Oggi
come allora le masse seguono icone che predicano un cambiamento culturale e
morale. Attraverso un meccanismo che si finge spontaneo, anche se non lo è.
di
Ettore Gotti Tedeschi
Spontaneismo,
ribellione, forte pulsione di cambiamento rivoluzionario. Fenomeni come i Maneskin e Greta fanno
pensare a una temperie culturale i cui meccanismi sono noti: il Sessantotto.
Siamo forse in presenza di un tentativo di cambio d'epoca simile a quello?
I
fenomeni Greta Thunberg e Maneskin
mi paiono interessanti per una riflessione strategica su alcune similitudini
con quanto accadde nel Sessantotto. Alcuni avvenimenti di oggi potrebbero
infatti avere un obiettivo in comune con quelli di allora: il cambiamento
culturale morale di una generazione e pertanto di un'intera civiltà.
Entrambi
si manifestano in un contesto di contestazione del capitalismo e dell'autoritarismo,
cambiando solo le motivazioni dichiarate. Ieri la richiesta di più libertà
assoluta, oggi quella di più «sostenibilità» assoluta. Entrambi si presentano
denunciando una serie di problemi generazionali, interpretati in modo da forzare
confronto e conflitto. Ieri e oggi con proposte fatte attraverso icone
rappresentative. Ieri con un linguaggio fatto di musica rock e con slogan «intellettuali»
indirizzati ai giovani («Fate
l'amore, non fate la guerra», «Fantasia
al potere»).
Oggi,
attraverso lo stesso tipo di musica (i Maneskin) e slogan di Greta ad altissimo
impatto, («How dare you?»,
«Basta bla bla...»).
Non
è stata affatto convincente la spiegazione ufficiale della spontaneità di ciò
che accadde nel Sessantotto, così come non lo è ciò che sta -accadendo oggi.
Tanto che più che un avvenimento storico potrebbe essere considerato un
«meccanismo» da utilizzare. Provo a ricordare. Il Sessantotto fu una
rivoluzione morale e di costume ben più che politica. L'obiettivo sembrò essere
quello di abbattere la morale tradizionale repressiva, proponendo una
rivoluzione permanente (come oggi il Reset),
riconcependo cos'è il benessere capitalistico (come sta avvenendo oggi) e
secolarizzando la religione e la morale (come oggi).
Il
Sessantotto venne definito una ribellione contro l'autorità e l'autoritarismo
della generazione precedente, che aveva tradito la successiva, privandola di
ogni speranza. Praticamente ciò che oggi dice Greta.
Il
Sessantotto inventò anche il modello di mobilitazione dì massa, pacifista, ma
minacciosa e persino violenta, che dichiarava di voler perseguire diritti
civili, ma generò lotta armata (come le Brigate rosse). Ma generò anche una
serie di altri risultati su cui riflettere. Probabilmente i maggiori si son
realizzati nell'istruzione e nell'educazione, arrivando a cancellare l'espressione
«morale», attraverso una rivoluzione nelle idee e nei comportamenti. Chissà
quanto spontaneamente nacquero le generazioni beat, hippy, imbevute di
prodotti psichedelici e stupefacenti, di filosofia orientali e orientate alla
liberazione sessuale o pseudo culturale. Le idee proposte erano orientate all'anticonsumismo,
anticapitalismo, anti-natalità per non danneggiare l'ambiente (il loro simbolo
fu la bicicletta, ma di proprietà pubblica), antiproprietà privata
(l'occupazione di case divenne uno sport). Non sono le stesse di oggi? C'è
profumo di tecnica e di meccanismo che deve apparire spontaneo?
Detto
spontaneo movimento rivoluzionario fu però subito sfruttato da intellettuali
di sinistra quali Marcuse, Sartre, Adorno, Habermas. Curiosamente vennero
esaltati personaggi quali Mao e Che Guevara. In Italia l'università di sociologia
di Trento sfornò leader delle Brigate rosse quali Curdo, Boato, Rostagno,
Cagol.
Da
un punto di vista più religioso morale, si assistette al boom della teologia
della liberazione che si espanse ovunque. Nacquero poi i preti operai, prima
osteggiati dalla gerarchia, poi accolti e legittimati nel coevo Vaticano II.
Si diffuse una nuova dottrina cattolica proposta dai vari don Mazzolari, don
Milani, don Franzoni. In pieno Sessantotto, gruppi di cattolici del dissenso
occuparono il Duomo di Parma chiedendo alla Chiesa di distribuire i beni ai
poveri, di contestare il capitalismo, di rimuovere i preti conservatori, di
celebrare le messe beat... Sono stati ascoltati e soddisfatti qualche decennio
più tardi.
Non sono
per nulla sicuro di aver capito cosa siano i Maneskin e non li ho mai
ascoltati né visti, ma la velocità con cui si sono affermati e sono già stati
promossi e connotati mi incuriosisce. E già si comincia a proporre di dare
loro un riconoscimento culturale. È pertanto lecito chiedersi se siamo di
fronte a un secondo Sessantotto avanzato che usa gli stessi meccanismi
sperimentati. Stavolta per cogliere le opportunità della crisi economico
morale che inizia proprio alla fine degli anni Sessanta e far fuori
definitivamente i residui della civiltà cristiana?
Tratto
da: La Verità 20
novembre 2021
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