martedì 1 aprile 2025

Il "suicidio" del cattolicesimo politico






Ventotene e i Padri Fondatori: un equivoco



Di Stefano Fontana, 1 Apr 2025

Non cessa la discussione politica sul Manifesto di Ventotene, rinfocolata anche dalla questione di Romano Prodi che tira i capelli di una giornalista. Su quel Manifesto l’Osservatorio ha già pubblicato i propri interventi e ha già dato la propria valutazione. Si trattava di un progetto in aperta antitesi con i principi della Dottrina sociale della Chiesa, non avrebbe mai dovuto ricevere il sostegno dei cattolici, né i cattolici avrebbero dovuto essere in piazza del Popolo per ricordarlo, come purtroppo è avvenuto, e l’appello di Prodi a tenere conto del “senso della storia”, come egli ha detto alla giornalista “aggredita”, ossia di collocare il Manifesto nel suo tempo, non serve a giustificarlo.

Oggi non intendo quindi parlare ancora di Ventotene, ma di un argomento ad esso collaterale. Nel confronto recente su questo argomento quanti hanno criticato quel Manifesto lo hanno fatto dicendo che era in contrasto con gli obiettivi dei cosiddetti “Padri fondatori” dell’Unione Europea: Degasperi, Adenauer e Schumann. E siccome costoro erano cattolici, si sostiene che il progetto europeista sia esso stesso a fondamento cattolico. La critica a Ventotene si è così trasformata in una lode ai Padri fondatori cattolici e, di conseguenza, ad una valutazione positiva dell’attuale configurazione dell’Unione Europea che da essi sarebbe derivata. Ora, questo approdo dei discorsi su Ventotene non convince fino in fondo.

I partiti della Democrazia cristiana, a cui i tre Fondatori appartenevano, si concepivano come realtà politiche che prendevano voti a destra in chiave anticomunista, data la situazione internazionale del tempo, per trasferirli poi a sinistra. Degasperi stesso aveva detto che la Democrazia Cristiana è un partito di centro che inclina verso sinistra. In quei partiti c’era la piena accettazione della democrazia liberale, quindi di una laicità destinata a diventare laicismo, l’esclusione di una presenza dichiaratamente religiosa in politica e, come avrebbe scritto in seguito Augusto Del Noce, i partiti della Democrazia Cristiana avevano transitato il popolo cattolico verso un secolarismo – o, per meglio dire, un ateismo – di massa.

Anche il pensatore politico Piero Scoppola, nella sua opera “La nuova cristianità perduta”, pur da cattolico di sinistra, aveva sostenuto questa tesi. Come è noto, Antonio Gramsci aveva previsto questo esito, scrivendo su “L’Ordine Nuovo” che in questo modo i cattolici si sarebbero “suicidati”. Del resto, il “suicidio” del cattolicesimo politico, in questo caso italiano, era già iniziato durante la guerra con le iniziative di Franco Rodano che già nel 1943 aveva fondato il Movimento dei Cattolici comunisti, diventato poi nel 1944 la Sinistra Cristiana ed era poi proseguito ampiamente nel Dopoguerra e nei decenni successivi. Negli anni Sessanta e Settanta in tutta Europa i cattolici erano molto vicini a socialisti e comunisti. Sempre per quanto riguarda la Democrazia Cristiana italiana, l’ala sinistra del partito, e in modo particolare i “cattolici democratici” e i Dossettiani, ne fu a lungo la guida ideologica, mentre la destra del partito non esprimeva che un conservatorismo astratto.

Se osserviamo il posizionamento in Europa dei partiti politici eredi della Democrazia Cristiana, come per esempio la CDU tedesca, vi troviamo lo stesso percorso di secolarizzazione piena, attuata ideologicamente con l’assimilazione delle politiche di sinistra, per esempio in termini di Welfare assistenzialista e centralista, di approvazione di leggi contro la vita e la famiglia, della promozione di stili di vita individualisti ed edonisti. Il partito della Von der Leyen o del nuovo cancelliere Merz, il gruppo dei Popolari nel Parlamento europeo, sono gli eredi dei partiti che si chiamavano Democrazia Cristiana, che abbiamo visti sistematicamente alleati di Socialisti e Verdi e molto compenetrati in una ideologia politica laicista. Per questi motivi, non è corretto contrapporre nettamente Ventotene ai Padri Fondatori, perché dalla linea politica tracciata da questi ultimi è poi nata questa Unione Europea che oggi assomiglia molto a quanto previsto dal Manifesto di Ventotene.



(Foto: Monumento-Omaggio-ai-padri-fondatori-dellEuropa-Alcide-De-Gasperi-Robert-Schuman-Jean-Monnet-e-Konrad-Adenauer-foto-di-Geertivp-Wikipedia-Commons)



Dialogo interreligioso o sincretismo religioso e politico?



L'ubriacatura del Ramadan in salsa cattolica non conosce sosta. A Brindisi il pranzo di chiusura del mese islamico è stato fatto nella parrocchia di San Carlo, ma ad invitare i cattolici è stata la comunità musulmana. E il vescovo si è fatto fotografare accanto all'imam locale, già candidato Pd alle elezioni. A riprova che l'islamismo è un progetto politico.


Il Ramadan "cattomano"
Il vescovo presta la parrocchia all'imam candidato Pd



Andrea Zambrano01-04-2025

Dopo l’ubriacatura dei venerdì di Ramadan in parrocchia, non poteva mancare il vescovo che presta la parrocchia ai musulmani che per un giorno diventa casa dell’Islam. È successo a Brindisi dove nella Parrocchia San Carlo di Gesù (fr. Charles de Foucauld) è andato in scena l’evento più clamoroso di questa ultima tornata di “cattoislamismo”: il vescovo e l’imam, tutti assieme in parrocchia per festeggiare la fine del Ramadan e con loro pure l’Anpi e l’Arci. Che cosa c’entrino con questo evento l’associazione dei combattenti partigiani comunisti e la nota associazione ricreativa, sempre di derivazione comunista, è presto detto: ormai l’islamocomunismo si mescola volentieri ai buoni propositi del dialogo interreligioso dove a fare la figura dei gonzi sono sempre i cattolici.

Infatti, l’imam che ha partecipato al pasto domenicale, si scopre che è stato pure un candidato del Partito Democratico alle ultime elezioni amministrative del 2023. Oggi è imam e la sua attività politica precedente non deve aver creato alcun problema ai padroni di casa, cioè il parroco e il vescovo di Brindisi Giovanni Intini.

  

Tutto è chiaro fin dalla locandina di invito: «La comunità musulmana è onorata di invitarti alla Festa di Ramadan». Qualcuno potrebbe pensare che l’evento si svolgerà in un luogo che i musulmani della città pugliese hanno come ritrovo, ma qui casca l’asino: no, la location è proprio la parrocchia di San Carlo. Il curioso corto circuito che ne esce è quello per il quale non è la parrocchia a invitare i musulmani, ma i musulmani a invitare in parrocchia i cristiani. In casa loro. Un vero e proprio regalo fatto agli islamici, almeno per quel giorno, domenica, giorno dedicato al Signore. Un luogo che per un giorno diventa di conquista dell’Islam e sappiamo che cosa significhi questo nella testa di un musulmano, anche non necessariamente radicale o osservante.

Nelle foto postate per l’evento non si può non notare quella di una tavola imbandita con decorazioni a mezzaluna con dietro un muro dove sono appesi due quadretti della Beata Vergine Maria. E se qualcuno pensasse che la cosa possa stonare, questo è niente se si guarda la foto che ritrae il vescovo Intini accanto all’imam.


Solitamente si è soliti pensare che l’imam rappresenti, nell’Islam, il nostro sacerdote, dunque una figura religiosa, ma come è noto, evidentemente non ai gonzi di Brindisi, l’islamismo non è una religione, ma un progetto politico. Infatti, si viene a scoprire che l’imam in questione, tale Khaled Bouchelaghem, non è affatto una figura religiosa e basta, ma qualcosa di più.



Non è difficile, dopo aver fatto una piccola ricerca, scoprire che al di là della sua attività imprenditoriale in quel di Brindisi, il soggetto è stato tra i candidati in consiglio comunale del Partito Democratico nella scorsa tornata amministrativa, nella quale il candidato 5 stelle Roberto Fusco è uscito poi sconfitto nelle urne.

Dunque, Khaled Bouchelaghem, è stato almeno fino due anni fa, un attivista politico del Pd, tanto da finire pure candidato per il partito di Elly Schlein. Oggi, nel suo nuovo ruolo di imam, si fa fotografare accanto al vescovo come se fosse una guida religiosa sganciata da progetti politici e ideologie. Niente di più falso, ma questa è la riprova, se mai ce ne fosse bisogno, che queste iniziative non hanno nulla dell’autentico spirito del dialogo interreligioso, ma sono appannaggio dell’islamismo politico che occupa spazi, impone la sua socialità con la forza della persuasione e grazie all’ignoranza di tanti cattolici che pensano ancora che il dialogo sia un comandamento da onorare costi quel che costi.

Ma che l’operazione sia politica, fatta sotto gli occhi di un vescovo, che difficilmente non si può non inquadrare come complice, è anche la presenza di altre persone al pranzo di Ramadan.


Drissa Kone, ad esempio, è un immigrato maliano, che regge la Comunità africana. Ma sempre lui è membro del direttivo provinciale dell’Anpi. Ora, che il movimento partigiano abbia avuto un suo fulcro nevralgico in uno dei paesi più a sud d’Italia tanto da giustificare la presenza di un Anpi che ne tenga viva la memoria, è cosa che non risulta dai libri di storia.

Ma l’Anpi è da almeno 10 anni a questa parte, morti ormai tutti i partigiani, un’associazione che per rimanere viva deve giustificare un fascismo che in realtà non esiste. Così sposa volentieri tutte quelle cause che giustifichino agli occhi della società civile un rischio fascismo da combattere. E così troviamo il giovane Drissa impegnato in campagne contro il fascismo in Italia, ma pure in Etiopia, come recita la locandina di una mostra organizzata proprio dall’Anpi e che ha visto la presenza, tra i padroni di casa proprio del rappresentante della comunità africana locale e componente dell’Anpi.


Insomma, tra islamocomunismo e partigiani islamisti, il vescovo ha pensato bene di aprire le porte di un luogo di proprietà della Chiesa per questo discutibile connubio, in una miscellanea inestricabile di sincretismo religioso e politico.

Ma questo è solo uno degli aspetti più clamorosi del Ramadan che si è appena concluso. Come la Bussola ha documentato molte parrocchie sono state teatro di cene di fine Ramadan. A questo elenco si aggiunge anche l’ultimo evento in ordine di tempo andato in scena a Prato, dove il vescovo ha concesso agli islamici nientemeno che il cortile della chiesa di San Domenico dove la preghiera musulmana è risuonata domenica.

