16/05/2015 - Incontro con il Card. Raymond Leo Burke sul tema: “Il matrimonio cristiano nella dottrina e nella pastorale”- Sala riunioni dello Starhotel Savoia Excelsior Palace, Trieste.
La famiglia fondata sul matrimonio è la prima cellula della società umana, la culla della vita umana e la prima scuola per la sua crescita e il suo sviluppo. Il Concilio Vaticano II ha definito la famiglia «chiesa domestica» o «santuario domestico della chiesa». La sua vera origine è sacramento del matrimonio, per cui un uomo e una donna partecipano all’amore fedele, duraturo e creativo della Ss. Trinità.
L’oggetto del libro che ho scritto assieme ad altri autori [“Permanere nella verità di Cristo” (Cantagalli)] tratta della dottrina e della disciplina perenne della Chiesa sul matrimonio e sulla famiglia. E la famiglia sta al cuore della Chiesa e della sua pastorale. Da decenni essa è sotto attacco dalla cultura secolarizzata occidentale, che ha abbandonato la fede. In essa vi è il rispetto per l’oggettiva realtà del matrimonio, come Dio lo ha creato all’inizio e come Cristo lo ha redento con la sua passione, morte e risurrezione.
Il fenomeno pervasivo del cosiddetto divorzio libero, cioè semplicemente motivato dal capriccio personale - che il Concilio Vaticano II ha giustamente chiamato la «piaga del divorzio» -, la diffusa coabitazione senza aver celebrato il matrimonio davanti a Dio e alla Chiesa, la promiscuità sessuale che non rispecchia l’atto coniugale del matrimonio legittimamente contratto e, infine, il tentativo di equiparare i rapporti sessuali tra persone dello stesso sesso all’unione coniugale del matrimonio: questi sono alcuni dei segni più gravi e preoccupanti della situazione attuale.
Con amarezza si può affermare che nella società si sta perdendo sempre di più e in un modo spaventosamente rapido tutto il senso del matrimonio, come Dio l’ha inscritto nel cuore umano e come Egli ce l’ha insegnato nelle Sacre Scritture e, soprattutto, nelle parole di Cristo nel Vangelo. In altre parole si sta perdendo il senso della natura umana stessa, che ha la sua manifestazione fondamentale nella vocazione matrimoniale e la formazione della famiglia sul fondamento della promessa mutua e solenne tra un uomo e una donna di amore totale. Totale nel senso di fedeltà e nel senso di definitività fino alla morte.
In questo contesto dobbiamo interpretare il senso delle discussioni di questo periodo sinodale, tra la prima assemblea straordinaria del Sinodo dei Vescovi (ottobre 2014) e la seconda assemblea ordinaria, che si terrà nell’ottobre prossimo. Infatti, il tempo delle discussioni sinodali è stato anticipato da un lungo discorso del cardinale Walter Kasper ai cardinali radunati in concistoro straordinario il 20-21 febbraio 2014. Papa Francesco ha invitato il cardinale Kasper a tenere una presentazione teologica sul matrimonio e la famiglia per avviare la discussione tra i cardinali. La presentazione di Kasper terminò mettendo in questione la costante prassi della Chiesa per quanto riguarda le persone che divorziano e poi attendono ad un nuovo matrimonio senza il giudizio della Chiesa sulla possibile nullità del matrimonio. È la situazione che classicamente la Chiesa chiama una “unione irregolare”, invocando una certa interpretazione dei Padri della Chiesa e la prassi delle Chiese ortodosse di ammettere i fedeli divorziati ad un secondo matrimonio in qualche senso.
Bisogna essere chiari: nelle Chiese ortodosse questo secondo matrimonio non è visto come un vero matrimonio. È una cosa molto difficile da capire. Però è chiaro che anche per loro qui c’è qualcosa che non va. Il cardinale Kasper ha proposto l’abbandono della prassi ecclesiale perenne fondata sulle parole del Signore nel Vangelo e confermate da San Paolo.
Il cardinale Kasper ha sempre preteso con ciò di non toccare la dottrina sull’indissolubilità del matrimonio, che ha una fonte incontrovertibile nelle parole di Gesù, ma di cambiare la disciplina della Chiesa per dimostrare più misericordia verso le persone che si trovano in una situazione irregolare.
La discussione si è rapidamente allargata ad includere la discussione sulle persone che coabitano senza matrimonio e sulle persone che vivono una relazione omosessuale. Il discorso del cardinale è stato subito pubblicato in italiano, francese, inglese, spagnolo e tedesco - e, per la sua natura radicale, ha subito suscitato un’ampia discussione sulla stampa. Nel concistoro straordinario stesso molti cardinali hanno contestato le conclusioni di Kasper.
