mercoledì 20 gennaio 2016
Alfonso Ratisbonne, un ebreo convertito al cattolicesimo
dalla pagina Facebook di Corrado Gnerre
Oggi, 20 gennaio, è l'anniversario di un grande miracolo, la conversione dell'ebreo Alfonso Maria Ratisbonne.
Ecco cosa ho scritto per Il Cammino dei Tre Sentieri. Si tratta di un fatto quanto mai attuale, in un tempo in cui sembra che agli Ebrei non venga più chiesta la conversione...
Chesterton, grande scrittore inglese convertitosi al cattolicesimo, scrisse: “La difficoltà nello spiegare perché sono cattolico consiste nel fatto che vi sono diecimila ragioni, tutte riconducibili ad un’unica ragione: che il cattolicesimo è vero.” Verissimo. Infatti, tutto nel Cattolicesimo converge nella verità e manifesta la verità.
Prendiamo ad esempio il martirio, cioè l’offerta della propria vita per il Signore. Ebbene, anche il martirio dimostra la veridicità del Cattolicesimo. Qualcuno però potrebbe obiettare: se il martirio è l’offerta della propria vita per un ideale, allora il martirio c’è dappertutto, non solo nel Cattolicesimo ma in tutte le religioni. Anzi! non solo nelle religioni ma anche nelle ideologie politiche. I terroristi, antichi o moderni, non rischiano la vita per falsi ideali? L’obiezione regge, eccome. Eppure io insisto: tra le prove di credibilità del Cattolicesimo c’è anche il martirio!
Non sono stupidamente cocciuto. Vi spiego subito il perché. Di martirii ne esistono almeno due. Esiste il martirio per non rinunciare a credere in qualcosa, ed esiste il martirio per non rinunciare a testimoniare ciò che si è visto. Il primo martirio è presente un po’ dappertutto e –diciamolo francamente- non dimostra un granché. Certo, si può ammirare la coerenza di chi è disposto a morire per le proprie idee, ma poi tutto finisce lì. Non basta morire per ciò in cui si crede per dimostrare che ciò in cui si crede è vero. Prima abbiamo fatto l’esempio dei terroristi politici, ma si potrebbe fare anche quello dei terroristi religiosi. E’ piuttosto il secondo martirio a convincere. Cioè quel martirio per non rinunciare a parlare di ciò che si è visto. Se si è visto, si capisce il coraggio del martirio; se non si è visto e si sa di non aver visto, perché morire? E’ possibile morire per una sciocchezza sapendo che è una sciocchezza?
Ebbene, questo secondo martirio è presente solo nella Chiesa Cattolica Apostolica e Romana. Come abbiamo già detto, i testimoni della resurrezione di Gesù si faranno quasi tutti ammazzare e quelli che non furono ammazzati corsero il rischio di esserlo. Qualora avessero diffuso una menzogna, sapendo che si trattava di una menzogna, avrebbero trovato il coraggio di farsi uccidere per una menzogna? Ma attenzione. Il Cattolicesimo non annovera questo tipo di martirio solo nei primi tempi ma anche dopo, anche nei nostri giorni. Pensiamo ai veggenti di apparizioni serie, per intenderci quelle riconosciute dalla Chiesa. Santa Bernadette decise di farsi suora proprio perché aveva visto la Madonna e così suor Lucia di Fatima che decise di farsi suora di clausura. Poniamoci lo stesso interrogativo: qualora queste due veggenti avessero inventato tutto, sapendo di aver inventato tutto, a che pro si sarebbero fatte suore? La logica ha le sue regole.
