A colloquio con il superiore della "Fraternidad de Cristo Sacerdote y Santa Marìa Reina", Padre Manuel Marìa de Jesùs
di Shawn Tribe
Qualche mese fa in Spagna il superiore della "Fraternidad de Cristo Sacerdote y Santa Marìa Reina", Padre Manuel Marìa de Jesùs, ha pubblicato un libretto dal titolo "Motu Proprio Summorum Pontificum, Problema o Risorsa?", subito tradotto in portoghese, segno dell'interesse che ha suscitato nella penisola iberica.
Il libro va dritto al nocciolo dell'argomento e, in effetti, sta rompendo il silenzio che circondava il permesso da parte di Benedetto XVI di celebrare la Messa tradizionale in Spagna e in Portogallo. Questo grande silenzio è stato quantificato dalle indagini d'opinione condotte in quei Paesi: in Portogallo, secondo l'indagine interattiva Harris del 2010, il 74% dei cattolici non ha mai sentito parlare del Motu Proprio, e in Spagna, secondo l'indagine Ipsos del 2011, la proporzione raggiunge l'81,7%.
L'opera di Padre Manuel è meritoria. E' per questo che proponiamo la seguente intervista al fine di scoprire qual è stato il motivo che lo ha spinto, motivo che ha a che fare con la sua profonda obbedienza al Santo Padre e alla gioia e gratitudine provata per la scoperta della liturgia tradizionale.
I - INTERVISTA CON PADRE MANUEL
1) Padre Manuel, si vuole presentare ai suoi lettori?
Padre Manuel: Mi chiamo Manuel Folgar Otero - in religione, Padre Manuel Marìa de Jesùs. Sono stato ordinato nel 1988 nella diocesi di Santiago de Compostela, dove per dieci anni sono stato vicario parrocchiale di San Giuseppe di Pontevedra, e inoltre cappellano d'ospedale, direttore della Legione di Maria Curia e direttore spirituale di una associazione di Adoratrici Notturne. Ho insegnato religione nella scuola media per dodici anni, amministratore di alcune parrocchie rurali da quindici anni e finalmente fondatore di una associazione privata, la Fraternità di Cristo Sacerdote e di Santa Maria Regina. Da questa fraternità sono nati i Missionari della Fraternità di Cristo Sacerdote e di Santa Maria Regina, una associazione presbiterale pubblica ancora in formazione, ha la sua base a Toledo e io ne sono superiore dal 2009.
2) Qual è la sua esperienza della forma straordinaria del rito romano e che posto ha il Motu Proprio Summorum Pontificum nella sua vita sacerdotale?
Padre Manuel: Data la mia età, sono nato nel 1962, non ho alcun ricordo nella mia infanzia di aver mai visto una Messa tradizionale, tanto meno nella mia giovinezza o dopo. La prima volta che ho assistito a una celebrazione della Santa Messa secondo quella che oggi è chiamata forma straordinaria, è stato dopo l'anno 2000. E' stao solo nel 2004-2005 che ho conosciuto la liturgia tradizionale nel corso di alcune mie visite al monastero di Le Barroux. Nel 2007 mi fu possibile conoscere il seminario internazionale dell'Istituto di Cristo Re a Gricigliano e, in quella occasione, era presente anche il Cardinale Canizares per il conferimento di ordinazioni sacerdotali. E' stato solo dopo il 2007, l'anno della promulgazione del Motu Proprio Summorum Pontificum, che ho cominciato a celebrare regolarmente secondo la forma straordinaria. Nell'ottobre di quello stesso anno, in un'udienza indimenticabile, il Cardinale Castrillòn Hoyos, presidente della commissione Ecclesia Dei, ci incoraggiò.
Oggi la forma straordinaria è una caratteristica della nostra comunità ed è riconosciuta come tale nei nostri statuti.
