sabato 30 novembre 2024

Il Regno Unito dice sì al suicidio assistito. E alla fine di vite ritenute “insignificanti”

I sostenitori della legalizzazione del suicidio assistito
 in Parliament Square a Londra (foto Ansa)

La Camera dei Comuni dà il primo via libera alla legalizzazione della “buona morte”. Un primo passo verso l’eliminazione di chi, agli occhi dello Stato, non merita cure ma farmaci letali


Hanno avuto meno tempo per discutere del disegno di legge di quanto ne impiegherebbe un paziente per chiedere e ottenere il suicidio assistito secondo quanto previsto dallo stesso disegno di legge. Tuttavia i parlamentari della Camera dei Comuni del Regno Unito hanno approvato ieri in seconda lettura – a due settimane dalla pubblicazione del testo e dopo solo 5 ore di dibattito -, la proposta Terminally Ill Adults (End of Life) Bill presentata dalla deputata laburista Kim Leadbeater per permettere e regolamentare la morte assistita.

Una notizia accolta tra abbracci e lacrime dai supporter della campagna Dignity in Dying, radunati fin dalle prime ore del mattino davanti a Westminster con i cartelli: “Trattatemi come un cane”, “Please, non fatemi morire nella paura e nell’agonia”, le gigantografie di persone care e malate.

Chi ha detto sì al suicidio assistito


Il voto era libero e l’esito è rimasto incerto fino all’ultimo: 130 parlamentari risultavano indecisi, e proprio a loro si sono rivolte entrambe le parti durante le ore di dibattito, che si sono concluse con 330 voti favorevoli e 275 contrari. Tra i sostenitori della legge si sono schierati il premier Keir Starmer e l’ex primo ministro Rishi Sunak, in minoranza rispetto alla maggioranza dei colleghi conservatori, tra cui Steve Barclay, Kemi Badenoch, Robert Jenrick, Priti Patel e Sir John Whittingdale, che hanno votato contro. Contrari, tra gli ex primi ministri, anche Theresa May, Boris Johnson e Liz Truss, mentre David Cameron, premier all’epoca dell’ultima bocciatura della proposta, nel 2015, ha dichiarato di “aver cambiato idea” alla vigilia del voto: «Questa legge porterà a una significativa riduzione della sofferenza umana? Trovo molto difficile sostenere che la risposta a questa domanda sia diversa da “sì”».

Sul fronte laburista, insieme all’attuale ministro della Sanità Wes Streeting e alla ministra della Giustizia Shabana Mahmood, si è opposto anche un peso massimo come Gordon Brown, ex primo ministro ed ex ministro delle Finanze. Brown, nei giorni precedenti al voto, aveva spiegato le ragioni della sua contrarietà al suicidio assistito con la sua storia personale: «Quei giorni passati accanto a lei – ha scritto sul Guardian raccontando i momenti di veglia amorevole con la moglie Sarah al capezzale della piccolissima figlia Jennifer – restano fra i più preziosi nella vita mia e di Sarah. L’esperienza di trovarmi con una bambina fatalmente malata non mi ha convinto del suicidio assistito: mi ha convinto del valore e dell’imperativo di avere una buona cura per il fine-vita». Una posizione spalancata a rafforzare piuttosto le cure palliative e l’eredità di Cicely Saunders condivisa dal leader dei liberaldemocratici Ed Davey, che ha vissuto in prima persona l’accompagnamento della madre, morta per un cancro osseo.

[Il testo sulla morte assistita della parlamentare laburista Kim Leadbeater, sorella di Jo Cox, è passato in seconda lettura alla Camera dei Comuni con 330 voti contro 275]


La laica battaglia dei “veri libertari” contro il suicidio assistito

Sul fronte contrario alla legge si sono ritrovati infatti politici progressisti e conservatori, battaglieri esponenti del clero romano come l’arcivescovo di Westminster, il cardinale Vincent Nichols, autore di un potente appello ai fedeli della diocesi («Mentre questo dibattito si svolge, vi chiedo di fare la vostra parte. Scrivete al vostro parlamentare. Discutete con la famiglia, gli amici e i colleghi. E pregate. Per favore, ricordate: fate attenzione a ciò che desiderate. Il diritto di morire può diventare un dovere di morire. Essere dimentichi di Dio sminuisce la nostra umanità») e innumerevoli “veri libertari” come Kathleen Stock. Tempi vi aveva raccontato il compattarsi di un fronte laico, progressista e antidogmatico che, ancora prima della pubblicazione, si era schierato contro il testo di Leadbeater «contrapponendo agli appelli emozionali la tragica realtà dei paesi dove l’eutanasia è legale».

Un fronte capace di scardinare con la ragione, le prove e i numeri le certezze propinate dai promotori del suicidio assistito a proposito dei famigerati “paletti”, le “rigide misure di salvaguardia” dei pazienti che già in Australia, Oregon, Colorado, Olanda, Canada si sono rivelate un fallimento, portando alla morte di chi non doveva morire. «Non esiste un modo sicuro di legalizzare eutanasia e suicidio assistito»: è la conclusione di medici arruolati nell’erogazione della buona morte che hanno trovato accoglienza su Spiked (qui un assaggio dei loro approfondimenti). «Una volta legalizzati, eutanasia e suicidio assistito trasformano in poco tempo la morte in una forma di terapia per chiunque sia ritenuto vivere una vita “non conveniente”, dai malati di mente ai disabili fisici».

Non c’è nulla di liberale nella “buona morte”. Può essere orribile e dolorosa

Fuori e dentro Westminster i favorevoli alla legalizzazione della “buona morte” rivendicavano il ruolo di persone liberali, premurose e compassionevoli, festeggiando allegre come i protagonisti della surreale campagna affissa nelle metropolitane di Londra: tra questi una donna che balla felice con la scritta “Il mio ultimo desiderio è che la mia famiglia non mi veda soffrire. E non lo dovrò fare”. Ma non c’è nulla di compassionevole, premuroso, tanto meno liberale nel Terminally Ill Adults (End of Life) Bill e nella società che attende ora Inghilterra e Galles. E non solo perché, come abbiamo raccontato qui, più che a un film di Hollywood o una campagna patinata il suicidio assistito somiglia a un film horror.

Ripassare, a proposito della promessa di Leadbeater di prevenire con la sua legge «morti molto strazianti e molto angoscianti» le testimonianze fornite dai medici di California e Oregon che narrano di pazienti che dopo il farmaco letale restano in vita per sei o nove ore, a volte per giorni, a volte si risvegliano. Medici che avevano già messo in guardia il Parlamento britannico dai «brutali» e «non infrequenti» insuccessi dei farmaci utilizzati nel suicidio assistito. «C’era un’infermiera al capezzale di un [paziente] che ha finito per avvolgergli un sacchetto di plastica [in testa] perché quello non moriva». Molti finiscono per morire per asfissia. Nei Paesi Bassi, l’uso di farmaci utilizzati nel suicidio assistito e/o nell’eutanasia come durante le esecuzioni è stato descritto come “disumano”: sensazioni di “bruciore” in tutto il corpo, condannati che subiscono la morte in uno stato di paralisi in cui non sono in grado di esprimere l’acuta agonia e il dolore che provano. E ancora segnalazioni di pazienti che «a volte impiegano fino a 30 ore per morire, con complicazioni quali vomito, ripresa di coscienza, asfissia e convulsioni». Non una buona morte, ma una morte orribile e dolorosa.

L’offerta crea la domanda. Altro che paletti

Il disegno di legge di Leadbeater dovrà passare ora attraverso una terza lettura alla Camera bassa e poi alla Camera dei Lord: consente ai maggiorenni in grado di intendere e di volere che abitano in Inghilterra o Galles, con una malattia che possa prevedere la morte entro 6 mesi, di porre fine alla propria vita a fronte di una richiesta controfirmata da due diversi medici a distanza di sette giorni. Non prevede obiezione di coscienza né la possibilità dei familiari di contestare la richiesta e l’operato dei medici in caso di negligenze. Se verrà promulgata, la legge entrerà in vigore tra 2 o 3 anni.

Per spianarle la strada i parlamentari hanno negato l’evidenza. Non solo in tutti i paesi citati a modello da Leadbeater le famigerate garanzie sono saltate: che siano i senzatetto o i tossicodipendenti del Canada, piuttosto che i bambini in Olanda o le anoressiche in Oregon, dallo Stato fioccano autorizzazioni a morire a chi è tutt’altro che “terminale”. Non solo si può sopravvivere a una diagnosi di sei mesi o cambiare idea e desiderare vivere fino all’ultimo istante. Ma comunque venga perfezionata o riscritta la legge, non si può dimenticare che è di suicidio che stiamo parlando.

«Questo è un giorno buio per l’Inghilterra e il Galles»

Come ha scritto Brendan O’Neill nel suo editoriale sul corsaro Spiked: «Questo è un giorno davvero buio per la nostra nazione. La nostra classe politica ha appena sancito la morte per gli “inutili”».

«Per me, l’aspetto più inquietante del dibattito odierno sulla “morte assistita” alla Camera dei Comuni è stato il gemito udibile dei parlamentari quando si è parlato dell’omicidio di miserabili autorizzato dallo Stato in Canada. È stato il deputato conservatore Danny Kruger ad avere l’audacia di citare questi sventurati messi a morte dal proprio governo. Ha parlato di “medici” in Canada, “specialisti della morte assistita”, che “uccidono personalmente centinaia di pazienti all’anno”. Un lamento collettivo ha scosso l’aula quando i deputati si sono trovati di fronte alla verità: ciò per cui stavano votando avrebbe concesso a enti statali il potere di eliminare specifici membri della popolazione. “Se gli onorevoli membri trovano difficile accettare il linguaggio utilizzato”, ha replicato Kruger, “mi chiedo cosa stiano facendo qui”.

Quel gemito ha detto tutto. Con il loro atteggiamento di fastidio, i nostri legislatori hanno rivelato quanto siano completamente scollegati dalla realtà delle sofferenze dei malati e dei poveri che sono stati effettivamente uccisi – sì, uccisi – in Canada. Hanno accettato in modo così acritico il linguaggio ambiguo e eufemistico sul “diritto di morire” da sembrare aver dimenticato che questo comporta l’eliminazione letterale di una persona perché, agli occhi dello Stato, la sua vita è misera e insensata. Nel regime di morte canadese, ciò ha incluso anche l’uccisione di persone che non sono nemmeno terminali, ma che hanno semplicemente “bisogni sociali insoddisfatti”, come la mancanza di una casa o di prospettive future. Scusate se vi annoio ricordandovi che i poveri vengono messi a morte sotto la stessa bandiera della “morte assistita” che avete appena approvato in Parlamento».

