martedì 5 aprile 2011

La dottrina eucaristica di san Tommaso d'Aquino (II parte)


Nella dottrina eucaristica del Dottore angelico, il Christus passus presente nel Sacramento dell'altare non è il Christus patiens, il Cristo che soffre ora, ma il Cristo che ha sofferto, prefigurato dall'agnello pasquale, il quale costituisce un sacrificio assolutamente perfetto, perché, avendo una carne passibile e mortale, era adatto all'immolazione.


Nei passi che contengono direttamente l'espressione "Christus passus", la menzionata posizione "esterioristica" è dimostrata soprattutto dall'affermazione che il "Christus passus" fu prefigurato dall'agnello pasquale.

Ma perché la figura dell'agnello pasquale dimostra la veracità della posizione "esterioristica"? Qui è importante sottolineare il motivo per cui l'agnello pasquale è la figura del "Christus passus": questo motivo si fonda sulla sua immolazione. Cercando quindi che cosa significhi l'immolazione nei testi di san Tommaso, vediamo che il Dottore angelico intende sotto la voce "immolari" ("immolare") ciò che viene fatto esternamente sulla vittima.

Citiamo alcuni passi: «...l'immolazione dell'agnello pasquale figurava l'uccisione del Cristo...». «Come la celebrazione di questo sacramento è l'immagine rappresentativa della passione di Cristo, così l'altare rappresenta la sua croce, sulla quale Cristo venne immolato nel suo aspetto proprio». «...la celebrazione di questo sacramento... è un'immagine rappresentativa della passione di Cristo, che è una vera immolazione... In base dunque al primo motivo si può dire che Cristo veniva immolato anche nelle figure dell'Antico Testamento, per cui nell'Apocalisse [13, 8] si legge: "I nomi dei quali non sono scritti nel libro della vita dell'Agnello, il quale è stato immolato [ucciso] fin dall'origine del mondo». «Sebbene la verità corrisponda in parte alla figura, non le corrisponde però in tutto: poiché la realtà deve superare la figura che la rappresenta. Era giusto quindi che la figura di questo sacrificio, in cui viene offerta per noi la carne di Cristo, fosse non la carne umana, bensì la carne degli animali che prefiguravano tale offerta. La quale costituisce il sacrificio assolutamente perfetto..., perché essendo una carne passibile e mortale, era adatta all'immolazione».

Dai passi citati è rilevabile che all'immolazione corrisponde l'uccisione della vittima, cioè la separazione del sangue dal corpo. Ne segue che l’Aquinate, parlando del "Christus passus", intende "il Cristo immolato, nello stato di separazione del suo sangue dal suo corpo".

Ma in che modo Cristo immolato è contenuto nel sacramento dell'Eucaristia? Parlando del "Christus passus" e non del "Christus patiens", san Tommaso non parla del Cristo che adesso soffre, ma del Cristo che ha subito la sofferenza in passato. L'Aquinate afferma inoltre: «[…] Non avendo la divinità mai lasciato il corpo che assunse, dovunque si trova il corpo di Cristo ci deve essere anche la sua divinità... L'anima invece fu realmente separata dal corpo... Se quindi in quel triduo di morte fosse stato celebrato questo sacramento, l'anima non vi sarebbe stata presente né in forza del sacramento, né per concomitanza naturale. Ma poiché Cristo risorto dai morti non muore più, come dice S. Paolo (Rm 6,9), la sua anima è sempre realmente unita al corpo. E così in questo sacramento il corpo di Cristo è presente in forza del sacramento stesso, I 'anima invece per reale concomitanza».

Ne deriva che l'unico caso possibile in cui l'Eucaristia potrebbe contenere in un certo senso la stessa passione di Cristo, cioè contenere il Corpo del Signore senza la sua anima (e similmente il Corpo e il Sangue veramente separati), sarebbe quello ipotetico della celebrazione della Messa nel triduo della morte del Signore: altrimenti ciò è del tutto impossibile ed escluso.
In effetti lo stesso Dottore Angelico ha affermato che «...questo sacramento è segno della passione di Cristo e non la passione stessa».

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