registri, l’assenza di numeri, documenti di consenso dei pazienti, le valutazioni sommarie, liste di attesa assurde: 4.600 i giovani che si dicevano transgender cercavano di prenotarsi per un appuntamento.


Il rischio di avere interrotto lo sviluppo cerebrale dei bambini


Eppure la verità è alla fine venuta a galla ed è ancora più terribile di quella che lasciavano immaginare le inchieste. Non solo nel rapporto di Cass – qui ben ripreso nei suoi passaggi più importanti dallo Spectator – si evince che per anni l’Nhs ha trattato bambini vulnerabili, angosciati e incerti sul loro genere, come transgender e con farmaci che avranno un impatto irreversibile sulla loro vita, senza sapere se quei farmaci potessero produrre i risultati attesi o, al contrario, rendere loro più difficile risolvere disagi e incertezze. Non solo i bloccanti della pubertà potrebbero aver avuto l’effetto opposto a quello che è stato così strenuamente rivendicato. Ma:
«Un ulteriore motivo di preoccupazione è che gli aumenti di ormone sessuale in adolescenza potrebbero innescare l’apertura di una fase critica per la rimappatura sulla base dell’esperienza dei circuiti neurali responsabili della funzione esecutiva (ossia la maturazione della parte del cervello coinvolta nel pianificare, prendere decisioni e giudicare). Se le cose stanno così, la maturazione del cervello potrebbe essere temporaneamente o permanentemente interrotta dai bloccanti della pubertà, cosa che potrebbe avere un impatto significativo sulla capacità di assumere decisioni complesse che comportano rischi, così come possibili conseguenze neuropsicologiche nel lungo periodo. A oggi, sono state condotte ricerche molto limitate sull’impatto di breve, medio e lungo periodo dei bloccanti della pubertà sullo sviluppo neurocognitivo».

In altre parole una revisione dell’Nhs ha dimostrato che i farmaci che lo stesso servizio sanitario ha somministrato ad alcuni bambini possono interrompere lo sviluppo cerebrale e lasciarli ancora meno in grado di prendere decisioni complesse. Tali farmaci potrebbero avere conseguenze a lungo termine per il funzionamento mentale dei bambini a cui sono stati somministrati.


Tre anni di «paura di essere accusati di transfobia»


«Tutto ciò solleva molte domande tristi – scrive lo Spectator -. Eccone solo due. Data la mancanza di prove a sostegno dell’uso dei bloccanti della pubertà e la quantità di preoccupazioni sollevate, perché ci è voluto così tanto tempo prima che le incertezze e i rischi legati al loro uso fossero ufficialmente riconosciuti? In quale altro contesto le autorità responsabili – mediche, governative e politiche – sarebbero state così lente a intervenire su un così scandaloso disprezzo per il benessere dei bambini?».


Già Bell, sconcertato dall’assenza di “teste rotolate” alla Tavistock dopo la sua denuncia, si era detto scioccato dalla riluttanza della sinistra ad occuparsi della questione: «Pensano che questo abbia a che fare con l’essere liberali, piuttosto che con la preoccupazione per come vengono curati i bambini. Mermaids e Stonewall hanno fatto temere alle persone anche solo la possibilità di ascoltare un altro punto di vista». «Ciò che conta è la verità. Ma la paura di essere additato come transfobico ora prevale su tutto».


Il Times: i bloccanti come le lobotomie per la cura delle malattie mentali


«Quando alla fine il servizio sanitario nazionale ha deciso di indagare, il rapporto della dottoressa Hilary Cass è stato spaventoso – scriveva ieri il Times sull’epilogo di una vicenda seguita dai suoi giornalisti per oltre tre anni -. La clinica non era riuscita a tenere registri accurati di tutti i bambini trattati con ormoni dopo la loro crescita. Non c’è stato un monitoraggio a lungo termine degli esiti, nessun tentativo di guardare ad altri fattori che influenzano il benessere mentale e nessuna distinzione tra esperienza clinica e lo stridente attivismo di coloro che hanno insistito sul fatto che i diritti dei trans fossero soprattutto una questione di accettazione sociale e politica. La scienza non dovrebbe mai essere prigioniera dell’ideologia, né gli scienziati dovrebbero essere intimiditi per smorzare i dubbi sulla pratica attuale. La dipendenza della Tavistock dai bloccanti della pubertà è stata paragonata alla mania del Ventesimo secolo per la cura delle malattie mentali con le lobotomie. Si basa su poche prove cliniche ma diventa una cura universale. I bambini sono soggetti a una miriade di fattori che influenzano la loro salute mentale: anoressia, autolesionismo, isolamento e relazioni interrotte. La dismorfia corporea dovrebbe essere inserita nel contesto dell’assistenza pediatrica generale, come sarà ora. Le preoccupazioni per l’ottusa ideologia del Tavistock sono state a lungo evidenziate dagli scrittori del Times. Finalmente il governo ha ascoltato».


Photo by Sharon McCutcheon on Unsplash





Nessun commento:

Posta un commento