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Di Rodolfo Casadei, 26 Novembre 2024

L’ex premier Gordon Brown, il ministro Streeting e il liberaldemocratico Davey si oppongono alla legge sulla “buona morte”, al voto venerdì. «Ho vegliato mia figlia morente, sono stati i giorni più preziosi della mia vita»

Manifestazione contro il suicidio assistito nel Regno Unito (foto Ansa)


Venerdì il parlamento britannico vota una proposta di legge della deputata laburista Kim Leadbeater per l’introduzione del suicidio assistito in Inghilterra e Galles, ma a manifestare contrarietà al progetto sono proprio laburisti di peso come l’attuale ministro della Sanità Wes Streeting e l’ex primo ministro ed ex ministro delle Finanze Gordon Brown. Ad essi tendenzialmente si affianca il leader dei liberaldemocratici Ed Davey. I casi di Brown e di Davey sono particolarmente interessanti perché l’avversione del primo e le perplessità del secondo sono da loro stessi spiegate come frutto delle loro esperienze personali con la sofferenza e morte di loro cari.

«Il suicidio assistito non è una buona opzione»


Nel gennaio 2002 Brown e la moglie Sarah hanno perduto la figlia Jennifer Jane, nata prematura il 28 dicembre 2001, in conseguenza di un’emorragia cerebrale che causò il suo decesso dopo appena 11 giorni di vita. In un articolo per il Guardian l’ex primo ministro ha scritto:

«Potevamo solo sedere presso di lei, tenerle la manina ed essere lì per lei mentre la vita svaniva. È morta tra le nostre braccia. Ma quei giorni che abbiamo trascorso con lei rimangono tra i giorni più preziosi della vita mia e di Sarah. L’esperienza di stare accanto ad una bambina mortalmente malata non mi ha fatto abbracciare la causa della morte assistita; mi ha convinto del valore e dell’imperativo di una buona assistenza nel fine vita».

Continua l’ex premier: «Entrambe le parti del dibattito sulla morte assistita condividono la stessa preoccupazione: la genuina compassione per coloro che soffrono morti dolorose. Dal mio punto di vista la morte assistita non è l’unica opzione a disposizione, e non è nemmeno una buona opzione quando la si confronti con le cure palliative che potrebbero essere disponibili per assicurare una buona morte».

Assistere la vita, non legiferare la morte


Brown racconta la sua scoperta della figura di Cicely Saunders (l’iniziatrice degli hospice per i malati terminali) e la sua esperienza di due settimane insieme alla moglie come volontari in un centro per le cure palliative. Lamenta gli scarsi finanziamenti pubblici alla loro attività e il fatto che ciò ne sta portando molti alla cessazione dei loro servizi: «Con solo un terzo dei costi complessivi a carico del servizio sanitario nazionale, molti dei 200 hospice del Regno Unito, che insieme supportano circa 300 mila persone all’anno, si trovano ad affrontare tagli e licenziamenti».

Come altre personalità attive nel dibattito, è convinto che la legislazione proposta rappresenti un piano inclinato: «Una legge sulla morte assistita, per quanto ben intenzionata, modificherebbe l’atteggiamento della società nei confronti degli anziani, dei malati gravi e dei disabili, anche se solo in modo subliminale. E temo anche che le professioni assistenziali perderebbero qualcosa di insostituibile: la loro posizione esclusivamente di caregiver. A ciò si aggiunge la creazione della china scivolosa per cui i legislatori, senza dubbio spinti da compassione, troverebbero difficile resistere all’erosione delle tutele e all’estensione dell’ammissibilità».

Brown raccomanda ai legislatori un diverso modo di agire: «Con le prestazioni del servizio sanitario nazionale al minimo storico, questo non è il momento giusto per prendere una decisione così gravida di conseguenze. Dobbiamo invece dimostrare che possiamo fare meglio nell’assistere la vita prima di decidere se legiferare sui modi di morire».

«Nessuno deve sentirsi un peso»

Davey, leader di un partito che normalmente sposa posizioni ultraprogressiste sui temi antropologici, si è dichiarato incline a votare contro la proposta di legge. Il deputato di Kingston e Surbiton ha affermato di essere preoccupato per l’«impatto psicologico» della legalizzazione della morte assistita sugli anziani e sui disabili per essere stato testimone e partecipe della battaglia di sua madre contro il cancro osseo.

Davey ha detto ai giornalisti di aver somministrato morfina a sua madre per aiutarla ad affrontare il dolore della sua condizione verso la fine della sua vita. Nonostante soffrisse prima di morire, il leader liberaldemocratico ha detto che non riteneva che «lei avrebbe voluto» avere qualcuno che la aiutasse a togliersi la vita. Invece di concentrarsi sulla morte assistita, il Regno Unito dovrebbe «fare molto meglio» per quanto riguarda le cure palliative. Una migliore assistenza di fine vita allevierebbe i timori delle persone di dover affrontare una morte dolorosa, rendendo superflui molti casi di suicidio assistito.

La preoccupazione per gli effetti di una legge eutanasica sui più fragili è anche alla radice delle motivazioni che porteranno il ministro della Sanità Wes Streeting a votare contro la proposta di legge di Kim Leadbeater venerdì. Qualche settimana fa ha dichiarato di essere «preoccupato del rischio che le persone siano costrette a togliersi la vita prima di quando avrebbero voluto, o che si sentano in colpa per essere diventati un peso».

La legge sul fine vita nel Regno Unito


La proposta di legge di Kim Leadbeater si chiama Terminally Ill Adults (End of Life) Bill e stabilisce che chiunque voglia porre fine alla propria vita deve avere più di 18 anni, vivere in Inghilterra o Galles, essere riconosciuto capace di intendere e di volere e deve aver espresso un desiderio chiaro e informato, libero da coercizioni o pressioni. La prognosi della sua malattia deve prevedere la morte entro sei mesi e la sua richiesta deve essere controfirmata da due diversi medici a distanza di sette giorni.

Un giudice dell’Alta Corte deve convocare almeno uno dei medici e può interrogare la persona che fa la richiesta di suicidio assistito. Dopo che il magistrato ha emesso una sentenza favorevole, il paziente dovrebbe attendere altri 14 giorni prima di agire. Chi dovesse esercitare pressioni sul malato per spingerlo a chiedere il suicidio assistito sarebbe punibile con una pena fino a 14 anni di carcere.






venerdì 29 novembre 2024

Emmanuel Todd: la religione e la “sconfitta dell’Occidente”







Di Stefano Fontana, 29 Nov 2024

Il libro di Emmanuel Todd* La sconfitta dell’Occidente (Fazi editore) ha diversi aspetti interessanti. Vorrei qui segnalarne uno: l’idea che alla base di quanto egli chiama “sconfitta dell’Occidente” e “suicidio assistito” dell’Europa ci sia la disgregazione del cristianesimo, soprattutto protestante.

Questo libro parte dalla guerra in Ucraina e si prefigge di spiegare dieci sorprese ad essa relative che qui elenco in sintesi: 1 Lo scoppio della guerra; 2 che il confronto avvenga tra USA e Russia e non tra USA e Cina; 3 la resistenza militare dell’Ucraina; 4 la resistenza economica della Russia alle sanzioni; 5 il crollo di qualsiasi forma di volontà europea; 6 la reazione militarista del Regno Unito; 7 il bellicismo della Norvegia: 8 l’insufficienza dell’industria militare americana; 9 la solitudine dell’Occidente dopo la guerra; 10 la sconfitta dell’Occidente.

Per rispondere a queste domande, Todd spiega la stabilità russa dopo i turbolenti anni Novanta, illustra cosa era ed è l’Ucraina, si sofferma sull’Europa orientale spiegandone la nuova russofobia, descrive la “democrazia oligarchica” occidentale, come egli la chiama, in contrasto con la “democrazia autoritaria” russa, analizza il suicidio dell’Europa che viaggia verso il nichilismo, mette in luce la “disintegrazione sociale e politica” della Gran Bretagna e il passaggio della Norvegia al bellicismo; infine dedica tre capitoli alla crisi generale degli Stati Uniti.

Qui non mi occupo di nessuno di questi aspetti, su cui mi auguro che altri dell’Osservatorio possano intervenire. Intendo solo segnalare una posizione di Todd che colpisce, ossia l’idea del grande ruolo che in tutto questo ha avuto l’”estinzione religiosa” nei Paesi occidentali. L’occidente, afferma Todd, ha deificato il vuoto e ha distrutto la nozione stessa di verità (p. 49) La disintegrazione religiosa ha portato alla scomparsa della morale sociale e del sentimento collettivo e ha distrutto ogni possibilità di esistenza degli Stati-nazione, mentre in passato “il cristianesimo è stata la matrice di ogni successiva credenza collettiva”.

Egli distingue tra religione “attiva, zombi e zero”. La religione “zombi” si ha quando la religione non esiste già più però i suoi effetti sociali sono ancora sentiti dalla popolazione e permangono delle credenze sostitutive che svolgono la stessa funzione della religione. La religione “zero”, invece, è quando c’è un “vuoto religioso assoluto in cui gli individui sono privi di qualsiasi credenza collettiva sostitutiva” (p. 163). Qui la religione si è ormai disintegrata e “ha spazzato via il sentimento nazionale, l’etica del lavoro, il concetto di una morale sociale vincolante, la capacità di sacrificarsi per la comunità”. Proprio questo, secondo lui, rende fragile l’Occidente nella guerra con la Russia. Ora, da quali segni si vede se si è giunti allo stadio irreversibile di religione “zero”? Todd propone tre criteri e questa segnalazione mi sembra di notevole interesse: la scomparsa del battesimo, la cremazione e il matrimonio omosessuale (p. 164). Nella fase di religione “attiva” si va ancora alle funzioni domenicali, in quella “zombi” non si va più a messa ma si continua a far battezzare i bambini, a seppellire i morti e a considerare importante il matrimonio anche se nella forma civile. Nella fase “zero”, infine, scompare il battesimo, aumenta massicciamente la cremazione e il matrimonio tra persone dello stresso sesso viene considerato equivalente a quello tra persone di sesso diverso.

Secondo il nostro Autore la disintegrazione religiosa ha colpito in modo particolare la Gran Bretagna dove si è verificato il crollo definitivo del protestantesimo nella forma descritta da Max Weber, ma lo stesso è capitato in Francia [“una nazione ormai geopoliticamente scomparsa”] e in Germania. Se il popolo non conta più nulla, sostiene Todd, è certamente per la nascita delle oligarchie ma prima di tutto perché “reso ormai anonimo da uno stato di azzeramento religioso e ideologico” e “nessuna azione collettiva era più in grado di mobilitarlo” (p. 186). Le nazioni si sono spontaneamente dissolte, diventando “degli aggregati atomizzati popolati da cittadini apatici e da élites irresponsabili. Un immenso aggregato atomizzato” (p. 176).

Non tutto fila liscio nell’analisi di Todd. Per esempio non c’è una adeguata distinzione tra protestantesimo e cattolicesimo e il protestantesimo non viene pienamente considerato in tutti i suoi aspetti. Ma non c’è dubbio che si tratti di osservazioni di notevole interesse.


* E' uno storico, sociologo e antropologo francese.