La mia esperienza è molto positiva e, in certi aspetti, perfino emozionante. Ho compiuto un cammino di scoperta di tale meraviglioso tesoro che ci era stato nascosto, insieme ai miei fratelli della comunità e ai parrocchiani. Per i più anziani si è trattato di una riscoperta, e per i più giovani di una assoluta novità. Nelle varie parrocchie che dirigo, non ho mai incontrato la minima avversione o resistenza alla Messa tradizionale. Ciò potrà sorprendere, ma è così. Io e i miei fedeli insieme abbiamo vissuto sulla nostra pelle l'esperienza di quel padre di cui parla il vangelo, "il padrone di casa che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche" (Mt. 13,52). Per noi quel padre è stato Sua Santità Benedetto XVI, che ci ha aperto quel meraviglioso tesoro, antico ma sempre rinnovato, che è la liturgia bimillenaria della Chiesa, un autentico monumento di fede e di pietà.
Nella mia vita sacerdotale, essa ha significato un arricchimento a tutti i livelli: nella dottrina, nella preghiera, nell'identificazione con Cristo sacerdote e vittima, ecc. E in tanti altri aspetti, non mi obbliga ad entrare nell'oggi. Approfitto di tale occasione, per far presente un errore. Alcuni riconoscono che la liturgia tradizionale può arricchire il sacerdote che la celebra, ma la giudicano di detrimento per i fedeli, poiché li impoverirebbe spiritualmente,quasi annullando o perfino impedendo la loro partecipazione e comprensione della liturgia. Devo umilmente dire che ciò non corrisponde alla mia esperienza, anzi tutto il contrario.
La celebrazione della liturgia tradizionale costringe il sacerdote a dare maggiore attenzione pastorale ai fedeli, nel senso di dedicare molto più tempo ed energie per la loro formazione dottrinale e spirituale. La formazione permanente si basa sul vero significato di "actuosa participatio": la disposizione interiore di unirsi a Cristo Vittima attraverso la mediazione del sacerdote che, quale ministro di Cristo e della Chiesa, rinnova e offre il Divino Sacrificio. Si fonda pure sulla particolare cura con cui si formano i propri fedeli liturgicamente e mistagogicamente. Che diritto o base abbiamo per sottovalutare la capacità dei laici di partecipare degnamente e fruttuosamente alla liturgia bimillenaria della Chiesa? Vi sono dei laici con un grado di istruzione molto semplice che potrebbero insegnare qualche cosa a quelli che si ritengono dotti. Sono laici che non hanno mai messo piede in una scuola di teologia, ma che conoscono a memoria il contenuto della fede e che vivono il mistero eucaristico in modo incredibilmente intenso e in profonda unione con Cristo Sacerdote. Essi traggono dalla loro partecipazione al Divin Sacrificio, la forza e l'ispirazione per offrire in cambio se stessi nella loro vita quotidiana, come ostie sante e gradite a Dio.
Oggi, grazie a Dio, i fedeli possono leggere e seguire i testi della Santa Messa sui loro messali, associandosi così in modo più perfetto alle Preghiere della Santa Liturgia. Ciò esige una concentrazione e un'attenzione ben più grandi di quelli che si accontentano di ascoltare.
Dietro a molte delle obiezioni al Motu Proprio, troviamo più ideologia che ragioni legittime.
3) Nell'introduzione al suo libro, Lei giustifica il suo scritto con la mancanza di conoscenza del Motu Proprio tra i sacerdoti spagnoli e, in misura ancora maggiore, tra i laici. Per cui, è rimasto sorpreso dal risultato dell'inchiesta Ipsos che "Paix Liturgique" ha commissionato poco prima della Giornata Mondiale della Gioventù, che indica che il 69,5% di cattolici praticanti spagnoli non ne ha mai sentito parlare?
Padre Manuel: Non mi ha sorpreso affatto. Anzi, trovo che il risultato non si avvicini alla realtà. Sono persuaso infatti che la schiacciante maggioranza dei fedeli non sappia nulla del Motu Proprio, e che coloro che ne sanno qualcosa, compresi i preti, non ne conoscono il contenuto. Se ne scrive pochissimo al riguardo. L'idea prevalente, totalmente distorta, è che il Papa ha autorizzato la Messa in latino per i seguaci del vescovo Lefebvre, punto. Sono molti quelli che diffondono questo equivoco allo scopo di minimizzare l'insegnamento del Papa e di ridimensionare l'importanza del Motu Proprio che, tra l'altro, ha forza di legge per la Chiesa universale e, come tale, detta autentici diritti e doveri che tutti devono rispettare.
