lunedì 20 luglio 2015

Ecologia umana e procreazione


Flo




di Flora Gualdani

Riportiamo alcuni estratti di “Occidente, procreazione e Islam”. Datato 12 aprile 2015 (Festa della Divina Misericordia), è un saggio dell’ostetrica aretina Flora Gualdani, pubblicato per il Sinodo dei vescovi sulla famiglia e in vista dell’enciclica ambientalista di papa Francesco.
Il libro è reperibile sul portale http://ilmiolibro.kataweb.it/ (Isbn 9788891096753). Una prima testimonianza della fondatrice dell’opera Casa Betlemme è stata pubblicata il 21 aprile 2014 nel nostro sito con il titolo “Il mio ospedale da campo sul fronte della vita”.





1. Da che parte va la procreatica in Occidente.

La fertilità è un dono prezioso, un particolare del Creato da conoscere e da custodire. E’ da sempre sinonimo di benessere, sintomo di fisiologia. Noi benestanti occidentali,siamo da tempo entrati in un folle paradosso: spingiamo le donne a combattere in ogni modo la propria fertilità quando c’è (per una trentina d’anni), e poi a rincorrere questa potenza quando ormai non c’è più, con quello che qualcuno ha chiamato “accanimento riproduttivo”.

E’ una contraddizione anzitutto sanitaria, che ci vede combattere la nostra natura umana, come Dio l’ha sapientemente pensata, con le sue leggi precise e le sue regole che la scienza ha imparato a decifrare. Ed è il solito peccato più vecchio del mondo: l’homo technologicus alla fine pensa di saper fare meglio di Dio, crede di poter fare a meno del Creatore.

 Già il Concilio Vaticano II ci avvertiva sui pericoli di questa pretesa autonomia: «la creatura senza il Creatore svanisce» (Gaudium et spes n. 36). Noi ricchi occidentali, dopo la “liberazione sessuale” del ’68, siamo diventati super esperti di contraccezione e diagnosi prenatali, sappiamo programmare e scartare i figli alla perfezione. Selezionandoli con le tecnologie più sofisticate e sotto la pressione culturale dei mass media.

 Con il sostegno dei tribunali ed il business della provetta, lo Stato ha inventato “il diritto al figlio”, cui chiunque potrà accedere per non essere discriminato: indipendentemente dalla condizione di infertilità, dall’età, dall’essere una coppia dello stesso sesso. Il sistema sanitario si fa carico di questo inedito diritto, che sta diventando velocemente “diritto al figlio sano”.
(…)


2. L’uomo che si fa male da solo: i paradossi di contraccezione e PMA.

Il paradosso cui accennavo è nocivo perché alla fine ci facciamo del male da soli. I danni della fecondazione artificiale cominciano ad essere abbastanza conosciuti: in Gran Bretagna ormai da diversi anni l’Authority ha imposto l’obbligo di un’adeguata informazione alle coppie che si vogliono sottoporre a queste tecniche, circa i rischi potenziali di salute per i nascituri.

 Si parla di “procreazione medicalmente assistita” (PMA), mentre in realtà il gesto sessuale dei coniugi, divenuto superfluo, viene quasi sempre sostituito dal gesto tecnico di un’equipe. Io la definisco (RA)2 , ovvero “Riproduzione Artificiale con Rapina all’Autore”. Con questo tipo di tecniche, omologhe od eterologhe che siano, stiamo cioè facendo una rapina all’Autore della vita. E Lui, rispettando il nostro libero arbitrio, lo consente: amandoci alla follia, da sempre ci lascia liberi (drammaticamente) anche di rifiutarlo e di farci del male. Il Creatore si lascia rapinare, come si è lasciato crocifiggere.

La maggior incidenza di complicanze subìte dai figli della provetta (parti prematuri, malformazioni, difetti genetici e problemi di salute a lungo termine), fa dire al neonatologo Carlo Bellieni che si tratta di «un problema clinico prima che etico» (Le nuove tecniche riproduttive: rischi etici e clinici, Journal of Medicine & the Person, 2004). Ai pericoli assai gravi che la donna corre in prima persona con le iperstimolazioni ovariche, si aggiungono quindi i danni alle generazioni future. Mentre ci sarebbero tanti bambini che esistono già ed attendono di essere amati dal calore di un padre e una madre, con l’adozione.
Ma la fecondazione artificiale, anche se ha fatto nascere nel mondo già cinque milioni di bambini, resta ancora una questione marginale. Poiché di infertilità soffre “soltanto” una coppia su cinque.