Da Berlino al Messico. Così la neo-chiesa si autodistrugge. Ma non da oggi




29 Nov 2024


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by Aldo Maria Valli



di Vincenzo Rizza

Caro Aldo Maria,

le dichiarazioni dell’arcivescovo di Berlino, Heiner Koch, sulla ristrutturazione della chiesa di Santa Edvige [qui l’articolo di Duc in altum] sono emblematiche del livello di sincretismo raggiunto dalla neo-chiesa in uscita: “Qui non opera alcun dio oscuro e minaccioso. Qui regna lo spirito di accoglienza. La chiesa sia luogo di apertura per i credenti, anche di altre religioni, così come per i non credenti. E anche per tutti coloro che vogliono semplicemente rilassarsi”, ha detto l’alto prelato.

Che stupido che sono: fino a oggi, evidentemente sbagliando, ho sempre pensato che si andasse in chiesa per pregare e non semplicemente per rilassarsi. E non per pregare una qualsiasi divinità, ma la Santissima Trinità.

Entrando nelle meravigliose chiese che i nostri avi ci hanno lasciato e che non sono state ancora “restaurate” dai guardiani della rivoluzione (su quelle moderne stendiamo un velo pietoso), non mi ero mai accorto, ancora, che vi operasse un “dio oscuro e minaccioso”. Evidentemente sono annoverabile tra gli irrecuperabili indietristi che non hanno capito nulla del Vangelo e della Rivelazione.

Nel frattempo i fedeli della chiesa di Santa Edvige potranno felicemente rilassarsi in una chiesa cattolica che non sembra una chiesa cattolica, davanti a un altare cattolico che non sembra un altare cattolico, insieme a un arcivescovo cattolico che non sembra un arcivescovo cattolico.

Le dichiarazioni di monsignor Koch hanno sollecitato la mia curiosità e sono andato a controllare da chi fosse stato nominato vescovo, supponendo che si trattasse dell’ennesima promozione di un fido seguace di papa Francesco. Invece no: è stato nominato vescovo ausiliare di Colonia il 17 marzo 2006 da Benedetto XVI; nel 2015, poi, Francesco lo ha nominato arcivescovo metropolita di Berlino.

Si tratta della conferma, purtroppo, che il disastro cui oggi assistiamo non nasce con Francesco, che ha solo determinato una tremenda accelerazione di un processo che nasce decenni fa. I pontificati di Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI sono riusciti solo a frenare le fazioni più estreme del movimento modernista, che con abilità camaleontica hanno atteso tempi migliori, oggi finalmente arrivati, per appalesarsi in tutto il loro splendore.

Trovo ulteriore conferma di tale processo nella recente approvazione di quello che è stato subito definito il cosiddetto rito maya. Non mi stupisce certo l’approvazione da parte del Dicastero per il culto divino e la disciplina dei sacramenti, ma il fatto che la proposta sia stata formulata dai vescovi del Messico con il voto favorevole di 103 componenti su 105: solo in due hanno votato contro.

Dubito fortemente che i 103 vescovi fossero tutti di recente nomina dovendo presumere che gran parte di loro siano stati nominati da Benedetto XVI se non da Giovanni Paolo II.

A parziale discolpa dei suddetti vescovi segnalo che il 22 novembre 2024 la Conferenza dei vescovi messicani ha avvertito la necessità di precisare, tra l’altro, che: 
- non si tratterebbe di un nuovo rito ma di meri “adattamenti facoltativi all’ordinario della Messa ordinaria di rito romano” approvati “esclusivamente per le comunità Tseltal, Tsotsil, Chol, Tojolabal e Zoque e non per altre comunità di fedeli non appartenenti a questi popoli indigeni”;
- non esiste un rito maya o una messa maya;
- la preghiera dell’assemblea moderata dal Principal (“persona riconosciuta dalla comunità che collabora a specifici momenti di preghiera comunitaria, alla maniera di un commentatore” e che agisce “sempre su invito del sacerdote che presiede la celebrazione”) “si svolge solo in uno dei seguenti tre momenti della messa: 1) all’inizio, dopo il saluto; 2) durante la preghiera dei fedeli; 3) al ringraziamento, dopo la comunione; in questo caso, la preghiera può essere eseguita con movimenti corporei accompagnati da musica appropriata. Non si tratta di una danza rituale, ma di un ondeggiamento ritmico del corpo”;
- “non è stato approvato nessun rito maya, danze rituali durante la celebrazione, nessun altare maya, preghiere ai punti cardinali, cessione della presidenza liturgica a laici”.

Accontentiamoci delle precisazioni, verosimilmente imposte innanzitutto dal fatto che i primi commentatori avevano sottolineato l’evidente disparità di trattamento tra quello che veniva considerato un nuovo rito e il vetus ordo, ma soprattutto accontentiamoci del fatto che le modifiche non abbiano incluso la sostituzione dell’ostia con i nachos e del vino con la tequila o sacrifici umani in occasione delle messe solenni.

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Nella foto, i nuovi interni della cattedrale di Sant’Edvige a Berlino. Al centro l’altare, una semisfera. Totale la mancanza di immagini sacre.





L'assalto ai pro life è frutto della rivolta sociale targata Cgil



L'assalto squadrista all'iniziativa anti aborto in Statale a Milano trova i suoi mandanti morali nella Cgil di Landini che sta aizzando alla rivolta sociale e ha dichiarato guerra ai pro life. E nel Pd di Elly Schlein, che ha invitato alla lotta lo stesso collettivo studentesco coinvolto, l'Udu il cui ruolo nei disordini di Milano lo proietta come braccio "armato" studentesco sia del Pd che della Cgil.



Cattivi maestri

Attualità 



Andrea Zambrano, 29-11-2024

L’attacco brutale dei collettivi studenteschi di sinistra andato in scena martedì pomeriggio alla Statale di Milano nei confronti di un incontro pro-life organizzato da studenti vicini a Comunione e Liberazione rappresenta chiaramente la volontà della sinistra di alzare lo scontro sui temi della vita nascente oltre che sul fine vita con metodi squadristi tipici da anni ‘70.

Gli studenti hanno fatto irruzione nella sala dove era in corso il convegno «Accogliere la vita - Storie di libera scelta», promosso dalla lista Obiettivo Studenti Unimi Medicina e Sanitarie. Ospiti Soemia Sibillo, direttrice del Centro Aiuto alla Vita Mangiagalli, Chiara Locatelli, neonatologa del Policlinico Sant’Orsola di Bologna, specialista in cure palliative perinatali e Costanza Raimondi, ricercatrice in bioetica alla Cattolica.

Dopo l’irruzione dei collettivi ci sono stati disordini, spintoni, cori e persino bestemmie, minacce ai relatori e lancio d'acqua contro gli organizzatori, mentre le luci e i microfoni sono stati staccati.

Inutile dire che da parte della galassia della sinistra non è arrivata alcuna solidarietà, mentre ad esprimere la propria vicinanza alle vittime, oltre a condannare i fatti, sono stati alcuni esponenti milanesi di Fratelli d’Italia e Lega mentre Pro Vita & Famiglia, che proprio l’altro giorno ha dovuto fare i conti con l’ennesimo assedio ai danni della sua sede romana, ha espresso parole di biasimo.



Il motivo di questo silenzio da parte dei cosiddetti “democratici” è da ricercare in una precisa strategia che la Sinistra sta portando avanti per criminalizzare il dissenso e che la segreteria di Elly Schlein sta amplificando nei toni della lotta. E con essa la Cgil che proprio ieri con il segretario Maurizio Landini, nel lanciare lo sciopero generale previsto per oggi ha ribadito che «occorre alzare il tiro», mentre non più tardi di un mese fa aveva chiamato a raccolta per una «rivolta sociale».

Per capire il contesto in cui Pd e Cgil sono responsabili moralmente di questo raid fascista dal quale si guardano bene dal prendere le distanze, bisogna andare a vedere chi sono i responsabili dell’assalto di via Celoria, sede della Statale dove si teneva il convegno pro-life.

A stroncare l’incontro dopo pochi minuti dall'inizio e a rivendicarlo successivamente sono stati diversi movimenti studenteschi di sinistra. Nell’ordine: Udu, Studenti Indipendenti, Cambiare Rotta e Rebelot oltre che alcuni attivisti, che hanno occupato un immobile nella zona di Città Studi.

Si tratta di collettivi che si presentano regolarmente alle elezioni studentesche che portano avanti azioni di rivolta e che nel loro programma hanno tutto l’armamentario tipico della Sinistra radicale e che sono letteralmente sostenuti dal sindacato rosso di Landini e dai Dem di Elly Schlein.

Su tutti, per importanza, diffusione negli atenei e organizzazione capillare svetta l’Udu, l’Unione degli Universitari che si definisce nel suo sito «una confederazione di associazioni studentesche presente in 35 atenei italiani. All’Unione degli Universitari aderiscono ogni anno migliaia di ragazzi e ragazze attorno ad un modello organizzativo inedito in Italia: il sindacalismo studentesco».


Non si tratta di una mission casuale. Il collettivo che ha assaltato i pro-life a convegno agisce come un sindacato e come un sindacato rivendica le proprie azioni di lotta. Ora, non è un caso che se il principale sindacato della Sinistra unita, la Cgil, abbia alzato lo scontro fino ad aizzare alla rivolta sociale, anche l’Udu si sente autorizzata ad agire di conseguenza e i temi dell’aborto sono assolutamente centrali in questa strategia di lotta.

L’Udu, infatti, è assolutamente contiguo alla Cgil. Sono loro stessi a scriverlo sul loro sito: «Abbiamo un patto di lavoro con la Rete degli studenti medi e con la CGIL, con la quale collaboriamo sui temi del lavoro e del sociale». Dunque, si è autorizzati a pensare che l’azione di martedì pomeriggio risponda in tutto e per tutto alla campagna che la Cgil ha da tempo imbastito contro il movimento pro-life, dopo anni in cui le attenzioni della Camera del lavoro erano incentrate solo sulla tematica lavorativa dei medici obiettori. Da qualche tempo Landini e soci hanno cominciato a prendere di mira anche i pro-life impegnati nei consultori e in alcuni ospedali per informare correttamente e sostenere le donne che vogliono interrompere la gravidanza. Infatti, le prime reazioni contro le leggi regionali come quella del Piemonte, che fanno entrare i pro-life nei consultori, sono state provocate proprio dalla Cgil.

Il 27 settembre scorso, in occasione della Giornata internazionale per l’aborto libero e sicuro la Cgil ha diffuso un manifesto per chiedere tra le altre cose il «divieto per le associazioni antiabortiste di operare nelle strutture pubbliche dedicate all’Ivg».

E non più tardi di un mese fa, a conclusione della tappa italiana di 40 giorni per la vita promossa dai pro-life a Modena, sono comparsi nella città estense dei manifesti inequivocabili che chiedevano di mettere fuori legge le iniziative di preghiera organizzate davanti agli ospedali. «Liber3 (con tanto di schwa ndr.) di abortire, ostacolare l’aborto è violenza», dove il logo della Cgil faceva bella mostra di sé assieme ad altre sigle come Arci, Udi e Arcigay.

Insomma, l’attacco ai pro life rappresenta per la Cgil della rivolta sociale di Landini un passaggio imprescindibile di questa lotta.

