In Parlamento qualcuno ha dormito mentre il gender passava indisturbato
di Jacopo Coghe, 05/11/2021
Quando, lo scorso 27 ottobre, votando la «tagliola», il Senato ha affossato il ddl Zan, da parte del mondo pro family italiano - insieme alle parole di grande gioia – è arrivato anche un ammonimento forte e chiaro: quello a non abbassare la guardia.
Occhio, si era detto, perché la guerra è ancora lunga. Ora, vuoi per i troppi festeggiamenti per la morte politica della legge contro l'omofobia, vuoi per distrazione, quell'invito a restar lucidi e vigili non è purtroppo stato ascoltato. E non lo è stato neanche nei mesi scorsi a quanto pare.
Solo così si può spiegare quanto avvenuto con il decreto legge 10 settembre 2021, n. 121 - più noto come decreto Infrastrutture -, che, nel corso dell'esame alla Camera dei Deputati prima e successivamente in Senato (proprio ieri), ha visto, tra le modifiche introdotte, un emendamento – il numero 1294 – proposto dal Pd ed approvato senza illustrazione né discussione, che strizza l’occhio al mondo arcobaleno.
Come già Pro Vita & Famiglia ha avuto modo di denunciare, infatti, esso vieta espressamente «sulle strade e sui veicoli qualsiasi forma di pubblicità il cui contenuto proponga» dei «messaggi lesivi» in tema di «diritti civili» o in ordine «all’identità di genere». Già, si tratta della stessa identità di genere di cui parlava la lettera d) dell’articolo 1 della legge contro l’omobilesbotransfobia.
Per questo serpeggia un certo malcontento tra chi ha sempre difeso la famiglia e la libertà di pensiero e per questo, vista ormai l'impossibilità di togliere quella polpetta avvelenata inserita nel decreto Infrastrutture, un dubbio sorge: dov'erano i politici che hanno a cuore i valori non negoziabili, quando il Pd preparava e serviva quell'emendamento gender? Perché, soprattutto alla Camera dei Deputati, si sono così alacremente distratti e non si sono accorti di questo “piccolo” dettaglio?
Al Senato, lo si è già detto, grazie ad oltre un anno di campagne informative e manifestazioni che hanno visto Pro Vita & Famiglia in prima linea il ddl Zan è stato fermato. Bene, anzi benissimo.
Quanto accaduto col Dl Infrastrutture dimostra però che questo, da solo, non può bastare. I politici di centrodestra e quanti, in generale, hanno a cuore valori come la vita, la famiglia e la libertà educativa, non possono cioè sperare che ci si sia sempre qualcuno che spieghi loro cosa fare. Devono combattere anch'essi, prepararsi, rimboccarsi le maniche, studiare; e, soprattutto, prestare attenzione a ciò che accade attorno a loro.
Da questo punto di vista, inutile negarlo, tanta parte della sinistra, dei radicali e della galassia Lgbt ha ancora parecchio da insegnare: per determinazione, combattività e costanza. Già, la costanza è probabilmente quello che maggiormente ancora manca, nelle istituzioni, a quanti hanno a cuore i valori non negoziabili. Il che, beninteso, non è un problema solo, si fa per dire, per quanto accaduto per il decreto Infrastrutture.
Dall'eutanasia all'utero in affitto, dalla cannabis legale alle adozioni omogenitoriali, dal «cambio di sesso» per i minori alla minaccia alla libertà educativa, sono infatti molteplici le sfide che ci attendono.
Il punto è che per continuare questa battaglia, a livello politico, non basta più essere – con tutto il rispetto – brave persone. Che è un requisito fondamentale, ovvio: ma non sufficiente. Occorrono anche la capacità di studiare ogni singolo provvedimento, di setacciarne le pieghe, nonché quella di proporre iniziative e atti che possano aiutare la vita, la maternità, la famiglia, i malati, i disabili, la libertà educativa ma anche religiosa.
Tutti temi di enorme spessore antropologico che però, si badi, non ammettono improvvisazione né distrazione. Cioè quello che si è verificato alla Camera con il Dl Infrastrutture e che ha portato lo stesso decreto ad arrivare “blindato” al Senato.
Risultato: l'ideologia gender, pur non è entrata nelle scuole di ordine e grado, come voleva il ddl Zan, ora è libera, ahinoi, di circolare «sulle strade e sui veicoli». E tutto ciò grazie ad una svista che no, non deve più ripetersi, soprattutto per le sfide che ci attendono.
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Comunicato di Pro Vita & Famiglia:
«Il Governo Draghi mettendo la fiducia ha approvato un ddl Zan mascherato. Da oggi avremo il bavaglio per le nostre opinioni»
Roma, 4 novembre 2021
«Da oggi associazioni pro vita e pro famiglia come la nostra avranno sulla loro testa la scure della censura e del bavaglio sui temi quali il gender, l’ideologia Lgbt e l’identità di genere. La discriminazione voluta dal Ddl Zan alla fine è diventata realtà, semplicemente sotto falso nome».
E’ il commento di Antonio Brandi, presidente di Pro Vita & Famiglia, sul voto di fiducia che il governo ha posto – e ottenuto con 190 voti favorevoli e 34 contrari – sul DL Infrastrutture, che vieta “qualsiasi forma di pubblicità il cui contenuto” sia discriminatorio con riferimento anche all’identità di genere.
«La dittatura gender non è entrata con il cavallo di Troia del ddl Zan e ora surrettiziamente il Governo Draghi l’ha inserita ugualmente nel Dl Infrastrutture con un emendamento liberticida, a causa del quale non sarà più possibile fare affissioni o camion vela contro il gender, l’utero in affitto e le adozioni per coppie omosessuali. In più, come se non bastasse – aggiunge Jacopo Coghe, vicepresidente della Onlus – è stata legittimata la fluidità di genere, come al solito sotto le mentite spoglie delle discriminazioni».
«Abbiamo già sperimentato in passato – conclude la nota di Pro Vita & Famiglia – censure sui nostri manifesti, quando alcuni Comuni hanno bloccato o stracciato le nostre affissioni per norme simili. Non ci siamo arresi allora e non ci arrenderemo ora. Faremo sempre sentire la nostra voce perché la libertà di espressione è sacra ed è sancita dalla Costituzione che, proprio oggi – 4 novembre – è stata ignorata e violata da governo e Senato».
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