sabato 11 giugno 2011

Perchè la Pentecoste è una festa mariana





di Ruggero Sangalli



La festa di Pentecoste è profondamente mariana: la Madonna è citata subito dopo il racconto dell’ascensione di Gesù (At 1,14) e prima della scelta di Mattia apostolo per ricostituire il numero dei dodici (At 1,21-26). Maria, non dimentichiamolo, aveva già vissuto la discesa dello Spirito santo 34 anni prima (Lc1,35), rendendosi totalmente disponibile alla volontà del Padre (Lc 1,38).
Maria è infatti la «piena di grazia» (Lc 1,28). È la ricolma di charis, termine greco che ci introduce all’eucaristia e alla carità (come grazia di Dio operante in noi e non come nostro “fare”) e che rimanda allo Spirito santo (in ebraico ruah: respiro, soffio, vento, vita). Nel giorno di Pentecoste lei, la prima credente, condivide il dono dello Spirito santo e dei suoi doni a beneficio della Chiesa, presente e futura. Pietro (At 2,16-21) ebbe subito l’intuizione di collegare l’ennesimo segno percepito anche sensibilmente alle parole del profeta Gioele (Gl 3,1-5) ed altri passi biblici.

Tra le più ritrite critiche alla sostenibilità storica dei dogmi cristiani a partire dai Vangeli, c’è la polemica antimariana riguardo la perpetua verginità della Madonna, la nozione di Gesù "primogenito" e la presenza più volte citata di suoi fratelli (e sorelle). Considerando che la fede nelle prerogative di Maria è antica almeno quanto la canonicità dei libri neotestamentari, sembrerebbe assurdo che ciò che disturba in modo inaccettabile il razionalismo posteriore, fosse invece pacifico per chi visse gli albori e i primi secoli del cristianesimo.

Per prendere una posizione soffermiamoci dunque sui passi dei Vangeli più utili per capire. «Un giorno andarono a trovarlo la madre e i fratelli. [...] Gli fu annunziato: Tua madre e i tuoi fratelli sono qui fuori e desiderano vederti. Ma egli rispose: Mia madre e miei fratelli sono coloro che ascoltano la parola di Dio e la mettono in pratica» (Lc 8, 19-21). Apparentemente si tratta di un esplicito ostacolo a ogni dogma cattolico verso la Vergine e la speciale figliolanza di Cristo, vero uomo e vero Dio, ma questo vale solo in caso di una lettura disinformata e superficiale.

Gesù intanto (come già a Cana) non sminuisce affatto la Madre: perché lei (la piena di Spirito Santo) ha proprio compiuto in se stessa la Parola di Dio, generando il Figlio di Dio incarnato, Dio fatto uomo. La creatura può generare Gesù, ed essere familiare con Lui, esattamente vivendo quella stessa umiltà e fedeltà, che Gesù spiega non essere un’esclusiva di pochi, ma una prospettiva potenzialmente accessibile a tutti, se ci conformiamo a quel modello di “sì” alla volontà di Dio. La familiarità dei consanguinei viene estesa sotto la croce, dal sangue di Cristo e dal dolore di Maria, aduna generazione ecclesiale di cui la Madre e il figlio/fratello (Giovanni) sono i capostipiti.

I nomi dei fratelli di Gesù compaiono nel Nuovo Testamento in modo esplicito ed implicito. È bene elencarli, per evitare di esserne intimiditi di fronte a certe grossolane polemiche, purtroppo non estranee nemmeno a una certa esegesi cattolica: Matteo 13, 55 e Marco 6, 3 e poi paralleli nei sinottici (Mt 12, 46-48; Mc 3, 31-33; il già citato Lc 8, 19-21) con frasi in cui Gesù sembra quasi umiliare i suoi parenti. In Giovanni abbiamo tre passi (Gv 2,12 ;Gv 7,3-10; Gv 20, 17). Infine negli Atti degli Apostoli il versetto 14 al capitolo 1. La croce è sempre decisiva per capire ed anche in questo caso è vero. Le tre donne con Maria sotto la croce erano: a) Salomè moglie di Zebedeo (Mt 27, 56 e Mc 15, 40) madre di Giacomo (il maggiore) e Giovanni (in Lc 19, 25 Salomè è “sorella” della Madre); b) Maria (di Cleofa o Alfeo) madre di Giacomo il minore e di Giuseppe (Mt 27, 56 e Mc 15, 40), che per Lc 24,10 è “Maria di Giacomo”; c) Maria di Magdala (località galilea, da cui il nome di Maddalena).

