sabato 16 gennaio 2016
Corrierone, unioni civili e Galantino: ci vuole un tiramisù
Mercoledì 13 gennaio il ‘Corriere della Sera’ - a firma di Luigi Accattoli – ha pubblicato una pagina di intervista al segretario generale della Cei a proposito di ‘unioni civili’. Proponiamo alcune considerazioni su diversi passi dell’intervista, che appaiono tali da suscitare reazioni diverse e rischiano di spingere alla demotivazione tanti cattolici fedeli alla dottrina sociale della Chiesa in tema di famiglia.
Nel bistrattato cattolico militante, impegnato nella testimonianza pubblica per la famiglia, la lettura dell’intervista in materia di ‘unioni civili’ (tra persone dello stesso sesso) al segretario generale della Cei - pubblicata mercoledì 13 gennaio dal ‘Corriere della Sera’ – rischia di provocare un grave effetto depressivo. Per cui gli consigliamo in ogni caso, onde sfuggire alla spiacevole conseguenza citata e volendo evitare qualsivoglia medicamento, di tenersi vicino – in sede di lettura - un succoso ‘tiramisù’ artigianale; se non bastasse anche un grappino di quelli che riscaldano la gola (e anche il resto); e se non bastasse ancora uno schermo su cui proiettare ‘Uno stagista inaspettato’, con Robert De Niro e Anne Hathaway, comicità di gran classe allo stato puro, tanto che in pochi minuti l’intervista evapora e perfino ti dimentichi chi è Nunzio Galantino.
Prima o poi svanisce però anche l’effetto combinato tiramisù-grappino-Hathaway e allora eccoci a proporre qualche riflessione su alcuni dei passi dell’intervista, condotta da quella volpe (pur devota) di Luigi Accattoli.
L’esordio è alla grande, con una domanda ‘provocatoria’ sulla “scarsa presenza dei vescovi” nel dibattito sulle unioni civili. Subito mons. Galantino si arrocca: “Non è scarsa. In tanti abbiamo parlato. Non mancano interventi sia del cardinale presidente della Cei sia miei” (NdR: In tanti? A noi non risulta. La grande maggioranza dei vescovi fin qui ha taciuto. Senza contare che l’approccio del presidente della Cei non coincide per molti versi di certo con quello del segretario generale…). (…) La Chiesa italiana – vescovi, preti e laici – non ha alzato bandiera bianca. Solo chi è in malafede può affermare che manca la voce dei vescovi…(NdR: forse quel nostro apprezzamento non casuale di qualche mese fa – ‘bandiera bianca’, in riferimento principalmente all’atteggiamento del segretario generale verso la manif del 20 giugno di piazza San Giovanni – crea ancora problemi di digestione?)
Chiede poi Accattoli, con la malizia innata del cattolico ‘progressista’: “In questo dibattito molti intervengono parlando in nome dei valori cristiani. Che dice di questi protagonismi?”. Risposta di mons. Galantino: “Se sono frutto di una seria responsabilità civica ed ecclesiale non possono che far piacere. Ho sentito interventi di parlamentari capaci di misurarsi con la complessità del tema e attenti, non per mero calcolo, a evitare il muro contro muro…” Par di capire che siano ben accolti da Galantino solo gli interventi connotati da una ‘seria responsabilità civica ed ecclesiale’, quelli (con esempio che dice già tutto) di alcuni parlamentari attenti a evitare il ‘muro contro muro’. Si arguisce che per Galantino chi invece testimonia pubblicamente in piazza è difficile possa essere connotato da una ‘seria responsabilità civica ed ecclesiale’….
Continua Accattoli con un’altra domanda sulle divergenze in campo cattolico a proposito del tema: “C’è chi sostiene che si dovrebbe fare un’opposizione globale alla legge e chi invece propone emendamenti per favorirne l’approvazione, nella consapevolezza che sia in Parlamento che nel Paese c’è una maggioranza favorevole al progetto” (NdR: Che mirabile sicurezza! Forse Accattoli per mesi ha bussato di porta in porta dalle Alpi a Lampedusa e dal Carso alla spiaggia della Pelosa indagando capillarmente sull’opinione in materia dei cittadini del Belpaese?) Nella risposta, mons. Galantino, dopo aver riconosciuto che “tra i cattolici ci sono posizioni diverse”, osserva: “Un po’ tutti stiamo imparando che quando, a fronte di una realtà complessa come questa, prevale la radicalizzazione delle posizioni, nonostante la buona volontà si finisce col fare i conti solo con soluzioni frammentate e scomposte, non di rado frutto del prevalere di una lobby sull’altra”.
Qui appare evidente che per il Segretario generale della Cei tra la nota lobby – incarnata in parlamento dalla Cirinnà, da Scalfarotto, ecc… - e i gruppi cattolici che si battono per la famiglia non c’è in fondo una differenza particolare: ambedue sono espressioni organizzate radicali, speculari nel loro pubblico confrontarsi. Qui viene spontanea un’osservazione. Può darsi che Galantino ignori la dottrina sociale della Chiesa in materia di famiglia… o può darsi che finga di ignorarla… o che l’abbia dimenticata … o può addirittura darsi che si proponga di essere ‘creativo’ dottrinalmente parlando: il fatto è che ad esempio non ci sembra essere stata rinnegata dal Magistero la Nota del 2003 della Congregazione per la Dottrina della Fede, controfirmata da san Giovanni Paolo II, “circa i progetti di riconoscimento legale delle unioni tra persone omosessuali”. Nella quale si afferma tra l’altro che, nel caso si presenti in Parlamento un disegno di legge per il riconoscimento legale delle unioni omosessuali, “il parlamentare cattolico ha il dovere morale di esprimere chiaramente e pubblicamente il suo disaccordo e votare contro il progetto di legge. Concedere il suffragio del proprio voto ad un testo legislativo così nocivo per il bene comune della società è un atto gravemente immorale”. E’ un testo chiarissimo che non concerne solo i parlamentari, ma tutti i cattolici. Anche i vescovi (almeno quelli che ritengano ancora di esserlo di fatto e non solo di nome).