E a proposito di lotta, non è un caso che questo sia lo stesso termine con il quale si è rivolta all’Udu proprio Elly Schlein. Il 4 giugno scorso, la Schlein ha incontrato i vertici del sindacato studentesco che diversi mesi dopo avrebbe fatto irruzione alla Statale di Milano.

«Da quando è stata incoronata leader del Pd – scriveva il Foglio -, la collaborazione con l’Udu (che è sempre stata considerata la sigla universitaria di riferimento dei dem) si è intensificata». La segretaria Dem ha partecipato a diverse azioni dei collettivi studenteschi mentre ad aprile invitò alcuni

 

esponenti Udu in un incontro sul diritto allo studio organizzato allo Spazio Sassoli, a Roma. E chiudendo l’incontro con gli studenti, Schlein li ha salutati dicendo “buona lotta”.

Ecco perché quello che è successo martedì in ateneo a Milano ha radici profonde nel mandato che sia il Pd targato Schlein che la Cgil della rivolta sociale targata Landini hanno affidato ai giovani universitari, sempre più braccio “armato” di scontri, di piazza o di altro genere, per alzare il tono dello scontro, anche sui temi della vita dove la sinistra ha deciso di giocare tutte le sue energie insieme ai cosiddetti diritti, dopo aver abbandonato al suo destino il futuro dei lavoratori.






giovedì 28 novembre 2024

Antichi egizi, cattolici moderni e cremazione


Piramide Cheope





di John Grondelski, 28 nov 2024

Lo scorso novembre io e mia moglie ci siamo recati a Boston per visitare nostro figlio. Durante il viaggio, ci ha portato al Boston Museum of Fine Arts, un’istituzione straordinariamente ricca che, sorprendentemente, non è ancora stata sopraffatta da un’estrema wokeness.

Il museo possiede una piccola ma ricca collezione di antichi manufatti egizi la cui principale attrazione, ovviamente, sono le mummie. Ma la mostra contiene anche vasi canopi. Nel caso vi stiate chiedendo cosa siano i vasi canopi, si tratta dei recipienti in cui gli imbalsamatori egiziani conservavano alcuni organi (i visceri e i polmoni) che estraevano da un corpo durante la mummificazione.

Mi ha colpito il fatto che, in un certo senso, gli antichi egizi pagani avevano un maggiore rispetto per l’incarnazione e la personificazione umana rispetto a molti “cristiani” moderni semi-gnostici.
I sondaggi indicano che l’accettazione cattolica della cremazione rispecchia in larga misura quella della popolazione generale. Questo dovrebbe essere sorprendente perché, come ha sottolineato il filosofo francese Damien Le Guay, la sepoltura è stata per lungo tempo la pratica funeraria dei cristiani, mentre la cremazione era il segno distintivo dei pagani.

Perché i vasi canopi di Boston mi hanno fatto venire in mente questa associazione? Perché dimostrano che per gli Egizi non era importante solo l’involucro tassidermizzato di un corpo. Ciò che gli imbalsamatori rimuovevano non era solo “spazzatura”, “rifiuti medici” o “grumi di cellule” da scartare. Anche gli elementi che non venivano inseriti nella cassa della mummia venivano onorati.

Questo, naturalmente, non è estraneo al cattolicesimo. Il 24 ottobre, Papa Francesco ha pubblicato la sua enciclica Dilexit Nos, sul Sacro Cuore di Gesù. Il Cuore del nostro Salvatore è un simbolo – ma non “solo” un simbolo – del centro dell’Amore di Gesù. Questo è molto lontano dal pensiero moderno disincarnato. (Anche gli antichi mummificatori egiziani lasciavano il cuore intatto).

Ma, obiettate, oggi la Chiesa permette la cremazione. È vero. Da quando ha revocato il divieto assoluto di cremazione nel 1963, oggi il Vaticano permette la cremazione. Ma molto dipende da cosa significa “permette”.

La Chiesa “permette” – nel senso di “tollera” – la cremazione. Ma la Chiesa “preferisce” anche la sepoltura in terra, a imitazione di Gesù che giaceva in una tomba. È come l’astinenza del venerdì negli Stati Uniti: la Chiesa in questo Paese “permette” di mangiare carne nei venerdì non quaresimali , a condizione che i cattolici compiano qualche altro atto penitenziale. Ma tutti conosciamo anche il piccolo sporco segreto: la gente ha sentito il permesso ma ha ignorato la condizione. Lo stesso vale per la cremazione.

La preferenza della Chiesa per la sepoltura in terra è legata alla sua preferenza per l’integrità corporea, motivo per cui la Chiesa si oppone ad alcune pratiche che la cremazione ha reso altrimenti comuni. Tra gli esempi vi sono la dispersione delle ceneri, la negazione al defunto di un luogo di riposo finale (che non sia un’urna appoggiata sul caminetto) e la mercificazione delle ceneri (ad esempio, la cristallizzazione delle ceneri umane in gioielli). È per questo che la Chiesa in genere cercava di seppellire i corpi intatti. Qualcosa di questo stesso sentimento trovava eco nel trattamento funerario egiziano delle parti del corpo, che rispecchiava qualcosa del loro concetto di vita dopo la morte. (Nell’Occidente cristiano, la parcellizzazione dei corpi era di solito una punizione per i malfattori più gravi, ad esempio i traditori, i cui arti e busti, tagliati a pezzi, venivano esposti pubblicamente alle porte di varie città come parte di una punizione deterrente).

Trovo sorprendente che gli egizi pagani sembrino avere un rispetto per il corpo simile a quello che sarebbe stato sviluppato più tardi dai cristiani. Mi ha colpito anche il fatto che molti cristiani sembrano fare marcia indietro rispetto alla loro stessa eredità.

Avendo scritto per anni in modo critico sulla cremazione, mi sono reso conto che le motivazioni della cremazione in Occidente si basano su due motivi: economia ed ecologia.

Primo, l’ecologia. Sì, la cremazione è di solito più economica della sepoltura. Ma, direi, non è solo una questione economica. È vero, la cremazione costa meno e il fatto che molte persone vivono di stipendio in stipendio (Social Security), specialmente in pensione, influisce sulla questione. È vero che la Chiesa, con le sue dimensioni e la sua industria cimiteriale, potrebbe usare meglio il suo “potere d’acquisto” per far leva sui costi dei funerali.

Ma c’è anche un cambiamento culturale. Lasciare un corpo per la sepoltura in un Campo di Potter sarebbe anche più economico, ma le persone in genere non trattano i resti dei loro parenti come biomassa da scartare (anche se, storicamente, l’incenerimento è ciò che si faceva con la spazzatura e i rifiuti medici). L’accettazione della cremazione implica un cambiamento culturale: che un corpo morto ha solo un valore “simbolico” (che quindi riduce quanto sono disposto a spendere per esso) e che ciò che conta è la “memoria” del proprio caro defunto. È questo il trionfo finale della persona-coscienza cartesiana? I ricordi, a differenza dei corpi, non hanno bisogno di luoghi di riposo definitivo. Questo ha reso i cimiteri vestigiali?

In secondo luogo, l’ecologia. I cimiteri portano alla questione dell’impatto ecologico della sepoltura, specialmente come viene vissuta in America. Questa domanda, a sua volta, si scontra con la coscienza ambientale contemporanea e con le preoccupazioni per il clima. Se si considera l’imbalsamazione chimica di un corpo invece di una bara di metallo in una volta di cemento, l’impatto ambientale è enorme e deleterio. E la verità è che questo modo di seppellire ha suscitato una reazione contraria che non riconosce i morti (anche quelli che Leone Tolstoj una volta descrisse come “sei piedi dalla testa ai piedi – tutta la terra di cui un uomo ha bisogno”).

Ma i cattolici non hanno l’obbligo di riempire le vene dei loro defunti con la formaldeide o di comprare bare di bronzo e tombe di cemento. La “sepoltura verde” – sepoltura non imbalsamata in bare “verdi” (ad esempio in legno) – sta crescendo in popolarità tra i cattolici. Molte di queste bare sono prodotte da ordini religiosi come i Trappisti. Dobbiamo recuperare l’idea che il corpo umano non è solo un sottoprodotto biologico che pone solo il problema dello “smaltimento” e, allo stesso tempo, affrontare le questioni ambientali.

Perché tutto questo è importante? Probabilmente perché la riduzione del corpo del defunto a mero prodotto biologico di scarto mina la prospettiva cristiana del corpo come Tempio dello Spirito Santo, nonché la prospettiva giudaico-cristiana (radicata nella Genesi) secondo cui le persone non sono solo un’altra specie biologica con un’impronta di carbonio forse sproporzionata. Se non contrastiamo questa tendenza, non riusciremo a frenare l’oscillazione gnostica della nostra società che riduce le persone a coscienza, con i loro corpi semplici strumenti o attrezzi annessi.

Non è solo una questione funeraria. La sminuizione del corpo e dell’incarnazione è alla base di molte altre questioni sociali. Giustifica la contraccezione. Ci permette di fingere che un bambino non ancora nato con un battito cardiaco non sia un corpo o una persona, ma solo un “grumo di cellule”. È il motivo per cui Planned Parenthood si è battuta con tanta forza contro le leggi sulla sepoltura dei feti, insistendo sul fatto che i resti post-aborto vengano trattati solo come “rifiuti biologici”. Ci insegna che avere un figlio attraverso un rapporto sessuale e creare un bambino in una provetta o in una piastra di Petri sono distinzioni senza differenza. Insiste sul fatto che, eseguendo mastectomie alle ragazze o somministrando ai ragazzi bloccanti della pubertà seguiti da castrazione, si può cambiare il loro “genere”. E, infine, trasforma il proprio “luogo di riposo finale” in una mensola da camino o in un tavolino da caffè per i più fortunati, in un oggetto che soffia nel vento o che viene spazzato via dal mare per i meno fortunati.

La mia visita alla collezione egizia di Boston ha reso evidente il valore del corpo umano che, pur raggiungendo il suo apice nel cristianesimo attraverso l’Incarnazione (che celebriamo il mese prossimo), si trovava già in modo incoerente in altre culture come quella egizia. Questo non deve sorprendere, perché la posta in gioco è profondamente umana.







Le origini dell’attuale “ora di religione cattolica”






Di Andrea Mondinelli, 28 Nov 2024

È di questi giorni l’intervento di mons. Derio Olivero, che chiede l’abolizione dell’insegnamento della religione cattolica (IRC) per fare spazio al pluralismo religioso “obbligatorio”: “Non più un’ora di religione cattolica, facoltativa, quanto piuttosto un insegnamento obbligatorio del fenomeno religioso in chiave plurale per abilitare lo studente a diventare un cittadino capace di meglio comprendere la società in cui si trova – spiega il vescovo Olivero –, favorendo uno spirito ecumenico verso chi professa altre confessioni cristiane, altre fedi così come verso i nones, cioè chi non appartiene ad alcuna religione”.

