L’uomo è un “sinolo”, cioè un tutt’uno tra anima e corpo. Tutto ciò che l’anima vive ha anche ripercussione sul corpo e tutto ciò che vive il corpo ha ripercussione sull’anima. Il matrimonio è l’intima comunione di vita e di amore fra l’uomo e la donna, così che non sono più due ma una carne sola. Nel matrimonio quando i due fidanzati si dicono: “Io prendo te come mio legittimo sposo, come legittima sposa”, proprio in quell’istante viene partecipata la grazia del sacramento, che consiste nell’amore di Cristo alla sua Chiesa che entra come ingrediente nuovo nell’amore umano di due che celebrano il matrimonio.
L’amore umano, che seppur bello è sempre fragile, viene irrobustito, corroborato dall’amore di Cristo. Il sacramento del matrimonio genera tra i coniugi un vincolo perpetuo ed esclusivo. Dio stesso suggella il consenso degli sposi. Il matrimonio concluso e consumato tra i battezzati non può essere mai sciolto, a meno che non ci fosse consapevolezza o mancanza di volontà e di libertà di sposarsi.
La grazia del matrimonio si alimenta con la preghiera e l’eucaristia. Il modo sbagliato di pensare e di essere sfocia nel divorzio: i due non si tollerano più. Ciò che colpisce e lascia male è che i figli non contano nulla, non si tiene conto di essi. I figli, invece, preferiscono la morte dei genitori alla loro separazione. Non tutti la pensano così, anzi pensano l’opposto. Ma è scientificamente dimostrabile che un figlio, una figlia, non accetterà mai la separazione dei genitori. Perché? Il figlio è il segno incarnato dei genitori, dell’unità dei genitori. Il figlio, la figlia, non ha bisogno dell’amore del babbo verso di lui, verso di lei, ha bisogno dell’amore del babbo verso la mamma e della mamma verso il proprio figlio. Essi, quando vedono i genitori separarsi o divorziare, sentono la morte nel cuore e pensano: “Io non conto nulla per loro; altrimenti non si separerebbero”.
Nonostante vivano in situazioni oggettivamente irregolari, la Chiesa non abbandona i suoi figli, anzi. Tuttavia i divorziati risposati non possono svolgere nella comunità ecclesiale quei servizi che esigono una pienezza di testimonianze cristiane, e la Chiesa non può ammetterli alla riconciliazione sacramentale e alla comunione eucaristica.
tratto da “Nel cuore della famiglia”
fonte: in terris.it, tramite il timone, 06-08-2015
Nessun commento:
Posta un commento