E questo è niente se si pensa che in alcuni paesi, ormai, i musulmani si prendono addirittura le chiese. Come è successo a Bruxelles, nel quartiere di Molenbeek. Per l’occasione a loro è stata data la chiesa di San Giovanni Battista che è diventata per un giorno un refettorio per il pasto serale dell’Iftar.

Sono lontani i tempi in cui i musulmani venivano fermati in armi a Lepanto e Vienna. Oggi la penetrazione sta avvenendo molto facilmente in una società assuefatta e grazie a partiti come il Pd che aprono volentieri
 le loro strutture alla militanza islamista.


Ma anche grazie alla complicità di una Chiesa che non sa più nemmeno che cosa significhi affermare la propria identità. E il caso di Brindisi lo dimostra e se si pensa che a pochi chilometri di distanza, giacciono i teschi dei martiri di Otranto, che diedero la vita per non piegarsi all’Islam, la cosa da grottesca, diventa persino sconcertante.





Così hanno invocato Pell i genitori del piccolo miracolato



Nico Spuntoni







fama di santità



Ecclesia 01_04_2025



Nuovi dettagli sulla disperata preghiera rivolta al cardinale per il bambino che rischiava di morire. La notizia fa il giro del mondo e aumentano i pellegrinaggi sulla tomba dell'ex arcivescovo di Sidney che un giorno potrebbe diventare il secondo santo australiano.



 

Aumentano i fedeli che si recano sulla tomba di George Pell situata nella cattedrale di St. Mary a Sydney. 
Tanti seguono l'invito che sormonta lo stemma dipinto a terra: «per favore, prega per me». L'iscrizione lo commemora per ciò che lo caratterizzò in vita: Vehementer amavit Dominum et Ecclesiam. Il cardinale australiano amò intensamente il Signore e la Chiesa, specialmente nei giorni difficili del suo calvario giudiziario e dell'ingiusta detenzione.

La notizia della guarigione di un bambino americano di 18 mesi dopo le preghiere dei genitori per l'intercessione di Pell sta facendo discutere l'Australia. C'è stata un'ondata di affetto da parte del mondo cattolico australiano per la figura dell'ex arcivescovo di Sydney divenuto già in vita un simbolo dopo il processo subìto da innocente per abusi su minori. C'è anche chi, commentando la notizia, ha riportato la propria esperienza e ha raccontato come, nei momenti difficili, chieda abitualmente l'intercessione di Pell.

La Nuova Bussola Quotidiana intanto ha appreso nuovi dettagli sul possibile miracolo avvenuto in Arizona. Come abbiamo ricostruito qualche giorno fa, il bambino era caduto tragicamente in una piscina smettendo di respirare per 52 minuti. Nei primi tre giorni d'ospedale, a quanto ci risulta, i genitori hanno intensamente pregato la guarigione del figlio per intercessione del presule australiano che avevano conosciuto qualche anno prima durante la presentazione di un libro. E questo è il testo della preghiera che la famiglia ha recitato in quelle prime 72 ore dopo l'incidente.


«Padre eterno, tu solo ci concedi ogni benedizione in cielo e in terra, attraverso la missione redentrice del tuo Figlio divino, Gesù Cristo, per opera dello Spirito Santo. In ogni epoca, Tu susciti uomini e donne che si distinguono in modo significativo per la missione della Chiesa. Proprio in questo modo, ti sei servito della vita e dell'opera del tuo servo, il cardinale George Pell. Egli ha ispirato un gran numero di cattolici e di altre persone di buona volontà a crescere nella virtù e a condurre una vita gradita a Te e al servizio dei loro fratelli e sorelle bisognosi. Li ha esortati a sostenere con coraggio la verità della Rivelazione divina, a qualunque costo, perché Tu hai parole di vita eterna. Se è secondo la Tua Volontà, Padre Eterno, glorifica il Tuo servo, il cardinale George Pell, concedendo il favore che ora richiedo per sua intercessione (la guarigione di Vincent). Rivolgo questa preghiera con fiducia nel Nome di Gesù, per i meriti della Sua Passione, Morte e Resurrezione».

La Nuova Bussola Quotidiana pubblica anche la foto della carta di preghiera utilizzata dai genitori del piccolo Vincent. Come ha spiegato l'attuale arcivescovo di Sydney, monsignor Anthony Colin Fisher, il bambino ha lasciato l'ospedale senza alcun danno al cervello, al cuore e ai polmoni. Gli stessi medici hanno parlato di miracolo, trovandosi di fronte ad un esito contrario ad ogni previsione.

Ed ora la storia di Vincent potrebbe diventare il primo miracolo attribuito all'intercessione del cardinale perseguitato dalla giustizia di una democrazia occidentale. La procedura canonica delle cause di beatificazione e di canonizzazione richiede almeno cinque anni dalla morte del soggetto interessato, ma la speranza di molti connazionali (e non solo) è che Pell – se dovessero esserci le condizioni – possa un giorno diventare il primo santo uomo dell'Australia e il secondo in generale dopo Mary MacKillop.



Fonte


lunedì 31 marzo 2025

Perché l'occidente si è ridotto a odiare se stesso. Firmato Joseph Ratzinger




Sintesi chiara sui dibattiti che hanno portato all'Europa di oggi. Dove ci si occupa dei tappi delle bottiglie mentre non si può criticare l'islam purché si verrebbe accusati di islamofobia. La svolta per l’Europa auspicata da Benedetto XVI all’indomani della caduta del muro di Berlino non c’è stata. Tanto il materialismo che il relativismo avevano proseguito nella loro inarrestabile avanzata. “Un odio che si può considerare solo come qualcosa di patologico”: il nuovo libro di Elio Guerriero. Qui l'indice degli articoli sulla realtà distopica.

Pubblichiamo un estratto di “Benedetto XVI. L’eredità dalla vita e dalle opere”, il nuovo libro di Elio Guerriero (Edizioni San Paolo, 254 pp., 20 euro). L’autore, storico e teologo, è stato a lungo direttore della rivista Communio.



Il 9 novembre del 1989, tra la sorpresa mondiale, cadeva il muro di Berlino, la cortina di ferro che, dagli anni Sessanta, separava l’Europa dell’est da quella dell’ovest. In realtà vi erano stati diversi segnali della disgregazione del potere sovietico in Europa. La sorpresa fu, comunque, enorme e, sulla scia dell’entusiasmo trascinatore di Giovanni Paolo II, Ratzinger si convinse che “è un dovere ineludibile per il teologo come per il pastore della Chiesa, entrare nel dibattito”. Accettò dunque di tenere conferenze, di scrivere articoli, di partecipare a dibattiti. Alla fine di questa lunga serie di interventi mise insieme ben tre volumi dedicati al futuro dell’Europa.

Svolta per l’Europa? risente dell’entusiasmo per la caduta del marxismo e della speranza di una nuova, vigorosa presenza del cristianesimo nell’antico continente. La caduta del comunismo imponeva, per il cardinale, due considerazioni previe. Con il marxismo era entrata definitivamente in crisi l’arroganza di quanti ritengono la materia l’elemento primo ed esclusivo di cui è composto l’uomo e l’universo. Il dogma della fiducia illimitata nel progresso non ha alcun fondamento razionale. Con queste premesse, l’Europa unita può riprendere il ruolo di irradiazione quale ha svolto per secoli. A condizione di compiere un duplice passaggio. Da una parte superare la crisi nei confronti della scienza che può generare un relativismo, una via di comodo che non si distanzia molto dal positivismo materialista. Dall’altra volgersi nuovamente al cristianesimo con il primato dato ai valori dello spirito e l’apertura in direzione della ragionevolezza del cosmo e dell’uomo. E’ questa, tra l’altro, la ragione ultima di una sana ecologia che vuole proteggere e non distruggere la natura. Di qui la convergenza di Ratzinger verso la nuova evangelizzazione dell’Europa tanto cara a Giovanni Paolo II. Una Europa così rinnovata potrà esportare non solo i ritrovati della tecnologia e dell’industria, ma anche i valori umani che dal cristianesimo possono ricevere nuovo impulso e sostegno. (…) La svolta per l’Europa auspicata da Ratzinger all’indomani della caduta del muro di Berlino non c’era stata. Tanto il materialismo che il relativismo avevano proseguito nella loro inarrestabile avanzata. I ripetuti richiami di Giovanni Paolo II a riscoprire l’unità del continente a partire dalla tradizione ebraico cristiana non erano andati al di là del plauso dei giovani in occasione delle giornate mondiali della gioventù. Se ne ebbe una conferma proprio durante l’anno giubilare del Duemila quando il presidente tedesco Roman Herzog rendeva pubblico il progetto di una carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, elaborato in vista dell’allargamento della comunità da 16 a 27 stati membri. Nell’introduzione il testo faceva riferimento all’“eredità culturale, umanistica e religiosa del continente”. La Francia, tuttavia, si oppose a questa formulazione in nome della laicità. Alla fine la carta dei diritti approvata dal parlamento europeo conteneva solo un generico riferimento al “patrimonio spirituale e morale dell’Europa”.

Ratzinger rimase profondamente deluso da questa scelta e in una conferenza tenuta a Berlino sempre nel 2000 osservava: “C’è qui un odio di sé dell’occidente che è strano e che si può considerare solo come qualcosa di patologico”. Proprio i sostenitori del multiculturalismo, quegli stessi che si mostrano pieni di comprensione verso i valori degli altri continenti, nella nostra storia vedono solo ciò che è deprecabile e distruttivo. Nel 2004 si lavorava alla nuova costituzione dell’unione e di nuovo si evitò di citare Dio e le radici cristiane nel preambolo della nuova costituzione. Ratzinger ne prese atto, fece tuttavia notare che senza la fede anche la ragione è a rischio, così come perdono il loro sostegno le fonti della morale e del diritto. L’Europa diventa così più povera. Può ancora trasmettere al mondo i ritrovati della tecnica e del commercio, rinuncia tuttavia al ruolo di guida culturale che ha svolto per secoli. Quanto ai cristiani essi devono continuare ad offrire la loro testimonianza. Possono così divenire una minoranza creativa al servizio dell’Europa e dell’intera umanità. 




Germania / Sempre più marcato l’abbandono della Chiesa cattolica. E le ordinazioni sacerdotali sono ai minimi storici



31 Mar 2025


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by Aldo Maria Valli

In Germania il grande inverno della Chiesa cattolica continua a farsi sentire. La diminuzione dei fedeli sta avvenendo a un ritmo ormai più che allarmante. Secondo i dati preliminari pubblicati nei giorni scorsi dalla Conferenza episcopale tedesca, nel 2024 hanno ufficialmente lasciato la Chiesa 321.611 persone, cifra che supera di gran lunga quella dei nuovi ingressi (1.839) e dei rientri (4.743). Per la prima volta in questo secolo il numero dei cattolici è sceso sotto i venti milioni. In dieci anni la Chiesa tedesca ha perso quattro milioni di fedeli.