La contraccezione (specialmente quella ormonale) è invece ormai da decenni un comportamento di massa a livello globale. Tuttavia certe preoccupazioni per i suoi pericoli vengono sottovalutate o sottaciute, al di là del bugiardino nella scatola. Qualche anno fa un reportage sulla tv svizzera raccontava di episodi allarmanti sulla salute delle ragazzine e documentava storie drammatiche. Non mi risulta che quella trasmissione sia stata rilanciata in Italia da nessuna televisione pubblica, privata o ecclesiastica. L’inchiesta è poi esplosa due anni fa in Francia su Le Monde, dove si denunciava il silenzio degli addetti ai lavori in merito agli effetti collaterali disastrosi delle pillole più moderne. Nicoletta Tiliacos definiva questa amara scoperta delle donne francesi «uno psicodramma nazionale». Intanto, note case farmaceutiche devono sborsare milioni di dollari di risarcimento danni. Il settimanale L’Espresso già nell’anno 2002 dedicò alla pillola una clamorosa copertina definendola “Amica killer”: la categoria dei ginecologi si riunì prontamente e insorse per tranquillizzare l’opinione pubblica.

Il professor Jerome Lejeune molti anni fa si preoccupava sia per le manipolazioni dello spirito che per le manipolazioni della sessualità: «un punto molto particolare su cui la nostra ignoranza è totale è quello della pillola alle adolescenti. Tra gli undici e i dodici anni si verifica normalmente la rivoluzione puberale. E sappiamo che è un momento in cui si formano le nostre idee più intime, quelle derivanti da una nuova presa di coscienza dell’individuo […]. Questo processo e il funzionamento del cervello dipendono parzialmente dagli equilibri ormonali. Nessuno sa quali effetti il turbamento chimico della pillola possa avere su un organismo di dodici o tredici anni, ancora molto lontano da una completa maturità. Quando osserviamo che un numero notevole di ragazze farà uso di quella pillola non possiamo fare a meno di provare spavento per tanta imprevidenza. […] Forse un imprudenza inaudita, estesa a tutta una generazione, potrà rivelarci, con un esperimento di massa, i temibili effetti sulla regolazione dell’umore, sulla costituzione del carattere e sulla maturazione della coscienza e dei sentimenti esercitati da condizioni chimiche perturbate. Crediamo di aver dato l’avvio, nei paesi occidentali ad un esperimento esteso a tutta una generazione di giovani; sappiamo che ci saranno degli effetti, ma non ne conosciamo le dimensioni: per la prima volta abbiamo rischiato la vita affettiva e intellettuale di un’intera generazione di fanciulle» (Il messaggio della vita, ed. Cantagalli 2002).

L’ebreo Erwine Chargaff, il celebre chimico cui si devono i primi studi sul DNA, esprimeva un’analoga preoccupazione: «Quando si manipolano meccanismi che la natura, nella sua saggezza, ha elaborato nel corso di milioni di anni, bisogna essere consapevoli del pericolo che le nostre scorciatoie possono costarci molto care» (Engineering Molecular Nightmare, Nature 1987).
Il professor John Billings più volte lo abbiamo ascoltato nei congressi internazionali spiegare che le cripte della cervice, preposte alla produzione di vari tipi di muco (fattore essenziale per la fertilità femminile), a volte vengono atrofizzate dall’uso prolungato della pillola, comportando delicati interventi di microchirurgia per la loro riapertura. Interventi che comunque hanno purtroppo una bassa efficacia, come spiegava il professor Erik Odeblad, biofisico dell’Università di Umeå.
Oltre a questi grandi professori, c’è un altro medico – meno famoso – che mi è stato maestro in tali riflessioni. Il professor Francesco Russo era il mio primario in reparto ai tempi della pillola di Pincus appena arrivata, che sembrava la panacea di tutti i mali. Francesco Russo era un ginecologo sapiente e molto umile. Di fronte al generale entusiasmo suscitato dalla pillola anticoncezionale, lui andava controcorrente e mi confidava le sue perplessità: «Ora sono tutti contenti ma vorrei vedere le ovaie delle figlie di queste donne, e delle loro nipoti. Che ovaie troveremo un giorno? E saremo in grado di curarle? Io non ci sarò più, ma certe complicazioni forse non le potremo fermare. Chissà con la chimica quali danni si trasmetteranno nelle generazioni». Io aggiungo che tutto questo è perché non ci siamo impegnati ad educare i giovani ai valori morali.