Purtroppo, molti stanno ai titoli sensazionali che offrono certi mass media che stravolgono la realtà e la verità della notizia riportata.
4) Per questo il suo libro, avvalorato dalla forma e dal contenuto, cerca principalmente di far conoscere il testo del Motu Proprio e il desiderio del Papa. Che accoglienza ha avuto in Spagna?
Padre Manuel: Ho tentato di fare del mio meglio. L'accoglienza tra quelli che il libro voleva raggiungere, è stata ottima, pur con i nostri mezzi limitati. Me lo sono autopubblicato e, oltre ai miei contatti personali, il libro non ha suscitato molta risposta, a parte qualche sito internet.
Per questo tipo di tematica, non puoi contare sugli editori cattolici, non sono interessati, non rientra nella loro linea editoriale... Pensi solo che quando il libro eccezionale del vescovo Schneider, "Dominus est", che si dice sia stato molto apprezzato dal Santo Padre, è stato offerto a diversi editori spagnoli per minimi diritti d'autore, nessuno era disposto a pubblicarlo. Non so come andrebbe oggi... E sto parlando di editori cattolici, alcuni dei quali sono reputati "conservatori". Ancora una volta, prevale l'ideologia. E' come se volessero che la gente non sappia troppo, che non pensi con la propria testa e si inchini al pensiero dominante. Per quanto ciò sia triste, è così. Benedetto XVI ha denunciato spesso la dittatura del relativismo. Beh, potremmo dire allo stesso modo, credo, che c'è una dittatura del pensiero unico che è presente e molto potente in certi circoli.
Perché certuni mostrano di avere tanta paura all'idea che la gente possa conoscere, sperimentare e decidere da sola? Non si è sbandierata da tanti anni la nozione che il laicato ora è adulto? Perché non lasciamo decidere ai fedeli, e smetterla di mettere il bastone tra le ruote nelle decisioni del Santo Padre?
5) Al capitolo 9 del suo libro, Lei insiste sulla necessaria unità delle Chiese locali con Roma. Fino ad oggi, soltanto un prelato spagnolo, il vescovo Urena Pastor, ha celebrato la forma straordinaria nella sua diocesi. Si può sperare che altri vescovi seguano il suo esempio?
Padre Manuel: Ad oggi, sembra che altri due vescovi spagnoli abbiano effettivamente celebrato nella forma straordinaria, anche se l'hanno fatto nella semi-segretezza, durante la Giornata Mondiale della Gioventù. Nessun annuncio, nessuna notizia. Gli unici quasi che vi hanno partecipato, appartengono a gruppi legati alla forma straordinaria. Non so di chi fosse la responsabilità di quella situazione, ma non mi permetto di credere che sia stato fatto in mala fede.
Non mi aspetto che altri vescovi celebrino la Messa tradizionale nelle loro diocesi, soprattutto perché non esiste una significativa richiesta da parte dei fedeli, dei religiosi o dei preti. Eppure, molti sacerdoti ammettono che non osano studiarla o celebrarla per paura incomprensibilmente di essere criticati. In Spagna, siamo ancora alla fase di Nicodemo: impariamo a celebrare in segreto...
Contra facta non valet argomentum. E i fatti ci dicono che spetta ai preti e ai laici più convinti e determinati smuovere le cose. Io non sono a conoscenza dei pensieri più intimi del Santo Padre, ma pare che il Papa, con il Motu Proprio, abbia fatto sì che l'argomento non rientri più nelle decisioni arbitrarie dei vescovi. In questi anni Roma ha coerentemente insistito sul "diritto dei fedeli" di partecipare alla liturgia tradizionale, e non sull diritto dei vescovi di autorizzarla o no. La massima autorità liturgica è il Papa. E' Benedetto XVI che ha promulgato il Motu Proprio e ha colto l'occasione per richiamare che la Messa tradizionale non è stata mai proibita. Ciò mi fa pensare che ogniqualvolta è stata proibita, lo si è fatto a dispetto della legge.