Nei passi citati, a Gesù sono legati tanto dei fratelli che delle sorelle. I nomi dei quattro fratelli in Matteo 13 e Marco 6 sono coerenti: rispettivamente Giacomo, Giuseppe, Simone, Giuda e Giacomo, Ioses, Simone, Giuda. Marco (Mc 6,3) aggiunge, come detto, anche le sorelle.

Tra i discepoli ci sono due Giacomo: il "maggiore", fratello di Giovanni e non di Gesù (la cui madre, Salomè, è detta sorella di Maria), martire nel 42; il "minore"("fratello" di Gesù) continua a reggere la comunità cristiana di Gerusalemme fino al 61 quando, secondo Giuseppe Flavio «Anano pensò di avere un'occasione favorevole alla morte di Festo, mentre Albino era ancora in viaggio: così convocò i Giudei del Sinedrio e introdusse davanti a loro un uomo di nome Giacomo, fratello di Gesù, che era soprannominato Cristo, e certi altri». Il fatto riportato è relativo a un'insubordinazione del sommo sacerdote Anano, avvenuta nel 61, poi stroncata dal prefetto romano Albino.

Grazie all’inciso «soprannominato Cristo», la parentela di questo Giacomo con Gesù è certificata nel 61. Questo Giacomo dev’essere, se gli vogliamo attribuir parentele, il figlio di Alfeo, figlio cioè di quella Maria che i sinottici ricordano presente sotto la croce, indicandola appunto come Maria madre di Giacomo e di Giuseppe (vedere Mt 27,56; Mc 15,40: Giacomo è detto "minore" per distinguerlo dal figlio di Zebedeo; Lc 24,10) e che Giovanni (fratello di Giacomo il maggiore, perciò ben informato dei fatti) definisce Maria "di Cleofa" (Gv 19,25). La possibilità che Cleofa (o Clopa) e Alfeo siano la stessa persona esiste: Alfeo potrebbe essere infatti la forma grecizzata di un nome aramaico con una forte aspirazione iniziale e le stesse consonanti. Maria di Cleofa era una sorella di Maria (forse anche lei una cugina: infatti è “l’altra Maria” ed è difficile pensare a due figlie degli stessi genitori che abbiano lo stesso nome). Anche lei con figli, avuti da Alfeo (Cleofa) ed associati alla casata.

Almeno due dei “fratelli” di Gesù menzionati nei Vangeli sono dunque figli di una mamma diversa dalla Madonna. Nel secondo vangelo (Mc 6,3) gli altri due fratelli (Giuda e Simone) vengono citati dopo i due che abbiamo notato essere al più dei cugini di primo grado. Ragione in più per pensare che quelli citati dopo nell’ordine, siano di grado di parentela uguale o inferiore a quelli citati per primi. Confermando l’ipotesi sviluppata che Marco non nomini dei fratelli come li intendiamo noi oggi.

Ai tempi di Gesù i termini ah e il suo femminile aha indicavano infatti genericamente fratello, cugino e perfino nipote (oltre che alleato). Abbiamo contato complessivamente 13 citazioni neotestamentarie di madre/figlio per Maria e Gesù, ma mai i fratelli e le sorelle sono detti figli di Maria. Nelle 13 citazioni ricordate, la madre è sempre "sua" (di Gesù), non degli altri fratelli. I fratelli di Lui, non sono definiti i figli della madre! Giuseppe non c’è già più. Dalla croce Gesù affida la Madre a Giovanni e non, più logicamente, ad altri eventuali figli, cioè fratelli di Gesù, se realmente ce ne fossero stati (e/o non si fossero dileguati sia pur temporaneamente).