La risposta alle proposte di Kasper
Chiaramente le ipotesi del card. Kasper e la discussione che ne è seguita, ampliata anche dalle sue presentazioni e interviste, chiedevano una risposta ampia e seria. Nonostante le proteste di Kasper, la rottura con la prassi costante della Chiesa in materia, specialmente per il suo radicamento nelle parole stesse del Signore, non poteva comportare altro che un cambiamento in qualche senso della dottrina: secondo il principio fondamentale logico una cosa non può essere e non essere allo stesso tempo [Aristotele, principio di non contraddizione, ndr]. In altre parole, o le persone che vivono in un’unione irregolare sono legate ad un’altra persona in matrimonio e, perciò, stanno vivendo in adulterio, secondo le parole di Gesù, o non sono legate e perciò il matrimonio non è indissolubile.
In questo senso, non senza ragione, le proposte del cardinale Kasper che sembrano essere state per lo più assunte dalla direzione del Sinodo, come hanno evidenziato varie dichiarazioni del card. Lorenzo Baldisseri, segretario generale del Sinodo, e che sono state fortemente illustrate nella relazione dopo la discussione nella prima settimana dell’assemblea dell’ottobre scorso, sono state caratterizzate come una rivoluzione nella Chiesa.
Qui noto immediatamente che la Chiesa è una realtà organica ed è il corpo mistico di Cristo, che vive della stessa dottrina, degli stessi sacramenti e della stessa disciplina dal tempo apostolico, ossia dall’istituzione degli apostoli da parte di Gesù quali primi vescovi della Chiesa insieme con Pietro, il loro capo. Secondo l’insegnamento costante della Chiesa, il romano pontefice, quale successore di Pietro, è il perpetuo e visibile principio e fondamento dell’unità sia dei vescovi, sia della moltitudine dei fedeli. In una tale realtà organica non c’è posto per rivoluzioni, senza il danno gravissimo all’organismo. Qui si ricorda la Locuzione natalizia di Benedetto XVI (2005): ermeneutica della riforma nella continuità, contrapposta all’ermeneutica di rottura nella discontinuità.
La risposta di cinque cardinali e di altri studiosi
Così cinque cardinali hanno deciso di rispondere alla presentazione del card. Kasper, con uno studio profondo sui vari aspetti della questione dell’indissolubilità del matrimonio, specialmente come illustrato nella prassi della Chiesa di non ammettere ai sacramenti quelli che vivono in contraddizione con questa verità originale cioè, come dice il Signore, con il matrimonio come Dio lo ha creato dall’inizio.
Il libro non è polemico, anche se dimostra che la tesi del card. Kasper resta su un’interpretazione falsa del Concilio di Nicea e fa un uso inappropriato dei Padri della Chiesa. Inoltre il libro dimostra che l’invocazione della prassi ortodossa è gravemente problematica, sia dal punto di vista storico, sia dal punto di vista della prassi attuale delle Chiese ortodosse. Il libro, semplicemente e con grande serenità, cerca di illustrare la bellezza della verità del matrimonio, come è stato osservato lungo i secoli cristiani anche in presenza della pressione di chi voleva intaccare, in qualche modo, questa verità per permettere una prassi contraria.
Il libro, infatti, risponde ad un invito che il Papa san Giovanni Paolo II ha fatto nell’esortazione apostolica “Christifideles laici” (1988): [contesto della nuova evangelizzazione, in un mondo secolarizzato, ndr]. Giovanni Paolo II notava che il modo di pensare secolarizzato è entrato anche dentro la Chiesa. Così egli ci ammoniva che non si può pretendere di evangelizzare di nuovo la cultura senza prima evangelizzare la Chiesa stessa. Giovanni Paolo II esortava la rinnovamento della vita ecclesiale in fedeltà a Gesù vivo nella tradizione, come insostituibile primo passo per la nuova evangelizzazione della cultura. Benedetto XVI poi ha affrontato la stessa situazione nella Locuzione natalizia alla Curia (2010), sottolineando come il relativismo è entrato nel pensiero di certi teologi cattolici, specialmente di certi studiosi della teologia morale. Si vede lo stesso fenomeno nel tentativo di ridurre la sacra liturgia ad un’attività umana, invece di evidenziare in essa l’azione di Cristo.
