marzo 16, 2016 Leone Grotti
Già 271 mila persone sono morte e gli sfollati hanno raggiunto i 15 milioni in cinque anni di conflitto. Bilancio di un disastro (con qualche luce)
La Siria entra nel suo sesto anno di guerra con la speranza che sia anche l’ultimo, grazie al cessate il fuoco che regge dal 27 febbraio e ai colloqui di pace appena ripartiti a Ginevra. Vladimir Putin lunedì ha annunciato il ritiro (parziale) delle forze russe dal terreno e ancora una volta ha colto tutti di sorpresa, specialmente gli Stati Uniti. Nessuno è ancora in grado di dire con certezza che cosa abbia in mente il presidente russo, di sicuro, dopo aver rafforzato l’alleato Assad permettendogli di riconquistare ai ribelli vaste aree del paese, ora vuole costringerlo a trovare un accordo con l’opposizione. E forse l’annuncio del disimpegno è il segnale che su qualche punto un’intesa è già stata raggiunta.
PAESE SPEZZETTATO. Il paese è ancora spezzettato tra le tante fazioni in campo: se il nord del paese, al confine con la Turchia, è quasi tutto in mano ai curdi, mentre il centro e la parte orientale al confine con l’Iraq è proprietà dello Stato islamico, le forze alawite di Assad governano la zona costiera e parte del sud del paese, salvo alcune enclave dei ribelli, mantenendo città chiave come Hama e Homs, nella speranza di riconquistare un giorno Aleppo. Proprio la provincia di Aleppo, insieme a quella di Idlib, è ancora in parte sotto il governo di una costellazione di milizie islamiste e terroriste.
270 MILA MORTI. Il bilancio di cinque anni di guerra è pesantissimo: almeno 271 mila morti, ma c’è chi parla anche del doppio, un milione di feriti, 13 milioni di sfollati, di cui cinque fuori dalla Siria nei campi profughi sparsi per tutto il Medio Oriente. Se la strategia di Putin si è rivelata in larga parte efficace a un ritmo di 100 bombardamenti al giorno per cinque mesi, quella di Barack Obama è stata disastrosa: domenica, per l’ennesima volta, i jihadisti di Al-Nusra, la fazione siriana di Al-Qaeda, hanno attaccato nella provincia settentrionale di Idlib una base dei ribelli appoggiati dagli americani. A giudicare dalle dichiarazioni dei ribelli e dei jihadisti, scrive l’Associated Press, Al-Nusra si è impossessata di carri armati, veicoli blindati, missili anti-carro e molte altre armi made in Usa.
LA LUCE DEI CRISTIANI. In questi cinque anni di buio una luce piccola ma splendente è stata accesa dai tanti cristiani perseguitati che hanno testimoniato la loro fede davanti ai tagliagole islamisti. Sono tanti i cristiani che hanno dato la vita come padre Frans van der Lugt, già ricordato come un «santo», il missionario olandese sepolto ad Homs nel giardino del monastero che non aveva voluto lasciare durante la guerra per non abbandonare i pochi cristiani rimasti nella città vecchia in mano ai ribelli. «Aiutava tutti, cristiani e musulmani» e forse anche per questo è stato assassinato il 7 aprile 2014.
Commovente anche il martirio di Sarkis el Zakhm, di cui è stata già chiesta l’apertura della causa di beatificazione, che a Maloula è stato ucciso a sangue freddo dai jihadisti. Gli islamisti passavano casa per casa per ordinare ai cristiani di convertirsi, pena la decapitazione. Sarkis ha risposto così: «Sono cristiano e se volete uccidermi solo per questo, fatelo». Non l’hanno risparmiato.
«LEZIONE DI LETIZIA». Troppe, infine, sarebbero le storie da raccontare sui cristiani di Aleppo, costantemente sotto il tiro delle bombe ribelli “moderati”. Senz’acqua, senza elettricità, sempre a rischio della vita, hanno dato a tutto il mondo una «lezione di letizia», come ricordato da Abbot Semaan Abou Abdou, amministratore patriarcale dell’Eparchia maronita di Aleppo: «Ciascuno ad Aleppo è un martire potenziale, in particolare i cristiani che vengono uccisi solo perché cristiani e non vogliono abbandonare la loro fede e la loro terra. A volte vedo davvero la fede delle persone cambiare e crescere. La loro fede è roccia solida: vengono in tanti in chiesa e i volti della maggioranza delle persone riflettono una letizia interiore che ti trasporta in territorio divino. I cristiani sono in grado di ringraziare il Signore con tutto il cuore, non si lamentano nonostante la persecuzione, i disagi e le privazioni. Ci sono dei sorrisi sui loro visi. Ringraziano e apprezzano tutto ciò che fai per loro. Il mio popolo, anche i bambini, mi danno una lezione di letizia. In Medio Oriente siamo una minoranza ma non contano i numeri, ciò che è importante è il valore intrinseco e il potere della loro esistenza e la testimonianza della loro presenza attiva».
Tempi.it
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