Essere cugini (di vario grado) o fratelli per quel vocabolario è lo stesso: in ebraico non esiste la parola "cugino". Semplicemente possiamo concludere che non c’è contrasto con l’affermazione che Maria sia vergine. Ci aiuta anche il protoevangelo in Genesi 11, 26: «Terah generò Abramo, Nahor e Haran; Haran generò Lot». Di qui si vede che Abramo è zio di Lot, ma in un versetto del capitolo successivo è definito fratello di Lot. Continuando nella stessa logica, Elisabetta, moglie di Zaccaria, madre di Giovanni il Battista, è di due generazioni (diciamo una quindicenne e una cinquantenne) più vecchia, e pertanto definita "parente" (Lc 1) e non "cugina", come qualcuno talora traduce, generando l’equivoco che il cugino sia specificato in modo diverso dal fratello, con tutto quanto ne segue.


Si possono riassumere le tre possibilità: 1) quella tipica delle confessioni protestanti, secondo cui i fratelli e le sorelle di Gesù sarebbero figli di Maria e di Giuseppe e quindi veri fratelli naturali di Gesù; 2) quella della Chiesa ortodossa, e nota all'apocrifo Protovangelo di Giacomo, dove Giacomo e gli altri sarebbero figli di un precedente matrimonio di Giuseppe, quindi fratellastri di Gesù; 3) quella cattolica: Giacomo e gli altri sarebbero stati cugini di Gesù (l'uso di fratello per cugino è ben attestato nel greco biblico e nei papiri), figli di un'altra Maria e/o forse di un fratello/parente di Giuseppe (cioè Alfeo). Delle tre la più solida, in forza della sacra Scrittura, pare obiettivamente la terza. Gesù fu figlio unico di Maria, concepito senza Giuseppe, che fu casto sposo della Vergine. Chi non la accetta o non crede alla verginità di Maria o legge nei vangeli un’esplicita menzione a fratelli e sorelle.

Se Gesù avesse avuto fratelli e sorelle da Maria, che interesse e che appigli avrebbe avuto la Chiesa a sostenere una tesi tanto strampalata? I Vangeli furono composti, nelle loro redazioni originarie precedenti a quelle pur antichissime in nostro possesso, quando erano ancora viventi moltissimi testimoni oculari dei fatti e conoscenti la famiglia. Senza tralasciare che eventuali fratelli e sorelle di Gesù ne sarebbero andati orgogliosi, sarebbero stati menzionati nei vangeli e nei primi scritti cristiani (Paolo prima del 60 scrive di Giacomo il minore come "fratello di Gesù", ben sapendo che non era suo fratello di sangue…). Ricordiamo che essere figli unici a quel tempo era piuttosto raro (salvo casi in cui c’entrava il Signore a risolvere l’infertilità di coppie anziane): se ci fossero stati altri fratelli di Gesù è strano che egli dalla croce abbia affidato la madre a Giovanni (Gv 19, 26-27).



La verginità di Maria è una credenza antichissima della Chiesa. La maternità vergine di Maria è attestata nei Vangeli di Luca e Matteo. Se (posto che Maria è sempre vergine) Gesù fosse stato il primo di altri nati da lei, risulterebbe "speciale" la madre e non Gesù. Il concepimento di Gesù per opera dello Spirito Santo (Lc 1,35) sarebbe meno decisivo: d’accordo essere mariani, ma non esageriamo.



Veni Sancte Spiritus. Veni lumen cordium. Veni par Mariam.



Per approfonire il tema della storicità dei Vangeli assieme a Ruggero Sangalli grazie al suo libro Gli anni terreni di Gesù. La sorprendente cronologia nascosta nelle Scritture (Sugarco, Milano 2009)


Fonte: La Bussola Quotidiana - 1-06-2011

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