di Corrado Gnerre
Paradiso (in ebraico “gan”, in persiano “pairidaeza”, che vuol dire “giardino”; in greco “paradeisos”, che vuol dire ugualmente “giardino”) fu detto il giardino di delizie dove furono posti i nostri progenitori. Ora questo termine indica il Cielo, dove i beati godranno la felicità eterna.
L’Antico Testamento
L’Antico Testamento tratta del fine ultimo dell’uomo e della sua salvezza.
Si ricorda lo “sceol” (2 Maccabei 7) dove andavano gli antichi giusti in attesa di seguire il Redentore al Cielo.
Non si parla però della visione beatifica, se non in modo oscuro: “Mi riempirai di gaudio col tuo volto” (Salmo 15,11).
E ancora: “giusti vivranno in eterno e presso il Signore è la loro ricompensa.” (Sapienza 3,16).
Il Nuovo Testamento
“I benedetti dal padre risplenderanno come il sole nel regno del Padre.” (Matteo 13,43).
Dice San Paolo: “Vediamo ora attraverso uno specchio in un mistero. Allora, invece, faccia a faccia. Ora conosco in parte, allora, invece, conoscerò come sono conosciuto.” (1 Corinzi 19,12).
Le beatitudini
La beatitudine è gloria perfetta nel Paradiso. Essa consiste nella visione beatifica come beatitudine essenziale, a cui si aggiungono altri doni come beatitudine accidentale.
La beatitudine essenziale
Ciò che forma la gioia essenziale dei beati del paradiso è la visione di Dio. Essa è la cognizione chiara, intuitiva (da intendersi come vedere direttamente e immediatamente senza mediazione di creature) e facile, non però comprendente, di Dio come è in sé. Ovvero non si riuscirà mai comprendere totalmente Dio.
Il principio della visione beatifica è il Lume di gloria, che è un abito soprannaturale che perfeziona l’intelletto e lo rende capace di vedere Dio intuitivamente.
A riguardo bisogna distinguere due oggetti:
Un oggetto primario.
U oggetto secondario.
L’oggetto primario della visione beatifica è Dio stesso. I Beati perciò vedono faccia a faccia Dio, Uno e Trino, la sua natura ed essenza, i suoi attributi, le Persone e le processioni. Vedono anche il Divin Verbo nella sua natura Divina e Umana.
L’oggetto secondario sono le creature conosciute in Dio. Alcuni teologi asseriscono che i Beati in Dio vedono tutte le cose. San Tommaso dice che ciascun Beato vede tutto ciò che lo riguarda. Ragione di questa limitazione, secondo l’Aquinate, è il maggiore o minore grado di gloria, che dà un lume più o meno grande nella visione intuitiva. Infatti, i Beati vedono tutto Dio, ma non totalmente essendo infinito e non potendosi perciò avere dalla creatura una visione onnicomprensiva. Secondo questo grado è più o meno intensa la chiarezza della visione e più o meno estesa secondo il grado di gloria.
La visione beatifica porta con sé l’amore beatifico col quale i beati amano Dio perfettamente.
La beatitudine accidentale
La beatitudine accidentale consiste nel gaudio proveniente dai beni creati. Se la gioia del possesso di Dio nel Paradiso si può contrapporre alla pena del danno nell’Inferno, la beatitudine accidentale si può contrapporre alla pena del senso. I Beati, infatti, avranno insieme al possesso di Dio ogni bene, senza alcun male. Anima e corpo saranno nella piena felicità.
Ma vediamola nei particolari questa piena felicità:
Non ci saranno più lacrime.
Non ci saranno più lutti.
Non ci sarà più dolore.
Non ci sarà più fame.
Non ci sarà più sete.
Non si patiranno più le intemperie.
Non si avvertirà più il morso della concupiscenza.
Fra i beni della beatitudine accidentale del Cielo viene indicata anche l’aureola (corona d’oro) e cioè una speciale ricompensa riguardante che sarà data ad alcuni Santi e cioè ai Martiri, ai Vergini e ai Dottori. Essa corrisponde al triplice combattimento: contro il mondo, la carne e il demonio.
Due questioni legate al Paradiso
Ci sono due questioni legate al Paradiso. Sono:
L’incomprensibilità della beatitudine.
Che cosa effettivamente esso sia.
La gloria e la felicità del paradiso non sono descrivibili né comprensibili totalmente su questa terra. Spesso ci si domanda: ma cosa si farà? Come si potrà essere veramente felici facendo sempre la stessa cosa per l’eternità?
Sant’Alfonso, nel suo Apparecchio alla Morte, utilizza questo esempio: “Se a un cavallo dicessero che il padrone fa un grande pranzo, ammesso che potesse capire, intenderebbe che il padrone imbandisce un pranzo con avena e fieno di prima qualità. Molto meno intendiamo noi dei doni che ci sono riservati in cielo.”
Per quanto riguarda cosa effettivamente sia il Paradiso, va detto che Gesù non ha rivelato dove si trovi il Paradiso. Alcuni teologi, parlando dei “cieli nuovi e terra nuova” che si avranno alla fine del mondo, pensano che i corpi glorificati potranno discendere anche in questa terra purificata e bella.
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