mercoledì 4 agosto 2021

Bistrattato in Italia, nel Regno Unito il latino viene insegnato negli istituti pubblici




4 agosto 2021

Diciamo che alla cultura anglosassone e irlandese dobbiamo tantissimo per ciò che riguarda il latino. Basti pensare ai filosofi/teologi della prima scolastica...

Nel Regno Unito non c'è solo la cancel culture che chiude i dipartimenti umanistici. Il governo promuove l’insegnamento del latino negli istituti pubblici. Bistrattata in Italia, dove è germogliata e ha assunto nei secoli la forma classica grazie alle orazioni di Cicerone, alla morale di Seneca e alla storiografia di Tacito, ora la lingua dei nostri avi viene rilanciata Oltremanica. Anche per i bimbi di undici anni. Da noi, invece, dal 1978 è uscita dai programmi delle medie e alle superiori la studiano appena 4 alunni su dieci.

Oltre a «colmare le differenze in ciò che gli studenti apprendono nelle scuole pubbliche e in quelle private», secondo gli esperti del ministero, lo studio del latino potrà aiutare gli studenti britannici nell'apprendimento delle lingue straniere e migliorare quello di materie come inglese e matematica.

(da Chiesa e post-concilio)

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Latino nelle scuole pubbliche: «Porta benefici ai giovani»


"La scuola non serve a trovare un mestiere. Quando un ragazzo esce dalle superiori, quel lavoro non c'è più. Si va in classe per imparare ad imparare e per conoscere la lingua, la storia e la cultura. Il latino è una chiave che apre la porta della lingua e del tempio del tempo".

In Gran Bretagna il latino sarà insegnato anche nelle scuole pubbliche. L'iniziativa è parte di un piano del Ministero dell'Istruzione che ha l'obiettivo di rendere la lingua meno «elitaria» e offrire l'accesso ai suoi «benefici» anche agli studenti degli istituti statali.

Il nuovo programma di studi, che offrirà a migliaia di studenti della scuola pubblica britannica l'insegnamento del latino, renderà la lingua meno «elitaria», ha spiegato il ministro Gavin Williamson, garantendo quindi che non sia riservata solo a «pochi privilegiati». Attualmente, il latino è insegnato in appena il 2,7% delle scuole secondarie pubbliche, rispetto al 9% di quelle private. Per sostenere l'iniziativa, denominata 'Latin Excellence Programme', il ministero ha stanziato un fondo di 4 milioni di sterline...


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Riportiamo lo stralcio di un'intervista a Ivano Dionigi, illustre latinista già rettore dell'Alma Mater di Bologna:


"Ricordo che nel 1978, in occasione dell’abolizione dell’insegnamento del latino alle medie, il leader socialista Pietro Nenni se ne rallegrò, sostenendo che quella fosse la lingua dell’élite. Sicuramente in passato ha rappresentato uno status symbol, ma io credo che vada insegnato a tutti, ai figli dei liberi professionisti come a quelli degli operai".


Che cosa ne ricaverebbero?


"Si ritroverebbero di nuovo attaccati alla spina del tempo. Oggi, complici i social, domina lo spazio, siamo immersi in un eterno presente. Il latino ha il suo perno nel verbo e nella consecutio temporum, ci riallaccia al trapassato e ci spalanca il futuro. Torna a darci una memoria e una prospettiva di cui sentiamo la mancanza".


Tanti genitori non fanno studiare il latino ai figli, perché ritengono non prepari al mondo del lavoro.

"La scuola non serve a trovare un mestiere. Quando un ragazzo esce dalle superiori, quel lavoro non c’è più. Si va in classe per imparare ad imparare e per conoscere la lingua, la storia e la cultura. Il latino è una chiave che apre la porta della lingua e del tempio del tempo".


Nemo propheta in patria, si potrebbe obiettare... Aforismi a parte, perché in Italia il latino è finito ai margini?

"Le cause sono duplici: paghiamo lo scotto del feticcio tecnologico, che ci fa considerare inutili le lingue del passato; si continua a pensare al latino e al greco come discipline conservatrici. Fino a quindici anni fa ancora teneva banco la perversione culturale per la quale sembrava che l’inglese e l’informatica fossero di sinistra e la lingua di Virgilio di destra. Una stupidaggine ideologica dovuta alla strumentalizzazione che del latino ne fece il fascismo".


Ma davvero è una lingua morta?

"Certo e per fortuna che lo è, perché, come sosteneva Thomas Eliot, “possiamo spartircene l’eredità“. A partire da quella linguistica visto che, anche se non lo sappiamo, parliamo italiano, ma scriviamo in latino. È da lì che discendono termini di uso quotidiano, da bonus a curriculum, dall’attualissimo virus a placebo, solo per fare qualche esempio più immediato".


Sta di fatto che l’insegnamento del latino alle superiori è sempre più annacquato. Persino nelle austere aule dei licei classici le lezioni spesso vengono impartite in inglese.

"Resto convinto che ogni mezzo sia valido per raggiungere un fine, in questo caso l’apprendimento di una lingua. Tuttavia, quando si scade nel gioco come quello di chi organizza cene in latino, allora siamo fuori strada. Gli studi classici hanno bisogno di avvocati autentici, non di facciata".









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