Stefano Fontana, sulla NBQ, scrive giustamente di un abbraccio mortale tra Stato laico e Chiesa: ”L’Irc fa più male che bene alla Chiesa. La filosofia della scuola di Stato è una laicità ideologica secondo la quale ogni cittadino – in questo caso ogni alunno o studente – ha il diritto costituzionale ad abbracciare ciò che egli considera vero e buono. La presenza di un Irc, in un simile contesto di pensiero, non ha diritto ad esistere, se non trasformandosi in modo innaturale. L’accordo sull’Irc tra Chiesa italiana e Stato si basava sull’idea dell’importanza di questo insegnamento per capire la storia e la cultura italiane. Si trattava di un’argomentazione storica, che non poteva reggere a lungo davanti all’avanzata del nuovo senso falsamente democratico, liberale e individualistico (per non dire relativistico) di laicità”.

L’abbraccio mortale è avvenuto con il Concordato del 1984, in cui la Santa Sede ha lasciato il pallino completamente in mano allo Stato laico. Infatti, in esso è stipulato quanto segue: “Art. 9 comma 2 La Repubblica italiana, riconoscendo il valore della cultura religiosa e tenendo conto che i principi del cattolicesimo fanno parte del patrimonio storico del popolo italiano, continuerà ad assicurare, nel quadro delle finalità della scuola, l’insegnamento della religione cattolica nelle scuole pubbliche non universitarie di ogni ordine e grado. Nel rispetto della libertà di coscienza e della responsabilità educativa dei genitori, è garantito a ciascuno il diritto di scegliere se avvalersi o non avvalersi di detto insegnamento”.

Mentre nei Patti Lateranensi si affermava: “Art. 36. L’Italia considera fondamento e coronamento dell’istruzione pubblica l’insegnamento della dottrina cristiana secondo la forma ricevuta dalla tradizione cattolica. E perciò consente che l’insegnamento religioso ora impartito nelle scuole pubbliche elementari abbia un ulteriore sviluppo nelle scuole medie, secondo programmi da stabilirsi d’accordo tra la Santa Sede e lo Stato”.

Beh, la sinossi tra il l’art.9 del Concordato e il 36 dei Patti lateranensi fa emergere la differenza abissale tra il vago riferimento alla cultura religiosa ed i principi come patrimonio storico del popolo italiano (fino a quando?) e l’insegnamento della dottrina cattolica secondo la forma ricevuta dalla tradizione cattolica come fondamento e coronamento dell’istruzione pubblica.

Qual è il senso dell’insegnamento della religione cattolica? L’apertura al dialogo interculturale e interreligioso? Il carattere propriamente culturale? L’occasione per un percorso culturale di qualità, spazio di confronto e luogo di sviluppo di esperienze in ambito religioso? Come genitori cristiani, dunque, dovremmo promuovere e sostenere queste scelte?

Il declassamento dell’IRC da fondamento dell’istruzione pubblica a percorso culturale tra i tanti è determinato dall’art. 1 dei due documenti.

Ecco l’incipit dei Patti lateranensi: Trattato fra la Santa Sede e l’Italia – In nome della Santissima Trinità – Art. 1 – L’Italia riconosce e riafferma il principio consacrato nell’articolo 1 dello Statuto del Regno 4 marzo 1848, pel quale la religione cattolica, apostolica e romana è la sola religione dello Stato.

Ecco quello del Concordato: La Santa Sede e la Repubblica italiana, tenuto conto del processo di trasformazione politica e sociale verificatosi in Italia negli ultimi decenni e degli sviluppi promossi nella Chiesa dal Concilio Vaticano II; avendo presenti, da parte della Repubblica italiana, i principi sanciti dalla sua Costituzione, e, da parte della Santa Sede, le dichiarazioni del Concilio Ecumenico Vaticano II circa la libertà religiosa e i rapporti fra la Chiesa e la comunità politica, nonché la nuova codificazione del diritto canonico; […] Art. 1: La Repubblica italiana e la Santa Sede riaffermano che lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani, impegnandosi al pieno rispetto di tale principio nei loro rapporti ed alla reciproca collaborazione per la promozione dell’uomo e il bene del Paese”.

Inoltre, scompare il riconoscimento del carattere sacro di Roma e il conseguente impegno dello Stato ad «impedire […] tutto ciò che possa essere in contrasto con detto carattere» (art. 1 del vecchio Concordato). Nel nuovo Concordato del 1984 l’art. 4 ci si limita a dire che lo Stato italiano «riconosce il particolare significato che Roma, sede vescovile del Sommo Pontefice, ha per la cattolicità».

Nessun impegno preciso dello Stato in questo campo e nel Protocollo Addizionale del Concordato, in relazione all’Art. 1 si dichiara che: Si considera non più in vigore il principio, originariamente richiamato dai Patti lateranensi, della religione cattolica come sola religione dello Stato italiano.

Premessa l’idiozia di annullare un principio, che se è tale non può essere soppresso, il legame tra IRC e laicità dello Stato è il frutto avvelenato del Concordato del 1984[1], che modifica i Patti Lateranensi in funzione degli sviluppi promossi nella Chiesa dal Concilio Vaticano II. Questo è il grano d’incenso bruciato all’Imperatore in nome della così detta libertà religiosa. Il cardinale Ernesto Ruffini (1888-1967) sottolineò[2] che se uno Stato non avesse il diritto di concedere trattamenti particolari a nessuna religione, allora gli accordi pontifici con Italia, Portogallo, Spagna e Repubblica Dominicana avrebbero richiesto una revisione. Così avvenne in Italia con la revisione del Concordato del 1984: In relazione all’Art. 1 Si considera non più in vigore il principio, originariamente richiamato dai Patti lateranensi, della religione cattolica come sola religione dello Stato italiano.

Questo comporta la detronizzazione di Cristo Re dalla società in nome dei principi contenuti nella Dignatatis humanae, che eleva l’errore a diritto umano[3], assolutizza la libertà di coscienza[4] (Newman inorridirebbe), chiede l’abolizione della religione cattolica come religione di Stato[5] e peccava di un ottimismo tanto disarmante quanto erroneo[6]. I risultati nefasti sono sotto i nostri occhi ed erano facilmente prevedibili, visto che ci sono stati predetti dai papi preconciliari, in particolare Pio XI nell’enciclica Quas Primas sulla regalità di Cristo: “[…] I pessimi frutti, che questo allontanamento da Cristo da parte degli individui e delle nazioni produsse tanto frequentemente e tanto a lungo, Noi lamentammo nella Enciclica Ubi arcano Dei e anche oggi lamentiamo: i semi cioè della discordia sparsi dappertutto; accesi quegli odii e quelle rivalità tra i popoli, che tanto indugio ancora frappongono al ristabilimento della pace; l’intemperanza delle passioni che così spesso si nascondono sotto le apparenze del pubblico bene e dell’amor patrio; le discordie civili che ne derivarono, insieme a quel cieco e smoderato egoismo sì largamente diffuso, il quale, tendendo solo al bene privato ed al proprio comodo, tutto misura alla stregua di questo; la pace domestica profondamente turbata dalla dimenticanza e dalla trascuratezza dei doveri familiari; l’unione e la stabilità delle famiglie infrante, infine la stessa società scossa e spinta verso la rovina”.

La questione del valore dell’odierno IRC è inscindibile dai principi da cui deriva e la scelta di avvalersene non può essere indipendente da essi. Se il suo principio cardine, la libertà religiosa, è erroneo, allora l’IRC nasce dall’errore, non può che propagarlo ed al contempo esserne vittima.

Andrea Mondinelli



P.S. Navigando nei siti che le varie diocesi dedicano all’insegnamento della religione cattolica (IRC) si trovano video di ogni genere, dalla musica rap ad un vago irenismo (eccone un ampio florilegio qui qui qui qui qui) e cosa alquanto preoccupante a video (qui) molto inquietanti di approfondimenti teologici per gli insegnanti che mettono in dubbio pure i dogmi di fede (p. es. Extra Ecclesiam nulla salus[7]).

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[1] Per una curiosa “coincidenza” il Concordato reca la firma del card. Casaroli in forte odore di Massoneria (nome di battaglia “CASA” nella lista Pecorelli). http://www.unavox.it/ArtDiversi/DIV255a_Agnoli_Massoneria_conquista_Chiesa.html


[2] “Il Reno si getta nel Tevere” Raplh M. Wiltgen pag.188

[3] Art. 2. Questo Concilio Vaticano dichiara che la persona umana ha il diritto alla libertà religiosa. È ovvio che la libertà ed il diritto all’errore provoca aberrazioni insostenibili, ma legittime: https://www.ilfoglio.it/chiesa/2015/07/29/news/via-la-statua-dei-dieci-comandamenti-in-oklahoma-discrimina-i-satanisti-86158/ https://www.ricognizioni.it/usa-in-nome-della-liberta-religiosa-nuovo-tempio-a-satana/

[4] Art.3. “L’uomo coglie e riconosce gli imperativi della legge divina attraverso la sua coscienza, che è tenuto a seguire fedelmente in ogni sua attività per raggiungere il suo fine che è Dio. Non si deve quindi costringerlo ad agire contro la sua coscienza. E non si deve neppure impedirgli di agire in conformità ad essa, soprattutto in campo religioso”. Manca ogni riferimento al legame tra coscienza e verità e alla coscienza erronea.

[5] Art. 13. Vi è quindi concordia fra la libertà della Chiesa e la libertà religiosa che deve essere riconosciuta come un diritto a tutti gli esseri umani e a tutte le comunità e che deve essere sancita nell’ordinamento giuridico delle società civili.

[6] Art. 15. È infatti manifesto che tutte le genti si vanno sempre più unificando, che si fanno sempre più stretti i rapporti fra gli esseri umani di cultura e religione diverse, mentre si fa ognora più viva in ognuno la coscienza della propria responsabilità personale. Per cui, affinché nella famiglia umana si instaurino e si consolidino relazioni di concordia e di pace, si richiede che ovunque la libertà religiosa sia munita di una efficace tutela giuridica e che siano osservati i doveri e i diritti supremi degli esseri umani attinenti la libera espressione della vita religiosa nella società.

[7] Qui un’ esauriente spiegazione: https://www.radiospada.org/2019/09/extra-ecclesiam-nulla-salus-la-spiegazione-del-s-offizio-del-1949/







Deborah dona la vita per la figlia, un sì che sa di redenzione



La storia di Deborah Vanini, 38 anni: rinuncia a curarsi un tumore per non mettere in pericolo la vita della creatura, Megan, che porta nel grembo. Si diceva non credente, ma nel dramma ha percorso la via della perfezione, nel solco delle parole di Gesù.



L’amore più grande

Editoriali 



«Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici» (Gv 15, 13). E “amici” sono coloro che amiamo. In cima all’elenco troviamo i figli. La personificazione di queste parole di Gesù ha un nome e un cognome: Deborah Vanini. Uno dei tanti casi di cattolici-ombra che comprendono quelle ragioni del cuore che la ragione non comprende (Pascal). Il dramma sta tutto qui, semplice e diretto come un proiettile nel cuore: nella stessa visita scopre di avere nel grembo una bambina e un tumore. E quest’ultimo ha un’età gestazionale avanzata: quarto stadio.