Le Chiese locali sono chiamate a vivere in comunione affettiva ed effettiva con la Madre Chiesa di Roma, e tale comunione si esprime e si manifesta in modo eccellente attraverso la liturgia. Senza alcun dubbio il vescovo, in ogni diocesi, è il supremo responsabile della liturgia, un ufficio che deve compiere in perfetta comunione ed armonia con la Sede Apostolica. Questo è precisamente il motivo per cui il Motu Proprio in nessun moddo diminuisce l'autorità episcopale.
Un'altra tesi assolutamente indegna è quella di sostenere che la coesistenza di differenti forme liturgiche metta a repentaglio la comunione ecclesiale. Si confuta facilmente tale tesi sia da un punto di vista storico che nella realtà concreta. Basti considerare la ricchezza dei diversi riti orientali e latini. Chi può seriamente sostenere che queste diversità mettano a rischio l'unità della Chiesa? Al contrario, l'unità della Chiesa è sotto attacco quando si negano le verità della fede, quando si contesta il Magistero, quando si disobbedisce al Vicario di Cristo o quando qualcuno si appropria della liturgia come se fosse cosa sua, "costruendosela" per sé al di fuori delle leggi ecclesiastiche.
Ci sono poi dei vescovi che spiegano che in realtà non hanno un numero sufficiente di fedeli che richiedono la celebrazione nella forma straordinaria. A volte succede che sia vero, almeno in Spagna. E' anche vero però che non si può chiedere se non si conosce. Ora, sono in molti oggi che ignorano perfino che esista una forma straordinaria, e non possono quindi esprimere liberamente un'opinione.
6) Tornando all'inchiesta Ipsos condotta da "Paix Liturgique", che cosa pensa della cifra del 50,4% dei cattolici praticanti che si dichiarano disponibili a partecipare alla forma straordinaria almeno una volta al mese se fosse celebrata nella loro parrocchia, senza però sostituire la forma ordinaria?
Padre Manuel: Di per sé non mi sorprende. Credo anzi che la percentuale reale sia ancora più alta, poiché constato che dovunque la forma straordinaria viene celebrata - dopo quarant'anni! - i fedeli sono pieni di stupore e chiedono di poter assistere nuovamente. Non capiscono come mai un simile tesoro possa rimanere nascosto dietro a una porta sprangata, e mi riferisco a laici di tutte le età. E' stranissimo vedere come i bambini amino la forma straordinaria. La Messa tradizionale attrae moltissimo i chierichetti, come pure i giovani sono particolarmente sensibili e disponibili alla bellezza, al senso del mistero, all'adorazione e al silenzio contemplativo.
Devo anche dire che si richiede una formazione preliminare e una vera e propria catechesi per riscoprire tutta la ricchezza simbolica, dottrinale e spirituale di questa liturgia.
7) Un commento finale?
Padre Manuel: Vorrei ringraziare 'Paix Liturgique' per questa intervista. Come indica la denominazione, essa cerca di raggiungere la pace liturgica e soprattutto la pace dei cuori, che è frutto della giustizia. E' opera di giustizia rispettare i diritti dei fedeli e dare alla liturgia tradizionale il suo giusto posto! E' quello che ha scritto il nostro amatissimo Papa Benedetto XVI nella lettera di accompagnamento al Motu Proprio Summorum Pontificum: "Ciò che per le generazioni anteriori era sacro, anche per noi resta sacro e grande, e non può essere improvvisamente del tutto proibito o, addirittura, giudicato dannoso. Ci fa bene a tutti conservare le ricchezze che sono cresciute nella fede e nella preghiera della Chiesa, e di dar loro il giusto posto".
fonte: New Liturgical Movement, 19/01/2012
http://www.newliturgicalmovement.org/2012/01/superior-of-spanish-priestly-society-on.html
(trad. it. di d. Giorgio Rizzieri)
di Shawn Tribe
Qualche mese fa in Spagna il superiore della "Fraternidad de Cristo Sacerdote y Santa Marìa Reina", Padre Manuel Marìa de Jesùs, ha pubblicato un libretto dal titolo "Motu Proprio Summorum Pontificum, Problema o Risorsa?", subito tradotto in portoghese, segno dell'interesse che ha suscitato nella penisola iberica.
