venerdì 2 novembre 2018

Il Purgatorio "toccato" dai Santi






Con il presente piccolo florilegio tratto dagli scritti dei santi, si può toccare con mano non solo la realtà del Purgatorio – luogo di necessaria purificazione dell’anima salva –, ma anche la condizione di quelle anime e l’urgente necessità che esse hanno del nostro aiuto.


di Raimondo Giuliani

San Pier Damiani (1007-1072), cardinale e dottore della Chiesa, racconta che, ai suoi tempi, era abitudine per gli abitanti di Roma visitare le chiese con candele accese la notte della vigilia dell’Assunzione.
Un anno avvenne che una nobile signora, mentre pregava nella basilica “Santa Maria in Aracoeli”, vide davanti a sé una dama che lei ben conosceva e che era morta da un anno: si chiamava Marozia ed era sua madrina di Battesimo. Le disse che al momento era immersa nel Purgatorio a causa dei peccati di vanità commessi in gioventù e che il giorno seguente sarebbe stata liberata con molte migliaia di anime in occasione della festa dell’Assunzione. Disse: «Ogni anno, la Vergine Maria rinnova questo miracolo di misericordia e libera un numero tanto grande quanto la popolazione di Roma [a quel tempo 200.000 abitanti]. Noi, anime purganti, in questa notte ci avviciniamo a questi santuari a Lei consacrati. Se tu potessi vedere, vedresti una grande moltitudine insieme con me. A riprova della verità di quanto ti dico, ti annuncio che morirai tra un anno proprio in questa festa».
San Pier Damiani riferisce che davvero questa pia donna morì l’anno dopo e che si era ben preparata per salire al cielo nel giorno della festa di Maria.

San Nicola da Tolentino, vissuto nel XIII secolo (1245-1305), ebbe un’esperienza mistica che poi lo rese patrono delle anime del Purgatorio. Un sabato notte, dopo una prolungata preghiera, era nel suo letto e cercava di addormentarsi, quando udì una voce lamentosa che gli diceva: «Nicola, Nicola, guardami se mi riconosci! Sono il tuo fratello e compagno fra’ Pellegrino; da tanto tempo soffro grandi pene nel Purgatorio. Per questo ti chiedo di offrire domani la santa Messa per me per vedermi alfine liberato e andare nei Cieli... Vieni con me e guarda». Il Santo lo seguì e vide una pianura immensa coperta d’innumerevoli anime, entro i turbini di fiamme purificatrici, anime che tendevano le loro mani, lo chiamavano e gli chiedevano aiuto. Commosso a questa vista, Nicola informò il superiore, il quale gli diede il permesso di celebrare per diversi giorni la Messa per le anime del Purgatorio. Dopo sette giorni, gli apparve di nuovo fra’ Pellegrino, risplendente e glorioso, insieme ad altre anime, per ringraziarlo e dimostrargli l’efficacia delle sue suppliche.
Da qui ha origine la devozione del settenario di san Nicola per le anime del Purgatorio, che consiste nel far celebrare per sette giorni di seguito la Messa per le anime del Purgatorio.

Nella vita di santa Caterina de Ricci (1522-1590) si narra che il 19 ottobre 1587 morì Francesco, granduca di Toscana e grande benefattore della Santa e del suo monastero. Ella chiese a Dio di prendere su di sé tutte le pene che il granduca avrebbe dovuto soffrire nel Purgatorio. Per quaranta giorni accadde un fenomeno inspiegabile per i medici. Il suo corpo sembrava come di fuoco. Non poteva essere toccata senza scottarsi, al punto che la sua cella appariva in mezzo alle fiamme. Era terribile vederla soffrire senza poter aiutarla. Passati i quaranta giorni e scontate tutte le pene del granduca, Caterina tornò ad essere la persona normale di sempre. Il granduca le apparve glorioso e splendente perché ormai andava in Cielo. Questo evento, così come quelli di altri santi, è un caso straordinario di espiazione a favore delle anime del Purgatorio.

Nei documenti del processo di beatificazione di padre Domenico di Gesù e Maria(1559-1630) carmelitano, si narra che, quando i suoi superiori lo mandarono a Roma, nella stanza del convento trovò un teschio che, secondo l’usanza di allora, lo avrebbe aiutato a pensare alla morte. Una notte udì una voce che usciva dal teschio: «Nessuno si ricorda di me». Si mise a pregare, spruzzò acqua benedetta e ascoltò queste parole: «Acqua, acqua, misericordia, misericordia».
Ancora la voce del defunto gli disse che era un tedesco morto non appena era giunto a Roma per visitare i luoghi santi, che era sepolto nel cimitero, si trovava in Purgatorio e che nessuno si ricordava di lui. Padre Domenico pregò molto per quell’anima che pochi giorni dopo gli apparve piena di una bellezza sfolgorante, per ringraziarlo della sua liberazione.
Santa Maddalena de Pazzi (1566-1607), una volta, poté vedere suo fratello defunto. Così si espresse: «Tutti i tormenti dei martiri sono come un giardino di delizie in confronto di quello che si soffre in Purgatorio».