«Uno choc – scriveva Deborah sui social –: dalla notizia più bella alla più brutta in 25 secondi netti. Dalla gioia più grande alla disperazione più assoluta. Dall’estasi, alle pene dell’inferno. Da lì, il buio». Un buio fatto «di esami, giorni in ospedale, visite estenuanti e dolorose, impedimenti fisici, farmaci, una valanga di farmaci, la maggior parte non compatibili con una gravidanza». Ecco l’aut aut, il dentro “Io” e il fuori “Lei” o viceversa, dove l’ordine degli addendi cambia eccome il risultato, il prendere la propria vita e perdere la vita della piccola Megan o perdere la propria e prendere per mano dal Cielo la figlia per sempre.

«Scelte più grandi di noi, sulla vita che avevamo creato. Messi davanti alla più difficile al mondo per un genitore, decidere per la vita o meno dei propri figli. Ho pianto notti intere per la paura, per la tensione, per i dubbi, ho perso la via, mi sono disperata, chiesto perché proprio a me e a noi. Ho toccato veramente il fondo, ma poi...». Ma poi con l’aiuto dei parenti, del compagno e dello staff medico ha scelto la vita, quella eterna per lei – così speriamo – e quella degli anni a venire su questa Terra per Megan. Due nascite diverse, ma germinate dal medesimo fiat.

Poteva curarsi anche nel caso in cui fosse stato certo che, a causa delle terapie, la figlia sarebbe morta? Sì, perché, in stato di necessità, la morte della piccola non sarebbe stata direttamente ricercata, ma meramente tollerata, perseguendo lecitamente la propria guarigione, e perché i beni in gioco erano di pari dignità: vita madre e vita figlia. Sarebbe stato un atto moralmente buono. Ma Deborah non si è accontentata del buono, voleva il meglio per sé e per la figlia e allora ha percorso la via dell’eccellenza, della perfezione ragionando all’opposto: ha tollerato la propria morte, ricercando strenuamente la salvezza della figlia.

La vita e la morte. La morte e la vita. Salvarsi e perderti? Sarebbe stata poi vita senza di te per causa mia? Mi sarei salvata veramente? «Forse tu non lo sai ancora, ma mi ha letteralmente salvato la vita», le parole di Deborah. «Chi vorrà salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia, la troverà» (Mt 16, 25), le parole di Gesù. Parole belle per noi. Parole fatte della stessa sostanza delle lacrime per Deborah.

La vita e la morte. La morte e la vita. E tra questi due opposti il potere immenso e tragico della libertà. A chi spegnere il lume? A colei che è nel mezzo del cammin oppure a colei a cui Dio ha appena acceso lo stoppino? Sarebbe stato meglio poter non scegliere – forse avrà pensato la mamma – essere obbligati alle cure o al parto. O rifugiarsi nel dubbio liberatorio.

La vita e la morte. La morte e la vita. Intrecciati in modo indissolubile, entrambe facce della medesima moneta, tributo da pagare ad una esistenza che a volte, forse spesso, non fa sconti, non permette il compromesso. Tertium non datur. In un mondo così liquido, dove non c’è spazio per il bianco e il nero, per il Sì e il No, Deborah ha scelto il bianco della vita, il Sì al sacrificio.

La vita e la morte. La morte e la vita. La vita dell’una il calco della morte dell’altra e la morte dell’altra il calco della vita dell’una. A lei ha dato la vita e ha dato la vita per lei. La morte si faceva strada nel corpo della madre, ma non nel suo grembo, forziere dove custodire la vita.

La vita e la morte. La morte e la vita. Deborah, il riscatto non richiesto delle innumerevoli Deborah che hanno invece spento la luce nel loro ventre, senza essere in pericolo di vita; lo stato di accusa silenzioso delle coscienze insanguinate che però in lei potranno trovare redenzione; la maternità mostrata nella sua eroicità che zittisce chi rivendica che l’utero è suo, che l’essere mamma è una scelta, che si è madri di un grumo di cellule.

La vita e la morte. La morte e la vita. Come Cristo ha donato la vita per tutti noi, lei lo ha fatto per la figlia. «Sforzatevi di entrare dalla porta stretta» (Gv 14, 2). Deborah è passata da una fessura. Da cui filtrava una luce accecante.

La vita e la morte. La morte e la vita. Ha vinto la vita.








mercoledì 27 novembre 2024

I nuovi interni della cattedrale di Berlino. Che piacciono tanto ai protestanti




27 Nov 2024


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by Aldo Maria Valli



Quello che vedete nella foto è un altare. Il nuovo altare della chiesa di Santa Edvige a Berlino. E il prelato è l’arcivescovo di Berlino, Heiner Koch, mentre consacra l’altare.

La chiesa di Santa Edvige, edificata nel 1773 da Federico II di Prussia per i cattolici della Slesia, è stata ricostruita più volte, soprattutto dopo la seconda guerra mondiale, e nel 2018 sono iniziati nuovi lavori, non ancora del tutto conclusi.

Il nuovo altare, una mezza sfera, è stato realizzato con un impasto di pietre donate dai fedeli, sabbia, ghiaia e cemento bianco. Leo Zogmayer, l’artista austriaco che ha progettato i nuovi interni della chiesa, ha spiegato che l’altare pesa circa due tonnellate e mezzo, “ma sembra quasi fluttuare trasmettendo allo stesso tempo una presenza massiccia”.

Che sembri quasi fluttuare è tutto da discutere. In ogni caso, è notevole il commento del vescovo protestante Christian Stäblein: «È così bello qui. Al confronto, i nostri luoghi di culto a Berlino sembrano molto più cattolici. Difficilmente puoi credere a quello che vedi quando entri nel nuovo interno della chiesa: uno spazio quasi completamente bianco, in gran parte vuoto, a parte qualche sfumatura color crema. Nessuna croce si tende verso chi entra, nessun crocifisso. Nessun dipinto, nessun ornamento d’oro. In due nicchie si trovano modeste figure di Maria con il Bambino e Pietro. Minimalismo ai massimi livelli. Dai cattolici!».

Molto soddisfatto della ristrutturazione il vescovo (cattolico) Koch: “Qui non opera alcun dio oscuro e minaccioso. Qui regna lo spirito di accoglienza. La chiesa sia luogo di apertura per i credenti, anche di altre religioni, così come per i non credenti. E anche per tutti coloro che vogliono semplicemente rilassarsi”.

Santa Edvige, cattedrale cattolica di Berlino, si trova nel centro della città e fa parte del cosiddetto Forum Fridericianum, una piazza progettata dal re prussiano Federico II (1712-1786) all’inizio del viale Unter den Linden.

Dopo la consacrazione dell’altare, la cattedrale è stata nuovamente chiusa al pubblico. Si prevede di riaprirla prima di Natale, quando sarà stato reinstallato anche l’organo, smontato all’inizio dei lavori.






In Francia la verità sull'aborto costa 100mila euro di multa




L'autorità francese di regolamentazione dei media ha multato il canale CNews per aver detto che la prima causa di morte al mondo è quella che avviene nel grembo materno. I dati non contano di fronte ai diktat dell'informazione unica.



Censura

Attualità 


Luca Volontè, 27-11-2024

L'autorità francese di regolamentazione dei media (Arcom) ha inflitto la scorsa settimana una multa di 100.000 euro al canale conservatore CNews, per aver affermato, durante un programma con ospiti pro-life e pro-family cattolici, che l'aborto è la prima causa di morte al mondo. Un dato inoppugnabile ma indicibile, in una repubblica che ha posto l’omicidio dell’innocente nel suo tabernacolo come fosse il tesoro più prezioso.

L'episodio, verificatosi durante la trasmissione “En quèt d’esprit” andata in onda lo scorso 25 febbraio, rivela quanto il dibattito sull'aborto sia bandito in Francia e, dopo la costituzionalizazzione della pratica omicida sugli innocenti, sia pericoloso mostrare i dati del genocidio in atto. L’Arcom ha stabilito, con decisione presa il 13 novembre, che è vietato rivelare questa verità. La "colpa" della rete televisiva e del conduttore, Aymeric Pourbaix, è stata quella di mostrare un'infografica sulle cause di morte nel 2022, classificando l'aborto come la prima causa, con 73 milioni di morti ogni anno nel mondo, cioè il 52% dei decessi annuali, molto più del cancro (10 milioni) e del fumo (6,2 milioni). In effetti, nonostante la voluta ignoranza della agenzia di controllo Arcom francese, i dati sugli aborti visualizzati sul contatore del Worldometer si basano, si legge nel sito di informazione, «sulle ultime stime sugli aborti nel mondo pubblicate da varie fonti, tra cui l'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS). Secondo l'OMS, ogni anno nel mondo si verificano circa 73 milioni di aborti indotti».

Una forte ondata d’indignazione della stampa e di politici liberal e socialisti, era seguita alla difusione del programma, motivata dall’irreale e antiscientifico assunto che l'aborto non può essere considerato una “causa di morte” perché il feto non dovrebbe essere considerato un essere vivente. Aver perso il lume della ragione, nel Paese che la vorrebbe deificare, anche in questo caso porta alla cecità totale. Il canale CNews, di proprietà dell'uomo d'affari cattolico Vincent Bolloré, è stato violentemente criticato e, nelle settimane successive era stata aperta l’inchiesta, con l’accusa di essere emittente televisiva pericolosa e di trasmettere informazioni parziali e non oggettive. In verità, si trattava solo di notizie contrarie ai dogmi e alle menzogne del pensiero progressista e opinioni difformi alla vulgata ideologica oggi in voga nell’informazione "liberal-illiberale".

La violenza degli attacchi aveva infine costretto il canale televisivo a fare una parziale marcia indietro e a scusarsi per quello che era stato presentato come un “errore di gestione” dell’informazione presente nella grafica che non avrebbe dovuto essere trasmessa sullo schermo. Dopo diversi mesi di procedimento, nei giorni scorsi l'autorità francese di regolamentazione dei media Arcom ha multato CNews per 100.000 euro per questo episodio, perché l'emittente sarebbe venuta meno al suo «obbligo di onestà e rigore nella presentazione e nel trattamento delle informazioni». Tra le più efficaci e ferme reazioni si deve citare quella di Jean-Marie Le Méné, responsabile della Fondation Jérôme Lejeune, che sulla rivista Valeurs Actuelles ha denunciato la natura totalitaria di questa decisione che dimostra la negazione della realtà che circonda la pratica dell'aborto in Francia e la volontà del governo di censurare ragione, scienza e reprimere la libertà.

Arcom scrive che «l’aborto non può essere presentato come una causa di morte», perchè equiparare un bambino abortito a una persona morta renderebbe l'aborto un atto omicida e, sottolinea Le Méné, «affinché l'aborto possa essere praticato con la coscienza pulita, è vietato dire che l'aborto toglie la vita. Altrimenti la chiave di volta del sistema crolla. Ma chi crede a questa finzione?...L'aborto, prima causa di morte nel mondo, è purtroppo un fatto, non un'opinione».