A riguardo raccontiamo la bellissima storia di Alfonso Maria Ratisbonne. L’8 dicembre 1841, una nave carica di passeggeri, partita da Marsiglia toccava il porto di Civitavecchia. Sul ponte, pronta a scendere, c’era una piccola folla di stranieri: francesi, inglesi, belgi, alsaziani. In quel momento, i cannoni del porto tuonarono a salve. Un ebreo domandò a un suo compagno di viaggio: “Che cosa sta succedendo?” “Non si spaventi, signor Ratisbonne –rispose qualcuno- sono spari di festa. Oggi è la festa dell’Immacolata Concezione di Maria e le batterie del porto ‘sparano’, in onore della loro celeste Patrona.” L’ebreo, che si chiamava Tobia de Ratisbonne, proruppe: “Al diavolo!” E afferrando con rabbia i suoi bagagli, rientrò nella sua cabina. Il capitano della nave gli si fece incontro, gentile: “Qualcosa che non va, signor Ratisbonne?” Rispose l’ebreo: “Sicuro. Avevo una mezza intenzione di sbarcare a Roma, ma queste sciocche superstizioni di Madonne e cannonate me ne hanno tolta la voglia. Questa stupida città del Papa mi dà la nausea.” Il capitano della nave non si stupì di queste parole rabbiose. Tobia de Ratisbonne era un giovane ebreo nato in Alsazia il 1° maggio 1812, ed era diventato un banchiere assai ricco. Egli odiava il Cattolicesimo a tal punto che quando suo fratello Teodoro si era convertito a Gesù Cristo e si era fatto sacerdote, lo aveva ripudiato come fratello. Nonostante la sua rabbia contro il Cattolicesimo, il desiderio di vedere la Roma dei fasti antichi lo vinse. Da Napoli, dove era sbarcato in un primo tempo, vi si recò il 15 gennaio 1842. Lo ospitò la famiglia De Bussiére, nobili e ricchi patrizi. Tobia vide i Fori imperiali, il Colosseo, le Terme di Caracalla, le antiche vie sulle quali gli imperatori avevano celebrato i loro trionfi. Il Ratisbonne pensava tra sé: “Peccato che questa città, regina del mondo antico, ora sia dominata dal Papa!” Alla vigilia della sua partenza, Tobia de Ratisbonne domandò a Teodoro de Bussiére come avrebbe potuto contraccambiare a tanta cortesia verso di lui. Teodoro, sorridendo, rispose: “Dovresti farmi un piccolo favore, Tobia. Tu sai che io ero protestante, ma che da qualche tempo sono entrato nella Chiesa Cattolica. Ora vorrei donarti una medaglia di Maria Immacolata. Vuoi accettarla come segno della amicizia?” L’ebreo provò un’enorme ripugnanza. Tuttavia, da gentiluomo qual era, non poteva rifiutarsi. Abbassò la testa e si lasciò porre al collo la medaglia, come un bambino. Poi, guardando Teodoro, disse ironicamente: “Ed eccomi ora cattolico, apostolico, romano!”
Il giorno 20 gennaio era il giorno della partenza. Teodoro accompagnò l’amico Tobia per un’ultima passeggiata per le vie di Roma. Si fermarono alla chiesa di Sant’Andrea delle Fratte, presso Piazza di Spagna. Entrarono, la chiesa era piccola e deserta. Tobia si recò con indifferenza. Nessuna emozione mistica lo turbava. Non desiderava credere murato nella sua indifferenza. Ma ecco come egli stesso narrerà la straordinaria esperienza di quel giorno: “Nessun oggetto d’arte attirava la mia attenzione. Lasciai scorrere lo sguardo all’interno, senza soffermarmi in alcun pensiero; mi ricordo solo di un cane nero che saltellava davanti a me...Ma ben presto, il cane scomparve, la chiesa intera scomparve e non vidi più niente, o piuttosto, mio Dio, vidi una cosa sola! Ero là, prostrato in lacrime, il cuore come strappato da me stesso, allorché de Bussiére mi richiamò alla vita. Non potevo rispondere alle sue domande affannose; poi afferrai la medaglia che portavo sul petto; baciai con effusione la Vergine dispensatrice di grazia... Oh, era proprio Lei, la Santissima Vergine Maria apparsa davanti a me, in piedi, sull’altare, piena di maestà e di dolcezza, con le mani aperte da cui scaturivano fasci di lue intensissima. Una forza mi spinse verso di Lei. La Vergine mi aveva fatto segno con la mano di inginocchiarmi e mi sembrò che mi dicesse: ‘Va bene’. Non parlò più a lungo, ma io capii tutto. Quando mi inginocchiai investito dalla luce delle sue mani, mi parve che una benda cadesse dai miei occhi...Non una sola benda, bensì l’intera moltitudine di bende che mi avevano avvolto, disparvero l’una dopo l’altra, come la neve, il fango e il ghiaccio sotto l’azione di un sole cocente. Quel che so, è che al momento di entrare in chiesa, ignoravo tutto; uscendone, vedevo tutto chiaro.” Teodoro de Bussiére lo scosse più volte. Finalmente Ratisbonne si volse verso di lui. Aveva il volto inondato di lacrime e balbettava felice: “Era Lei, proprio Lei, Maria, la Madre di Gesù”.
