Il prefetto della Congregazione per il Clero, il card. Mauro Piacenza, ha concesso ad "Aci Prensa" un'intervista in esclusiva sulla situazione del sacerdozio nel monod. Estrapoliamo due domande e due risposte, relative al celibato sacerdotale (in relazione anche agli scandali sessuali) e al sacerdozio femminile.
Alcuni credono che questa “crisi” sia ancora un argomento in più per delle “pretese riforme” nel modo di guardare al sacerdozio. Si parla, per esempio, di preti sposati come di una soluzione tanto alla solitudine del sacerdote quanto alla mancanza di vocazioni sacerdotali. Cosa significa veramente la “riforma del clero” nel pensiero e nel magistero del Santo Padre Benedetto XVI ?
Chi argomenta così, se fosse seguito, creerebbe un crack inaudito. I rimedi suggeriti aggraverebbero terribilmente i mali e seguirebbero la logica inversa al Vangelo. Si parla di solitudine? Ma perché, Cristo è forse un fantasma? La Chiesa è un cadavere o è viva? I santi sacerdoti dei secoli passati sono stati uomini anormali? La santità è un’utopia, è affare di pochi predestinati, oppure è una vocazione universale, come il Concilio Vaticano II ci ha ricordato? Non si deve abbassare ma piuttosto alzare il tono: questa è la strada.
Se la salita è ardua si devono prendere vitamine, ci si deve rinforzare e, fortemente motivati, si sale con tanta gioia nel cuore. Vocazione significa “chiamata” e Dio continua a chiamare, ma bisogna poter ascoltare e, per ascoltare, bisogna non avere tappi nelle orecchie, bisogna fare silenzio, bisogna poter vedere esempi e segni, bisogna avvicinare la Chiesa come il Corpo, nel quale accade sempre l’avvenimento dell’Incontro con Cristo. Per essere fedeli bisogna essere innamorati.
Obbedienza, castità nel celibato, dedizione totale nel servizio pastorale senza limiti di calendario e di orario, se si è davvero innamorati non sono percepiti come costrizioni ma come esigenze dell’amore che costitutivamente non potrebbe non donarsi. Non sono tanti “no” ma un grande “sì” come quello della Santa Vergine all’Annunciazione.
La riforma del Clero? È ciò che io invoco da quando ero seminarista e poi giovane prete (parlo degli anni 1968-1969) e mi colma di gioia sentire come il Santo Padre invochi continuamente tale riforma come tra le più urgenti e necessarie nella Chiesa. Ma ricordiamoci, la riforma di cui si parla non è “mondana” bensì “cattolica”! Credo che, in estrema sintesi, si possa dire che al Santo Padre sta a cuore un Clero certo e umilmente orgoglioso della propria identità, completamente immedesimato con il dono di grazia ricevuto e per il quale, conseguentemente, sia chiara la distinzione tra “Regno di Dio” e mondo.
Un Clero non secolarizzato, non succube delle mode passeggere e dei costumi del mondo, non schiavo delle mentalità dominanti e delle lusinghe poste in atto dallo spirito del mondo. Un Clero che riconosca, viva e proponga il primato di Dio e, da tale primato, sappia far discendere tutte le conseguenze. Più semplicemente la riforma consiste nell’essere ciò che dobbiamo essere e cercare ogni giorno di diventare ciò che siamo. Si tratta pure di non confidare tanto nelle strutture, nelle umane programmazioni, quanto piuttosto nella forza dello Spirito.
Si parla spesso anche di “sacerdozio femminile”. Infatti, esiste negli Stati Uniti un movimento che pretende ed esige il sacerdozio e l’ordinazione di vescovi donne, e che affermano di aver ricevuto tale mandato dai successori degli apostoli.
La Tradizione apostolica, in questo senso, è di chiarezza assolutamente inequivocabile. La grande ed ininterrotta Tradizione ecclesiale ha sempre riconosciuto che la Chiesa non ha ricevuto da Cristo il potere di conferire l’Ordinazione alle donne. Ogni altra rivendicazione ha il sapore della auto-giustificazione ed è, storicamente e dogmaticamente, infondata.
In questo senso, la Chiesa non può “innovare” semplicemente perché non ne ha il potere. La Chiesa non ha un potere superiore a quello di Cristo! Laddove alla guida di talune Comunità non cattoliche vediamo delle donne, non dobbiamo meravigliarci perché laddove non è riconosciuto il Sacerdozio ordinato, la guida ovviamente è affidata ad un fedele laico e, in tale caso, che differenza fa se tale fedele è uomo o donna? La preferenza dell’uno sull’altra sarebbe solo un dato sociologico e quindi mutevole, in evoluzione. Se fossero solo uomini allora sarebbe discriminante.
La questione non è fra uomini e donne ma fra fedeli ordinati e fedeli laici e la Chiesa è gerarchica perché Gesù Cristo l’ha fondata così. Il Sacerdozio ordinato, proprio della Chiesa Cattolica e delle Chiese Ortodosse, è riservato agli uomini e questo non è discriminazione della donna ma semplice conseguenza dell’insuperabile storicità dell’evento dell’Incarnazione e della paolina Teologia del corpo mistico, nel quale ciascuno ha il proprio ruolo e si santifica e produce frutto nella coerenza al proprio posto.
Se poi si interpreta tutto ciò in chiave di potere, allora siamo completamente fuori strada, poiché nella Chiesa solo la Beata Vergine Maria è addirittura “onnipotenza supplice”, come nessun altro mai, per cui una donna è ben più potente di San Pietro. Ma Pietro e la Vergine hanno ruoli diversi ed entrambi essenziali. Ciò è sentito molto anche in non pochi ambienti della Comunione anglicana.
di Marco Tosatti
fonte http://www.lastampa.it/_web/CMSTP/tmplrubriche/giornalisti/grubrica.asp?ID_blog=196&ID_articolo=1420
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