L’università pontificia lateranense (il cui rettore è mons. Enrico dal Covolo) ha creato un corso a numero chiuso per management pastorale per i futuri parroci, in cui s’insegnerà come gestire “beni e capitali economici ed umani” (clicca qui). Detto papale papale, ormai la Chiesa è vista come un’impresa manageriale (contrariamente alle parole del Papa) in cui vi sono sia i clienti (i battezzati), che il prodotto da vendere (un nuovo mondo), gestito non da sacerdoti (ministri di Cristo), ma da manager pastorali in clergyman (impiegati clericali aziendali).
Abbiamo chiesto – per non essere autoreferenziali – il parere, su questa iniziativa, ad un ateo, fin dall’adolescenza, esperto in management. Egli ha 56 anni, ed ha diverse lauree universitarie. Non è, dunque, un comune mangiapreti, ma una persona che ragiona ed ha onestà intellettuale.
«Personalmente, mi pare un tentativo maldestro di scimmiottare quelle iniziative di molte gestioni economiche e finanziarie – usando addirittura la stessa terminologia – per trovare rimedi alla crisi occidentale. Eppure abbiamo visto che non hanno avuto successo.
Inoltre, anche per me è evidente che l’attività pastorale non può essere management. Il manager, sostanzialmente, deve far quadrare costi e ricavi, ma un prete non può occuparsi di questo, poiché le anime non sono beni di consumo.
Viviamo in un’epoca in cui ci sono tantissimi problemi materiali e spirituali – lo riconosce pure il sottoscritto – che impongono di occuparsi prima di tutto di persone, anziché di beni di consumo.
Siete, lo dico con rispetto, caduti in basso. Adesso, per essere un buon prete, non serve la preghiera, ma un titolo accademico?
Questo è quello che lascia intendere questo tipo di pubblicità. Mi riferisco non solo al taglio del marketing scelto, ma persino allo stesso testimonial. Non si riesce neppure a capire se si tratta di una specie di modello oppure di un vero prete, magari fresco di quell’assurdo titolo accademico.
Scusate, non vi rendete conto che non servono testimonial ma testimoni, tipo Madre Teresa di Calcutta?
Concludo dicendo che, stringi stringi, più che di corsi di gestione, il prete deve imparare a vivere quello che ha detto Gesù Cristo. Punto e basta. Nessuno vi ha imposto di essere cristiani, ma almeno siate coerenti con la scelta che avete fatto».
Concludiamo non con le nostre parole, ma con la Parola di Dio: «Gesù disse loro: “Andate in tutto il mondo e predicate il vangelo ad ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvo, ma chi non crederà sarà condannato”» (Mc 16, 15-16).
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