di Mario Adinolfi
Le conclusioni dell’Assemblea generale della Conferenza episcopale italiana ricalcano le indicazioni offerte nell’intervento di apertura da Papa Francesco e la precisa diagnosi compiuta nella sua prolusione da Angelo Bagnasco, il cardinale presidente della Cei. La consapevolezza della Chiesa italiana rispetto alla fase di profonda crisi attraversata dal paese è piena, non ci sono sotterfugi, non ci sono non detto: dalla crisi etica complessiva, al dramma della corruzione diffusa, alla difficoltà economica piombata nella stragrande maggioranza delle famiglie italiane sotto forma di assenza di lavoro o di lavoro precario, tutti gli aspetti sono stati affrontati.Non ci sono state reticenze neanche sui temi che questo giornale indica come “falsi miti di progresso”, contro cui dalla sua fondazione combatte. Bagnasco in particolare ha elencato con puntualità tutti i nodi anche legislativi che si affacciano all’orizzonte dell’attività parlamentare: ha citato il ddl Cirinnà sulle unioni gay (sottolineando anche il pericolo rappresentato dall’articolo 5 del disegno di legge, anche se non comprendendone a pieno le conseguenze sul piano della legittimazione della pratica dell’utero in affitto), ha sottolineato il pericolo dell’avanzare dell’ideologia gender nelle scuole anche attraverso l’emendamento alla riforma appena varata dalla Camera, ha citato il divorzio breve già approvato dal Parlamento in via definitiva e anche i progetti per arrivare ad una legge sull’eutanasia. L’offensiva legislativa è ampia e pericolosissima, i vescovi italiani ne sono consapevoli, il presidente della Cei ha espresso chiaramente tutte le sue preoccupazioni.
Anche nel documento conclusivo, a riprova dell’ampio livello di coscienza e preoccupazioni raggiunto nel corso del dibattito, le tematiche sono ribadite: “Proprio di tale vocazione e responsabilità a vivere con la gente si è fatto interprete il Cardinale Bagnasco nella prolusione, dove ha dato voce innanzitutto ai nodi antichi e nuovi del Paese: la piaga della disoccupazione, la tragedia dei migranti, i tentativi legislativi di equiparare il matrimonio e l’istituto familiare ad altre unioni. Sono stati temi ripresi e approfonditi nel dibattito assembleare, con i Vescovi preoccupati – accanto alle difficoltà materiali sofferte da tanta gente – dello “snaturamento” della cultura popolare, della disgregazione dei rapporti e delle manipolazioni di carattere tecnologico. In particolare, l’Assemblea ha messo in guardia dalla cosiddetta teoria del genere, che si sta diffondendo in modo subdolo soprattutto nelle scuole e che coinvolge l’impostazione generale del senso della vita, della sessualità e dell’amore. Di qui l’appello dei Pastori a genitori e educatori, perché prendano coscienza di ciò che a questo riguardo viene insegnato ai loro figli e trovino le forme per contrastare apertamente una tale deriva antropologica, culturale e sociale”.
Risuonano tutte le preoccupazioni che hanno caratterizzato il nostro “appello ai vescovi italiani” del 18 aprile scorso. Chiaramente i vescovi ne hanno parlato, hanno osservato avanzare delle norme che stravolgeranno il diritto di famiglia italiano e del punto di vista del costume comprendono che codicilli come quello della riforma della scuola sulla propaganda gender sono bombe destinate a esplodere e a fare molti danni: forse, siamo davanti a una ferita mortale per il tessuto sociale italiano fondato fino ad oggi sulla famiglia naturale. La famiglia è la nemica delle teorie gender, che non a caso nei famosi “corsi antidiscriminazione” definiscono la cellula fondata su mamma, papà e figli come “uno stereotipo”, volendo imporre piuttosto una cultura delle “famiglie” al plurale fondate su qualsiasi forma di relazioni affettiva e collegando ad esse anche un incredibile “diritto al figlio” che lede prima di tutto i diritti dei figli, dei bambini. E proprio Bagnasco aveva indicato nei bambini, riecheggiando le parole di Papa Francesco, le vittime di questo colossale abbaglio della ragione umana e dell’azione politico-legislativa di questo Parlamento.
Il combinato disposto dell’approvazione a strettissimo giro di divorzio breve, ideologia gender nelle scuole grazie alla riforma dell’istruzione e legge Cirinnà sulle unioni gay e conseguente diritto alla filazione anche attraverso la legittimazione di pratiche come l’utero in affitto costituisce un’offensiva devastante per la società italiana. I vescovi sono sembrati consapevoli. Hanno espresso chiare le loro preoccupazioni, non hanno indicato azioni da compiere.
Si resta dentro lo schema della “responsabilità dei laici”, che ne carica molta anche sulle nostre spalle. Cercheremo di non sfuggirla, ma certo occorrerà capire se questa assenza di un piano operativo (otto anni fa una piccola legge come i Dico fu battuta in piazza, da una piazza voluta dalla Cei e i Dico rispetto a quello che sta approvando questo Parlamento sono niente, acqua fresca) indica una freddezza rispetto alla volontà di agire dei laici o è in qualche modo un incoraggiamento responsabilizzante. Quel che so è che le leggi potrebbero essere approvate in tempi brevissimi, dunque per la risposta organizzata e visibile di una opinione pubblica contraria occorrono tempi brevissimi. Altrimenti la politica deciderà e deciderà contro la famiglia, avendo avuto la sensazione che l’opposizione a quei progetti è, di fatto, inesistente.
La Croce, 22/05/2015
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