domenica 2 febbraio 2014

FFI, Kafka, Curia da' i numeri...




di Marco Tosatti


La strana, e per certi versi kafkiana vicenda dei Francescani dell’Immacolata ha vissuto nei giorni scorsi un altro capitolo, che ha messo in rilievo la difficoltà crescente di alcuni pezzi di Curia di chiarire e gestire l’operazione. Il 31 gennaio scorso il cardinale João Braz de Aviz, prefetto della Congregazione per i religiosi, e il segretario della medesima Congregazione José Rodríguez Carballo hanno tenuto una conferenza stampa.
Alla fine della stessa il segretario Carballo, secondo le agenzie di stampa, dichiarava: “Il commissariamento dei Francescani dell’Immacolata è partito dopo una visita apostolica durante la quale il 74 per cento dei membri ha dichiarato, in forma scritta, un intervento urgente della Santa Sede per risolvere i problemi interni dell’istituto, proponendo o un capitolo generale straordinario, presieduto da un rappresentante del dicastero, o il commissariamento dell’istituto da parte della Santa Sede…”.
I dati che si ricavano dalle risposte a un questionario dato ai frati dal Visitatore Apostolico mons. Todisco danno cifre diverse. Vi rimandiamo a questo articolo per un esame completo, e ci limitiamo a dire che dal computo sarebbero stati favorevoli al commissariamento non il 74 per cento dei frati , ma al massimo il 45 per cento. Diciamo al massimo perché nella risposta il commissariamento era posto in alternativa a un capitolo generale straordinario.
Lasciamo agli amanti del clericalese il pieno godimento della frase finale, secondo cui un commissariamento, tuttavia, “non è mai una punizione per la Santa Sede” bensì una “benevola attenzione che esprime la maternità della Chiesa”.
Ma resta un grande mistero. E’ stato detto nella conferenza stampa che i problemi sulla Messa Antica, cioè la celebrazione secondo il “Vetus Ordo”, “non è assolutamente il motivo principale di tale intervento”. Sarà, ma intanto, per i frati, ci vuole il permesso per celebrare la Messa nel “Vetus Ordo”; ci vuole il permesso per usare il “Rituale Romanum” nella forma antica; ci vuole il permesso per celebrare la liturgia delle Ore nel “Vetus Ordo”. E nella sua lettera di risposta a un articolo, il commissario il cappuccino Fidenzio Volpi, parlava di “deriva cripto-lefebvriana”. Ma il motivo reale per cui un ordine religioso fiorente, fedele al Papa e alla Chiesa è stato ed è trattato con una durezza che ben altri meriterebbero è ancora un mistero. E la non trasparenza delle autorità su questo punto non rende certamente un buon servizio al Papa, e autorizza ogni ipotesi. 





La Stampa   2 febbraio 2014

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