sabato 11 giugno 2022

Francesco e la liturgia: arsenico nei vecchi merletti




Con le parole sui "merletti" rivolte al clero siciliano, Papa Francesco sottopone la liturgia alla volubilità delle mode, tanto che il Concilio avrebbe lanciato la sua. Però oggi nella Chiesa si accettano miriadi di abusi e violenze a sacramenti e liturgia, come la veglia gay di Pescara dove due lesbiche hanno predicato dall'altare. Per queste "liturgie" che deturpano il sacro invece le porte sono aperte perché il processo deve andare avanti.



LE PAROLE DEL PAPA


Andrea Zambrano  11-06-2022

Per un attimo si è pensato che il vero problema della Sicilia fossero il traffico e i pizzi e merletti dei suoi preti, ma Papa Bergoglio non è Johnny Stecchino e quindi qualche cosa di più profondo ci sarà. Infatti, il discorso al clero siciliano dell’altro giorno non mira a mettere in guardia i preti isolani da usi e costumi di una moda vecchia che in realtà nessuno segue più (“i merletti della nonna”) perché in Sicilia non c’è un’emergenza pizzi da bonificare, semmai di pizzo, ma questo è un altro discorso. Non è una terra che necessiti di chissà quale operazione “demerlettizzazione siciliana” dato che lo standard al di là dello Stretto è il medesimo di quello del clero continentale, cioè sul dimesso andante.


Il sospetto è che abbia voluto colpire la solita tradizione e la cosiddetta Messa in latino, quella che già è stata fortemente umiliata dal Traditionis custodes e che ora viene colpita con battute che non hanno nulla della dignità pontificia. È alla Messa vetus ordo, infatti, che i merletti e i tricorni rimandano nel linguaggio cosiddetto dello spirito del Concilio, perché di quella Messa ne sono diventati i simboli in negativo.

Come se, infatti, il problema della perdita di fede della Sicilia come nel resto del mondo fossero i merletti delle vesti liturgiche, ammesso che ci siano parroci che ancora ne usino.

Francesco sembra mostrare grande fastidio proprio per questa sensibilità. Vengono in mente gli slogan anni '70: “C’è stato un concilio”, “svecchiare la moda liturgica”, “liturgia da pizzi e merletti”, “puzza di sagrestia” sono infatti espressioni che oggi, con la scristianizzazione in atto, sembrano vintagerie.
  


C'è stato un tempo in cui questo pensiero progressista ha smontato altari e venduto ai robivecchi parati del ‘700 perché ormai non più al passo della rivoluzione liturgica che è andata in scena dopo il Concilio, ma non col Concilio, dato che la stessa Costituzione Conciliare sulla Sacra Liturgia non invita affatto a dismettere un orlo di merletto sulle vesti corali dei preti. Perché il punto non è questo.

In loro vece abbiamo avuto l’invasione del terital e soprattutto una bruttezza dappertutto. Ovunque: sull’altare, nell’abbigliamento dei preti, nell’arte. Un’invasione di brutto ha preso possesso delle chiese con la scusa della povertà, dimenticando che la povertà finisce ai piedi dell’altare, l’unico luogo in cui anche il poverello d’Assisi esigeva suppellettili e ornamenti preziosi financo d’oro e argento.

E direttamente proporzionale a questo brutto che avanzava, è cresciuta anche la perdita della fede di una fetta sempre più grande di popolazione. Domande? Interrogativi?



In fondo, il problema che Papa Bergoglio ha messo in campo è questo: egli pensa che la Chiesa avanzi seguendo le mode del tempo. E che dunque anche il Vaticano II abbia lanciato una moda. Se fosse così, allora nessuno in Sicilia più di Dolce & Gabbana potrebbe mostrarci la bellezza dei pizzi. Ma la liturgia non è moda, né ai gusti personali è sottoposta. Tutto nella liturgia, soprattutto quella antica, ha un signifcato preciso e non un vezzo. Incardinandola dentro una sensibilità puramente estetica, togliendole dunque la sua sostanza razionale e divina, non si corre semmai il rischio di usarla per fini ideologici e dunque impoverirla? A farne le spese sarebbe il sacro, parola che nelle battute di Francesco non torna mai, chissà perché?

Certo, a nessuno fa piacere sentirsi dire del “merlettaro” per il semplice fatto che indossa una talare e sopra di esso un abito corale con appunto un orlo ricamato il più delle volte con segni che richiamano la passione o la redenzione, perché in fondo il riferimento ai merletti è a questo. Ignoriamo poi quali siano e di chi le foto sottoposte all’attenzione del Papa e quale prete isolano oggi stia tremando in attesa che arrivino, mandate dai vescovi, tricoteuses giacobine pronte a fare strame di quel ricamo così ardito manco fossero le scandalose gambe delle gemelle Kessler in diretta tv.


Resta un interrogativo: perché puntare sempre il dito contro il cosiddetto “tradizionalismo” senza curarsi di quelle esperienze che dalla tradizione portano frutto, tralasciando la valanga di oscenità liturgiche alle quali assistiamo impunemente da 50 anni?

Per rimanere alla cronaca, ieri la Bussola riferiva di un incontro a Pescara nel quale hanno parlato all’altare due lesbiche. Perché nessuno va a chiedere ai preti abruzzesi “come va con la liturgia?”. E perché non fanno orrore tutte le mostruosità nelle quali non solo la liturgia, ma anche il corpo di Cristo è stato calpestato? Questi abusi, forse, sono funzionali ad aprire processi?

Il blog Messa in latino raccoglie da diverso tempo in una rubrica chiamata Novus Horror Missae una immensità di violenze liturgiche da far impallidire un pregiudicato. Solo per rimanere all’ultimo anno: preti in parrucca, Credo stravolto, danze grottesche di suore durante la Messa, presepi fatti a forma di mascherina, preti che scorrazzano in bicicletta in chiesa, barche e barconi per una celebrazione sui migranti, messe balneari etc etc... il catalogo può proseguire all’infinito.

Ma per questi abusi, per queste brutture, per queste oscenità che violentano il sacro cui dovrebbero invece inginocchiarsi secondo le leggi della Chiesa, nessuna rampogna. Perché? Questa è dunque la moda da seguire? Una liturgia clownesca dove l'uomo è al centro con le sue pulsioni? Se quella liturgica è una moda passeggera che cambia, allora vuol dire che non è eterna perché destinata a passare. Dunque, non sarà peccato non seguirla e rispedirla al mittente con tanti saluti. E qual è la liturgia adatta a questi tempi? Qual è il sacro che si conviene ai giorni nostri per evitare che nei vecchi merletti finisca l'arsenico dell'ideologia dello spirito del Concilio?





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