Prima antimoderno, poi dialogante col modernismo, infine "pentito" dei suoi errori. Di certo c'è che ha contribuito alla secolarizzazione della Chiesa. Il 50esimo anniversario della morte permette di considerare quanto sia relegato a un'epoca trascorsa il filosofo Jacques Maritain, che pure ha entusiasmato molti nell'epoca conciliare.
Stefano Fontana, 20-02-2023
In questo 2023 ricorrono 50 anni dalla morte di Jacques Maritain (1882-1973). Non si può dire che sia passato molto tempo, ci sono ricorrenze molto più lunghe e ciononostante i personaggi ricordati dimostrano una sorprendente attualità. Non è così per Maritain, che appare invece un esempio di un’epoca ormai trascorsa. Ricordarlo comporta quindi una certa stanca tristezza, anche di tipo intellettuale.
La sua biografia filosofica dice che purtroppo ha finito per scontentare tutti. Era partito come antimoderno, poi con Umanesimo integrale (1936) ha preso le distanze dalla cristianità, quindi ha pensato ad una nuova cristianità che si interfacciava col modernismo, infine ne Il contadino della Garonna (1966) ha fatto ammenda di alcuni errori, compreso quest’ultimo. Aveva entusiasmato molti, ma ne ha delusi altrettanti perché non esiste un solo ed unico Maritain. L’esame di coscienza del Contadino della Garonna non era così radicale da riconquistare la fiducia degli antimoderni, e non era nemmeno così di maniera da soddisfare i modernisti. Oggi ci si guarda intorno e non si vede quasi nessuno che si rifaccia al suo pensiero. Circoli intitolati a Maritain ce ne sono ancora in giro per l’Italia ma sono esempio di una infatuazione di un tempo.
Eppure, la sua vicenda è stata un passaggio molto importante nella cultura cattolica e nella filosofia cristiana. Ha provocato una transizione che oggi appare superata solo perché si è andati ormai molto oltre. La sorte di Maritain è stata di fare da tramite, di provocare un transito, di favorire un passaggio ad una fase post-maritainiana nella quale era fatale egli venisse dimenticato. Una volta effettuato il guado, la barca che lo ha permesso non serve più a nulla e viene abbandonata, dato che indietro è impossibile tornare dopo il nuovo approdo.
Una volta ricusato senza appello e in modo decisamente frettoloso l’ideale della cristianità in Umanesimo integrale (1936), Maritain fece una proposta impossibile: una nuova cristianità senza Cristo e fondata sull’uomo, meglio: sulla persona. Cristianesimo e democrazia (1943) e L’uomo e lo Stato (1951) sono due testi insostenibili, la loro tesi centrale non regge. Riletti oggi dicono di una ingenuità sorprendente. Su quelle basi non si poteva costruire nulla, solo fare da ponte verso altro.
La persona, secondo Maritain, era frutto del cristianesimo ma non tanto come religione quanto come animatore di civiltà. Prodotta dal cristianesimo, essa comportava una dimensione laica. Poteva essere condivisa da appartenenti ad altre religioni e anche da atei. Sulla persona era quindi possibile fondare una morale politica democratica, una fede secolare, che egli chiamava “nuova cristianità” appunto nel senso della sua laicità. La religione cristiana, dopo aver prodotto quel concetto, doveva come ritirarsi dalla vita pubblica, pena il ritorno alla vecchia e vituperata cristianità, e lasciare che i cristiani, non più da cristiani ma solo da cittadini come tutti gli altri, quindi in modo anonimo e invisibile, testimoniassero il loro impegno.
Il progetto presentava evidenti falle. Per esempio, se il concetto di persona ha avuto bisogno della religione cristiana per nascere e consolidarsi, come avrebbe potuto sopravvivere integro se la religione cristiana si fosse ritirata? Il principio di qualche cosa non è solo l’inizio, ma soprattutto il fondamento. Romano Guardini corresse questo grave errore sostenendo ne La fine dell’epoca moderna (1950) che il concetto di persona nato dal cristianesimo è destinato a corrompersi con il ritiro del cristianesimo dalla scena pubblica a seguito della secolarizzazione della modernità.
Un secondo esempio: le altre religioni e l’ateismo non possono convergere in un concetto di persona conforme a quello generato dal cristianesimo. Una idea di persona neutra, pre-religiosa o pre-atea non esiste. Maritain avrà forse pensato al concetto naturale di persona, quello cui anche la ragione umana da sola può arrivare e avrà ritenuto che siccome questa ragione umana è presente in tutti gli uomini, è possibile convergere su di essa mettendo da parte le rispettive religioni. Ma così si dimentica che la natura è sì autonoma nel proprio ordine, ma solo in teoria, dato che per esserlo realmente dovrebbe essere una natura pura, che non esiste e affermarlo è una eresia. Su questo ed altri punti fondamentali il grande e acutissimo confutatore di Maritain è stato Étienne Gilson.
