Ave Maria ora pro nobis
di Riccardo Cascioli
Non si può fare a meno di notare la strana coincidenza che si è verificata sabato 15 ottobre a Roma. Nelle stesse ore in cui circa 2mila giovani mettevano a ferro e fuoco la capitale, qualche altro migliaio di giovani, nella stessa capitale, si trovava a poca distanza per rispondere all’appello per una nuova evangelizzazione: facendo festa, ascoltando testimonianze di religiosi e laici e infine accogliendo con un grandissimo calore le parole del papa Benedetto XVI, una cui sintesi potete leggere nell’articolo di Massimo Introvigne in primo piano.
Certo, su giornali e tv ci sono finiti i primi, ma non ci deve scandalizzare: sappiamo da sempre che fa più rumore un albero che cade di una foresta che cresce. Eppure quella coincidenza è già un giudizio netto.
L’indignazione può essere in sé provocata comprensibilmente da ingiustizie, ma alla fine genera soltanto rabbia e violenza. E non ingannino i tanti distinguo tra chi manifestava pacificamente e i violenti. Anche senza gli incidenti gravi che ci sono stati, la manifestazione dei cosiddetti “indignados” sarebbe stata violenta, anche se non fisica. Perché l’indignazione fa violenza al cuore dell’uomo, che esige felicità, che desidera il significato di sé e della realtà, che è fatto per costruire, per camminare verso una meta. L’indignazione nega la realtà, scarica su un altro o sul sistema la responsabilità della propria infelicità, della mancanza di senso. Prende come alibi le responsabilità di altri per giustificare il proprio disimpegno dalla realtà.
L’uomo è davvero pacifico quando ha una méta chiara, quando intravede il senso del proprio cammino. E si muove perché affascinato da una bellezza, come appariva evidente osservando nell’Aula Paolo VI le migliaia di giovani e meno giovani, appartenenti a tanti movimenti e aggregazioni ecclesiali, che hanno partecipato all’incontro sulla nuova evangelizzazione.
Solo questi giovani possono essere una risposta esauriente alla violenza dei primi. Come ha detto il Papa: «L’uomo contemporaneo è spesso confuso e non riesce a trovare risposta a tanti interrogativi che agitano la sua mente in riferimento al senso della vita e alle questioni che albergano nel profondo del suo cuore. L’uomo non può eludere queste domande che toccano il significato di sé e della realtà, non può vivere in una sola dimensione! Invece, non di rado, viene allontanato dalla ricerca dell’essenziale nella vita, mentre gli viene proposta una felicità effimera, che accontenta per un momento, ma lascia, ben presto, tristezza e insoddisfazione».
Crescere nella fede, viverla e annunciarla è allora decisivo per i tanti che cercano una risposta alle loro attese più profonde, e per sradicare dal cuore dell’uomo quella violenza di cui l’indignazione è solo la prima manifestazione.
La Bussola Quotidiana 17-10-2011
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