Attualmente, il numero totale dei cattolici nel Paese ammonta a 19,77 milioni, solo il 27,3% della popolazione. Ancora peggiore è il livello di pratica religiosa: solo il 6,6% dei fedeli partecipa regolarmente alla messa domenicale. Le percentuali di partecipazione più elevate si sono registrate nell’est del Paese, in diocesi come Görlitz (14,4%) e regioni come la Sassonia (12,2%), mentre in stati come il Saarland o la Renania-Palatinato la percentuale è solo del 4 o del 5%.

Per quanto riguarda i sacramenti, durante l’anno sono stati celebrati 116.222 battesimi, 152.280 prime comunioni, 105.041 cresime e 22.504 matrimoni. Ci sono stati anche di 212 mila funerali religiosi.

Il calo del numero dei sacramenti celebrati non è un fenomeno riguardante il 2024, ma fa parte di una tendenza al ribasso in atto ormai da diversi anni. Sebbene il rapporto non includa confronti diretti con gli anni precedenti, i dati disponibili evidenziano un calo sostenuto.

Tra il 2014 e il 2024 i battesimi sono diminuiti del 29,6%, le prime comunioni del 19,9% e le cresime del 30,0%. Ancora più marcato è stato il calo dei matrimoni cattolici, pari al 48,9%. Vale a dire praticamente la metà rispetto a dieci anni fa.

Le regioni più colpite dall’abbandono sono la Baviera (87.184), la Renania Settentrionale-Vestfalia (86.946) e il Baden-Württemberg (50.056). Al contrario, i numeri più bassi sono stati registrati negli stati nordorientali, come il Meclemburgo-Pomerania Anteriore, dove i cattolici costituiscono una percentuale molto piccola della popolazione.

Tra le diocesi, Colonia guida la statistica dei ritiri con quasi 29 mila abbandoni, seguita da Monaco-Frisinga (27.475) e Friburgo (25.813).

Su circa 1.900 nuovi membri della Chiesa più di 1.600 provengono da contesti protestanti.

Per lasciare formalmente la Chiesa, in Germania un cattolico battezzato deve prenotare un appuntamento presso un ufficio del registro locale o un tribunale, fornire una serie di documenti e pagare una quota di circa 32 euro. Il richiedente riceve un certificato che conferma che non è più registrato e quindi non è soggetto al pagamento della tassa ecclesiastica. Nello stesso tempo, chi lascia la Chiesa riceve una lettera dalla diocesi in cui si viene informati che non si potranno più ricevere i sacramenti né sarà possibile ricoprire incarichi nella Chiesa o prestare servizio come padrini e madrine per battesimi e cresime.

Per la prima volta dal 2018, nel 2024 sono stati più i protestanti che i cattolici a essersi formalmente dissociati. In Germania la Chiesa protestante, una federazione di venti Chiese regionali luterane, riformate e unite, ha annunciato di aver perso circa 345 mila membri nel corso dell’anno.

Alla fine del 2024, in Germania si contavano 19,8 milioni di cattolici e quasi 18 milioni di protestanti, su una popolazione complessiva di circa 84 milioni.

Nella Chiesa cattolica anche le ordinazioni sacerdotali sono ai minimi storici. Nel 2024 nelle ventisette diocesi della Germania sono stati ordinati solo ventinove nuovi sacerdoti, record negativo per il Paese.

Il numero di ordinazioni è in diminuzione in Germania fin dal 1962, quando furono 557. Da allora la cifra annuale non era mai scesa sotto le trenta unità, ma ora anche quella barriera è stata infranta.

Nel 2004 le nuove ordinazioni furono 122, ridotte a 75 nel 2014. Nel 2022 furono 33, salite a 35 nel 2023.

L’anno scorso, undici delle ventisette diocesi tedesche non hanno avuto ordinazioni sacerdotali l’anno scorso. Tra esse c’è Limburg, guidata dal presidente della Conferenza episcopale tedesca, il vescovo Georg Bätzing, dove non ci furono nuove ordinazioni nemmeno nel 2023.

Anche la diocesi di Münster, suffraganea dell’arcidiocesi di Colonia e divisa geograficamente in due parti, non ha registrato nuovi sacerdoti per il secondo anno consecutivo. Attualmente non ha un vescovo dopo che il 9 marzo scorso il vescovo Felix Genn si è dimesso al compimento dei settantacinque anni.

Le diocesi tedesche con il maggior numero di nuovi sacerdoti nel 2024 sono state Treviri, con quattro, e Augusta, Colonia, Paderborn e Ratisbona, con tre ciascuna.

Fonti:

infocatolica

pillarcatholic




sabato 29 marzo 2025

Santa Messa in onore del beato Carlo d'Austria a Pistoia


Santa Messa 

in onore del beato Carlo d'Austria 


martedì 1 aprile all 21:00


chiesa Sant'Ignazio a Pistoia


Santa Messa nel giorno di nascita del beato Carlo d'Austria (1887-1922), beatificato il 3 ottobre 2004


«Animato dalle migliori intenzioni e anzitutto da una sincera e profonda volontà di pace, con le varie misure prese al principio del suo governo, che testimoniano della sua ferma fede politica, onestà e rettitudine […]. Merita osservare che il giovane sovrano giudicava la situazione delle potenze centrali con più senso critico e con più esattezza che la maggior parte dei suoi consiglieri militari e politici, i quali erano completamente abbagliati dalla propria propaganda di guerra e da quella dell’alleato germanico. E così né i suoi molteplici e intensi sforzi per la pace, né il tentativo di trasformare all’ultimo momento la monarchia in una Lega di stati nazionali poterono avere successo […]. Alto sulla città e sul porto di Funchal, in mezzo a una rigogliosa vegetazione meridionale […] è situato il piccolo santuario di Nostra Signora del Monte. La vista spazia sull’Atlantico, sulle cui due sponde un tempo, all’epoca della massima potenza di Casa d’Austria, si stendeva il dominio asburgico. Nella chiesa, in una cappella laterale, c’è un semplice sarcofago di metallo che nella sua semplicità ricorda le tombe nella cripta dei Cappuccini di Vienna. Come unico ornamento porta l’immagine della corona di spine e l’iscrizione FIAT VOLUNTAS TUA. Lì giace, sotto il segno della corona di spine, l’ultimo monarca della Casa d’Austria» 

(Adam Wandruszka, Gli Asburgo, trad. it. TEA, Milano 1999 [I ed. 1974], pp. 262-263). 

 



Situazione dei seminari





29 marzo 2025

Scrive Peter Kwasniewski: "Ecco una nota che ho ricevuto da un seminarista che prega l'antico breviario: "Pregare il breviario in latino non è molto visto di buon occhio nel mio seminario. Ho notato in biblioteca l'altro giorno che l'istituto ad un certo punto ha preso tutti i [vecchi] breviari che potevano essere usati per pregare le ore e li ha rimossi dalla raccolta. Sospetto l'intento di scoraggiare la recita dell'Ufficio Divino sulla liturgia delle ore." Il latino è una chiave per la vasta casa del tesoro della Cristianità Occidentale. Ecco perché i progressisti lo temono così tanto e hanno fatto del loro meglio per oltre 50 anni per sopprimerne la conoscenza."


* * *



Mi ricorda un episodio significativo di diversi anni fa.

Avevo appena messo in circolazione un piccolo saggio sulla Questione Liturgica [vetus e Novus Ordo a confronto: praticamente i prodromi del mio successivo libro], che diffondevo a richiesta. Le richieste fioccavano e ne ho diffuse oltre un migliaio di copie... Una richiesta mi colpì moltissimo: era di un seminarista che scriveva da un seminario italiano, del quale per ovvi motivi non faccio il nome, anche se sono passati molti anni e il mio interlocutore dovrebbe (spero) essere ormai un sacerdote. Mi chiese di spedire 30 copie (per lui e altrettanti colleghi), ma all'indirizzo di sua madre, perché sia il blog che quelle copie potevano esser letti solo di nascosto dai superiori...




Un bambino miracolato potrebbe portare Pell verso gli altari



È accaduto in Arizona, dove il piccolo di un anno e mezzo, caduto in una piscina, aveva smesso di respirare per 52 minuti. I genitori hanno invocato il cardinale australiano, che già in vita era considerato un martire, perseguitato in odium fidei.

Intercessione

Ecclesia 


Nico Spuntoni, 29-03-2025

Un miracolo di Pell? Poco più di due anni dopo l'improvvisa morte del cardinale australiano, una straordinaria notizia arriva dall'altra parte dell'oceano. Protagonista è un bambino di un anno e sei mesi dell'Arizona che, dopo essere caduto in una piscina ed aver smesso di respirare per 52 minuti, si è improvvisamente ripreso senza alcun danno. I genitori del bambino di nome Vincent hanno confessato di aver invocato in quei drammatici momenti l'intercessione di Pell.

La storia è stata rivelata qualche giorno fa a Sydney dall'arcivescovo locale Anthony Colin Fisher, già ausiliare e amico del primo prefetto della Segreteria per l'economia. L'intervento del presule domenicano è avvenuto nel corso dell'evento organizzato mercoledì al Campion College Australia per presentare la biografia George Cardinal Pell Pax Invictis. A Biography scritta dalla giornalista di The Australian Tess Livingstone che conobbe molto bene il cardinale. La serata ha registrato il tutto esaurito, a dimostrazione del grande affetto che la sua arcidiocesi continua a riservare al principe della Chiesa mandato in prigione ingiustamente per 404 giorni. Alla presentazione, oltre a monsignor Fisher, hanno partecipato e parlato ben due ex primi ministri d'Australia: John Howard e Tony Abbott. I due politici avevano continuato a supportare Pell anche nei giorni più difficili e si erano pubblicamente definiti suoi amici nonostante l'iniziale verdetto di condanna per abusi. Durante la serata è stata anche svelata la targa che intitola alla memoria del cardinale la grande hall del college. A prendere la scena, in ogni caso, è stato il racconto di Fisher sul bimbo americano in pericolo di morte.

Nei 52 minuti di terrore i genitori hanno invocato l'intercessione di Pell che avevano conosciuto nel 2021 a Phoenix durante una presentazione del suo libro Diario di prigionia (in Italia edito da Cantagalli). Fisher ha spiegato che Vincent «è sopravvissuto e non ha riportato danni al cervello, ai polmoni o al cuore. Ora sta bene e i medici lo definiscono un miracolo». È stato dimesso dopo 10 giorni dall'ospedale e suo zio, un sacerdote cattolico, ha segnalato l'accaduto all'ex segretario particolare di Pell, padre Joseph Hamilton che ora guida la Domus Australia a Roma.

