22-01-2016 - di Stefano Fontana
Il relativismo sostiene che la verità e il bene sono relativi e, quindi, che tutte le opinioni sulla verità e sul bene hanno uguale dignità pubblica. Il relativismo parte da un assunto indimostrato: non si può conoscere né in campo antropologico, né etico, né religioso. Perché è un assunto indimostrato? Perché, se non si può conoscere, non si può nemmeno conoscere che non si può conoscere. Fissiamo la nostra attenzione su questo punto – il relativismo è una ideologia fideistica – per poterla riprendere in seguito.
Proprio perché sembra ammettere nella pubblica piazza tutte le idee del bene e del vero, il relativismo sembra essere, a prima vista, l’antitesi della dittatura. Ed infatti per molti esso è sinonimo di pluralismo e di tolleranza.
Perché, allora, Benedetto XVI ha parlato di dittatura del relativismo? La dittatura comporta l’imposizione della verità del potere, in dispregio al potere della verità. Il fatto è che una volta demolito il potere della verità, come appunto fa il relativismo, si finisce nella fauci della verità del potere. Il relativismo nega il potere della verità e finisce così per imporre la verità del potere.
Di solito, la cosa avviene così. Il relativismo all’inizio impone la tolleranza. Ma la verità è intollerante e, quindi, il relativismo deve eliminare la verità. Per farlo deve avere la forza di una contro-verità, di una verità assoluta quanto la verità che vuole negare. Il relativismo deve imporre la verità che la verità non c’è. Così esso è destinato a superare la semplice tolleranza delle verità, per imporre la sua contro-verità. E’ costretto a imporre come verità il contrario della verità, una anti-verità.
L’aborto, negli anni Settanta, era considerato un fatto da tollerare e da disciplinare come eccezione alla regola. Ora è diventato un diritto, come quello, per esempio, di non essere condannati senza un giusto processo, e come tale deve essere garantito, anche vietando l’obiezione di coscienza, deve essere promosso e insegnato nelle scuole. La Corte suprema degli Stati Uniti ha obbligato gli Stati membri a disciplinare il matrimonio omosessuale, non per tollerare un fatto di eccezione ma per garantire un diritto assoluto. L’opinione contraria non è ammessa. La sentenza della Corte Costituzionale italiana sull’eterologa non ha aperto alle opinioni di chi vuole che le coppie sterili possano avere figli, ha imposto un diritto al figlio, cui tutti dovranno attenersi. Il ddl Cirinnà vorrebbe imporre un diritto della coppia all’adozione, mentre esiste semmai il diritto del bambino ad essere adottato in una famiglia che sia adeguata. La legge sulla laicità francese prevede che se un prete in Chiesa critica una legge dello Stato è passibile da 3 a 6 mesi di carcere: non ha posto la tolleranza di opinioni diverse, ma ha imposto una verità e ha descritto la fattispecie di un reato di opinione. Come farebbe il ddl Scalfarotto in Italia se venisse approvato. Il ddl Cirinnà sulle unioni civili non solo relativizza il concetto di famiglia naturale, ma lo distrugge, sostituendolo con un altro concetto di famiglia, con una anti-famiglia. Questa anti-famiglia dovrebbe essere insegnata in tutte le scuole se venisse approvato il ddl Fedeli: non quindi una nuova opinione accanto ad altre opinioni – come sarebbe se il relativismo non fosse una dittatura ma aprisse al pluralismo e alla tolleranza – ma una visione di anti-famiglia insegnata dallo Stato per via istituzionale e sistematica.
Se pensiamo che il relativismo si limiti ad ammettere nella pubblica piazza tutte le opinioni compresa la nostra, che sia cioè tollerante, pluralista e democratico, siamo fuori strada. Se quello all’aborto è un diritto, comporta che le agenzie ONU devono garantirlo alle ragazze africane come devono garantire loro l’accesso alla scuola o all’acqua potabile. Significa che le Corti internazionali di giustizia devono condannare gli Stati che ancora non lo prevedono. Significa che il medico e l’infermiera lo devono praticare. Significa che io non posso dichiarare che è un crimine. Se la scelta dell’orientamento sessuale è un diritto, vuol dire che nelle scuole, fin dall’infanzia, si deve insegnare l’omosessualità, e non solo quella. Insegnare l’omosessualità diventa un dovere di Stato, espletamento di una ragion di Stato. Un’insegnante non può più intervenire educativamente su un alunno in fase di definizione della propria identità sessuale, non può più aiutarlo, come non può forzarlo, per esempio, a diventare destrorso se è mancino. Negarlo in pubblico comporta di essere perseguiti come omofobi.
Dostoevskij ne I Demoni parlava del “diritto al disonore”, noi dovremo parlare del “diritto alla perversione” garantito e pagato dallo Stato. Oppure di un “regime di perversione”. Le perversioni si impareranno sui libri di scuola e dentro le aule. In prima serata TV avremo abitualmente storie esplicite di omosessualità (a dire il vero già le abbiamo). Nei corridoi dei licei potranno esserci ragazzi che baciano ragazzi e ragazze che baciano ragazze. Il regime ha appena celebrato David Bowie, non solo dal punto di vista musicale ma anche da quello umano, giornali cattolici compresi. Molti ormai non hanno dubbi che, su questa strada, verrà legalizzata la pedofilia, il matrimonio plurimo e l’uso di tutte le droghe.
