2 marzo 2016
Papa Francesco, già in occasione del Giubileo, ha sancito la validità della ricezione dei sacramenti della confessione e dell’unzione dei malati amministrate dai sacerdoti lefevriani. E questo gesto è stato visto come un grande passo in avanti verso il riconoscimento canonico. Una proposta per rendere la Fraternità San Pio X una prelatura personale era già stata fatta dalla Congregazione per la dottrina della fede nell’estate del 2015, accompagnata da una proposta di dichiarazione dottrinale.
Secondo il vescovo argentino, nel tempo il Vaticano avrebbe abbassato le sue richieste, in particolare quella dottrinale. «Ci è stata richiesta la professione di fede del Concilio di Trento e, per quanto riguarda la messa, riconoscere la validità dei nuovi sacramenti della Nuova Messa, secondo l’edizione tipica, l’edizione originale latina. Ciò che la Fraternità ha sempre riconosciuto». Problemi teologici vengono sollevati, invece, sul rapporto tra il Cristianesimo e le religioni del mondo e sulla libertà religiosa soprattutto nel rapporto tra Chiesa e Stato. Il prelato conclude: «noi non rifiutiamo assolutamente e teoricamente la possibilità di un accordo con Roma. Questo è ciò che ci distingue dalla Resistenza (gli oppositori di qualsiasi riavvicinamento con Roma, ndr.)».
Recentemente, monsignor Guido Pozzo, segretario della Pontificia Commissione Ecclesia Dei, costituita nel 1988 da San Giovanni Paolo II, con il precipuo scopo di avviare un dialogo con i lefebvriani, per giungere un giorno alla loro piena reintegrazione, aveva dichiarato che per Papa Francesco «i membri della FSSPX sono cattolici in cammino verso la piena comunione con la Santa Sede. Questa piena comunione si avrà quando vi sarà il riconoscimento canonico della Fraternità». Monsignor Pozzo spiega che «occorre superare le diffidenze e gli irrigidimenti che sono comprensibili dopo tanti anni di frattura, ma che possono essere gradualmente dissipati se l’atteggiamento reciproco cambia e se le divergenze non vengono considerate come muri invalicabili, ma come punti di discussione che meritano di essere approfonditi e sviluppati verso una chiarificazione utile alla Chiesa intera. Ora siamo in una fase che ritengo costruttiva e orientata a raggiungere la auspicata riconciliazione. Il gesto di Papa Francesco di concedere ai fedeli cattolici di ricevere validamente e lecitamente il sacramento della riconciliazione e dell’unzione degli infermi dai vescovi e sacerdoti della FSSPX nel corso dell’Anno Santo della Misericordia, è chiaramente il segno della volontà del Santo Padre di favorire il cammino verso il pieno e stabile riconoscimento canonico».
Conclude monsignor Pozzo: «spesso nella discussione con la FSSPX, l’opposizione non è al Concilio, ma allo “spirito del Concilio”, che si avvale di alcune espressioni o formulazioni dei documenti conciliari per aprire la strada a interpretazioni e posizioni che sono lontane e talvolta strumentalizzano il vero pensiero conciliare. Anche per quanto concerne la critica lefebvriana sulla libertà religiosa, al fondo della discussione a me pare che la posizione della FSSPX sia caratterizzata dalla difesa della dottrina tradizionale cattolica contro il laicismo agnostico dello Stato e contro il secolarismo e relativismo ideologico e non contro il diritto della persona a non essere coartata né impedita dallo Stato nell’esercizio della professione di fede religiosa. Si tratta comunque di temi che potranno essere oggetto di approfondimento e di chiarificazione anche dopo la piena riconciliazione.
Ciò che appare essenziale è ritrovare una piena convergenza su ciò che è necessario per essere in piena comunione con la Sede Apostolica, e cioè sull’integrità della Professione di Fede cattolica, sul vincolo dei sacramenti e sull’accettazione del Supremo Magistero della Chiesa. Il Magistero, che non è al di sopra della Parola di Dio scritta e trasmessa, ma la serve, è l’interprete autentico anche dei testi precedenti del Magistero, incluso quelli del Concilio Vaticano II, nella luce della perenne Tradizione, che progredisce nella Chiesa con l’assistenza dello Spirito Santo, non però con una novità contraria (che sarebbe negare il dogma cattolico), ma con una migliore intelligenza del deposito della fede, sempre nella stessa dottrina, nello stesso senso e nella medesima sentenza […] Tutto ciò non pregiudica la possibilità e la legittimità di discutere e approfondire altre questioni particolari, cui accennavo sopra, che non riguardano materia di fede, ma piuttosto orientamenti pastorali e giudizi di carattere prudenziale, e non dogmatico, su cui è possibile avere anche differenti punti di vista. Non si tratta quindi di ignorare o addomesticare le differenze su alcuni aspetti della vita pastorale della Chiesa, ma si tratta di tenere presente che nel Concilio Vaticano II vi sono documenti dottrinali, che intendono riproporre verità di fede già definite o verità di dottrina cattolica (Dei Verbum e Lumen gentium), e vi sono documenti che intendono suggerire indicazioni o orientamenti per l’agire pratico, cioè per la vita pastorale come applicazione della dottrina (Nostra Aetate, Unitatis Redintegratio, Dignitatis humanae). L’adesione agli insegnamenti del Magistero varia a seconda del grado di autorità e della categoria di verità propria dei documenti magisteriali».
lafedequotidiana.it
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