3. La questione dell’ecologia umana. E la disinformazione pastorale.

Esiste un altro tipo di danno, ancora poco conosciuto dal grande pubblico: l’inquinamento ambientale. Il 27 gennaio 1997 sul Corriere della Sera apparve un articolo del professor Aldo Isidori (andrologo dell’Università La Sapienza) che spiegava come, paradossalmente, «Se l’uomo è sterile è anche colpa delle donne» poiché i residui ormonali della pillola, usata ogni giorno da cento milioni di donne nel mondo, dalle fogne finiscono per riversarsi nei fiumi e poi nel ciclo delle acque, danneggiando non soltanto gli ecosistemi ma anche la delicata fertilità maschile. Gliel’ho sentito ripetere altre volte in congressi scientifici. Con gli anni sono emersi nuovi studi importanti ad evidenziare questo serio rischio ecologico.

 Nel 2012 ne ha dato conto anche il settimanale L’Espresso (“Il lato B della pillola”) dopo che l’Unione Europea ha deciso di mettere l’etinilestradiolo tra le sostanze da tenere sotto controllo. E’ la prima volta che un farmaco viene monitorato rispetto alla salute dell’ambiente. Ma alla fine non verrà messo al bando, perché i costi della depurazione sarebbero socialmente improponibili: una città di 250mila abitanti dovrebbe investire inizialmente 8 milioni di euro ed aggiungere ogni anno 800.000 euro.

 Qualcuno sostiene che «la prescrizione diffusa di ormoni sintetici alle donne sia stata il più grande pasticcio medico del secolo». Potremmo tradurre così: con la chimica della contraccezione, l’uomo ha creduto di aver trovato la soluzione ma si è impantanato in un guaio da cui non sa come uscire. A meno di convincere la gente che va tutto bene.
Personalmente sono sicura che, in un futuro non troppo lontano, dovremo fare i conti con almeno un altro paio di amare sorprese su questo fronte, a livello epidemiologico. Certe evidenze non potranno essere più coperte a lungo. Perché la verità nessuno la può fermare.
Senza scomodare dottrina e teologia morale, il ginecologo Giancarlo Bertolotti, oggi Servo di Dio, ci fa notare che lo stesso Sigmund Freud aveva già parlato di questo paradosso: «Niente creerà un grande insolubile problema all’umanità come il tentativo di separare la sessualità dalla riproduzione» (Le motivazioni umane e cristiane dei metodi naturali di regolazione della fertilità, CICRNF).

 Qualche tempo fa, nel cinquantesimo anniversario della pillola anticoncezionale, la delusione femminile per questo tipo di soluzione è apparsa sulla stampa inglese con il titolo: «Why i’ll never take the Pill again» (The Independent, Health & Families, 11.05.2010). Carlo Bellieni recensiva la notizia nel suo blog intitolandola “Il funerale della pillola: 50 anni e li dimostra”. Effettivamente gli addetti ai lavori registrano ormai da anni, ad esempio anche in area germanica, «una crescente stanchezza per la pillola» (P. Frank, E. Raith, G. Freundl, 1997).

La ginecologa americana Christiane Northrup, co-fondatrice negli anni ’80 del consultorio Women to Women, ci invita a prendere atto che «la nostra cultura ci ha pesantemente condizionate a diffidare del corpo, a credere che non sia possibile controllarlo senza l’aiuto esterno degli ormoni» (Guida medica da donna a donna. Noi donne, il nostro corpo, la nostra mente, ed. Red 2000).
Dal mio “confessionale” ostetrico, dopo mezzo secolo di esperienza professionale e pastorale accanto alla donne, posso ampiamente confermare, essendomi convinta di un paio di cose: che la contraccezione è una proposta vecchia e la provetta non ha futuro. Il futuro è dei metodi naturali: da lì passa la qualità dell’amore e la qualità della generazione. Dopo la de-medicalizzazione del parto e della gravidanza (e dopo aver riscoperto l’allattamento al seno) la prossima tappa riguarderà la gestione della fertilità. Educando alla disciplina dell’autocontrollo.
La donna è stata lentamente espropriata della sua potenza riproduttiva. Ma il Creatore ha dato a lei le chiavi della vita, nella ciclicità della fertilità: è una sapienza da recuperare, con i metodi naturali. La Chiesa l’ha capito in anticipo e nel suo magistero parla di “un nuovo femminismo” (Evangelium vitae n. 99).