Il libro va dritto al nocciolo dell'argomento e, in effetti, sta rompendo il silenzio che circondava il permesso da parte di Benedetto XVI di celebrare la Messa tradizionale in Spagna e in Portogallo. Questo grande silenzio è stato quantificato dalle indagini d'opinione condotte in quei Paesi: in Portogallo, secondo l'indagine interattiva Harris del 2010, il 74% dei cattolici non ha mai sentito parlare del Motu Proprio, e in Spagna, secondo l'indagine Ipsos del 2011, la proporzione raggiunge l'81,7%.
L'opera di Padre Manuel è meritoria. E' per questo che proponiamo la seguente intervista al fine di scoprire qual è stato il motivo che lo ha spinto, motivo che ha a che fare con la sua profonda obbedienza al Santo Padre e alla gioia e gratitudine provata per la scoperta della liturgia tradizionale.
I - INTERVISTA CON PADRE MANUEL
1) Padre Manuel, si vuole presentare ai suoi lettori?
Padre Manuel: Mi chiamo Manuel Folgar Otero - in religione, Padre Manuel Marìa de Jesùs. Sono stato ordinato nel 1988 nella diocesi di Santiago de Compostela, dove per dieci anni sono stato vicario parrocchiale di San Giuseppe di Pontevedra, e inoltre cappellano d'ospedale, direttore della Legione di Maria Curia e direttore spirituale di una associazione di Adoratrici Notturne. Ho insegnato religione nella scuola media per dodici anni, amministratore di alcune parrocchie rurali da quindici anni e finalmente fondatore di una associazione privata, la Fraternità di Cristo Sacerdote e di Santa Maria Regina. Da questa fraternità sono nati i Missionari della Fraternità di Cristo Sacerdote e di Santa Maria Regina, una associazione presbiterale pubblica ancora in formazione, ha la sua base a Toledo e io ne sono superiore dal 2009.
2) Qual è la sua esperienza della forma straordinaria del rito romano e che posto ha il Motu Proprio Summorum Pontificum nella sua vita sacerdotale?
Padre Manuel: Data la mia età, sono nato nel 1962, non ho alcun ricordo nella mia infanzia di aver mai visto una Messa tradizionale, tanto meno nella mia giovinezza o dopo. La prima volta che ho assistito a una celebrazione della Santa Messa secondo quella che oggi è chiamata forma straordinaria, è stato dopo l'anno 2000. E' stao solo nel 2004-2005 che ho conosciuto la liturgia tradizionale nel corso di alcune mie visite al monastero di Le Barroux. Nel 2007 mi fu possibile conoscere il seminario internazionale dell'Istituto di Cristo Re a Gricigliano e, in quella occasione, era presente anche il Cardinale Canizares per il conferimento di ordinazioni sacerdotali. E' stato solo dopo il 2007, l'anno della promulgazione del Motu Proprio Summorum Pontificum, che ho cominciato a celebrare regolarmente secondo la forma straordinaria. Nell'ottobre di quello stesso anno, in un'udienza indimenticabile, il Cardinale Castrillòn Hoyos, presidente della commissione Ecclesia Dei, ci incoraggiò.
Oggi la forma straordinaria è una caratteristica della nostra comunità ed è riconosciuta come tale nei nostri statuti.