Solo per pura coincidenza, così frequente anche in altre democrazie liberal-illiberali d’occidente, le uniche emittenti francesi ad essere sanzionate da parte delle autorità di governo per i contenuti che trasmettono, ovvero i giudizi ed i dati non conformi al pensiero omologante, sono state CNews e il canale C8, entrambi di proprietà del cattolico conservatore Vincent Bolloré, come abbiamo ricordato.






martedì 26 novembre 2024

L’Europa e il suo dramma materiale e spirituale


Pubblichiamo il testo della Relazione di Stefano Fontana, Direttore dell’Osservatorio Van Thuân, alla VI Giornata nazionale della Dottrina sociale della Chiesa, svoltasi sabato 23 novembre 2024 a Villa San Fermo, Lonigo (Vicenza).




Di Stefano Fontana, 26 Nov 2024

Il nostro Osservatorio da 16 anni pubblica puntualmente un Rapporto sulla Dottrina sociale della Chiesa nel Mondo. Lo scopo è teorico-pratico: fornire idee per l’azione. Quest’anno il tema è l’Europa che, secondo i dati e le riflessioni contenuti nel Rapporto, è in punto di morte. Nel titolo del Rapporto si parla di Finis Europae e si adopera la parola epitaffio. Questa parola associata all’Europa era già stata usata nel 2008 da Walter Laqueur nel suo libro “Gli ultimi giorni dell’Europa. Un epitaffio per il vecchio continente”, edito in Italia da Marsilio. Noi siamo stati più prudenti, e abbiamo messo il punto di domanda: Un epitaffio per il vecchio continente? Però, a parte la speranza evocata da quel punto di domanda, la nostra analisi è ugualmente cruda e disillusa: l’Europa non sembra dare segni di vita. Laqueur scriveva nel libro appena ricordato: “è possibile che l’Europa, o almeno parti considerevoli del continente, siano trasformati in qualcosa come parchi di divertimento a tema, una specie di Disneyland a un certo livello di sofisticazione per turisti benestanti dalla Cina o dall’India, qualcosa come Brugge, Venezia, Stratford-on-Avon o Rothenburg ob der Tauber, ma su una scala più grande”. Altri commentatori, come ci ricorda Tommaso Scandroglio nel Rapporto, hanno parlato dell’Europa come del “Grande ospizio occidentale” visto il gelo demografico e la lotta a vita e famiglia che vi si conduce. Altri ancora hanno parlato dell’Europa come di una “grande Casa di cura”, sul tipo di quella descritta da Thomas Mann in “La montagna incantata” e, a vedere come gli Stati europei hanno gestito la faccenda Covid e come si sono dichiarati disponibili a sottomettersi all’OMS, non si può dare loro torto. A metà novembre scorso il vescovo croato Nikola Eterovic, Nunzio apostolico in Germania, ha detto che l’Europa si sta uccidendo: aborto, eutanasia, ideologia gender e guerra in Ucraina, che vede contrapposti due Paesi cristianizzati, a suo giudizio lo dimostrano. Emmanuel Todd nel suo ultimo libro La sconfitta dell’Occidente ha parlato del “suicidio assistito” dell’Europa, secondo lui ad assisterla sarebbero le “oligarchie occidentali”, espressione non tanto della democrazia liberale quando appunto della democrazia oligarchica e della post-democrazia.

Il Rapporto esamina ogni singolo aspetto della malattia dell’Europa ed è mio compito oggi fare una presentazione sintetica di questa diagnosi. Prima però vorrei toccare un aspetto di grande interesse, che verrà richiamato anche dal vescovo Crepaldi nella sua prolusione. Quando si adopera la parola Europa bisogna essere consapevoli della sua ambiguità. Ci sono due Europe, oppure, se volete, c’è un’Europa e una contro-Europa. Cosa è successo, ci si può chiedere, perché ne esistano due? Come si spiega questa lacerazione interna non provocata dal di fuori? Cosa ha fatto sì che l’Europa sia in conflitto con se stessa, al punto di vivere una specie di continua “guerra civile europea”, come giustamente aveva segnalato Ernst Nolte? Anche oggi essa vive come una guerra civile europea. La guerra in Ucraina è una guerra interna all’Europa. Lo sterminio tramite l’aborto di Stato è una guerra civile europea.

Il tema della guerra in Ucraina e della guerra civile ci fa pensare che la lacerazione tra le due Europe sia sorta dentro l’Europa stessa e che il nemico dell’Europa sia europeo. Questa valutazione ha fatto da filo conduttore al lavoro dei 16 contributi di esperti che compongono il nostro Rapporto. Ad un certo punto è nato un pensiero anti-Europeo che, nel tempo, ha fatto sì che l’Europa provasse un senso di “colpa” verso se stessa, come scrisse Gianni Baget Bozzo, e che abbia incominciato ad odiare se stessa, come lamentava Benedetto XVI. Tutto cominciò quando in Europa nacque un pensiero incapace di pensare Dio, pensiero che in seguito si dimostrò incapace di pensare la natura collocata al posto di Dio, poi si rese incapace di pensare l’uomo, posto anch’esso al posto di Dio e, infine, divenne incapace di pensare il fine e il bene morale. Il fine fu sostituito dalla legge, soprattutto da Immanuel Kant in poi, sicché lo Stato perse la caratteristica di guidare al bene comune eticamente e religiosamente inteso e assunse il ruolo di uno Stato di diritto che regola dall’alto gli egoismi dei cittadini. Se non esistono fini non esistono nemmeno doveri, se non quelli imposti dalla legge formulata dallo Stato. Se non esistono fini esistono solo diritti individuali la cui pretesa assoluta deve essere moderata dallo Stato, che detiene a quel punto un diritto sovrano, non essendo obbligato a niente di superiore. Questa è l’anti-Europa che non riconosce il diritto naturale né la legge morale naturale e per la quale il concetto di “natura” perde il proprio pieno significato. Tutti i teorici dell’anti-Europa, da Hobbes a Kelsen, parlano di natura ma non più nel senso della filosofia classica e cristiana, ossia non più come qualcosa che esprima dei fini. Ecco allora le due Europe, l’una della ragione realistica che coglie un ordine naturale e finalistico, e l’altra che considera la società un artificio, una costruzione umana innaturale. La prima vede i popoli nella loro dimensione naturale di “nazioni” e, accanto ad essi vede le altre società naturali organicamente collegate tra loro, prima di tutte la famiglia, la seconda invece considera i popoli come aggregati di individui resi tali dal potere. Secondo Hans Kelsen, per dirne uno, “il popolo non è un insieme, un conglomerato, per così dire, di individui, ma semplicemente un sistema di atti individuali, determinati dall’ordine giuridico dello Stato”. Tutti gli Stati europei hanno assunto nella modernità questa forma, sostituendo l’artificio alla natura, l’ideologia alla realtà. Oggi, tutti gli Stati europei sono così.

Può essere utile inserire qui una breve valutazione sulla grande questione dell’Europa, dell’Occidente e dell’America. In questa sede possono bastare poche parole su un tema complesso che il nostro Rapporto tocca di striscio in diversi punti, soprattutto nei contributi di Réveillard e di Battisti. Augusto Del Noce aveva invitato a non identificare i due concetti di Europa e di Occidente. Secondo lui l’Europa è portatrice di una cultura contemplativa, mentre l’Occidente di una cultura consumistica. Leone XIII, con l’enciclica Testem benevolentiae del 1899, aveva condannato l’americanismo, ossia la cultura pragmatica di origine protestante degli Stati Uniti d’America che dopo la Seconda guerra mondiale ha dilagato in Europa e per molti aspetti tuttora sta dilagando. La contrapposizione tra Europa e americanismo ha un senso se ci rifacciamo al concetto vero di Europa, ma se prendiamo in esame la pseudo-Europa, allora vediamo che i guai erano già cominciati qui. Vediamo anche che dall’America viene sì l’americanismo ma anche altre istanze correttive della degradata pseudo-Europa. L’esito delle recenti elezioni presidenziali americane e l’emergere di alcune prese di posizione nell’episcopato statunitense di opposizione alla diffusione anche nella Chiesa di una cultura woke hanno fornito qualche spunto interessante da questo punto di vista.

Il nostro Rapporto non confonde mai l’Europa con l’Unione Europea e vede quest’ultima come dipendente dal processo che ho appena descritto. Gli Stati che hanno dato vita prima alla Comunità Europea e poi all’Unione sono tali nel senso kantiano di Stati di diritto atti a regolare con la forza gli egoismi dei cittadini. Del resto, questa era la visione della politica della Riforma luterana. Stato di diritto, in questo caso, non vuol significare uno Stato che rispetta il diritto naturale, ma uno Stato che rispetta il diritto da esso stesso posto e che vale solo in quanto posto per moderare gli eccessi dei cittadini, invitandoli ad esercitare la propria libertà solo fino a non ledere quella altrui, in un compromesso tra egoismi. L’Unione Europea nasce come collaborazione sovrastatale da parte di Stati così intesi e, quindi, essa stessa non può sottrarsi a questa configurazione politica. L’Unione è una costruzione artificiale che ha ottenuto in modo artificioso dagli Stati membri parti di sovranità che quegli Stati stessi detenevano in modo altrettanto artificioso. Con l’Unione si è aggiunto artificio ad artificio. Era inevitabile, date queste premesse, che, come i singoli Stati avevano abolito il riferimento ad un ordine naturale oggettivo e finalistico, così l’Unione avrebbe abolito i popoli, le nazioni e perfino gli Stati, sovrapponendovi la propria sovranità. Il giudizio del nostro Rapporto sull’Unione Europea è molto negativo. Essa è lo strumento principale oggi adoperato dalla pseudo-Europa, quella nata dall’assunzione della impossibilità di conoscere Dio. Come ogni singolo Stato moderno è necessariamente ateo, così l’Unione Europea non può che essere atea e può avere l’appoggio dei protestanti ma non dei cattolici. Ma i Padri fondatori del processo di unificazione europeo erano anche cattolici, come viene spesso ricordato. Non so dire in che misura fosse ad essi noto il vero carattere dello Stato in versione moderna e della futura integrazione tra Stati nella Comunità europea e poi nell’Unione, ma gli elementi per supporre che già la loro visione fosse ben disposta alle distorsioni successive ci sono. Non è il caso di insistere troppo sull’origine cristiana del “sogno europeo”, come fanno i rappresentanti a Bruxelles degli episcopati cattolici del continente.

