mercoledì 14 novembre 2018

Quando in chiesa cantavano tutti. In latino. Ricordo del maestro Domenico Bartolucci





by Aldo Maria Valli, 11-11-2018

L’11 novembre 2013 moriva a Roma, all’età di novantasei anni, il cardinale Domenico Bartolucci, compositore e direttore di coro, maestro direttore della Cappella Musicale Pontificia detta Cappella Sistina.

Nato il 7 maggio 1917 in una famiglia operaia a Borgo San Lorenzo, in provincia di Firenze, Bartolucci si dedica alla musica, durante il seminario, con Francesco Bagnoli, maestro di cappella del duomo di Firenze e, alla morte di questi, gli succede.

Ordinato sacerdote nel 1939, nello stesso anno ottiene il diploma in composizione e direzione d’orchestra al conservatorio fiorentino. Alla fine del 1942 si reca a Roma, ospite presso l’Almo Collegio Capranica. Frequenta Raffaele Casimiri, studioso palestriniano, ed è affiancato a Lavinio Virgili come vice direttore della Cappella di San Giovanni in Laterano.

Nel 1947 il cardinale Elia Dalla Costa lo vuole parroco di Montefloscoli, un piccolo centro nel Mugello, in Toscana, ma Bartolucci continua a dedicarsi alla musica e, dopo l’esecuzione di un suo poema sacro al Pontificio Istituto di Musica Sacra di Roma, è nominato maestro della Cappella Liberiana di Santa Maria Maggiore e docente di composizione e direzione polifonica al Pontificio Istituto di Musica Sacra.

Nel 1952, su indicazione di Lorenzo Perosi, è nominato vice maestro della Cappella Sistina e alla morte di Perosi, nel 1956, Pio XII lo nomina direttore perpetuo della Cappella Sistina, incarico che ricoprirà fino al 1997 quando, in contrasto con la nomina perpetua, sarà rimosso.

Nel 1959 riceve da Giovanni XXIII l’approvazione per il progetto di riorganizzazione della Cappella Musicale Pontificia, che da allora ha una sede adeguata per le prove e per l’archivio. Contemporaneamente viene definito l’organico stabile dei cantori adulti e si dà vita alla Schola puerorum, dedicata alla formazione dei ragazzi.

Negli anni del Concilio Vaticano II (1962-1965) si dichiara contrario all’abbandono del latino e si oppone a chi, con il pretesto della riforma liturgica, cerca di emarginare la musica sacra. Anche dopo la riforma celebra la Messa tridentina e i suoi riferimenti in campo musicale restano la tradizione polifonica palestriniana e il canto gregoriano.

Nel 1965 viene nominato accademico di Santa Cecilia, e durante le stagioni sinfoniche l’accademia lo invita più volte a dirigere sue esecuzioni.

Oltre che alla direzione della Cappella Papale, si dedica all’insegnamento al Conservatorio di Santa Cecilia e al Pontificio Istituto di Musica Sacra. Tiene corsi di polifonia palestriniana in Italia e all’estero, dirige i principali complessi sinfonico-corali italiani ed è insignito di alte onorificenze e premi nazionali ed internazionali.

Nel 1997, non senza polemiche nel mondo della musica liturgica, viene sostituito alla guida della Cappella Musicale Sistina da monsignor Giuseppe Liberto.

Autore di una vastissima produzione musicale, in occasione del suo ottantacinquesimo compleanno, con l’obiettivo di conservare e diffondere il patrimonio musicale da lui composto, viene costituita la Fondazione Domenico Bartolucci.

Nel concistoro del 20 novembre 2010 è creato cardinale da Benedetto XVI.

Dopo aver ricevuto la porpora, in un’intervista dice: «Credo che la mia nomina sia un richiamo di questo Papa, amante della bellezza, a non lasciare che si perda definitivamente tanta ricchezza musicale».

Circa la sua passione per la musica, spiega: «L’ho amata fin da bambino. Mio padre, un operaio, era un cantore appassionato, mi portava sempre con lui quando andava a cantare nel coro della Compagnia dei Neri, una confraternita laicale di Borgo San Lorenzo».

Di carattere tenace, a dodici anni viene punito dal professore di greco e latino che lo vede suonare l’armonium e dice: se questo ragazzo suona così bene, vuol dire che si dedica poco alla lingue classiche. Il docente gli vieta dunque di suonare e lui, per tutta risposta, si costruisce una tastiera di cartone, con i tasti disegnati sopra, e la nasconde sotto il banco.

Dopo il Concilio Vaticano II definisce «esiziale» l’abbandono del latino e spiega: «Mi pare evidente come da allora la musica sacra e le scholae cantorum siano state definitivamente emarginate dalla liturgia, nonostante le raccomandazioni della Constitutio de Sacra Liturgia del ’63 e del motu proprio Sacram Liturgiam, del ’64, nel quale il gregoriano è definito “canto proprio della liturgia romana”. Prima di questi “aggiornamenti” il popolo cantava a gran voce durante i Vespri, la Via Crucis, le messe solenni, le processioni. Cantava in latino, lingua universale della Chiesa. Durante le liturgie dei defunti tutti intonavano il Libera me Domine, il De profundis. Tutti rispondevano al Te Deum, al Veni creator, al Credo. Adesso si sono moltiplicate le canzonette. Sono così tante che le conoscono in pochissimi, e non le canta quasi nessuno».

Quanto alla sua rimozione, nel 1997, spiegò: «Fui rimosso dall’incarico nonostante il “perpetuo” del titolo. Il mio disappunto per il declassamento della Cappella e per alcune cose che avvenivano durante le cerimonie papali era ben noto. Fu comunque un colpo inaspettato».

Aldo Maria Valli

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