La mia esperienza è molto positiva e, in certi aspetti, perfino emozionante. Ho compiuto un cammino di scoperta di tale meraviglioso tesoro che ci era stato nascosto, insieme ai miei fratelli della comunità e ai parrocchiani. Per i più anziani si è trattato di una riscoperta, e per i più giovani di una assoluta novità. Nelle varie parrocchie che dirigo, non ho mai incontrato la minima avversione o resistenza alla Messa tradizionale. Ciò potrà sorprendere, ma è così. Io e i miei fedeli insieme abbiamo vissuto sulla nostra pelle l'esperienza di quel padre di cui parla il vangelo, "il padrone di casa che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche" (Mt. 13,52). Per noi quel padre è stato Sua Santità Benedetto XVI, che ci ha aperto quel meraviglioso tesoro, antico ma sempre rinnovato, che è la liturgia bimillenaria della Chiesa, un autentico monumento di fede e di pietà.
Nella mia vita sacerdotale, essa ha significato un arricchimento a tutti i livelli: nella dottrina, nella preghiera, nell'identificazione con Cristo sacerdote e vittima, ecc. E in tanti altri aspetti, non mi obbliga ad entrare nell'oggi. Approfitto di tale occasione, per far presente un errore. Alcuni riconoscono che la liturgia tradizionale può arricchire il sacerdote che la celebra, ma la giudicano di detrimento per i fedeli, poiché li impoverirebbe spiritualmente,quasi annullando o perfino impedendo la loro partecipazione e comprensione della liturgia. Devo umilmente dire che ciò non corrisponde alla mia esperienza, anzi tutto il contrario.
La celebrazione della liturgia tradizionale costringe il sacerdote a dare maggiore attenzione pastorale ai fedeli, nel senso di dedicare molto più tempo ed energie per la loro formazione dottrinale e spirituale. La formazione permanente si basa sul vero significato di "actuosa participatio": la disposizione interiore di unirsi a Cristo Vittima attraverso la mediazione del sacerdote che, quale ministro di Cristo e della Chiesa, rinnova e offre il Divino Sacrificio. Si fonda pure sulla particolare cura con cui si formano i propri fedeli liturgicamente e mistagogicamente. Che diritto o base abbiamo per sottovalutare la capacità dei laici di partecipare degnamente e fruttuosamente alla liturgia bimillenaria della Chiesa? Vi sono dei laici con un grado di istruzione molto semplice che potrebbero insegnare qualche cosa a quelli che si ritengono dotti. Sono laici che non hanno mai messo piede in una scuola di teologia, ma che conoscono a memoria il contenuto della fede e che vivono il mistero eucaristico in modo incredibilmente intenso e in profonda unione con Cristo Sacerdote. Essi traggono dalla loro partecipazione al Divin Sacrificio, la forza e l'ispirazione per offrire in cambio se stessi nella loro vita quotidiana, come ostie sante e gradite a Dio.
Oggi, grazie a Dio, i fedeli possono leggere e seguire i testi della Santa Messa sui loro messali, associandosi così in modo più perfetto alle Preghiere della Santa Liturgia. Ciò esige una concentrazione e un'attenzione ben più grandi di quelli che si accontentano di ascoltare.
Dietro a molte delle obiezioni al Motu Proprio, troviamo più ideologia che ragioni legittime.
3) Nell'introduzione al suo libro, Lei giustifica il suo scritto con la mancanza di conoscenza del Motu Proprio tra i sacerdoti spagnoli e, in misura ancora maggiore, tra i laici. Per cui, è rimasto sorpreso dal risultato dell'inchiesta Ipsos che "Paix Liturgique" ha commissionato poco prima della Giornata Mondiale della Gioventù, che indica che il 69,5% di cattolici praticanti spagnoli non ne ha mai sentito parlare?
Padre Manuel: Non mi ha sorpreso affatto. Anzi, trovo che il risultato non si avvicini alla realtà. Sono persuaso infatti che la schiacciante maggioranza dei fedeli non sappia nulla del Motu Proprio, e che coloro che ne sanno qualcosa, compresi i preti, non ne conoscono il contenuto. Se ne scrive pochissimo al riguardo. L'idea prevalente, totalmente distorta, è che il Papa ha autorizzato la Messa in latino per i seguaci del vescovo Lefebvre, punto. Sono molti quelli che diffondono questo equivoco allo scopo di minimizzare l'insegnamento del Papa e di ridimensionare l'importanza del Motu Proprio che, tra l'altro, ha forza di legge per la Chiesa universale e, come tale, detta autentici diritti e doveri che tutti devono rispettare.