La psichiatra Wanda Półtawska, amica e discepola di Karol Wojtyla, per oltre 50 anni è stata sua consulente in materia di famiglia e Humanae vitae, passando la vita a divulgare l’immenso magistero di San Giovanni Paolo II sull’amore umano. Per spiegare «l’atteggiamento contraccettivo», la psichiatra di Cracovia osserva che «l’uomo moderno sembra come schiacciato dalla forza della sua fecondità: non sapendo dominarla, cerca in tutti i modi di combatterla» (La fecondità come compito e il modo per realizzarla, in La procreazione responsabile. Fondamenti filosofici, scientifici, teologici, Istituto Giovanni Paolo II per Studi su Matrimonio e Famiglia, Roma 1992). E lo fa investendoci un’enorme quantità di denaro.

 La pillola è l’unico farmaco che va a curare una funzione sana (un paradosso destinato prima o poi ad esplodere), intervenendo su ciò che già è stato fatto in modo perfetto dal Creatore. E’ «un peccato drammaticamente inutile», conclude la Półtawska, perché in natura esiste già la soluzione. Cioè l’astinenza nei giorni fertili, che la donna oggi sa perfettamente riconoscere grazie al progresso della ricerca scientifica. Da abbinare alla fedeltà matrimoniale.

 E’ questa la strada che Dio ha pensato per noi con sapienza, donandoci intelligenza, volontà e capacità d’amore. Il dono meraviglioso della fertilità ciclica fa parte dell’armonia della Creazione. Per capirlo basterebbe rileggersi i santi e i Padri della Chiesa che sono esperti dell’Incarnazione: da Atanasio a Gregorio Nanzianzeno, da Leone Magno a Cirillo e altri. E le parole della divina Provvidenza, in dialogo con Santa Caterina da Siena, mia conterranea e patrona della nostra opera betlemita: «Tutto ciò che io ho dato all’uomo è somma provvidenza. Con provvidenza lo creai».
La soluzione inscritta da Dio nella nostra natura umana è un qualcosa di semplicemente liberante. Una volta una coppia che avevo istruito sui metodi naturali, tornò a ringraziarmi con queste parole: «Ci hai insegnato a spostare una montagna con la punta del mignolo». Si tratta di una consapevolezza corporea (fertility awareness) sempre più apprezzata non soltanto dalle coppie e dalle femministe, ma anche dalle donne consacrate: giovani e meno giovani. Avendola insegnata ad ogni tipo di donna, posso confermare che questa è la strada educativa nella quale le persone diventano «veramente libere e liberamente vere» (cardinale Carlo Caffarra). In una società che parla di amore liquido, è la strada per costruire famiglie solide.

 Mentre molti pastori e teologi europei continuano a invocare la pillola (il bioeticista Renzo Puccetti li definisce “regressisti”), negli ultimi tempi in Francia le donne hanno invece fatto finalmente un passo avanti. Sul quotidiano Le Monde è apparsa un’inchiesta dove si apprende che in quel paese, fino ad oggi leader nel consumo della pillola, adesso sta avvenendo un clamoroso ritorno di attenzione verso i metodi naturali (La contraception «naturelle» de plus en plus prisée, 11.08.2014): non per motivazioni etiche o morali, ma per una presa di consapevolezza verso il loro vero benessere da parte delle donne, le quali hanno evidentemente maturato una certa diffidenza verso il business della contraccezione. Già vent’anni fa la Confederazione francese delle Associazioni della famiglia Cattolica interrogava i vescovi francesi: «dobbiamo rassegnarci al blackout ideologico, alla perfetta censura verso la pianificazione naturale della famiglia esercitata per esempio nelle scuole per infermiere, ostetriche, assistenti sociali, nei centri sociali, cliniche, ospedali, negli opuscoli destinati ad adolescenti?» (Angela De Malherbe, Pfn, recenti esperienze in Francia, in TRUJILLO-SGRECCIA, Metodi naturali per la regolazione della fertilità, l’alternativa autentica, ed. Vita e Pensiero 1994).