Durante la presentazione, Livingstone ha sollevato la possibilità che questa guarigione potrebbe essere citata un domani in una eventuale causa di beatificazione e canonizzazione. Per avviare l'istruttoria serviranno però altri 3 anni perché sono richiesti almeno 5 anni di distanza dalla morte del candidato per garantire una maggiore obiettività di valutazione. Resta il fatto che Pell già in vita veniva considerato un martire, perseguitato in odium fidei. Negli ultimi tempi romani l'anziano cardinale veniva ripetutamente fermato ed omaggiato, spesso in ginocchio, da vescovi, sacerdoti e funzionari laici vaticani che lo incontravano e che si rivolgevano a lui per avere la benedizione speciale di un martire. Persino un altissimo dignitario della Curia, accogliendolo nell'anticamera del Palazzo Apostolico per l'udienza concessagli il 12 ottobre 2020 da Francesco, si inginocchiò al suo cospetto commosso e ammirato per l'esempio offerto nel calvario giudiziario e mediatico.

Una riabilitazione arrivata dopo anni di maldicenze e di freddezza in Curia, con presunti retroscena che gli scaricavano addosso accuse di «spese pazze» e fatti uscire proprio nel momento in cui Pell, ingiustamente accusato, tornava in Australia ad affrontare un processo già indirizzato. Mentre dal basso mai è venuta meno la fiducia e l'affetto per quel gigante un po' burbero e ancora oggi il suo santino funebre è uno dei pochi in evidenza nei gabbiotti dei portieri dei palazzi in cui ha vissuto e lavorato.





venerdì 28 marzo 2025

La ribellione contro l’ideologia woke: una lezione per il Vaticano



La ribellione delle masse all’ideologia woke ha dato a Trump la vittoria. Ma è una lezione anche per la Gerarchia della Chiesa cattolica.



di Sandro Magister (27-03-2025)

Che il successo di Donald Trump sia anche frutto di una reazione popolare di rigetto del linguaggio “politicamente corretto” e dell’ideologia “woke” imposti dalle élite progressiste, in particolare su genere e sesso, è un dato ampiamente condiviso.

Meno evidente è però quanto seriamente sia percepita tale sconfitta da queste stesse élite. Come anche dalla Chiesa cattolica per quanto ne è partecipe.

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In Italia, tra gli intellettuali, alcune voci di rilievo hanno cominciato a levarsi con accenti autocritici.

Il 6 marzo, in un’intervista a “la Repubblica” che è il quotidiano di punta della cultura progressista, Giuliano Amato, 86 anni, giurista e uomo politico di sinistra, già capo di governo, già presidente della corte costituzionale e più volte candidato alla presidenza della repubblica, ha attribuito la responsabilità della sconfitta anche “a convinti democratici come me che negli ultimi cinquant’anni hanno sostenuto qualsiasi battaglia progressista senza rendersi conto per tempo della crescente distanza, talvolta eccessiva, rispetto ai valori tradizionali che tengono unite le nostre società”. Senza capire, cioè, che “una democrazia liberale non viene meno se accettiamo libertà più limitate e una qualche convivenza con i valori tradizionali”.

Ad Amato ha fatto seguito, con accenti ancor più espliciti, in un editoriale sul “Corriere della Sera” del 12 marzo, Ernesto Galli della Loggia, 82 anni, professore di storia contemporanea:

“Che si trattasse della riproduzione della vita e dei modi della morte, dei caratteri della genitorialità o della morale sessuale, del significato della famiglia, della pace e della guerra, di trasformare ogni bisogno in un diritto, immancabilmente tutta l’Italia che si voleva progressista ha abbracciato il partito dell’’ideologicamente corretto’, in un atteggiamento di supponente superiorità, se non di aggressiva ostilità, nei confronti ti di chi la pensava diversamente”.

Tutto ciò senza avvedersi che “per molta parte delle classi popolari questa egemonia del ‘nuovismo’ ha significato uno strappo doloroso con la propria identità, per mille ragioni ancora molto radicata nel passato”.

Come Amato, anche Galli della Loggia ha quindi ammonito le élite a “a non chiudersi in se stesse, a restare cioè aperte e ad ascoltare tutte le voci della società, non mettendo a tacere quelle che non piacciono”. Altrimenti il voto “prima o poi le punirà”, come è avvenuto negli Stati Uniti con Trump, a proposito del quale “sta innanzi tutto alle élite europee stringersi ai propri popoli per far fallire i suoi piani”.

Un terzo intervento nella stessa linea è stato quello di Giuliano Ferrara, 73 anni, su “Il Foglio” del 13 marzo. È una voce non nuova, la sua, nel criticare “il silenzio culturale dei progressisti”, ma questa volta egli ha tenuto anche a ricordare che Amato – pur non credente come Galli della Loggia e lo stesso Ferrara – “si era pronunciato dubbioso e qualcosa di più sull’aborto”, quando la pretesa delle élite progressiste era di farne “un diritto dispiegato e incondizionato”.

“Per queste obiezioni etiche”, ha ricordato ancora Ferrara, “Amato ebbe qualche noia poiché il progressismo morale sa essere aggressivo e censorio, ma tenne un comportamento prudente, come è nel suo stile, uscendone vivo”. E in più egli “frequentava il Cortile dei gentili, magnifica istituzione culturale ideata sotto Ratzinger e Ruini, per discutere con apertura non confessionale, nella Chiesa e nel mondo esterno, le grandi questioni etiche, tra queste il fine vita, che è la dizione pudica o eufemistica per un altro ‘diritto’ che finirà presto in qualche costituzione europea, il diritto di morire”.

Con una importante avvertenza, che Ferrara ha esposto in un successivo intervento su “Il Foglio” del 22 marzo, riprendendo le tesi del celebre saggio “La rebelión de las masas” pubblicato nel 1930 dal filosofo spagnolo José Ortega y Gasset.

Perché se è vero che negli Stati Uniti Trump ha fatto leva sulla ribellione delle masse alle ideologie delle élite progressiste, è anche sotto gli occhi di tutti quanto questo suo sostegno popolare sia divenuto lo strumento di una demagogia smisurata.

Negli anni Trenta in Europa la ribellione delle masse aprì la strada a terribili soluzioni autoritarie. E oggi? È decisivo, scrive Ferrara, “trovare il modo di rifondare la cultura delle élite e di varare nuovi modelli di aggregazione delle masse che siano compatibili con l’assetto liberale della democrazia politica”.


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E nella Chiesa? Anche qui non mancano allineamenti subalterni all’ideologia delle élite progressiste, sia pur contraddetti a parole o contrastati da estese ribellioni.

Il via libera dato dalla Santa Sede alla fine del 2023 alla benedizione delle coppie omosessuali ha sollevato la protesta di tutte le conferenze episcopali dell’Africa nera, oltre che di porzioni significative delle Chiese di altri continenti.

Ma nonostante papa Francesco più volte si sia pronunciato contro l’ideologia “gender”, resta il fatto che l’opinione pubblica lo percepisce molto più come inclusivo che escludente. La sua immagine è quella di un papa che apre le porte a “todos, todos, todos” e che si astiene da qualsiasi ammonimento o condanna, in nome del “chi sono io per giudicare?”.

Inoltre, la visione profondamente antioccidentale di Francesco – ben ricostruita nel recente libro dello storico dell’America latina Loris Zanatta: “Bergoglio. Una biografia politica” – lo rende sensibile alle tesi di quella “cancel culture” che vuole rimuovere interi secoli di storia, colpevolizzandoli in blocco. Anche i suoi feroci strali contro i tradizionalisti contribuiscono ad accrescere la sua immagine di iniziatore per la Chiesa di un nuovo corso immacolato, ostile a un passato oscuro di cui va chiesto solo perdono.

Un clamoroso cedimento del papa alla “cancel culture” è avvenuto in occasione del suo viaggio in Canada nel luglio del 2022 (vedi foto).

L’anno precedente era stata rumorosamente chiamata in causa in quel paese l’esistenza di fosse comuni con centinaia di bambini indigeni sepolti nei pressi delle scuole cattoliche e anglicane in cui erano stati costretti e maltrattati, separati dalle rispettive famiglie e tribù, al fine di essere “rieducati”. Le fosse erano ancora da trovare e da scavare e fu istituito un comitato d’indagine per accertare i fatti, ma da subito si levarono le ingiunzioni ai vescovi e al papa perché chiedessero pubblicamente perdono del misfatto. Il che puntualmente avvenne, con Francesco pentito e contrito che in Canada pronunciò parole durissime contro il colonialismo e il razzismo dei quali anche la Chiesa era dichiarata complice e addirittura bollò come “genocidio” la strage di quei bambini.

Tutto questo senza alcuna prova delle reali esistenze di quelle sepolture, al punto che dopo tre anni di ricerche tanto accanite quanto totalmente infruttuose, all’inizio di questo mese di marzo il governo di Justin Trudeau ha chiuso il comitato d’indagine. Con archiviati, però, anche gli incendi e le devastazioni di oltre un centinaio di chiese, compiuti per rappresaglia contro quel presunto comportamento criminoso.

Un altro grave cedimento alla “cancel culture” lo si è visto all’opera nel sinodo dell’Amazzonia, nell’ottobre del 2019, anche questa volta contro il colonialismo di cui la Chiesa sarebbe complice.

Per Francesco, infatti, una finalità di quel sinodo era di valorizzare le tribù dell’Amazzonia nella loro innocenza originaria, nel loro arcaico “buen vivir” in felice simbiosi tra gli uomini e la natura, prima che fosse snaturato e incattivito ad opera dei colonizzatori civili ed ecclesiali.

Solo che questo paradisiaco “buen vivir” s’è scoperto che in alcune tribù è fatto tuttora anche di infanticidi e di morti inflitte ai vecchi, compiuti al fine dichiarato di garantire un equilibrio “nella dimensione della famiglia e nell’ampiezza dei gruppi” e di “non costringere lo spirito dei vecchi a stare incatenato al corpo, senza poter più spalmare i suoi benefici sul resto della famiglia”.

Parole dette con imperturbabile distacco avalutativo da un vescovo amazzonico e da una esperta brasiliana chiamata a consulto, in due delle conferenze stampa che accompagnarono i lavori sinodali.

Fonte: Settimo Cielo




Quanto è Imbarazzante il Vangelo della Sofferenza di Therese Neumann per la Chiesa di Oggi?




Marco Tosatti, 28 Marzo 2025 

Cari amici e nemici di Stilum Curiae, padre Joachim Heimerl, che ringraziamo di cuore, offre alla vostra attenzione queste riflessioni sulla vita di Therese Neumann. Buona lettura e condivisione.

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Cento anni fa avvenne il miracolo di Konnersreuth: Therese Neumann e “il Vangelo della sofferenza”.