In un regime di relativismo dovrebbero essere tollerate tutte le opinioni. Ma se le perverse richieste diventano diritti umani, chi vi si oppone è da combattere e da mettere in galera. Difficile oggi rimanere dentro l’ordine professionale degli psicologi se si contesta (scientificamente) l’ideologia del gender. L’ordine dei medici inglese richiede ai candidati di aver fatto pratica di aborto, altrimenti non si viene ammessi. La farmacista che rifiuta di vendere la pillola del giorno dopo viene licenziata. Non potremo opporci alla pratica dell’eutanasia per i nostri cari, già oggi chi lo fa viene condannato. Nessun dipendente potrà mantenersi fedele ai principi in cui crede, pena la discriminazione, il licenziamento, il carcere. Il Comune di Trieste ha organizzato una formazione obbligatoria per i propri dipendenti affidata ad associazioni LGBT: nessuno ha fiatato, tutti sono andati, hanno paura.
Benedetto XVI aveva visto lontano, quando diceva che la Chiesa cattolica, in virtù del relativismo, verrà accusata di non accettare l’omosessualità e le donne prete e le verrà imposto di accettare l’omosessualità e di ordinare le donne prete. Ampi cedimenti a queste “imposizioni” si notano già. Il relativismo non è l’accoglienza di tutte le opinioni, non è la democratizzazione della verità. Esso si trasforma in una contro-verità. Il suo scopo è mettere la ragione fuori legge per raggiungere l’obiettivo di mettere il cristianesimo fuori legge.
Come diceva la quarta glossa di Marx a Feuerbach: eliminate la famiglia naturale e avrete eliminato anche la Sacra famiglia. Eliminate la ragione e avrete eliminato anche la fede cattolica (le altre fedi possono continuare ad esistere, per il relativismo sono innocue, le divora tutte e le colloca nel proprio supermercato delle religioni, come Roma faceva nel Pantheon). Ai consultori cattolici è fatto obbligo di rilasciare il permesso per l’aborto. Le Suore di Madre Teresa si rifiutano di dare in adozione i bambini alle coppie omosessuali, ma saranno sempre più in difficoltà. Gli istituti cattolici americani vengono obbligati dall’Obama Care ad assicurare i dipendenti su contraccezione e aborto chimico. Le Femen, che hanno fatto irruzione nude per due volte nella cattedrale di Notre Dame devastandola, sono state assolte in primo e in secondo grado e sono stati condannati i custodi che avrebbero usato maniere troppo forti verso di loro.
Una legislazione improntata alla dittatura del relativismo non costruisce semplicemente un ordinamento a-religioso: ne impone uno anti-religioso. Qui torna utile la precisazione iniziale: il relativismo è una ideologia fideistica. Il relativismo ha oggi una forza antireligiosa che va ben oltre la questione antropologica, nella quale viene di solito rubricato, per sfociare nella questione teologica. La licenza per tutti i comportamenti che confliggono con i dettami della ragione e della fede si accompagna al divieto di qualunque dissenso, negli atti e nelle parole, sotto pena di sanzioni. Ciò significa una società nella quale il cristianesimo – ed i cristiani – non hanno più diritto di cittadinanza. Il futuro del cristiano è di essere messo fuori legge e perseguibile penalmente solo in quanto cristiano.
Ci rendiamo conto allora che l’espressione “dittatura del relativismo“ è perfino riduttiva. Non si tratta di una dittatura, ma di un sistema totalitario. Che altro è una società che nella scuola di Stato pretende di insegnare, per doveri istituzionali, ad un bambino le tecniche dell’uso del preservativo, tanto prima o dopo dovrà usarlo?“.
Ma la società (e anche l’economia) non sta in piedi senza dei presupposti che non è in grado di produrre da sola e che, quando vengono meno, non sanno ricostituire. E‘ il grande messaggio della Caritas in veritate di Benedetto XVI. Se non ci si di indigna per l’uccisione di un bambino durante la gestazione nel ventre materno, con quale fondamento e fino a quando ci indigneremo perché un consigliere comunale ha distratto fondi pubblici per interessi privati? Una società che distrugge la famiglia e poi spende ingenti risorse per fronteggiare i danni che ne conseguono, che diritto ha di mantenere le tasse al 68 per cento? Se lo Stato promuove il valore della sterilità omosessuale e l’uso polivalente della genitalità, perché i giovani dovrebbero avere in stima la procreazione? Se lo Stato impone sistemticamente una ideologia disumana non siamo chiamati a fare obiezione di coscienza nei confronti dello Stato? Se siamo disonesti verso i nostri piccoli perché si dovrebbe essere onesti nell’impresa, nell‘economia e nella finanza?
Purtroppo dobbiamo dire che il relativismo è penetrato anche dentro la Chiesa. Valga un solo esempio: nel 2003 la Congregazione per la dottrina della fede pubblicava un Istruzione circa le proposte di riconoscimento delle coppie omosessuali; nel 2007 i Vescovi italiani dichiaravano inaccettabile il riconoscimento delle coppie di fatto eterosessuali. L’anno dopo, un articolo del gruppo di ricerca di bioetica sulla rivista dei gesuiti "Aggiornamenti sociali" sosteneva invece che una coppia omosessuale, in quanto esprime cura reciproca, contribuisce al bene comune e merita il riconoscimento giuridico. Qualche anno dopo veniva pubblicato in rete il cosiddetto Documento +di Portogruaro, espressione di un gruppo di lavoro diocesano, in cui si argomentava a sostegno del riconoscimento delle coppie omosessuali. Oggi anche dei vescovi dicono la stessa cosa.
http://www.vanthuanobservatory.org/notizie-dsc/notizia-dsc.php?lang=it&id=2284
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