Santa Margherita Maria Alacoque (1647-1690), nella sua Autobiografia, scrive: «Mentre mi trovavo davanti al Santissimo Sacramento il giorno del Corpus Domini, all’improvviso mi apparve una persona avvolta nel fuoco: il suo stato penoso mi fece capire che era in Purgatorio. Mi disse che era l’anima di un benedettino che una volta mi aveva confessato e dato la Comunione; per questo il Signore gli aveva concesso di poter rivolgersi a me per ottenere la riduzione delle sue pene. Mi chiese di offrire per lui tre Messe, tutte le mie sofferenze e tutte le mie opere. Dopo tre mesi lo vidi pieno di gioia e di splendore, come se andasse a godere la felicità eterna, e mi ringraziò dicendomi che avrebbe vegliato su di me vicino a Dio».
«Nostra Madre mi permise di trascorrere la notte del Giovedì Santo (15 aprile 1683) davanti al Santissimo Sacramento, in favore delle anime del Purgatorio. Lì rimasi per un certo tempo come circondata da queste povere anime, con le quali m’intrattenevo in stretta amicizia. Il Signore mi disse che mi metteva a loro disposizione per tutto l’anno a venire, affinché facessi loro tutto il bene che mi era possibile. Sono spesso con me e le chiamo le mie amiche sofferenti» (Lettera 22 a Madre Sumaise).
«Questa mattina, domenica del Buon Pastore, due delle mie amiche sofferenti sono venute a dirmi addio al momento del risveglio. Questo era il giorno in cui il sovrano Pastore le riceveva nel suo ovile eterno, con più di un milione di altre anime, in compagnia delle quali avanzavano tra canti di gioia sovrumana. Una è la brava madre Monthoux e l’altra mia sorella Giovanna Caterina Gascon, che in continuazione mi ripeteva queste parole: “L’amore trionfa, l’amore gode, in Dio l’amore giubila”. L’altra diceva: “Che felici sono i morti che muoiono nel Signore e le religiose che vivono e muoiono nella perfetta osservanza della Regola”... Siccome poi le pregavo di ricordarsi di noi, mentre se ne andavano mi dissero che l’ingratitudine non era mai entrata nel Cielo» (Lettera 23 a Madre Sumaise del 2 maggio 1683).
«Quando vidi per la prima volta la sorella J. F. dopo la sua morte, mi chiese Messe e varie altre cose. Le offrii sei mesi delle mie opere e delle mie sofferenze e non mi sono mancati i patimenti. Mi disse: “Ci sono tre cose che mi fanno soffrire più di tutto il resto. La prima è il voto di obbedienza, a cui ho ottemperato molto male, dal momento che obbedivo solo a quello che mi era gradito. La seconda il voto di povertà, poiché volevo che non mi mancasse niente, procurando al mio corpo vari conforti... ah, quanto odiose sono agli occhi di Dio le religiose che vogliono avere più di quello che è davvero necessario, e che non sono completamente povere. La terza è la mancanza di carità, sia per essere stata in discordia con le altre che per averla causata”» (Lettera 31 a Madre Sumaise del 20 aprile 1685).

La beata Elisabetta Canori Mora (1777-1825) scrive nel suo Diario: «Il 17 giugno 1814 mi apparve papa Pio VI [morto nel 1799] e mi chiese che pregassi per lui, perché era ancora in Purgatorio... Mi disse: “Va’ dal tuo padre spirituale e lui ti svelerà quello che devi fare per ottenermi questa grazia. Ti prometto di non abbandonarti mai e di essere il tuo protettore dal Cielo”... Il mio padre spirituale mi chiese di andare cinque volte alla chiesa di Santa Maria Maggiore a visitare l’altare di san Pio V e pregarlo per la liberazione del suo successore... Il giorno seguente, all’ora dei vespri, mi venne assicurato che entrava in Paradiso... Il 19 giugno, nella Comunione, vidi questo santo Pontefice davanti al trono di Dio».
«L’8 novembre 1819, dopo la Comunione, mi apparve l’anima del cardinal Scotti che mi disse: “La divina giustizia mi aveva condannato in Purgatorio per trent’anni e il Signore ora mi libera... Le tue penitenze, digiuni e preghiere hanno soddisfatto la giustizia divina, per i meriti infiniti del divin Redentore, a cui hai unito la tua penitenza, i digiuni e le preghiere a mio suffragio. Ora vado in Cielo a godere l’immenso bene per tutta l’interminabile eternità”».
«Il 2 novembre 1822 mi sono ricordata che cominciava l’ottavario per i defunti, e pregai con fervore il Signore per loro. Gli dissi: “Dammi la chiave di questo terribile carcere, come ti sei degnato di darmela altre volte, perché sento un grande desiderio di tirar fuori dal Purgatorio quelle anime sante. Ti supplico questa grazia per i meriti infiniti della tua Passione e Morte...”. Il Signore mi disse: “Presèntati in quel carcere e porta loro la consolante notizia che presto saranno con me in Paradiso”. In quel momento apparvero tre angeli che mi accompagnarono nel carcere del Purgatorio... Non mi è possibile raccontare la gioia e il sollievo di quelle anime e quanto grande fu la loro gratitudine e la loro lode all’infinita misericordia di Dio. Il giorno dopo andai in chiesa e vi stetti per oltre tre ore pregando per le anime del Purgatorio e il Signore si degnò di mostrarmi il trionfo della sua misericordia e vidi quelle anime che, in fila, accompagnate dai loro Angeli custodi, entravano gloriose e trionfanti in Cielo. Tutti i giorni dell’ottavario accadde lo stesso per nove giorni... Si può dire che con nove enormi file (una al giorno) il Purgatorio si spopolò: non vi può essere visione più bella di questa, che sta a dimostrare l’infinita misericordia di Dio e il grande trionfo degli infiniti meriti del preziosissimo Sangue di Gesù Cristo».













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