Di padre Gioacchino Heimerl von Heimtal

“Chi viene a Konnersreuth viene a Cristo”. Con queste parole uno dei pellegrini che, a partire dagli anni ’20, hanno visitato a migliaia Konnersreuth nell’Alto Palatinato, ha descritto in modo sintetico la visione di una donna semplice che non si è mai fatta notare, ma ha condotto molti a Cristo.

Se si volesse descrivere Therese Neumann (1898-1962) in poche parole, probabilmente si potrebbe dire che è la “serva del Signore” (Lc 1,38). Era completamente devota alla volontà di Dio e ovviamente fu benedetta in un modo speciale. “Resl”, come viene chiamata ancora oggi, non aveva ricevuto quasi nessuna istruzione formale, non era una suora e certamente non era una teologa, e forse fu proprio per questo che Dio la scelse.

Egli sceglie di preferenza tutti coloro che non sono nulla di per sé i malati e i deboli, e questo soprattutto per svergognare i forti (cfr 1 Cor 1,27).

La scelta di Resl riflette inizialmente solo la scelta fondamentale di tutti i cristiani: significa la scelta di seguire Cristo e ad essere suoi amici (cfr Gv 15,15). Ma proprio in questo la sua vita divenne così permeabile che Cristo traspariva attraverso di lei come attraverso un vetro sottile. – Naturalmente, questo accade solo con i santi e, nel caso di Resl, è accaduto con quei segni straordinari che sono riservati a pochi, ma che riguardano tutti: ha ricevuto le ferite visibili, ha sofferto la Passione di Cristo nelle sue visioni e ha vissuto per decenni senza alcun cibo, nutrendosi esclusivamente della Santa Comunione.

Tali cose sembrano strane alla maggior parte dei cattolici di oggi; non suona affatto come ciò che è attualmente in voga, e questo meno che mai negli ambienti ecclesiastici. La mistica non è mai qualcosa che può essere “sostenuta dalla maggioranza” e certamente non è mai “sinodale”. In un tempo in cui un “cattolicesimo riformato” pagano oscura le verità della fede, non c’è più spazio per la grazia mistica, né per Gesù Cristo.

Ma egli conosce i suoi e i suoi conoscono lui (cfr Gv 10,14). Essi gli appartengono e, come lui, sono un segno, soprattutto contraddittorio (cfr Lc 2,34). I cristiani, quindi, non riescono mai a “connettersi” con lo spirito del tempo e con le sue mode e restano sempre un fattore dirompente in questo mondo. Di conseguenza, Therese Neumann rende in maniera inquietante chiaro di cosa si tratta realmente: non è niente di meno che una questione di tutto o niente, si tratta di fede nel Dio vivente; si tratta della sua presenza reale nei sacramenti e in particolare nel sacramento dell’Eucaristia.

Si tratta del fatto che l’uomo vive veramente e autenticamente di più del pane (cfr Mt 4,4), e che questa non è solo una frase biblica non vincolante. In questo senso, la mancanza di cibo di Resl pone un punto esclamativo dietro la Santa Messa e la Santa Comunione; lo dice chiaramente: la Chiesa vive di nient’altro che dell’Eucaristia.

Questa è una frase facile da dire e suona come una frase pia, così come lo è il fatto che l’Eucaristia riguarda il sacrificio di Cristo e la sua sofferenza. – Ciò che nessuno vorrebbe più sentirsi dire, Therese Neumann lo sottolinea con il suo stesso sangue: ogni venerdì, e in particolare il Venerdì Santo, la sofferenza di Cristo si riflette sul suo corpo e ancora oggi i suoi veli mostrano l’impronta a forma di corona di spine e il suo petto comprime una puntura a forma di lancia.

La Passione di Cristo difficilmente potrebbe essere più tangibile e Resl ha sicuramente toccato più persone con la sua sofferenza della maggior parte dei predicatori, per non parlare della maggior parte dei teologi.

Chi entra nella sua stanza attraverso una ripida scala può ancora oggi percepirlo: il semplice letto di sofferenza accanto al grazioso altare dice tutto, ma non impone a nessuno il messaggio di sacrificio e redenzione. In questa stanza aleggia una silenziosa luce pasquale sul Venerdì Santo e chiunque cerchi il “Miracolo di Konnersreuth” lo troverà sicuramente qui.

Il pellegrino trova ciò che Papa Giovanni Paolo II chiama il “Vangelo della sofferenza” in “Salvifici doloris” (1984): “I testimoni della Croce e della Risurrezione di Cristo hanno consegnato alla Chiesa e all’umanità uno speciale Vangelo della sofferenza. Il Salvatore stesso ha scritto per primo questo Vangelo con la sua sofferenza, che ha accettato per amore, affinché l’uomo non perisse ma avesse la vita eterna”.

Come testimone della croce, Resl ricorda ai teologi intellettuali e ai cattolici tiepidi che la croce non è qualcosa di astratto, ma nemmeno qualcosa di glorificato. Non è una figura di pensiero teologica. È reale e brutale, è il segno dell’amore più alto: «Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici» (Gv 15,13).

Anche questo è facile a dirsi e suona molto bene, ma ciò che significa veramente, e ciò che Gesù ha fatto per l’umanità con il suo amore, diventa visibile in Resl come in uno specchio lontano o come in un film avvincente, molto prima di “La Passione di Cristo” di Gibson: nella visione della flagellazione, sulla sua schiena compaiono dal nulla delle ferite sanguinanti, mentre le ferite si riaprono nel momento in cui vede la crocifissione. Sta con Maria sotto la croce, guarda con occhi sanguinanti la folla degli astanti e ripete frammenti di una lingua che lei stessa non capisce affatto: all’improvviso parla aramaico, greco e latino; e senza parole dice che tutti sono chiamati a soffrire, perché nessuno può essere cristiano senza seguire Cristo sofferente (cfr Lc 9,23).

Ma questo non avviene mai attraverso belle parole o attraverso ‘mezzi sinodali’. Ciò è possibile solo accettando la propria croce. – Questo è esattamente ciò che Resl fece da giovane, in modo semplice e altrettanto radicale. All’epoca era diventata cieca a seguito di un incidente e, per giunta, completamente paralizzata. Per caso sente parlare di una giovane suora carmelitana francese, morta qualche anno prima: Teresa del Bambin Gesù, Teresa di Lisieux. Resl la riconosce come l’anima gemella e da quel momento si rifugia in lei. Il giorno della sua canonizzazione, il 17 maggio 1925, Teresa le appare finalmente in piena luce. Resl guarisce spontaneamente da tutti i suoi mali; ha inizio il miracolo di Konnersreuth. Nello stesso tempo, la nuova santa le fa capire chiaramente che dovrà soffrire ancora molto per salvare le anime e che nessun medico potrà aiutarla. Resl risponde con totale devozione: “Tutto ciò che viene dal Salvatore va bene per me”.

Poco dopo sul suo corpo compaiono le ferite.

Da quel momento in poi la sofferenza di Resl fu certamente mistica, ma ciò non significa che soffrisse meno fisicamente. Ciò significa, al contrario, che ogni sofferenza non ha mai solo una dimensione naturale, ma anche una soprannaturale. Scrive perciò Giovanni Paolo II in “Salvifici doloris”: “Ecco il senso veramente soprannaturale e insieme umano della sofferenza. È soprannaturale perché radicato nel mistero divino della redenzione del mondo, e d’altra parte è profondamente umano perché in esso l’uomo ritrova se stesso, la sua umanità, la sua dignità, la sua missione”.

Ciò ha plasmato la vita di Resl fino alla sua morte.

Da allora, il “Vangelo della sofferenza” non è mai taciuto sulla sua tomba.

Innumerevoli tavolette votive ne sono testimonianza e anche in esse il miracolo di Konnersreuth ha trovato una conferma definitiva.




giovedì 27 marzo 2025

Traditionis Custodes, l'assolutismo papale contro il diritto



Un volume di padre Réginald-Marie Rivoire analizza il motu proprio di Francesco, che non calpesta solo la liturgia tradizionale ma la stessa razionalità giuridica. In nome di un volontarismo che caratterizza in gran parte il suo pontificato e sconfina nell'arbitrio.


Contraddizione

Ecclesia 


Luisella Scrosati, 27-03-2025

A due anni dalla pubblicazione in lingua francese (7 marzo 2023), viene ora offerta la traduzione in italiano dell’importante lavoro di analisi del motu proprio Traditionis Custodes da parte di padre Réginald-Marie Rivoire, sacerdote della Fraternità San Vincenzo Ferrer, dottore in Diritto Canonico e promotore di giustizia presso il tribunale ecclesiastico di Rennes.


Il motu proprio Traditionis Custodes alla prova della razionalità giuridica, tradotto e pubblicato dalle edizioni Amicitia Liturgica, ha il grande merito di mettere in luce, prove alla mano, il positivismo e volontarismo giuridico di questo pontificato, particolarmente rilevante per quanto riguarda la modalità con cui papa Francesco – e il Dicastero per il Culto Divino e la Disciplina dei sacramenti – ha inteso intervenire relativamente al Rito antico.

Il confronto tra Summorum Pontificum (SP) di Benedetto XVI e Traditionis Custodes (TC) di Francesco mostra non solo i fin troppo evidenti esiti opposti dei due provvedimenti, ma anche l’inconciliabile impostazione giuridica a monte. Scrive l’Autore: «Il contrasto è veramente notevole tra i due modi di legiferare, una marcata dal realismo giuridico, l’altra dal positivismo volontarista. Là dove Benedetto XVI riconosce, con un atto dichiarativo, due realtà rituali che, di fatto, esistono oggi nella Chiesa latina […], ed intende dar loro un quadro giuridico, Francesco decide, con un atto performativo, che nella Chiesa non c’è che una sola di queste realtà» (pp. 19-20).

È una delle questioni più gravi del pontificato di papa Bergoglio, emersa certamente nella questione liturgica, ma che non si limita a questo ambito. Il modo di governare di Francesco è stato più quello di monarca assoluto, «il cui pensare e volere sono legge», che non di primo garante «dell’obbedienza verso Cristo e verso la Sua Parola» (Benedetto XVI, Omelia in occasione dell’insediamento sulla Cathedra Romana, 7 maggio 2005). In questo modo egli ha sovvertito i principi del diritto secondo la prospettiva realista e cattolica, per cui la legge obbliga in quanto ordinatio rationis e non semplicemente in forza dell’obbedienza ad un’autorità pur legittima. La volontà del legislatore sciolta dall’ordinamento razionale porta direttamente alla pericolosa violazione del diritto e alla ancora più perniciosa negazione della realtà. Perché la razionalità di cui si parla non è quella riduttiva della logica formale, che nell’ambito giuridico si traduce in un mero legalismo, ma è più estensivamente l’adeguazione alla realtà. Nella sana concezione del diritto, lontana da machiavellismi e gesuitismi, è questa razionalità a normare la norma; se la norma non ricevesse la sua misura dall’ordinatio rationis, finiremmo nel totale arbitrio dell’autorità.