Come Giovanni Paolo II, Benedetto XVI ci ha esortato ad adempiere la nostra responsabilità di formare rettamente la nostra coscienza secondo la sana dottrina, cosicché i permanenti ed essenziali fondamenti dell’azione morale potessero essere di nuovo udibili ed intelligibili per la gente odierna, come le vie della vera umanità. Questa nuova evangelizzazione della Chiesa stessa, come egli osserva, è un’espressione fondamentale della nostra preoccupazione per il bene dei nostri fratelli e sorelle, per il bene della nostra società.
Dopo il concistoro straordinario, un certo numero di cardinali, incluso me stesso, hanno deciso di rispondere alla tesi del card. Kasper e di provvedere così un aiuto fondamentale ai Padri sinodali, illustrando la dottrina e la disciplina della Chiesa che il Sinodo dei Vescovi, per compito proprio, deve aiutare il Papa a presentare nella sua integrità al mondo. Soprattutto abbiamo voluto collocare la discussione del Sinodo sulla sicura e necessaria fondazione del Magistero. In questa linea siamo stati specialmente consci dei lavori del Sinodo del 1980, che ha aiutato Giovanni Paolo II a presentare di nuovo il Magistero sul matrimonio e sulla famiglia nella “Familiaris consortio”.
[Prima parte del titolo del libro: dalla “Familiaris consortio” n. 5: Perché è compito del ministero apostolico di assicurare la permanenza della Chiesa nella verità di Cristo e di introdurvela più profondamente, i Pastori devono promuovere il senso della fede in tutti i fedeli, vagliare e giudicare autorevolmente la genuinità delle sue espressioni, educare i credenti a un discernimento evangelico sempre più maturo (cfr. «Lumen Gentium», 12 «Dei Verbum», 10), ndr].
[qua c’è una parte descrittiva in cui Burke segnala le varie parti del libro - non l’ho sbobinata, perché non troppo interessante]
Temi sviluppati nel libro
1. Rapporto fede-cultura
È importante avere una comprensione giusta del rapporto fede-cultura. È stato dichiarato che la Chiesa deve aggiornare la sua prassi e soprattutto il suo linguaggio per indirizzarsi efficacemente ad una cultura totalmente secolarizzata. Alcuni hanno asserito che la Chiesa non può più parlare della legge naturale, degli atti intrinsecamente cattivi o di unioni irregolari. Cioè il linguaggio renderebbe ostile la cultura. Però, così facendo, la Chiesa dà l’impressione di volersi avvicinare alla cultura, ma senza una chiara identità di se stessa e di quello che ha da dire alla cultura. Secondo la Sapienza divina, la Chiesa deve sempre dire la carità nella verità. La Chiesa deve andare alle periferie della cultura attuale, ma sempre ferma nella sua identità, manifestando la più grande compassione che coinvolge necessariamente il rispetto per la verità della situazione culturale, che molte volte è marcata da confusione ed errore sulle verità maggiormente fondamentali riguardanti la vita umana e la sua culla, che è la famiglia.
La Chiesa deve chiamare le cose con il loro proprio nome per non rischiare di contribuire alla confusione e all’errore, invece di portare all’ordine e alla luce. La gente onesta che vive in una tale cultura ha sete della verità e della sua proclamazione con carità. Incontrare i protagonisti di una tale cultura senza manifestare la verità di Cristo con parole chiare, sarebbe una mancanza grave di carità. Pensiamo a quanto riferisce il Vangelo dell’incontro di Gesù con la gente, che Egli trovava come pecore senza pastore e che perciò Egli ammaestrava. Pensiamo anche all’incontro del Signore con la Samaritana o con l’adultera: il Signore è pieno di comprensione per la loro situazione e le perdona ma, allo stesso tempo, è attento ad indicare loro la necessità di uscire da una vita di peccato e di non peccare più.
2. Rischio del sentimentalismo
Contemplando le situazioni di grande sofferenza nelle famiglie che si trovano fuori del contesto della verità di Cristo si rischia di cadere in un sentimentalismo che mentre sembra essere compassionevole, è profondamente nocivo per la sua mancanza di rispetto per l’oggettiva situazione della persona. Tale sentimentalismo blocca l’incontro con Cristo da parte della persona in situazione di peccato. Il sentimentalismo vede la verità di Cristo come qualcosa di lesivo della persona e, così, non pronuncia tale verità, che è l’unica via per la persona di uscire a suo tempo dal peccato.
Allo stesso tempo, il sentimentalismo non rispecchia l’effetto profondo dello stato irregolare della persona su tante altre persone, legate a lei per rapporti di famiglia o amicizia. Concentrandosi esclusivamente alla situazione dolorosa dell’individuo, non vediamo la realtà nella sua integrità e procuriamo ingiustizia, non solo all’individuo, ma agli altri, che sono legati a lui.