Un’altra domanda di Accattoli riguarda i “punti inaccettabili” per Galantino del disegno di legge Cirinnà. Ma l’intervistato sfugge alla risposta, così esordendo: “Intanto è faticoso capire qual è oggi il testo definitivo”. Poi osserva che “quello che comunque mi impressiona negativamente è – in alcune situazioni ipotizzate – l’assenza di attenzione nei confronti di quelli che poi subiscono le conseguenze di certe scelte: i bambini”. Insomma, come rileva in un’altra risposta: “Perché non capire che la ‘stepchild adoption’ (NdR: l’adozione del figlio naturale del partner) non è necessariamente legata al tema delle unioni civili e che essa va trattata in altra sede?”. Si conferma così che Galantino ha almeno qualcosa da eccepire (e ci mancherebbe altro!) sulla stepchild adoption, vera porta aperta anche alla pratica barbara dell’utero in affitto, ma sul riconoscimento legale di una coppia omosessuale non ha più obiezioni vere da opporre. Sembra però ignorare che a tale riconoscimento delle ‘unioni’, seguirebbe poi fatalmente (come dimostrano i ‘casi’ degli ultimi anni in varie parti d’Europa) la loro trasformazione in ‘matrimonio’, adozione compresa, il tutto impostoci da giudici e corti italiani e europee. Dunque chi alza la voce contro le ‘adozioni’ e accetta invece il riconoscimento civile delle unioni omosessuali, spreca energie per una causa persa, perché la partita si gioca proprio sul riconoscimento e non sulla stepchild adoption, come tentano di far credere gli alfieri della bandiera bianca.
C’è ancora una domanda di Accattoli che riguarda eventuali manifestazioni di protesta contro il disegno di legge. Qui Galantino sembra aprire uno spiraglio inatteso: “Mi auguro che ci siano parlamentari e pezzi di società che per convinzione personale sappiano prendere iniziative efficaci per impedire soluzioni pasticciate o fughe in avanti fatte passare per conquiste civili”. ‘Pezzi di società?’ Che Galantino si sia ‘convertito’ alla Manif pour tous e dintorni? Illusione, poiché subito aggiunge il segretario generale della Cei: “Assodato che la Chiesa non sono solo i vescovi, non lasceremo soli quanti nelle sedi opportune e nel rispetto delle proprie competenze vorranno dare un loro contributo costruttivo”. ‘Nelle sedi opportune’? Per Galantino le piazze (tranne quella di San Pietro per eventuali veglie di preghiera) non lo sono. E ha già abbondantemente valorizzato questa sua opinione in vista della grande manifestazione popolare di piazza San Giovanni, ostacolandone l’organizzazione in tutti i modi, poi ‘normalizzando’ in tempi più recenti le associazioni più vicine alla Cei (leggi: dipendenti per ragioni finanziarie dalla Cei). Se qualche vescovo poi vorrà partecipare a un probabile nuovo Family Day, ecco che Galantino lo investe del vento gelido della sua misericordia: “Potrà farlo, ma non potrà pretendere che vi partecipino tutti gli altri vescovi”. La nuova Roma locuta est: e di certo non scherza. Il ‘reprobo’ ne prenda buona nota.
Dal 28 marzo 2007 - quando la Cei pubblicò una ‘Nota’ in difesa della famiglia, contro la proposta legislativa dei ‘Dico’ (diritti e doveri delle persone stabilmente conviventi) e propedeutica alla grande manifestazione di piazza San Giovanni del 12 maggio successivo, che tale proposta affossò – sono passati meno di 9 anni. Sono ancora molti i cattolici fedeli alla dottrina sociale della Chiesa in materia di famiglia: e l’ha confermato l’altra grande manifestazione di sabato 20 giugno 2015, sempre a San Giovanni (400mila partecipanti secondo la Questura). No, i cattolici ci sono ancora. E’ la Cei, principalmente la sua segreteria generale, ad essere cambiata, così come il Papa regnante: il dialogo a ogni costo (magari con lo scopo ultimo di ‘salvare’ l’8 per mille…) ha sostituito il confronto franco, la testimonianza pubblica legata al ‘sì, sì; no, no” evangelico. Altro che ‘duc in altum’. Si pratica nella realtà dei fatti una politica ecclesiale di piccolo cabotaggio (al di là delle abbondanti declamazioni), i cui cultori non perdono occasione per demotivare chi vuole battersi sul terreno in nome della famiglia, per il bene comune. Non è però detta l’ultima parola e chissà che tra pochi giorni Roma non torni a riempirsi di una folla ancora immensa, gioiosa nel gridare il suo ‘sì’ alla famiglia e ferma nell’opporre il suo ‘no’ a chi già opera con mezzi potenti e di ogni genere per la rivoluzione antropologica della società (godendo, ahimè, della complicità oggettiva di chi ormai, quando parla e scrive, lo fa con la bandiera bianca incorporata).
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