mercoledì 25 gennaio 2012
L'eloquenza dei segni
In questo blog [Traditio Liturgica] ho spesso segnalato come il linguaggio nella liturgia sia importante e nulla è affidato al caso.
L'orientamento tradizionale, quello "conservatore" e, infine, quello "progressista" sono ben riconoscibili e ognuno ha un messaggio differente da dare.
Inutile rimarcare che nella liturgia cristiana ha senso solo l'orientamento tradizionale, dal momento che gli altri due alla fine non sono che un "gioco" con la realtà del sacro, per quanto motivato da vari ragioni più o meno apparentemente sostenibili e serie.
Nella foto ho voluto porre un esempio di disposizione "progressista" che obbedisce, nello specifico, ai bisogni di un particolare movimento cattolico. Soluzioni simili, però, si possono trovare anche in altri ambiti ecclesiali cattolici.
La mia analisi vuole aiutare i lettori ad "interpretare" il messaggio che si riceve quando si entra in un tempio.
Osservando la foto, l'insieme dona apparentemente una certa sensazione di eleganza e armonia. Dobbiamo notare, tuttavia, molti elementi anti-tradizionali che finiscono per infondere inquietudine.
1) L'assenza di presbiterio. Qui non esiste un luogo "eletto" dove vengono celebrati i divini misteri. La presenza dei laici è ovunque e si mescola e confonde con quella dei chierici. Laici e chierici circondano, dunque, la mensa sulla quale si celebra l'Eucarestia. Questo è un elemento talmente contrario alla tradizione che, perfino nella basilica di Aquileia (IV secolo), nell'aula in cui si celebravano i divini misteri, gli spazi tra chierici e laici erano distinti e ben delimitati. Ancora oggi esiste, tra i mosaici, il segno lasciato dalle balaustre di legno che separavano presibiterio da navata.
Questo non vuole solo evidenziare funzioni diverse, ma sottolineare aree con simbologie differenti. Purtroppo oggi tutto ciò sfugge, visto che non si conoscono più le antiche mistagogie patristiche.
2) La mensa sulla quale si celebra l'Eucarestia non è un il luogo più elevato, al punto che chi si trova nel cerchio di sedili più periferici sta più in alto. Questa scelta è contraria a quella tradizionale per cui l'altare rappresenta il "monte elevato" verso il quale convergono gli occhi di TUTTI gli astanti. Qui quanto viene celebrato sembra sgorgare dal basso, non scendere come dono dall'alto. La scelta differente dei simboli non è mai lasciata al caso ed è una muta permanente catechesi!
3) La mensa dell'Eucarestia non pare essere un vero altare. Ad esso mancano tovaglie, candelieri, croce. Tutto fa pensare che si tratta di un supporto utile alla celebrazione e nulla più. Si perde, dunque, il valore pregnante dell'altare (come ho specificato in un altra discussione).
4) Le grandi iconografie di sfondo utilizzano un linguaggio cromatico alterato. Un esempio: il nero in luogo del blu o del verde. Anche la scelta del nero, nell'universo dell'iconografia, non è indifferente; rappresenta qualcosa di nichilistico, di tombale. Inoltre, tali iconografie travisano il vero significato dell'icona che, in Oriente, è sempre una finestra aperta all'infinito, da incontrare e baciare, non da porre sulla testa di tutti con dimensioni esagerate. Qui l'icona si trasforma da elemento simbolico, a puro arredo estetico.
Per questo genere di caratteristiche, tale luogo come altri di simile genere, è totalmente inadatto alla celebrazione di un culto tradizionale (che sia latino, bizantino, copto o altro).
Trattasi di una realizzazione in palese rottura con tutto il mondo liturgico precedente. La rottura, d'altronde, non ha mai contraddistinto la Chiesa, animata da sempre da venerazione per le tradizioni, bensì quanto le è contrario.
Fonte: Traditio Liturgica 24 gennaio 2012
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