Lo accompagnarono da un prete cattolico. Tobia gli raccontò la straordinaria esperienza nella chiesa di Sant’Andrea delle Fratte. Ormai nel suo cuore era diventato cattolico. Scriverà più tardi: “Se quella mattina del 20 gennaio 1842 qualcuno mi avesse detto: Ti sei alzato ebreo e ti coricherai cattolico, l’avrei guardato come il più pazzo degli uomini...Se in quel momento in cui entrai a Sant’Andrea –era mezzogiorno- qualcuno mi avesse detto: Tra un quarto d’ora tu adorerai Gesù Cristo, tuo Dio e tuo Signore, e sarai prostrato in una povera chiesa e ti picchierai il petto ai piedi di un sacerdote, in un convento dei Gesuiti, dove passerai il carnevale per prepararti al Battesimo, pronto ad immolarti per la Fede cattolica, e rinuncerai al mondo, ai suoi piaceri, alla tua fortuna, alle tue speranze, al tuo avvenire brillante, all’affetto della famiglia, alla stima degli amici, all’affezione degli ebrei...e non aspirerai più che a servire a Gesù Cristo e a portare la sua croce fino alla morte...io dico che se qualche profeta mi avesse fatto una simile predizione, avrei giudicato un solo altro uomo più insensato di lui: l’uomo che avesse creduto alla possibilità di tale follia! Eppure è proprio questa follia che fa oggi la mia saggezza e la mia felicità.” Il sacerdote cattolico incontrato quel giorno lo invitò a prepararsi al Battesimo. Era chiaro: Maria Santissima lo voleva nella Chiesa Cattolica, apostolica e romana. L’esaminatore, incaricato dal papa Gregorio XVI in persona di verificare la sua preparazione, rimase assai colpito dalle tante e precise conoscenze riguardo al Cattolicesimo da parte dell’ebreo convertito. Così, appena dieci giorni dopo l’evento di Sant’Andrea delle Fratte, precisamente il 31 gennaio 1842, Ratisbonne ricevette il Battesimo, la Cresima e la Prima Comunione dalle mani del Cardinal Patrizi, mentre monsignor Felix Dupanloup, futuro Vescovo di Orleans, tenne l’omelia. Ratisbonne volle chiamarsi Alfonso Maria. Una commissione incaricata dal Papa, nel giugno dello stesso anno, riconobbe la verità dell’apparizione.
Tornato in Francia, Alfonso Maria rinunciò a tutto e intraprese la sua preparazione al sacerdozio. Il 24 settembre 1848, fu ordinato sacerdote a Laval. Qualche tempo dopo l’ordinazione, padre Alfonso Maria si recò in Palestina, dove, insieme al fratello padre Teodoro, dedicò tutta la sua vita alla conversione degli ebrei a Cristo, fondando con lui la Congregazione di Nostra Signora di Sion. Così com’era stato graziato dalla più Santa dei figli d’Israele, la Vergine Maria, così avrebbe speso la sua vita affinché i suoi fratelli di sangue, nati nell’Ebraismo, potessero al più presto convertirsi a Gesù. Il suo grande sogno fu infatti l’Ebraismo che si converte a Cristo e tutte le energie le dedicò a realizzare questo sogno.
Alfonso Maria Ratisbonne morì il 6 maggio del 1884. Sulla sua tomba ad Ain-Karim, ha voluto che fosse scritto: “Sono nato peccatore ma voglio raccontare tutta la mia misericordia di Maria Santissima verso di me.”
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