La storica Lucetta Scaraffia, nel commentare il recente risveglio delle donne francesi, fa notare che verso i moderni metodi naturali come il Billings, nonostante la piena affidabilità ormai attestata, ancora pochi ne parlano e i pregiudizi abbondano: «ma la colpa dell’insufficiente diffusione di questa scoperta è da addebitarsi anche alla Chiesa: pochi sono i sacerdoti che lo conoscono e lo fanno conoscere. Perdendo così una grande occasione di riabilitare la morale cattolica sulla procreazione, uno dei punti di attrito più forti con la modernizzazione, in un momento in cui la tanto conclamata contraccezione chimica sta entrando in crisi» (L’Osservatore Romano 20.8.2014).
Nel 1996, durante un congresso internazionale all’Università Cattolica del S. Cuore, il professor John Billings andò ancora più a fondo nell’analisi critica: «Non è la prima volta, nella storia della Chiesa Cattolica, che una crisi all’interno della Chiesa stessa è stata sanata dallo Spirito Santo, che agisce attraverso i laici. Alcuni vescovi, più sacerdoti ed un largo numero di teologi, hanno mancato di informare i cattolici sull’insegnamento ufficiale della Chiesa o hanno dato consigli contrari all’insegnamento della Chiesa mascherandoli come “soluzioni pastorali”» (Due vite per la vita, ed. Paoline 1998). I coniugi Billings, per il valore del loro lavoro scientifico, hanno ricevuto in giro per il mondo cinque lauree Honoris causa.

Il professor Thomas W. Hilgers, ginecologo della Creighton University (USA), ha scritto negli anni ’80 che «il metodo Billings è destinato a restare nella storia della medicina tra le grandi scoperte di questo secolo». Eppure nel 1994, durante la Conferenza mondiale del Cairo sulla popolazione, pare che ai grandi risultati del metodo Billings siano stati dedicati soltanto circa 10 minuti di una sessione notturna, mentre tutt’altro spazio viene notoriamente riservato alle strategie contraccettive delle agenzie birth control.

 Nelle riflessioni del recente Sinodo, chissà se tutti quei vescovi europei favorevoli alla contraccezione hanno considerato le evidenze scientifiche sui pericoli della pillola, al di là delle loro pretese giustificazioni “pastorali”. Peraltro anche la famosa “relazione di maggioranza” della commissione pontificia ai tempi del Concilio Vaticano II – disattesa da Paolo VI – poneva tra i «criteri oggettivi» nella scelta dei metodi contraccettivi, proprio il dover «arrecare il minor inconveniente al soggetto e al proprio corpo».

Chissà se i vescovi oggi hanno valutato anche la percentuale di microabortività, più o meno elevata, che ogni contraccettivo ormonale porta con sé. Pare che una identica (strana) dimenticanza avvenne anche ai tempi delle infuocate discussioni al Concilio Vaticano II, come racconta Renzo Puccetti nel suo trattato (I veleni della contraccezione, ed. Studio Domenicano 2013).

 La mia speranza è che papa Francesco, all’interno della sua prossima enciclica ambientalista, affronterà con chiarezza anche queste riflessioni nel capitolo dell’ecologia umana. Un’ecologia integrale che, partendo dallo spirito, s’incarna nel corpo e abbraccia l’ambiente. San Giovanni Paolo II, nel 1996, spiegava che i Metodi naturali favoriscono «quell’ecologia umana che è armonia tra le esigenze della natura e la condotta delle persone». Nella responsabilità davanti al creato, precisa Benedetto XVI al n. 51 dell’enciclica Caritas in veritate, la Chiesa deve infatti proteggere non soltanto l’ambiente esterno ma anche l’uomo stesso: «il libro della natura è uno e indivisibile, sul versante dell’ambiente come sul versante della vita, della sessualità, del matrimonio, della famiglia, delle relazioni sociali, in una parola dello sviluppo umano integrale».

L’associazione internazionale dei medici cattolici si è già espressa sul tema nel 2008, con un documento pubblicato per il 40esimo anniversario dell’Humanae vitae. E mi auguro che tra qualche anno, in occasione del 50esimo, finalmente qualche pensatore in più darà ragione a Paolo VI, riconoscendo che la sua profezia era vera non soltanto sui pericoli del neo malthusianesimo ma anche sui limiti antropologici della soluzione contraccettiva.
(…)









 


Nessun commento:

Posta un commento