3. La proposta di radicale modificazione del processo per la dichiarazione di nullità
Parlando della tentazione del sentimentalismo (falsa compassione), vorrei dire una parola sulla proposta assai diffusa di modificare radicalmente il processo per la dichiarazione di nullità del matrimonio, così che le parti in una causa di nullità possano ricevere più facilmente e più rapidamente una tale dichiarazione. Nella sua presentazione al concistoro straordinario e negli altri suoi interventi, il card. Kasper ha asserito che il processo per la dichiarazione di nullità del matrimonio non è di diritto divino e, perciò, potrebbe essere radicalmente alterato.
Egli ha suggerito un processo amministrativo: per esempio un incontro del vescovo o di un sacerdote designato dal vescovo con una parte che accusa il suo matrimonio di nullità in base al quale un vescovo dichiarerebbe la nullità del matrimonio. Mentre è vero che il processo, nei suoi singoli elementi, non è di diritto divino, un processo adatto a scoprire la verità del matrimonio accusato di nullità è assolutamente richiesto dalla legge divina.
L’attuale processo è il frutto della plurisecolare esperienza della Chiesa circa il giusto trattamento di un’accusa di nullità matrimoniale. Come ha magistralmente illustrato Papa Pio XII, nella sua Allocuzione alla Sacra Rota (1944), si compone di vari elementi, tutti adatti a scoprire la verità delle situazioni di naufragio matrimoniale, che sono normalmente assai complesse. Per i casi più semplici, ad esempio per il caso di una persona che ha attentato al matrimonio quando era ancora legata ad un preesistente matrimonio, esiste un processo documentale con la celerità appropriata, come spiego nel mio contributo. Alterare l’attuale processo, senza rispetto dell’evoluzione storica dello stesso, rischia di sottrarre al processo la possibilità di arrivare al suo giusto fine: un giudizio emanato con certezza morale, secondo la verità scoperta tramite lo stesso processo.
4. La Plenitudo potestatis e la potestas assoluta
In una linea simile, alcuni hanno suggerito che la pienezza della potestà (plenitudo potestatis) del romano Pontefice significa che egli potrebbe sciogliere qualsiasi matrimonio. Un tale suggerimento non fa la necessaria distinzione tra la pienezza della potestà e la potestà assoluta.
La pienezza di potestà del romano Pontefice è al servizio della verità della dottrina e della disciplina della Chiesa. Il Santo Padre esercita il suo potere con totale obbedienza a Cristo e non può prendere provvedimenti contro la verità di Cristo, appellandosi ad una potestà assoluta e perciò arbitraria. Rimane vera anche per il romano Pontefice la disciplina contenuta nel Canone 1141 del Codice di Diritto canonico:
Can. 1141 - “Il matrimonio rato e consumato non può essere sciolto da nessuna potestà umana e per nessuna causa, eccetto la morte”. La stessa disciplina di diritto divino è contenuta nel Can. 853 del Codice delle Chiese orientali.5. Il rapporto tra dottrina e disciplina
Per quanto riguarda il processo canonico per la dichiarazione di nullità del matrimonio, è frequentemente asserito che cambiamenti nel processo possono essere introdotti senza intaccare in alcun modo la dottrina sull’indissolubilità del matrimonio. Ma è più che evidente che un processo inadeguato per arrivare alla verità sul matrimonio accusato di nullità, comporterebbe una mancanza del dovuto rispetto all’indissolubilità. Infatti negli Stati Uniti, dal 1971 al 1983, è stato concesso un processo molto semplificato con la riduzione della figura del difensore del vincolo e l’effettiva eliminazione della doppia sentenza conforme.
Con il tempo e non senza ragione, il processo per la dichiarazione di nullità del matrimonio è stato qualificato popolarmente come «divorzio cattolico». In altre parole, nella percezione comune, mentre la Chiesa dichiarava l’indissolubilità del matrimonio nella sua dottrina, nella prassi permetteva a parti tenute da un legame matrimoniale di sposarsi con un’altra persona, senza che fosse previamente dimostrata la nullità del vincolo matrimoniale precedente.
Sono stato per molti anni presso la Segnatura apostolica, prima quale difensore del vincolo (1989-1995) e poi quale prefetto…
[racconto della sua vicenda personale - non l’ho sbobinata, perché non troppo interessante]6. La nuova evangelizzazione e la famiglia
[qua ho potuto fare solo un riassunto, ma si può adattare perché sono praticamente tutte parole sue]
Sinodo: ha il dovere di essere più fedele alla verità sul matrimonio e sulla famiglia.