Cosa fece Benedetto XVI con SP? Partì dalla constatazione dell’esistenza di due forme rituali nella Chiesa latina (da cui l’affermazione della non abrogazione dei libri liturgici antichi), di cui una plurisecolare, e cercò di inquadrarle giuridicamente, in modo da perseguire il bene comune. Si potrà discutere se ciò sia stato fatto nel modo migliore, ma certamente non si può negare che papa Benedetto applicò la ragione prudenziale per armonizzare due realtà rituali di cui egli ha preso atto. Cos’ha fatto papa Francesco? Ha deciso di usare il diritto contro la realtà, inventando che l’unica forma del Rito romano sarebbe quella uscita dalla riforma voluta da Paolo VI, relegando così il plurisecolare Rito romano nel mondo dei sogni… Ancora, sempre nel fondamentale art. 1 di TC, Francesco afferma che i libri liturgici usciti dalla riforma sarebbero in conformità con i decreti del Concilio Vaticano II; un’affermazione che, come vedremo, è semplicemente falsa.

Con concisione e precisione, padre Rivoire mostra anzitutto che il rito uscito dalla riforma semplicemente non è il Rito romano; esso ha certamente degli elementi del Rito romano, ma di fatto lo ha così profondamente mutato e stravolto da non poter rivendicare un’effettiva continuità di forma. La ri-forma, in questo caso, non è stato il recupero della forma, ma il conferimento di una nuova forma. Ma una nuova forma indica appunto qualcosa di nuovo. L’autore cita gli stessi fautori entusiasti della riforma liturgica, come padre Joseph Gélinau e padre Annibale Bugnini, i quali parlavano appunto del rito romano «distrutto», di un vero e proprio «rifacimento», non di uno sviluppo. Bisogna essere onesti e guardare alla realtà, che non può essere cambiata per decreti: un importante articolo di Matthew Hazell ha mostrato come solo il 13% delle orazioni presenti nel Rito antico sia stato custodito integro e invariato nel nuovo e ben il 52% sia stato completamente omesso; il lezionario è stato anch’esso radicalmente stravolto; nel calendario liturgico sono stati soppressi il tempo di Settuagesima, l’Ottava di Pentecoste, le Rogazioni e di fatto le Quattro Tempora (conservate come facoltative, ma private del loro Proprio e ormai in disuso). Nell’Ordinario abbiamo assistito alla decurtazione dei riti d’ingresso, al completo rifacimento dell’Offertorio, all’aggiunta di preghiere eucaristiche fabbricate ex novo, ad una mutilazione dei gesti liturgici. E si potrebbe continuare. Esso è di fatto un nuovo rito.

Ed è sempre guardando alla realtà che si può serenamente affermare che il Messale promulgato da Paolo VI non è conforme alle richieste dei padri conciliari, così come le troviamo in Sacrosanctum Concilium (SC). In nessun punto la costituzione liturgica del Vaticano II contempla «la soppressione dell’offertorio tradizionale, né che siano composte nuove preghiere eucaristiche, né che siano soppresse o modificate quasi tutte le orazioni, né che la celebrazione si tenga rivolti al popolo, né che il canone sia recitato ad alta voce, né ancor meno che la Comunione possa esser data in mano» (p. 21). Per non parlare delle indicazioni positive riguardo al mantenimento della lingua latina e del canto gregoriano, completamente disattese. Nemmeno SC aveva in mente un «rito proteiforme» (p. 23), ossia un rito che non è più tale in quanto gli elementi di ritualità sono stati gravemente manomessi, e ad ogni piè sospinto ci si ritrova davanti a rubriche opzionali. Non è errato ritenere che è proprio il Rito antico ad essere più conforme ai desiderata dei Padri conciliari che non il nuovo...

Il volontarismo giuridico che anima TC ha portato in più punti a calpestare il diritto canonico e a collezionare svarioni giuridici, come l’Autore mostra ad abundantiam. Dietro alla questione liturgica si gioca il più fondamentale rapporto tra il Papa e la Rivelazione di Dio, nelle Scritture e nella tradizione, di cui il Rito romano antico è espressione precipua. «Ad essere sconcertante non è tanto che Francesco contraddica il suo predecessore, ma che egli gestisca un rito liturgico multisecolare come se si trattasse di una materia puramente disciplinare» (p. 20).

In effetti, questo pontificato ha fatto della contraddizione la sua legge fondamentale: da una parte la plenitudo potestatis del Papa viene estesa indebitamente fino a farne l’espressione di un puro volontarismo che si esprime in una concezione meramente normativista del diritto; dall’altro, nel contesto del dialogo ecumenico, si strizza l’occhio ad una “conversione del papato”, che è in realtà l’annullamento delle prerogative affidate da Cristo a Pietro e ai suoi successori.






La dottrina aggirata: Fernández apre al “cambio” di sesso



Il prefetto del Dicastero per la Dottrina della Fede pubblica un documento con “alcuni chiarimenti” su Dignitas infinita, introducendo una pericolosa eccezione rispetto alla dichiarazione originaria del DDF. In breve, per Fernández il “cambio” di sesso è moralmente accettabile, a patto che la cosiddetta disforia sia grave.

Il documento

Vita e bioetica 



Durante una conferenza organizzata a metà febbraio dalla Facoltà di Teologia cattolica dell’Università di Colonia in Germania, il prefetto del Dicastero per la Dottrina della Fede, il cardinale Victor Manuel Fernández, è intervenuto in video con un suo contributo. Questa sua relazione è poi confluita in un documento dal titolo La dignità ontologica della persona in Dignitas infinita. Alcuni chiarimenti. Tale documento vuole esplicitare alcuni snodi concettuali presenti nella Dichiarazione Dignitas infinita pubblicata dal medesimo Dicastero nel marzo del 2024.

Il documento di Fernández è stato elaborato al fine di rispondere ad alcune critiche, ma presenta esso stesso diverse criticità. Una riguarda sicuramente il tema dei trattamenti medici volti al cosiddetto “cambiamento” di sesso. Il documento, denunciando l’ideologia gender, ricorda la condanna di tali interventi già presente in Dignitas infinita, ma se in Dignitas la condanna era assoluta, ossia non ammetteva eccezioni, nel documento recente firmato da Fernández ecco spuntarne una che è decisiva. Fernández scrive: «Non vogliamo essere crudeli e dire di non capire i condizionamenti delle persone e le profonde sofferenze che esistono in alcuni casi di “disforia” che si manifesta pure dall’infanzia. Quando il documento [Dignitas infinita] usa l’espressione “di norma”, non esclude che ci siano casi fuori della norma, come forti disforie che possono portare ad una esistenza insopportabile o persino al suicidio. Queste situazioni eccezionali si devono valutare con grande cura».

Fermiamo la nostra attenzione laddove il prefetto rimanda a Dignitas infinita citando le due parole “di norma”. Andiamo a prendere il passo relativo presente in Dignitas infinita: «Qualsiasi intervento di cambio di sesso, di norma, rischia di minacciare la dignità unica che la persona ha ricevuto fin dal momento del concepimento. Questo non significa escludere la possibilità che una persona affetta da anomalie dei genitali già evidenti alla nascita o che si sviluppino successivamente, possa scegliere di ricevere assistenza medica allo scopo di risolvere tali anomalie. In questo caso, l’intervento non configurerebbe un cambio di sesso nel senso qui inteso» (60).

In buona sostanza, Dignitas infinita afferma correttamente: no agli interventi sull’apparato riproduttivo se il fine è tentare, senza riuscirci, di cambiare identità sessuale. Sì agli stessi interventi se vogliono confermare l’identità sessuale, ossia se sono terapeutici modificando gli apparati riproduttivi per allinearli al dato genetico, che è il riferimento primo per comprendere a che sesso appartiene la persona. Infatti, a motivo di alcune patologie, può capitare che gli organi riproduttivi non corrispondano, morfologicamente e in gradi diversi, ai cromosomi XY o XX della persona. Ecco spiegato perché Dignitas infinita usa la locuzione “di norma”: vuole affermare che nella maggioranza dei casi (di norma) tali interventi sono da condannare, eccetto appunto quelli che hanno natura terapeutica.

Come accennato, Fernández richiama nel proprio documento l’espressione “di norma” presente in Dignitas infinita. Abbiamo visto che questa espressione viene usata da Dignitas infinita in relazione agli interventi sui genitali. Dunque è giustificato ritenere che anche Fernández la usi in riferimento agli stessi. Ecco allora che, se rileggiamo il testo di Fernández, scopriamo che questi ritiene illeciti tali interventi, eccetto in caso di disforia grave e, implicitamente, in caso di trattamento terapeutico. Dunque il prefetto ritiene leciti tali interventi anche nel caso condannato da Dignitas infinita, ossia quando servono per contraddire l’identità sessuale, a patto che la disforia sia forte e portatrice di gravi rischi per la persona. Dunque il divieto non riguarda, come per Dignitas infinita, la specie morale dell’atto – trattamenti per “cambiare” sesso – ma solo la condizione che motiva l’intervento: no a quegli interventi laddove la disforia sia lieve. In breve: per il prefetto il “cambio” di sesso è moralmente accettabile, a patto che la disforia sia grave. Ma gli interventi chirurgici che contraddicono il sesso genetico sono azioni intrinsecamente malvagie e tali rimangono al di là delle condizioni che li motivano. Quindi il principio “sì al ‘cambio’ di sesso” è stato accettato dal cardinal Fernández. Accettato il principio, dai casi limite si passerà per coerenza logica anche ai casi comuni, dall’eccezionale al normale.

Dunque Fernández richiama il “di norma” contenuto in Dignitas infinita in modo indebito: infatti lo richiama per legittimare il “cambio” di sesso in un senso che, però, è opposto a quello indicato dal documento Dignitas infinita stesso. Quest’ultimo dichiara che gli interventi sui genitali sono di norma censurabili eccetto quando vengono eseguiti per scopi terapeutici; Fernández dichiara che gli interventi sui genitali sono di norma censurabili eccetto quando la disforia è accentuata (e quando il fine è terapeutico).

Conclusione: il prefetto del Dicastero per la Dottrina della Fede qualifica come moralmente accettabile la condizione transessuale.






mercoledì 26 marzo 2025

Salvare l’Europa dalle élite che vogliono la distruzione della nostra civiltà




25 Mar 2025

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by Aldo Maria Valli

Cari amici di Duc in altum, grazie a Claudio Forti siamo in grado di fornirvi la sintesi in italiano dell’intervista [qui] dello storico argentino Patricio Lons alla scrittrice spagnola Irene González, autrice del saggio Salvar Europa.

Irene González Fernández, giurista e analista politica, è columnist di Voz populi.

