di Stefano Fontana
Nella confusa discussione sui temi del prossimo Sinodo sulla famiglia, non riesco a comprendere in particolare il frequente riferimento ai Semi del Verbo a proposito del buono che ci sarebbe nelle convivenze, anche omosessuali. Oltre a non capirlo, questo riferimento mi stupisce molto, perché comporta un rovesciamento di quella stessa dottrina. Purtroppo ormai è però sulla bocca di tutti. Di recente ne ha parlato il cardinale Christoph Schönborn, arcivescovo di Vienna, in una intervista a “La Civiltà Cattolica”. Il riferimento a questa dottrina era anche presente nella Relatio Synodi conclusiva del Sinodo straordinario e, quindi, anche nell’Instrumentum laboris del Sinodo ordinario che recepisce la Relatio.
Il ragionamento è il seguente. Dio ha seminato i Semi del Verbo, ossia delle verità ancora incomplete ma comunque ordinate a Cristo, anche al di fuori della Chiesa cattolica, come per esempio nelle altre religioni, nelle culture ed anche in forme di vita che non sono conformi pienamente alla sua Volontà, ma che comunque contengono delle verità che possono essere sviluppate fono alla loro pienezza cristiana. Così, in una convivenza, ci sono aspetti di aiuto reciproco e solidarietà che sono ancora lontani dal matrimonio cristiano, ma non ne sono totalmente estranei, piuttosto ne rappresentano una forma inadeguata. Così si dice anche, fatte le “debite distinzioni” che però non si capisce quali siano, delle relazioni omosessuali.
La dottrina dei Semi del Verbo è stata formulata da Giustino nel secondo secolo dopo Cristo e poi ulteriormente approfondita da Clemente di Alessandria nel terzo secolo dopo Cristo. Essi si riferivano alla filosofia greca che, pur non essendo un pensare nella fede, tuttavia aveva espresso molte verità. Queste verità avrebbero trovato la loro pienezza in Cristo a cui erano orientate. Se Cristo è la Verità, ogni verità viene da Lui ed è orientata a Lui. Clemente diceva addirittura che la filosofia greca era come l’Antica Alleanza per i gentili. L’avvento di Cristo sarebbe stato preparato dalla storia di Israele per il popolo eletto e dalla filosofia greca per i gentili. Tema ripreso da Joseph Ratzinger che, diversamente da Rahner o Kasper, considerava provvidenziale l’incontro del cristianesimo con la filosofia greca.
Questa dottrina dei Semi del Verbo risulta però completamente inapplicabile alle situazioni di cui sopra. Una convivenza comporta l’esercizio della sessualità fuori del matrimonio, ossia in modo indegno della dignità della persona umana e della verità dell’amore. Essa comporta inganno e violenza, anche se consensuale. In termini religiosi è un peccato. Se la convivenza avviene dopo un matrimonio significa adulterio. Anche questo è un peccato, come risulta dalle parole di Gesù all’Adultera. È un peccato che rientra negli intrinsece mala, ossia in quelle azioni che per la loro materia intrinsecamente offensiva della dignità della persona non si devono mai fare. Non parliamo delle relazioni omosessuali.
Ora, mi chiedo, se queste situazioni sono sbagliate e di peccato come è possibile che in esse siano presenti i Semi del Verbo? Questi ultimi possono solo essere delle verità, non degli errori.
Qui interviene però un altro fraintendimento piuttosto grave. La situazione oggettiva di peccato tende a sparire davanti alla situazione esistenziale delle persone. La misericordia consisterebbe nel concentrarsi sulle persone, che non perdono mai completamente i loro elementi anche positivi, piuttosto che sulla falsità delle loro condizioni di vita. “Chi sono io per giudicare”? si chiede anche il cardinale Schonborn. Ma se non si può giudicare le persone, si può e si deve giudicare le situazioni oggettive di vita. La Chiesa può e deve fare questo.
In una situazione oggettivamente negativa e di peccato non possono esserci delle verità né tantomeno la presenza dei Semi del Verbo. Quella situazione oggettiva produce ingiustizia, indipendentemente dalla eventuale buona volontà dei soggetti responsabili. Se costoro sono, magari, persone impegnate nella Chiesa, ciò non elimina l’ingiustizia che la loro situazione oggettiva comporta, sia nei loro stessi confronti, sia per la Chiesa e per la società.
La nuova Bussola Quotidiana, 13-09-2015
La dottrina dei Semi del Verbo è stata formulata da Giustino nel secondo secolo dopo Cristo e poi ulteriormente approfondita da Clemente di Alessandria nel terzo secolo dopo Cristo. Essi si riferivano alla filosofia greca che, pur non essendo un pensare nella fede, tuttavia aveva espresso molte verità. Queste verità avrebbero trovato la loro pienezza in Cristo a cui erano orientate. Se Cristo è la Verità, ogni verità viene da Lui ed è orientata a Lui. Clemente diceva addirittura che la filosofia greca era come l’Antica Alleanza per i gentili. L’avvento di Cristo sarebbe stato preparato dalla storia di Israele per il popolo eletto e dalla filosofia greca per i gentili. Tema ripreso da Joseph Ratzinger che, diversamente da Rahner o Kasper, considerava provvidenziale l’incontro del cristianesimo con la filosofia greca.
Questa dottrina dei Semi del Verbo risulta però completamente inapplicabile alle situazioni di cui sopra. Una convivenza comporta l’esercizio della sessualità fuori del matrimonio, ossia in modo indegno della dignità della persona umana e della verità dell’amore. Essa comporta inganno e violenza, anche se consensuale. In termini religiosi è un peccato. Se la convivenza avviene dopo un matrimonio significa adulterio. Anche questo è un peccato, come risulta dalle parole di Gesù all’Adultera. È un peccato che rientra negli intrinsece mala, ossia in quelle azioni che per la loro materia intrinsecamente offensiva della dignità della persona non si devono mai fare. Non parliamo delle relazioni omosessuali.
Ora, mi chiedo, se queste situazioni sono sbagliate e di peccato come è possibile che in esse siano presenti i Semi del Verbo? Questi ultimi possono solo essere delle verità, non degli errori.
Qui interviene però un altro fraintendimento piuttosto grave. La situazione oggettiva di peccato tende a sparire davanti alla situazione esistenziale delle persone. La misericordia consisterebbe nel concentrarsi sulle persone, che non perdono mai completamente i loro elementi anche positivi, piuttosto che sulla falsità delle loro condizioni di vita. “Chi sono io per giudicare”? si chiede anche il cardinale Schonborn. Ma se non si può giudicare le persone, si può e si deve giudicare le situazioni oggettive di vita. La Chiesa può e deve fare questo.
In una situazione oggettivamente negativa e di peccato non possono esserci delle verità né tantomeno la presenza dei Semi del Verbo. Quella situazione oggettiva produce ingiustizia, indipendentemente dalla eventuale buona volontà dei soggetti responsabili. Se costoro sono, magari, persone impegnate nella Chiesa, ciò non elimina l’ingiustizia che la loro situazione oggettiva comporta, sia nei loro stessi confronti, sia per la Chiesa e per la società.
La nuova Bussola Quotidiana, 13-09-2015
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