Giovanni Paolo II, “Familiaris consortio”: famiglia cristiana: prima comunità evangelizzante, tramite educazione e catechesi. Importanza della testimonianza sulla verità della famiglia.
Momento attuale di attacco feroce alla famiglia. Ora più che mai la Chiesa deve dire la verità. Chiesa: devono dare attenzione alla santità del matrimonio, promuoverlo nella verità. Sinodo: occasione per dare ispirazione e forza alle coppie cattoliche. Deve essere fonte di aiuto alle famiglie cristiane per essere Chiesa domestica.
“Familiaris consortio”: famiglia strumento indispensabile di evangelizzazione.
Tutti i componenti della famiglia evangelizzano e sono evangelizzati, genitori e figli. Se l’evangelizzazione non si verifica nelle famiglie, non si verificherà nella Chiesa e nella società.
7. Fiducia nella legge naturale e nella grazia matrimoniale
La Chiesa non deve perdere la fiducia nella legge naturale, inscritta in ogni cuore umano e nella sua piena espressione nell’opera salvatrice del Signore. Nella nostra cultura c’è confusione sul significato della sessualità umana, che sta portando il frutto della profonda infelicità personale, che spesso porta al naufragio del matrimonio, alla corruzione dei bambini e dei giovani e all’autodistruzione.
L’attività sessuale disordinata, fuori del matrimonio e falsi messaggi costanti e potenti dei media, sulla nostra identità come uomo e donna, sono tutti segni del bisogno urgente di un’evangelizzazione che comincia nei matrimoni, nelle famiglie e, per i matrimoni, si diffonde in tutta la cultura. C’è bisogno della testimonianza ai doni distinti dell’uomo e della donna, che ambedue devono disporre al servizio di Cristo e della Chiesa, tramite una vita casta. Il matrimonio cristiano è il luogo primario di testimonianza e la tramite una vita familiare sana la nostra cultura sarà trasformata.
Nelle vite di molte coppie sante si vede tutto lo splendore della verità sul matrimonio e dell’insegnamento di Cristo. Testimoniano Gesù, perché non si deve dare il libretto di ripudio, com’è scritto nel Vangelo. È scritto anche: «L’uomo non separi quello che Dio ha congiunto». Gesù ha concesso una grazia sovrabbondante per portare a compimento la legge. Dio concede la grazia perché il matrimonio sia duraturo.
Conclusione
Viviamo il tempo di un attacco veramente feroce al matrimonio, che cerca di offuscare e macchiare la bellezza sublime dello stato matrimoniale, come Dio lo ha voluto dall’inizio, dalla creazione. Il divorzio è diventato comunissimo, come anche comunissima la pretesa di rimuovere dall’unione coniugale, con ogni mezzo esterno, la sua essenza procreativa. E adesso la cultura è andata ancora oltre nel suo affronto a Dio e alla sua legge, pretendendo di dare il nome di matrimonio ai rapporti sessuali tra persone dello stesso sesso.
Persino nella Chiesa ci sono quelli che oscurano la verità sull’indissolubilità del matrimonio nel nome della misericordia, che accettano la violazione dell’unione coniugale nel nome della comprensione pastorale e che, nel nome della tolleranza, rimangono zitti di fronte all’attacco sull’essenza del matrimonio, quale unione di un uomo e di una donna.
Ci sono anche quelli che negano che gli sposati ricevono la grazia particolare a vivere eroicamente un amore fedele, duraturo e procreativo, mentre il Signore stesso ci ha assicurato che Dio dà agli sposati la grazia per vivere quotidianamente la loro vita il mistero della loro unione, secondo la verità evangelica. Nell’attuale situazione la nostra testimonianza e, specialmente, la testimonianza degli sposati ha lo splendore della verità del matrimonio e deve essere limpida e coraggiosa. Dobbiamo essere pronti a soffrire, come i nostri confratelli cristiani hanno sofferto lungo i secoli, per onorare e promuovere il santo matrimonio.
Prendiamo come nostri modelli san Giovanni Battista, san Giovanni Fisher, san Thomas More e tanti altri che hanno dato la loro vita nella testimonianza integra a Cristo e alla sua Parola. Di fronte alla confusione e agli errori sul santo matrimonio, che satana sta diffondendo così ampiamente nella nostra cultura, seguiamo il loro esempio e invochiamo la loro intercessione.
chiesa e postconcilio, 27/05/2015
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