Dopo le recenti elezioni americane, il tema dell’Europa esprime un nuovo paradosso. Molti segnalano che, dopo queste elezioni, per l’Europa (intesa come Unione Europea, ossia come pseudo-Europa) è venuta l’ora delle grandi scelte. Lo ripete da tempo Mario Draghi che lo ha scritto anche in un suo Rapporto su incarico della Commissione. Lo ripetono i principali leader politici. Davanti alle previsioni di un nuovo posizionamento americano, molti spingono perché l’Unione intraprenda un nuovo percorso costituzionale in grado di unificarsi in modo più stretto e dotarsi di una propria difesa. In un mondo dominato dalle grandi potenze e con l’emergere dei BRICS, l’Unione Europea finirebbe come il vaso di coccio tra i vasi di ferro: questo è quanto si sente dire. Un esercito europeo richiederebbe una unità maggiore, un vero e proprio ministero della difesa e, naturalmente, del tesoro e degli esteri. Comporterebbe, in altre parole, una completa sovranità europea. A questa visione di una Europa “grande potenza”, si oppone però la sua miseria attuale. Il professor Gianfranco Battisti ci illustrerà oggi pomeriggio la gravità della situazione dal punto di vista economico, finanziario, energetico. L’Unione Europea, egli sostiene, è ostaggio del debito degli Stati Uniti, non ha autonomia energetica specialmente perché la guerra in Ucraina l’ha privata del gas russo, obbligandola ad acquistare quello americano molto più caro, ha una industria in fase di smantellamento come dimostrano i casi Volkswagen e Stellantis, ogni giorno nuove aree del proprio suolo vengono comperate, e infine si deve preparare a gravi conflitti sociali. Torna così la guerra civile, di cui abbiamo avuto già vari segnali in Inghilterra, in Francia, in Germania. Si tratta di tensioni sociali causate dall’impoverimento economico e dall’immigrazionismo incontrollato, ossia dalle due questioni che oggi i singoli Stati non sono in grado di affrontare proprio per la camicia di forza calata dall’Unione sulle loro politiche. Il Rapporto evidenzia in modo particolare il caso della Germania: Stefano Magni illustra le scelte disastrose di tutti i governi tedeschi da Schroeder in poi, ampiamente compresa anche Angela Merkel, sul piano del green e dell’immigrazionismo sfrenato. La “locomotiva” è ora in panne, in crisi politica e sociale e fa sprofondare l’Europa intera. Ecco allora il paradosso: la cosiddetta ora delle scelte da grande potenza mondiale, compresa la scelta militare, contrasta con la situazione di miseria materiale e, come dirò a breve, morale dell’Unione Europea.

Su questa presunta “ora delle scelte” vorrei esporre la posizione dell’Osservatorio. Siamo contrari a scelte che rafforzino questa Unione Europea e, tanto più, a programmi di riarmo. Prevediamo che si approfitterà della nuova situazione internazionale seguita alle elezioni di Ronald Trump per premere con urgenza per questo tipo di scelte dalle quali ci dissociamo. L’Europa deve essere segno di pace fondata sulla dignità di popoli e nazioni. Si potrà forse pensare che l’attuale maggioranza von der Leyen uscita dalle ultime elezioni europee sia politicamente troppo debole per fare scelte di questa rilevanza. Ma non inganniamoci. Come mette in evidenza nel nostro Rapporto Christophe Réveillard della Sorbona, nell’Unione oggi non c’è un governo, c’è una governance fatta di tre elementi: il Deep State europeo (segnalato nel Rapporto anche da Maurizio Milano che si è occupato del Forum di Davos), la corporazione dei funzionari dell’Unione che si cooptano l’un l’altro nei vari organismi [l’ex capo del governo portoghese sconfitto alle ultime elezioni nazionali è stato “promosso” a Bruxelles, l’ex capo di governo dei Paesi Bassi sconfitto alle ultime elezioni nel suo Paese ora è segretario della Nato], Corti di giustizia comprese, e infine i rappresentati degli Stati membri. L’UE è un mostro a tre teste. Il Parlamento non legifera e la Commissione non è l’unico soggetto politico, ce ne sono altri anche molto nascosti. Da questi soggetti politici occulti possono venire le spinte che noi non approviamo. Per esempio, di recente l’ex presidente della Finlandia, in qualità di consulente nominato dalla presidente della Commissione, ha pubblicato un Rapporto dal titolo “Insieme più sicuri”, nel quale espone le linee per conseguire preparazione e capacità di azione anche militare.

Sul suolo europeo sono in lotta tra loro due visioni rivali dell’Europa. Il contrasto tra di loro è certamente anche materiale ma il dramma dell’Europa è prima di tutto morale e spirituale. Nell’aprile scorso, il Parlamento federale tedesco ha approvato una legge secondo la quale ad un neonato non si riconosce nessun sesso, questo verrà deciso in seguito tra quattro possibilità: maschio, femmina, vari e nessuno. Il Parlamento francese ha approvato la costituzionalizzazione dell’aborto, seguito in tempi stretti dal Parlamento europeo con una risoluzione non applicabile ma politicamente efficace, secondo la quale il diritto all’aborto dovrebbe essere inserito nella Carta dei diritti dell’uomo dell’Unione stessa. Di questo si occupa nel nostro Rapporto il prof. Mauro Ronco. L’aborto è contemplato per legge in tutti i 27 Stati dell’Unione Europea e in tutti i 47 Stati del Consiglio d’Europa. Nei Paesi Bassi, come ci riferirà oggi pomeriggio Tommaso Scandroglio, si sono avuti 8720 decessi per eutanasia nel 2022, pari al 5% di tutte le morti avvenute sul suolo olandese. A questo dato Scandroglio aggiunge: “È di tutta evidenza che la diffusione di questa pratica nei Paesi Bassi contagerà anche gli altri Paesi europei prima o poi”. La Spagna, come ci informa Julio Loredo nel Rapporto, nel giro di qualche decennio ha assunto pienamente gli stili di vita postumani e post-religiosi vigenti negli altri Paesi europei, coprendo il ritardo in grande velocità. La Francia, come ci racconta Silvio Brachetta nel Rapporto, è una società in disfacimento e in caduta libera, come dimostrato con grande plasticità dalla orrenda performance alle scorse Olimpiadi di Parigi. La Polonia è sotto attacco. In quel Paese il nuovo governo liberal del presidente Tusk lavora con tutti i mezzi, compresi quelli illeciti, per distruggere, con il supporto della Commissione europea, la resistenza cattolica. Nel frattempo, l’Unione stanzia 2,5 milioni di euro per la formazione al gender nell’ambito del progetto Erasmus.

Con queste due ultime sottolineature – la Polonia e l’Erasmus – tocchiamo un importante aspetto, vale a dire l’impegno dell’Unione Europea per una grande pedagogia di massa, di cui si occupa nel Rapporto Christophe Réveillard. Secondo lui le tecniche persuasive di massa e quelle del controllo informatico dei comportamenti di origine americana trovano ampio uso nell’Unione Europea. La finanziarizzazione dell’economia, la proiezione mondialista, l’imposizione di norme a livello mondiale, l’amplificazione dei mezzi di propaganda che oggi riguardano quasi tutti i media più rilevanti, la “guerra cognitiva”, la massificazione e la collettivizzazione dell’individuo attraverso l’imposizione di concetti-base come quello di progresso, oppure quello del primato della scienza, fino alle attuali proposte circa la post-verità. Tutto questo, e altro ancora, priva le nazioni europee della propria identità. Una delle principali forme di questo nuovo colonialismo è il diritto. In Italia ne abbiamo di recente avuto un esempio a proposito del caso del Centro immigrati in Albania voluto dal governo italiano e contestato dai giudici sulla base di alcune sentenze della Corte di giustizia europea. Il problema principale è dato dal principio circa il primato del diritto europeo rispetto a quello degli Stati, stabilito dal Trattato di Lisbona e recepito nella nostra Costituzione nell’articolo 117. La dichiarazione 17 del Trattato di Lisbona afferma: «secondo una costante giurisprudenza della Corte di giustizia dell’UE, i trattati e il diritto adottato dall’UE sulla base dei trattati hanno la preminenza sul diritto degli Stati membri, nelle condizioni definite dalla detta giurisprudenza». Secondo Réveillard ciò «costituisce una camicia di forza normativa e procedurale esorbitante e paralizzante i diritti nazionali ». L’Unione Europea va contestata e fermata. Essa nega l’ordine oggettivo e naturale, sviluppa l’egemonia dell’economia e un « materialismo caratterizzato da un ideale incentrato sull’uomo consumatore al di fuori di ogni trascendenza, nel quadro di un ateismo formale con l’illusione della libertà come imperativo primario ».

Non posso chiudere questa mia relazione senza toccare l’argomento della presenza in Europa della Chiesa cattolica e di come essa oggi si relazioni con le problematiche che ho fatto emergere in questo mio intervento. Il Rapporto si occupa anche di questo. Il punto centrale che va doverosamente esaminato è che i vertici della Chiesa cattolica hanno battezzato, sostenuto e promosso in Europa i temi principali dell’agenda ideologica dei centri di potere dominanti, con esiti distruttivi. I quattro punti fondamentali di questa agenda – vaccinismo, genderismo, climatismo, europeismo – hanno ricevuto l’appoggio incondizionato della Chiesa cattolica, a tutti i i suoi livelli, dal Vaticano alla parrocchia, con debolissime diserzioni. Questi quattro punti sono tra loro integrati e si supportano l’un l’altro, fanno parte di un unico sistema e prevedono un unico Great Reset, sicché, accettandoli, la Chiesa ha accolto in sé ben più di quei quattro temi, ossia un nuovo paradigma, un voluto cambiamento d’epoca, al quale si è acriticamente assimilata. Gli effetti negativi di questo posizionamento sono sia esterni che interni, esterni perché si collabora con gli agenti del male, interni perché presumono una neo-Chiesa. Non ho il tempo di esemplificare, ma tutti siamo a conoscenza di come la Chiesa abbia coperto la bugia Covid sfruttando addirittura l’amore cristiano, come essa ormai stia promuovendo dentro e fuori di se stessa l’omosessualismo e il transgenderismo, come essa spinga al superamento dei combustibili fossili per combattere i cambiamenti climatici ritenendoli dovuti, come imposto dalla narrazione dominante, alle attività umane [a questo proposito mi si permetta di ricordare almeno la pubblicazione dell’Esortazione apostolica di Francesco Laudate Deum, la sua richiesta di accelerare il passaggio alle rinnnovabili durante la discussa celebrazione liturgica del 1 ottobre scorso e, più di recente, in vista della Cop29 di Baku, la richiesta di uno sforzo finanziario globale avente lo stesso scopo. Perfino i vescovi scozzesi, da buoni scolaretti, si sono sentiti in dovere di pubblicare una Nota per riproporre gli stessi slogan], e infine l’europeismo UE, appoggiato dai vescovi cattolici in Europa con interventi molto imbarazzanti alle ultime elezioni per il Parlamento europeo.

Vado a concludere. Il Rapporto segnala anche dei sintomi positivi e incoraggianti. Sono però pochi e fragili. Il « sistama liberal », chiamiamolo così, sembra reggere ancora nonostante il suo « impulso suicida ». Alle elezioni ormai non vota quasi più nessuno, il sistema è diventato pesante e complesso, l’Europa liberale rinuncia sempre di più alla sua libertà e diventa una società del controllo, l’esito della lotta tra natura e artificio è incerto, attualmente sembra prevalere l’artificio ma vari segnali all’orizzonte dicono che la partita è aperta. In questo contesto a noi compete principalmente di mantenerci fedeli agli insegnamenti e alle direttive della Dottrina sociale della Chiesa, non come è intesa oggi, ossia priva di identità, ma come è stata sempre considerata. Questa nostra fedeltà avrà non solo l’effetto di generare nella società risorse positive, ma anche di contribuire, nel nostro piccolo, alla nuova evangelizzazione, perché la Dottrina sociale della Chiesa è anche «educazione alla fede ».