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A colloquio con Irene González

Lons – Negli anni Novanta del secolo scorso Francis Fukuyama nel saggio La fine della storia e l’ultimo uomo disse che, una volta caduto il Muro di Berlino, dopo lo Stato liberale e democratico non ci sarebbe stato nessun ulteriore progresso e il mondo intero avrebbe accettato il modello occidentale fondato sui diritti umani. Fukuyama ha venduto parecchi libri, ma la storia non è finita e le sue previsioni si sono rivelate erronee. Un altro pensatore, Alexander Solženicyn, lanciò messaggi ben diversi, avvertendoci dei rischi che l’Occidente stava correndo e parlandoci dell’identità della Russia. Oggi affrontiamo questi temi con Irene González, autrice del saggio Salvar Europa, che consiglio a tutti. E vado subito al dunque: per quale motivo oggi non c’è più la libertà di espressione? Davvero la democrazia si sta trasformando in una tirannia tecnocratica?

González – Grazie per la presentazione che ha fatto del libro, con il quale ho voluto contribuire ad abbattere i miti che ci hanno portato alla distruzione della nostra civiltà. Uno di questi è che la democrazia liberale con la sua abbondanza di beni ci avrebbe resi immuni da ogni preoccupazione e che persino i tibetani avrebbero adottato il modello occidentale come il migliore dei mondi possibili. Fukuyama, uno degli ideologi che hanno espresso il pensiero delle élite globaliste, parlava di fine delle dispute ideologiche e di inizio di un tempo della pace all’insegna delle tecnocrazie. Che cos’è successo, invece? Come stiamo vedendo, non c’era e non c’è alcuna intenzione di creare un mondo pacificato, un mondo libero e una vera rappresentanza. Si va verso la costruzione di una tecnocrazia completamente tirannica, con un potere mai conosciuto nella storia, ma che si presenta in forme benevole, parlandoci di democrazia, sicurezza, protezione dell’ambiente eccetera.

Lons – Vediamo come i mezzi di comunicazione usino ormai un linguaggio unico. E abbiamo vissuto la cosiddetta pandemia…

González – Ciò che abbiamo visto in tutto il mondo durante la “pandemia” è che i mezzi di comunicazione non sono mezzi per informare o per dire la verità, ma sono mezzi organici al regime, al sistema. Sono parte di un grande ministero che non solo dice ciò che il potere vuole, ma espelle dallo spazio pubblico tutti coloro che lo mettono in discussione o semplicemente sollevano dubbi. Nel frattempo però le reti sociali hanno creato una breccia nel muro del discorso unico portando un soffio di libertà mediante il quale i cittadini hanno potuto dibattere e denunciare tutti quegli aspetti problematici che i grandi mezzi di comunicazione ufficiali nascondono. Non a caso, il secondo passo di questa tirannia travestita da democrazia è stato quello di controllare maggiormente le reti sociali, con le censure che abbiamo visto in abbondanza da parte dei maggiori gestori di social. Lo stesso Zuckerberg ha ammesso di avere subito pressioni durante il periodo pandemico. Oggi possiamo dire che sta succedendo la stessa cosa circa la guerra e il “cambiamento climatico”. Infatti, sono stati censurati i messaggi che, per esempio, mettono in questione la transizione ecologica o spiegano che l’ideologia green fa aumentare la povertà. Chi avrà la curiosità di leggere il mio libro troverà elementi sufficienti per notare come l’apertura di X da parte di Elon Musk ha permesso una crescita della libertà d’espressione. Non dico che ora sia sparita la censura, ma certamente il ventaglio informativo si è aperto maggiormente.

Lons – E poi ci sono i servizi di streaming, per esempio Netflix, che non ricorrono alla censura ma impongono modelli. Basta guardare quei programmi per accorgersi che non vengono mai proposti valori cristiani, al contrario!

González – Il libro l’ho incentrato su una questione fondamentale, la “guerra spirituale” condotta da alcune élite profondamente anticristiane, e quindi antiumane, che attraverso gli strumenti che hanno in loro potere pretendono di conformare la società a una nuova scala di valori. Nel libro c’è un capitolo dedicato proprio al cambio di valori che si è avuto nella postmodernità al fine di cancellare i valori precedenti, di matrice cristiana. Fra questi nuovi valori c’è l’ideologia di genere e soprattutto c’è il disprezzo di tutto ciò che ha contribuito a formare la nostra identità. Vediamo come Netflix ha cancellato i bianchi, perfino nei film ambientati nel diciottesimo secolo. Tutti i personaggi buoni devono appartenere alla comunità LGBTQ+ o transessuale, mentre il tonto, il malvagio e il cattivo deve essere una persona bianca ed eterosessuale. In questa battaglia negativa è entrata anche la Disney, di cui parlo nel libro, con un abuso dell’infanzia davvero intollerabile. Ma è quello che fanno! E lo fanno per imporre l’idea che i minori hanno la libertà di decidere sulla loro sessualità. Una porta che apre a qualcosa di terribilmente mostruoso, come la pedofilia, nascosta dietro l’ideologia di genere.

Lons – Si dice che in futuro non ci si accorgerà di essere in carcere, ma anzi si sarà felici di starci dentro. E ora siamo al punto che ti possono arrestare per quanto stai pensando, come nel caso di quella donna inglese che stava pregando in silenzio di fronte a una clinica per aborti ed è stata arrestata per aver pregato mentalmente! Era ferma lì in piedi, in silenzio, e l’agente di polizia le ha chiesto: “Sta pregando?”. La risposta è stata: “Si, nella mia mente”. E per questo è stata arrestata. Ci stiamo incamminando verso questa tirannia?

González – Senza dubbio. Il progetto globalista e antiumano, che si basa sul transumanesimo, ha scoperto che l’oggetto del grande affare economico siamo noi stessi e tutti coloro che verranno nelle prossime generazioni. Loro sanno bene che non è possibile instaurare una tirannia come quelle viste in passato, che si basavano sulla repressione fisica, perché non otterrebbe risultati efficaci. Ciò che vogliono è che noi ci rendiamo schiavi in modo volontario, che desideriamo diventare schiavi. Ne parlo riferendomi non solo al Regno Unito, ma anche alla Spagna, perché anche qui, grazie alla nuova legislazione, chi prega in silenzio davanti a una clinica degli aborti può essere multato per il disturbo arrecato. Per questa gente, il pensiero può essere considerato un disturbo dell’ordine pubblico! Questa guerra spirituale è caratterizzata dall’odio verso tutto ciò che ha a che fare con una società cristianizzata. Il processo di cancellazione della libertà in nome della libertà è cominciato tre secoli fa con la Rivoluzione francese, ed è stato messo in atto da uno Stato e da uomini che si credono dio. Naturalmente, per giungere a questa servitù volontaria, a questa tirannia assoluta, è necessario appropriarsi di tutte le ricchezze da noi prodotte, affinché possiamo essere felici pur essendo poveri. Hanno bisogno del controllo assoluto sul nostro pensiero, e sanno bene che l’ostacolo è il nostro credere in Dio, in un Dio che, a differenza di quello di altre religioni, ci ama.

Lons – Che cosa pensa di queste femministe che scendono in strada per difendere l’Islam e non dicono nulla quando certe fazioni islamiche torturano e uccidono? Abbiamo dei video tremendi, con bambini sgozzati e cristiani crocifissi e poi finiti con una pallottola in testa. Di fronte a queste atrocità non vedo però alcuna mobilitazione da parte delle femministe spagnole. Come hanno potuto cadere in questa assurdità? Lo fanno per attaccare il cristianesimo o c’è anche della follia?

González – C’è l’odio. In Europa, quello che è chiamato sinistrismo islamico è uno strumento fondamentale per la distruzione di ciò che era l’Europa, della sua civiltà cristiana. La sinistra, che odia l’identità europea fondamentalmente cristiana, si è unita con l’Islam. Sembra una contraddizione, ma i due poli hanno un comune obbiettivo: cancellare il cristianesimo. Sono due visioni del mondo profondamente colonialiste e imperialiste. L’islam non viene in Europa in forma amichevole e pacifica, ma con una chiara vocazione di conquista e per cancellare il nostro passato. Così la sinistra vi ha visto uno strumento e un alleato che l’ha aiutata, per esempio, a perpetuare il proprio potere a costo di avere una società che un giorno potrebbe metterla in questione. Nel Regno Unito, per esempio, abbiamo visto come sono stati nascosti dalla polizia casi di violazioni di bambine da parte di stranieri musulmani. Quando tu cambi la base elettorale di una società, lasciando diffondere i pakistani, è chiaro che quello che otterrai è la replica del peggior Pakistan. Nel Regno Unito, vista la densità di stranieri e musulmani, già ci sono casi, come anche in Francia, in cui gli stranieri formano il loro partito e presentano i loro candidati con campagne elettorali in arabo. La convivenza necessaria fra la Sinistra e l’Islam si basa su due interessi. Primo: il profondo odio per l’identità cristiana europea. Secondo: entrambi hanno un progetto di potere. Così si uniscono per portare la guerra interna. Il fatto che nessuno denunci l’assassinio dei cristiani in Siria, e che anche molti cristiani e politici di vario colore, come la presidentessa della Commissione europea Ursula von der Leyen, non difendano queste vittime innocenti la dice lunga su quale sia il loro programma. La democratica e femminista von der Leyen ha invece difeso i jihadisti più radicali dell’Isis e la loro presa del potere, definendoli moderati. “La loro presa del potere è una via di speranza per la Siria”, ha detto. Ma in ciò che dice c’è solo ideologia, perché nel suo orizzonte non c’è nulla di morale e nemmeno di spirituale. È solo una questione di potere. Il fatto che l’Islam operi per la distruzione della nostra civiltà a loro va bene, ma arriverà il giorno in cui sarà a rischio anche la loro testa.

Lons – Possiamo dire che oggi la democrazia non rappresenta gli interessi dei popoli e che la dirigenza politica europea è una dirigenza nemica del popolo?

González – Il maggior nemico del popolo è l’élite dell’Unione europea che ha dichiarato guerra al popolo mediante politiche di decrescita che comprimono ogni nostra libertà, come la limitazione della libertà di movimento. Di volta in volta i motivi possono essere climatici o sanitari, ma l’obiettivo è quello. Vogliono indirizzare la spesa con l’euro digitale, decidere quanto denaro possiamo spendere, se possiamo risparmiare o no. Vogliono che tutto sia sotto la loro direzione. Si tratta, insisto, di un progetto di potere senza precedenti nella storia e non si presenta mai in forme cattive e diaboliche, ma come qualcosa di buono e utile per noi. Dicono che in gioco ci sono la democrazia, la libertà, la salvezza del pianeta, la sicurezza contro i nemici, di qui la necessità di prepararsi per la guerra. Ecco, questi sono i nemici che dobbiamo abbattere per poter recuperare la nostra identità e le nostre libertà politiche.