Nonostante la sua fragilità, il progetto di Maritain abbagliò molti e divenne una allucinazione molto diffusa nella Chiesa dell’epoca conciliare. Ma non fece che accelerare il processo di secolarizzazione, ridusse l’impegno sociale e politico ad un fatto di coscienza individuale del credente e non più un fatto di Chiesa, preparò la ben più devastante “scelta antropologica” della teologia postconciliare e, con la pretesa di distinguere, finì per separare fede e impegno politico. Oggi la Chiesa è andata molto oltre queste posizioni, ed è per questo che di Maritain nessuno si ricorda più, tranne qualche nostalgico come Giovanni Cucci su La Civiltà Cattolica del 4 febbraio.
La sua biografia filosofica dice che purtroppo ha finito per scontentare tutti. Era partito come antimoderno, poi con Umanesimo integrale (1936) ha preso le distanze dalla cristianità, quindi ha pensato ad una nuova cristianità che si interfacciava col modernismo, infine ne Il contadino della Garonna (1966) ha fatto ammenda di alcuni errori, compreso quest’ultimo. Aveva entusiasmato molti, ma ne ha delusi altrettanti perché non esiste un solo ed unico Maritain. L’esame di coscienza del Contadino della Garonna non era così radicale da riconquistare la fiducia degli antimoderni, e non era nemmeno così di maniera da soddisfare i modernisti. Oggi ci si guarda intorno e non si vede quasi nessuno che si rifaccia al suo pensiero. Circoli intitolati a Maritain ce ne sono ancora in giro per l’Italia ma sono esempio di una infatuazione di un tempo.
Eppure, la sua vicenda è stata un passaggio molto importante nella cultura cattolica e nella filosofia cristiana. Ha provocato una transizione che oggi appare superata solo perché si è andati ormai molto oltre. La sorte di Maritain è stata di fare da tramite, di provocare un transito, di favorire un passaggio ad una fase post-maritainiana nella quale era fatale egli venisse dimenticato. Una volta effettuato il guado, la barca che lo ha permesso non serve più a nulla e viene abbandonata, dato che indietro è impossibile tornare dopo il nuovo approdo.
Una volta ricusato senza appello e in modo decisamente frettoloso l’ideale della cristianità in Umanesimo integrale (1936), Maritain fece una proposta impossibile: una nuova cristianità senza Cristo e fondata sull’uomo, meglio: sulla persona. Cristianesimo e democrazia (1943) e L’uomo e lo Stato (1951) sono due testi insostenibili, la loro tesi centrale non regge. Riletti oggi dicono di una ingenuità sorprendente. Su quelle basi non si poteva costruire nulla, solo fare da ponte verso altro.
La persona, secondo Maritain, era frutto del cristianesimo ma non tanto come religione quanto come animatore di civiltà. Prodotta dal cristianesimo, essa comportava una dimensione laica. Poteva essere condivisa da appartenenti ad altre religioni e anche da atei. Sulla persona era quindi possibile fondare una morale politica democratica, una fede secolare, che egli chiamava “nuova cristianità” appunto nel senso della sua laicità. La religione cristiana, dopo aver prodotto quel concetto, doveva come ritirarsi dalla vita pubblica, pena il ritorno alla vecchia e vituperata cristianità, e lasciare che i cristiani, non più da cristiani ma solo da cittadini come tutti gli altri, quindi in modo anonimo e invisibile, testimoniassero il loro impegno.
Il progetto presentava evidenti falle. Per esempio, se il concetto di persona ha avuto bisogno della religione cristiana per nascere e consolidarsi, come avrebbe potuto sopravvivere integro se la religione cristiana si fosse ritirata? Il principio di qualche cosa non è solo l’inizio, ma soprattutto il fondamento. Romano Guardini corresse questo grave errore sostenendo ne La fine dell’epoca moderna (1950) che il concetto di persona nato dal cristianesimo è destinato a corrompersi con il ritiro del cristianesimo dalla scena pubblica a seguito della secolarizzazione della modernità.
Un secondo esempio: le altre religioni e l’ateismo non possono convergere in un concetto di persona conforme a quello generato dal cristianesimo. Una idea di persona neutra, pre-religiosa o pre-atea non esiste. Maritain avrà forse pensato al concetto naturale di persona, quello cui anche la ragione umana da sola può arrivare e avrà ritenuto che siccome questa ragione umana è presente in tutti gli uomini, è possibile convergere su di essa mettendo da parte le rispettive religioni. Ma così si dimentica che la natura è sì autonoma nel proprio ordine, ma solo in teoria, dato che per esserlo realmente dovrebbe essere una natura pura, che non esiste e affermarlo è una eresia. Su questo ed altri punti fondamentali il grande e acutissimo confutatore di Maritain è stato Étienne Gilson.
Nonostante la sua fragilità, il progetto di Maritain abbagliò molti e divenne una allucinazione molto diffusa nella Chiesa dell’epoca conciliare. Ma non fece che accelerare il processo di secolarizzazione, ridusse l’impegno sociale e politico ad un fatto di coscienza individuale del credente e non più un fatto di Chiesa, preparò la ben più devastante “scelta antropologica” della teologia postconciliare e, con la pretesa di distinguere, finì per separare fede e impegno politico. Oggi la Chiesa è andata molto oltre queste posizioni, ed è per questo che di Maritain nessuno si ricorda più, tranne qualche nostalgico come Giovanni Cucci su La Civiltà Cattolica del 4 febbraio.
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