Purtroppo, molti stanno ai titoli sensazionali che offrono certi mass media che stravolgono la realtà e la verità della notizia riportata.
4) Per questo il suo libro, avvalorato dalla forma e dal contenuto, cerca principalmente di far conoscere il testo del Motu Proprio e il desiderio del Papa. Che accoglienza ha avuto in Spagna?
Padre Manuel: Ho tentato di fare del mio meglio. L'accoglienza tra quelli che il libro voleva raggiungere, è stata ottima, pur con i nostri mezzi limitati. Me lo sono autopubblicato e, oltre ai miei contatti personali, il libro non ha suscitato molta risposta, a parte qualche sito internet.
Per questo tipo di tematica, non puoi contare sugli editori cattolici, non sono interessati, non rientra nella loro linea editoriale... Pensi solo che quando il libro eccezionale del vescovo Schneider, "Dominus est", che si dice sia stato molto apprezzato dal Santo Padre, è stato offerto a diversi editori spagnoli per minimi diritti d'autore, nessuno era disposto a pubblicarlo. Non so come andrebbe oggi... E sto parlando di editori cattolici, alcuni dei quali sono reputati "conservatori". Ancora una volta, prevale l'ideologia. E' come se volessero che la gente non sappia troppo, che non pensi con la propria testa e si inchini al pensiero dominante. Per quanto ciò sia triste, è così. Benedetto XVI ha denunciato spesso la dittatura del relativismo. Beh, potremmo dire allo stesso modo, credo, che c'è una dittatura del pensiero unico che è presente e molto potente in certi circoli.
Perché certuni mostrano di avere tanta paura all'idea che la gente possa conoscere, sperimentare e decidere da sola? Non si è sbandierata da tanti anni la nozione che il laicato ora è adulto? Perché non lasciamo decidere ai fedeli, e smetterla di mettere il bastone tra le ruote nelle decisioni del Santo Padre?
5) Al capitolo 9 del suo libro, Lei insiste sulla necessaria unità delle Chiese locali con Roma. Fino ad oggi, soltanto un prelato spagnolo, il vescovo Urena Pastor, ha celebrato la forma straordinaria nella sua diocesi. Si può sperare che altri vescovi seguano il suo esempio?
Padre Manuel: Ad oggi, sembra che altri due vescovi spagnoli abbiano effettivamente celebrato nella forma straordinaria, anche se l'hanno fatto nella semi-segretezza, durante la Giornata Mondiale della Gioventù. Nessun annuncio, nessuna notizia. Gli unici quasi che vi hanno partecipato, appartengono a gruppi legati alla forma straordinaria. Non so di chi fosse la responsabilità di quella situazione, ma non mi permetto di credere che sia stato fatto in mala fede.
Non mi aspetto che altri vescovi celebrino la Messa tradizionale nelle loro diocesi, soprattutto perché non esiste una significativa richiesta da parte dei fedeli, dei religiosi o dei preti. Eppure, molti sacerdoti ammettono che non osano studiarla o celebrarla per paura incomprensibilmente di essere criticati. In Spagna, siamo ancora alla fase di Nicodemo: impariamo a celebrare in segreto...
Contra facta non valet argomentum. E i fatti ci dicono che spetta ai preti e ai laici più convinti e determinati smuovere le cose. Io non sono a conoscenza dei pensieri più intimi del Santo Padre, ma pare che il Papa, con il Motu Proprio, abbia fatto sì che l'argomento non rientri più nelle decisioni arbitrarie dei vescovi. In questi anni Roma ha coerentemente insistito sul "diritto dei fedeli" di partecipare alla liturgia tradizionale, e non sull diritto dei vescovi di autorizzarla o no. La massima autorità liturgica è il Papa. E' Benedetto XVI che ha promulgato il Motu Proprio e ha colto l'occasione per richiamare che la Messa tradizionale non è stata mai proibita. Ciò mi fa pensare che ogniqualvolta è stata proibita, lo si è fatto a dispetto della legge.