Lons – Che cosa pensa di ciò che è accaduto in Romania? Possiamo dire che l’aver annullato le elezioni ci avvicina alla fine della democrazia?

González – Certamente. Ci sono varie cose che stanno accadendo in Europa. In Germania il partito Alternative für Deutschland, che difende l’identità tedesca ed è anti-islamico e molto critico nei confronti dell’Unione europea e soprattutto delle politiche “verdi”, è stato dichiarato nemico dello Stato. La stessa cosa, con toni diversi, accade in Francia con Marine Le Pain. E in Romania? Il risultato elettorale viene annullato da un tribunale che non ha alcun rispetto dell’imparzialità e il partito patriottico di Calin Georgescu emarginato con la scusa che la Russia avrebbe fatto pressioni nei social. Come se la presenza in rete di messaggi, peraltro di varia provenienza, avesse potuto condizionare il risultato. Un falso. Ecco cosa succede a chi non si sottomette all’Unione europea. Se un partito non gradito alle élite riceve il consenso popolare, questi signori non si fanno problemi: annullano il voto e mettono in carcere il leader. L’obiettivo è eliminare ogni forma di opposizione. Queste non sono teorie, è la realtà. Ma ai grandi mezzi di comunicazione legati al sistema non interessa renderli noti, perché in tal caso potremmo votare “male”, e non sia mai!

Lons – L’euro digitale è un altro passo verso la fine della libertà in Europa?

González – In Europa le libertà individuali sono già compromesse gravemente, a livello di mobilità, di pensiero e di espressione, così come sotto il profilo della difesa della propria identità. L’euro digitale è un passo che non solo va a tagliare le nostre libertà, ma ci rende schiavi di un sistema in cui ti permetteranno di produrre solo determinati beni e alle loro condizioni. Il padrone di questa moneta è la Banca Centrale, la quale può stabilire, per esempio, che la tua industria ha emesso troppa Co2 e ti blocca. Sia come produttori sia come individui siamo ormai ridotti a schiavi di queste élite globaliste che operano attraverso l’Unione europea e altre organizzazioni soprannazionali.

Lons – Recentemente in Catalogna abbiamo visto una preoccupante crescita della violenza. Che cosa sta succedendo? C’è uno sbarco in massa di islamici sulle spiagge spagnole?

González – Ciò che stiamo vedendo non è una novità, perché lo stesso accade in Francia. Ma africanizzazione e islamizzazione sono più accentuate in Spagna. La Catalogna è ormai Catalognistan, con un gran numero di islamici immigrati fuori legge. E non sono risorse utili al mercato del lavoro, come si dice. Sono persone che vivono di sussidi e alimentano la violenza. Un imam, arrestato perché voleva occupare una casa, è stato portato via da islamici che hanno assaltato il commissariato. E le istituzioni che cosa hanno fatto? Hanno dato all’imam la casa che desiderava. I potentati europei vogliono un numero sempre maggiore di islamici in Europa per i motivi di cui parlavamo prima. Le Canarie, un tempo isole privilegiate, oggi sono completamente invase da africani. C’è un traffico di esseri umani che arrivano con navi accolte dalla guardia costiera. Arrivano ben vestiti, con i cellulari carichi. Quasi tutti uomini in età militare. E li sistemano in vari hotel. A me non sembra che questa sia una invasione, a me sembra che ci sia qualcuno che li fa arrivare e li mette lì. Perché se non avessero questi incentivi, certamente non verrebbero. Che tipo di gente sta entrando? Perché non entrano attraverso le frontiere prendendo un biglietto aereo? Da dove vengono? Non sono migrazioni naturali, sono migrazioni di massa provocate dai poteri globalisti che governano in Europa. E lo fanno perché pretendono di imporre il multiculturalismo che provocherà una guerra nelle nostre strade, con la distruzione di ciò che siamo. Quali sono le mafie che facilitano questi trasporti? E che cosa vogliono le nostre ONG, che di fatto operano per distruggere quel che resta della nostra civiltà?

Lons – 
Potrebbe ripetersi in Spagna la stessa politica che vediamo in Francia con la Le Pain o in Germania con Alternative für Deutschland? La cosa è diversa in Ungheria perché Orban gode di una vasta maggioranza, ma vediamo che il fenomeno cresce anche in Austria, Romania e Slovacchia.

Gonzáalez – In Spagna il raggruppamento politico patriottico è Vox, il terzo partito più votato. Ma nel nostro Paese c’è un bipartitismo che rende più difficile la sua possibilità di arrivare al potere. Tuttavia a ogni tornata elettorale Vox migliora la posizione perché le sue idee concordano col senso comune, con la verità e la realtà. La gente è stufa di questa politica che non crea problemi ai vertici ma solo al popolo. Per questo arriverà il momento in cui Vox potrà essere in grado di giungere al potere. Non mi azzardo a vaticinare che cosa farà in tal caso l’Ue, ma immagino che faranno di tutto per mettere ostacoli. Già ora in Spagna tutti i principali mezzi di comunicazione emarginano questo partito della concretezza.

Lons – La democrazia europea mi fa ricordare un po’ la Seconda Repubblica spagnola, che precedette la Guerra Civile. Come se si giocasse con carte truccate. Come se uno dicesse: “Qui vale solo la democrazia che piace a me”. E poi hanno da ridire sull’autocrazia russa! Questa a me pare una grande ipocrisia. Che cosa dobbiamo fare per lottare contro questo moloc?

González – Prima di tutto non aver paura di dire la verità. Occorre impegnarsi nel non accettare nessuno dei principi che ci hanno portati alla distruzione della nostra civiltà. Non dobbiamo avere alcun rispetto riverenziale per le istituzioni dirette da politici corrotti che non servono i cittadini ma le lobby e gli interessi di terzi. Impegnatevi! Alzate la voce! Cercate la verità! E non dimenticate che il male si fa strada sempre con la menzogna. Quando l’Unione europea, fortemente anticristiana e distruttiva, dice di lavorare per il nostro bene, non dobbiamo abboccare. Dobbiamo combattere questa battaglia culturale al fine di preservare e far conoscere la più gloriosa delle civiltà, la civiltà cristiana.





Arcivescovo Aguer: Il Vaticano è troppo pieno di “auto-elogi” per riconoscere il grave declino della Chiesa



Arcivescovo Hector Aguer


La riflessione scritta dall’Arcivescovo Héctor Aguer, pubblicato su Lifesitenews, nella traduzione curata 
da Sabino Paciolla, 26 Marzo 2025.



Recentemente è stato celebrato il dodicesimo anniversario del pontificato di Francesco. I comunicati stampa del Vaticano sono solitamente pieni di auto-elogi. È molto difficile giudicare la realtà ecclesiale, incredibilmente vasta e caratterizzata da differenze tra Paesi, ma da un certo punto di osservazione è possibile contemplare l’ambiente circostante. Posso farlo allora da questo angolo dell’estremo sud che è l’Argentina, una nazione che è (o era?) prevalentemente cattolica. Come dice il proverbio, “basta un esempio per dimostrarlo”.

Il declino della Chiesa è evidente. I vescovi hanno la testa tra le nuvole. I seminari sono popolati da giovani che si contano sulle dita di una mano. C’è persino un seminario di 100 anni in cui non è entrato un solo seminarista nel 2025! Le vocazioni non appaiono. Il comando di Cristo – fare discepoli tutti i popoli (pánta ta éthne) – non si è ancora realizzato. Dove sono gli apostoli? La gente è disorientata e molti fedeli sentono il desiderio di tempi migliori.

Penso che i due lamenti di Papa Paolo VI siano ancora validi: “Dopo il Concilio Vaticano II ci aspettavamo una primavera rigogliosa e invece è arrivato un rigido inverno” e ‘Da qualche fessura il fumo di Satana si è infiltrato nel tempio di Dio’. La presenza ecclesiale nella società è strettamente limitata, ma i giornalisti se ne accorgono perché riconoscono da una prospettiva storica che la Chiesa cattolica è sempre stata qualcosa di ufficiale in Argentina. Siamo considerati un Paese cattolico. Ma i battesimi non esistono e il tasso di natalità è crollato – nel 2023 sono state registrate 460.902 nascite, il dato più basso degli ultimi 50 anni! E il matrimonio non esiste più: ora ci sono i “partner”. La presenza pubblica della Chiesa è inesistente; filtra solo attraverso i media quando vengono espressi giudizi politici, soprattutto contro il governo.

La Chiesa deve occuparsi del suo compito specifico: fare degli uomini dei cristiani, impregnare la loro condotta con i comandi della Scrittura e della Tradizione e condurli al cielo. Le successive crisi del clero hanno avuto un effetto deleterio, soprattutto perché aumentano l’allontanamento della società dall’ideale cristiano. Non c’è cultura cristiana. Le università cattoliche includono una parziale formazione teologica, ma non svolgono la loro funzione principale di rendere presente la Chiesa nella società argentina, cioè di creare una cultura cristiana. Non conosco nessun pensatore cattolico che si sia distinto come Carlos Sacheri. È stato assassinato da terroristi dell’Esercito Rivoluzionario Popolare (ERP) nel 1974, davanti alla moglie e ai figli, mentre usciva dalla Messa a San Isidro.

È stato appena pubblicato l’Annuario statistico della Chiesa, con i dati relativi al biennio 2022-2023. Vi si legge che il numero dei vescovi è aumentato: da 5.353 nel 2022 a 5.430 nel 2023. Allo stesso tempo, il numero di sacerdoti è diminuito: alla fine del 2023, c’erano 406.996 sacerdoti in tutto il mondo, con una diminuzione di 734 unità rispetto al 2022. E nel caso dei seminaristi, la situazione è più che preoccupante: dal 2012 si è registrato un calo sostenuto, passando da 108.481 nel 2022 a 106.495 nel 2023. In altre parole, il numero di sacerdoti e seminaristi diminuisce, mentre il numero di vescovi cresce! Anche in Argentina c’è un aumento dei vescovi: negli ultimi 12 anni si è moltiplicato il numero dei vescovi ausiliari. E ci sono diocesi in cui il numero dei vescovi supera o eguaglia quello dei seminaristi.

Come cattolico, credo nella Chiesa e la amo. Desidero vederla prosperare. Prego per lei e per il Sommo Pontefice, per la salute del suo corpo e, soprattutto, della sua anima. A sessant’anni dalla chiusura del Concilio Vaticano II, è tempo di guardare in faccia la realtà. Una “Chiesa in movimento”, alla ricerca di coloro che non conoscono Cristo o si sono allontanati da Lui, non deve essere una “Chiesa in fuga” dalla propria essenza e missione.

Héctor Aguer
Arcivescovo emerito di La Plata

Buenos Aires, martedì 25 marzo 2025
Solennità dell’Annunciazione del Signore
Giornata internazionale del bambino non nato