MARCELLO PALMIERI
4 marzo 2016
Il Parlamento è tornato a occuparsi di fine vita, ma secondo una scelta presa da tempo: separare la discussione sulla 'dolce morte' da quella in tema di 'testamento biologico'. Due cammini a passi ravvicinati, eppure paralleli. Ieri, le commissioni Affari sociali e giustizia della Camera hanno incardinato le 4 pdl sull’eutanasia, alcuni dei quali toccano sì anche le cosiddette 'dichiarazioni anticipate di trattamento', ma sempre in chiave eutanasica.
Questi saranno i loro prossimi passi: discussione generale, audizioni parlamentari degli esperti, riunione delle proposte in un testo unico, emendamenti, invio a tutte le commissioni per pareri, eventuali sub-emendamenti, approvazione in commissione. Così, prevedono alcuni deputati, in aula arriveranno a luglio. Il primo provvedimento in discussione è la proposta d’iniziativa popolare assemblata dall’associazione radicale 'Luca Coscioni'. Il testo prevede per il paziente la possibilità sia di rifiutare l’attivazione così come la prosecuzione di trattamenti sanitari, sia di non essere sottoposto a qualsiasi azione di tipo vitale o nutrizionale. In questa visione, il medico che non rispetta le decisioni del paziente - o, se incapace, della persona che questo aveva pre- cedentemente incaricato come fiduciario, in forza di atto con sottoscrizione autenticata - deve risponderne in sede civile con un risarcimento per danni materiali e morali.
Ferme restando anche eventuali altre responsabilità civili o penali. Il progetto di legge disciplina poi l’eutanasia, ponendo le condizioni per le quali medici e personale sanitario non siano incriminabili sulla scorta degli articoli 575 (omicidio), 579 (omicidio del conseziente), 580 (istigazione o aiuto al suicidio) e 593 (omissione di soccorso) del codice penale: paziente maggiorenne, grave malattia con prognosi infausta, informazione completa, possibilità di trattamento mortifero senza sofferenze. Il testo dispone poi che si possa eutanasizzare anche un cittadino divenuto incapace d’intendere, se gravemente malato, ma a patto che quando era in salute abbia espresso questa volontà in una dichiarazione autenticata.
Sottolineatura: in quest’ultimo caso, il testo non prevede la maggiore età del richiedente. Sempre nella stessa direzione, le identiche proposte legislative firmate da Marisa Nicchi e Titti di Salvo forniscono la definizione di eutanasia, assoggettandola però a procedure più severe rispetto a quelle della versione 'popolare'. Lo stesso avviene per la 'dichiarazione anticipata di trattamento' eutanasico: anche in questo caso è ammessa e ha valore, ma le sue maglie sono più strette. Fondamentale differenza rispetto al testo della 'Coscioni', invece, é il fatto che la richiesta scritta del paziente - volta a ottenere il fine vita - non ha valore vincolante: il medico può dunque rifiutarsi di procedere alla 'dolce morte' senza il rischio di dover poi risarcire il richiedente. L’obbligo di corrispondere i danni ritorna invece nella quarta proposta, quella che vede prima firmataria Eleonora Bechis. Il testo si snoda attorno a un solo articolo, ed è incentrato sul diritto del cittadino a rifiutare ogni tipo di trattamento alimentare e sanitario.
Queste proposte sollevano però forti dubbi di incostituzionalità: li evidenziano le stesse 'schede di lettura' parlamentari, che ricordano come l’articolo 2 della nostra Carta fondamentale sancisce l’indisponibilità della vita umana, mentre gli articoli 13, 19 e 21 fondano quel diritto all’obiezione di coscienza che nei testi 'popolare' e 'Bechis' risulta del tutto negato ai sanitari. Lunedì prossimo, intanto, proseguiranno le procedure parlamentari anche per le altre proposte, quelle sulle 'dichiarazioni anticipate di trattamento': in programma c’è l’audizione degli esperti, nel frangente di 2 rappresentanti del Comitato nazionale di bioetica (Cnb).
I testi depositati anche in questo caso sono 4. E molto simili. Scaturiscono dall’esperienza iniziata nella scorsa legislatura, si contraddistinguono da '3 sì' e '3 no', portano le prime firme di Paola Binetti, Raffaele Calabrò, Gian Luigi Gigli ed Eugenia Roccella. A una sola voce, dicono sì in tema di consenso informato, cure palliative e possibilità per il paziente di decidere in che modo avvicinarsi alla morte naturale. Ma con altrettanta fermezza respingono accanimento terapeutico, eutanasia e sospensione di idratazione e nutrizione. Ancora è presto per dire se la norma in fieri prevederà o meno i 'registri delle dichiarazioni anticipate di trattamento'. Certo è che quelli istituiti qua e là, nei comuni italiani, non hanno e non potranno avere alcun valore: «La legge - recita l’articolo 11 delle 'preleggi' - non dispone che per l’avvenire».