Le Chiese locali sono chiamate a vivere in comunione affettiva ed effettiva con la Madre Chiesa di Roma, e tale comunione si esprime e si manifesta in modo eccellente attraverso la liturgia. Senza alcun dubbio il vescovo, in ogni diocesi, è il supremo responsabile della liturgia, un ufficio che deve compiere in perfetta comunione ed armonia con la Sede Apostolica. Questo è precisamente il motivo per cui il Motu Proprio in nessun moddo diminuisce l'autorità episcopale.
Un'altra tesi assolutamente indegna è quella di sostenere che la coesistenza di differenti forme liturgiche metta a repentaglio la comunione ecclesiale. Si confuta facilmente tale tesi sia da un punto di vista storico che nella realtà concreta. Basti considerare la ricchezza dei diversi riti orientali e latini. Chi può seriamente sostenere che queste diversità mettano a rischio l'unità della Chiesa? Al contrario, l'unità della Chiesa è sotto attacco quando si negano le verità della fede, quando si contesta il Magistero, quando si disobbedisce al Vicario di Cristo o quando qualcuno si appropria della liturgia come se fosse cosa sua, "costruendosela" per sé al di fuori delle leggi ecclesiastiche.
Ci sono poi dei vescovi che spiegano che in realtà non hanno un numero sufficiente di fedeli che richiedono la celebrazione nella forma straordinaria. A volte succede che sia vero, almeno in Spagna. E' anche vero però che non si può chiedere se non si conosce. Ora, sono in molti oggi che ignorano perfino che esista una forma straordinaria, e non possono quindi esprimere liberamente un'opinione.
6) Tornando all'inchiesta Ipsos condotta da "Paix Liturgique", che cosa pensa della cifra del 50,4% dei cattolici praticanti che si dichiarano disponibili a partecipare alla forma straordinaria almeno una volta al mese se fosse celebrata nella loro parrocchia, senza però sostituire la forma ordinaria?
Padre Manuel: Di per sé non mi sorprende. Credo anzi che la percentuale reale sia ancora più alta, poiché constato che dovunque la forma straordinaria viene celebrata - dopo quarant'anni! - i fedeli sono pieni di stupore e chiedono di poter assistere nuovamente. Non capiscono come mai un simile tesoro possa rimanere nascosto dietro a una porta sprangata, e mi riferisco a laici di tutte le età. E' stranissimo vedere come i bambini amino la forma straordinaria. La Messa tradizionale attrae moltissimo i chierichetti, come pure i giovani sono particolarmente sensibili e disponibili alla bellezza, al senso del mistero, all'adorazione e al silenzio contemplativo.
Devo anche dire che si richiede una formazione preliminare e una vera e propria catechesi per riscoprire tutta la ricchezza simbolica, dottrinale e spirituale di questa liturgia.
7) Un commento finale?
Padre Manuel: Vorrei ringraziare 'Paix Liturgique' per questa intervista. Come indica la denominazione, essa cerca di raggiungere la pace liturgica e soprattutto la pace dei cuori, che è frutto della giustizia. E' opera di giustizia rispettare i diritti dei fedeli e dare alla liturgia tradizionale il suo giusto posto! E' quello che ha scritto il nostro amatissimo Papa Benedetto XVI nella lettera di accompagnamento al Motu Proprio Summorum Pontificum: "Ciò che per le generazioni anteriori era sacro, anche per noi resta sacro e grande, e non può essere improvvisamente del tutto proibito o, addirittura, giudicato dannoso. Ci fa bene a tutti conservare le ricchezze che sono cresciute nella fede e nella preghiera della Chiesa, e di dar loro il giusto posto".
fonte: New Liturgical Movement, 19/01/2012
http://www.newliturgicalmovement.org/2012/01/superior-of-spanish-priestly-society-on.html
(trad. it. di d. Giorgio Rizzieri)
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