Questi saranno i loro prossimi passi: discussione generale, audizioni parlamentari degli esperti, riunione delle proposte in un testo unico, emendamenti, invio a tutte le commissioni per pareri, eventuali sub-emendamenti, approvazione in commissione. Così, prevedono alcuni deputati, in aula arriveranno a luglio. Il primo provvedimento in discussione è la proposta d’iniziativa popolare assemblata dall’associazione radicale 'Luca Coscioni'. Il testo prevede per il paziente la possibilità sia di rifiutare l’attivazione così come la prosecuzione di trattamenti sanitari, sia di non essere sottoposto a qualsiasi azione di tipo vitale o nutrizionale. In questa visione, il medico che non rispetta le decisioni del paziente - o, se incapace, della persona che questo aveva pre- cedentemente incaricato come fiduciario, in forza di atto con sottoscrizione autenticata - deve risponderne in sede civile con un risarcimento per danni materiali e morali.
Ferme restando anche eventuali altre responsabilità civili o penali. Il progetto di legge disciplina poi l’eutanasia, ponendo le condizioni per le quali medici e personale sanitario non siano incriminabili sulla scorta degli articoli 575 (omicidio), 579 (omicidio del conseziente), 580 (istigazione o aiuto al suicidio) e 593 (omissione di soccorso) del codice penale: paziente maggiorenne, grave malattia con prognosi infausta, informazione completa, possibilità di trattamento mortifero senza sofferenze. Il testo dispone poi che si possa eutanasizzare anche un cittadino divenuto incapace d’intendere, se gravemente malato, ma a patto che quando era in salute abbia espresso questa volontà in una dichiarazione autenticata.
Sottolineatura: in quest’ultimo caso, il testo non prevede la maggiore età del richiedente. Sempre nella stessa direzione, le identiche proposte legislative firmate da Marisa Nicchi e Titti di Salvo forniscono la definizione di eutanasia, assoggettandola però a procedure più severe rispetto a quelle della versione 'popolare'. Lo stesso avviene per la 'dichiarazione anticipata di trattamento' eutanasico: anche in questo caso è ammessa e ha valore, ma le sue maglie sono più strette. Fondamentale differenza rispetto al testo della 'Coscioni', invece, é il fatto che la richiesta scritta del paziente - volta a ottenere il fine vita - non ha valore vincolante: il medico può dunque rifiutarsi di procedere alla 'dolce morte' senza il rischio di dover poi risarcire il richiedente. L’obbligo di corrispondere i danni ritorna invece nella quarta proposta, quella che vede prima firmataria Eleonora Bechis. Il testo si snoda attorno a un solo articolo, ed è incentrato sul diritto del cittadino a rifiutare ogni tipo di trattamento alimentare e sanitario.
Queste proposte sollevano però forti dubbi di incostituzionalità: li evidenziano le stesse 'schede di lettura' parlamentari, che ricordano come l’articolo 2 della nostra Carta fondamentale sancisce l’indisponibilità della vita umana, mentre gli articoli 13, 19 e 21 fondano quel diritto all’obiezione di coscienza che nei testi 'popolare' e 'Bechis' risulta del tutto negato ai sanitari. Lunedì prossimo, intanto, proseguiranno le procedure parlamentari anche per le altre proposte, quelle sulle 'dichiarazioni anticipate di trattamento': in programma c’è l’audizione degli esperti, nel frangente di 2 rappresentanti del Comitato nazionale di bioetica (Cnb).
I testi depositati anche in questo caso sono 4. E molto simili. Scaturiscono dall’esperienza iniziata nella scorsa legislatura, si contraddistinguono da '3 sì' e '3 no', portano le prime firme di Paola Binetti, Raffaele Calabrò, Gian Luigi Gigli ed Eugenia Roccella. A una sola voce, dicono sì in tema di consenso informato, cure palliative e possibilità per il paziente di decidere in che modo avvicinarsi alla morte naturale. Ma con altrettanta fermezza respingono accanimento terapeutico, eutanasia e sospensione di idratazione e nutrizione. Ancora è presto per dire se la norma in fieri prevederà o meno i 'registri delle dichiarazioni anticipate di trattamento'. Certo è che quelli istituiti qua e là, nei comuni italiani, non hanno e non potranno avere alcun valore: «La legge - recita l’articolo 11 delle 'preleggi' - non dispone che per l’avvenire».
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