martedì 17 luglio 2018

FRANCIA. L'anno zero delle vocazioni. La speranza è la tradizione





Nel 2018 i sacerdoti ordinati in Francia sono 114, di cui solo 68 diocesani. 58 diocesi francesi, su un totale di 98 (il 58%) quest’anno non hanno avuto alcuna ordinazione sacerdotale. Sono dati "da paura", ma quest’anno i sacerdoti ordinati in istituti tradizionali, cioè destinati a celebrare secondo la Forma Straordinaria, o “classici” incidono per il 20% sul totale dei nuovi preti. E' uno spunto prezioso per investire sull'eterna giovinezza della tradizione.



Luisella Scrosati  17-07-2018

Il quotidiano La Croix fa la conta delle nuove ordinazioni sacerdotali in Francia. Nel 2018 i sacerdoti ordinati in Francia sono 114, di cui 68 diocesani, 14 membri di una comunità, ma incardinati in una diocesi, ed infine 32 appartenenti a comunità che godono della facoltà di incardinare i propri membri.


Ma c’è già un primo giallo: i dati comunicati dalla Conferenza Episcopale Francese divergono da quelli comunicati da La Croix. Secondo il quotidiano francese, la CEF avrebbe cambiato i parametri rispetto a quelli utilizzati negli anni precedenti per comunicare i propri dati, una cura a base di “cortisone” che avrebbe finito per gonfiare un po’ le cifre, nella speranza di curare il malato. I 125 nuovi sacerdoti comunicati dalla CEF racchiuderebbero infatti anche sacerdoti francesi, che però non svolgeranno il loro ministero in Francia, oppure sacerdoti stranieri ordinati in Francia, ove però resteranno solo per un periodo limitato, per poi raggiungere i loro paesi d’origine.


Ma a parte questa querelle, si tratta comunque di una tendenza negativa; sempre secondo La Croix, infatti, nel 2017 le ordinazioni presbiterali furono 133 (di cui 79 diocesani) e 140 nel 2014.


Sono cifre da paura, se si paragonano al numero delle ordinazioni italiane. Il dato del 2015 parla di 431 ordinazioni in Italia contro le 120 in Francia. Eppure c’è poco da stare allegri anche dalle nostre parti (si veda qui): ancora circa 490 ordinazioni annue nel triennio 2009-2011 e poi il crollo: 433 nel 2012 e 402 nel 2016. Effetto della chiesa in uscita.


Torniamo alla situazione francese; a prescindere dalle divergenze tra i calcoli di La Croix e quelli della CEF, ci sono alcuni dati che convergono e che risultano molto significativi.


Il primo: 58 diocesi francesi, su un totale di 98 (il 58%) quest’anno non hanno avuto alcuna ordinazione sacerdotale. E tra le restanti 40 diocesi “fortunate”, la ripartizione è tutt’altro che omogenea e proporzionata al numero dei battezzati. L’Arcidiocesi di Parigi, che registra più di un milione e mezzo di cattolici (il 70% della popolazione) ha avuto 6 ordinazioni, come quella di Bordeaux, che però di cattolici ne registra mezzo milione in meno e il cui vescovo, mons. Ricard, accolse nel 2007 l’Istituto del Buon Pastore, erigendo una parrocchia personale caratterizzata dalla celebrazione esclusiva secondo la Forma Straordinaria del Rito romano. Ancora più prodigiosa risulta la diocesi di Fréjus-Tolone, guidata da mons. Rey; poco più di 600.000 cattolici e solo un’ordinazione in meno, quest’anno, della diocesi parigina.


Il secondo elemento di grande rilievo è il fatto che quest’anno i sacerdoti ordinati in istituti tradizionali, cioè destinati a celebrare secondo la Forma Straordinaria, o “classici” incidono per il 20% sul totale dei nuovi preti. Tra le realtà tradizionaliste emergono:
l’Istituto del Buon Pastore, che ha dato alla Chiesa francese tre nuovi sacerdoti (su 4 totali), realtà nata nel 2006 e fondata dall’abbé Laguérie e da altri sei membri usciti dalla Fraternità Sacerdotale San Pio X.
la Fraternità Sacerdotale San Pietro (eretta nel 1988 da Giovanni Paolo II, per tutti quei sacerdoti, diaconi e seminaristi che non aderirono alle ordinazioni episcopali volute da mons. Lefebvre), che tra i suoi nuovi 16 sacerdoti, include due francesi; la FSSP ha al proprio interno 81 sacerdoti francesi, di cui 68 presenti sul territorio nazionale e gli altri 13 all’estero.
l’Istituto Cristo Re Sommo Sacerdote, fondato da mons. Gilles Wach ed eretto canonicamente nel 1990, quest’anno ha avuto due nuovi sacerdoti francesi (sulle 9 ordinazioni totali).


Vi sono poi altre realtà tradizionali che hanno registrato un’ordinazione presbiterale ciascuna: i Canonici dell’Abbazia di Sainte-Marie de Lagrasse, i sacerdoti “verdi” della Fraternità San Thomas Becket, e i Missionari della Misericordia Divina, nati nella diocesi di Frejus-Tolone.


Tra le comunità che La Croix definisce “classiche”, occorre menzionare la Communauté Saint Martin, che quest’anno ha dato alla Chiesa francese ben 8 nuovi sacerdoti. Non si tratta di una comunità propriamente tradizionalista, perché i suoi membri non celebrano ordinariamente secondo la Forma Straordinaria, ma è una realtà che ha seguito la linea di Solsmes, nell’applicazione della riforma liturgica. Il loro fondatore, monsignor Jean-François Guérin, sacerdote diocesano della diocesi di Tours, oblato benedettino dell’Abbazia di Notre-Dame de Fontgombault, spinto da alcuni studenti che percepivano la chiamata alla vita sacerdotale, nel 1976 si mise sotto la protezione del Cardinal Siri, trasferendosi a Voltri, dove ottenne l’approvazione nel 1979. Ma Guérin avvertiva la vocazione di rinnovare il clero francese, soprattutto mediante una vita di preghiera intensa e la degna celebrazione dei Divini misteri; decise perciò di spostare la sede della Comunità in Francia, nella diocesi di Blois. Questa realtà, che ad oggi conta 115 sacerdoti e diaconi, ha più di 100 giovani seminaristi in formazione ed è presente in oltre 20 diocesi francesi.


In proiezione, è chiaro che la progressiva e significativa diminuzione dei nuovi sacerdoti francesi, diocesani e religiosi, che per comodità definiamo come “non tradizionali”, da un lato, e la conferma della tenuta delle vocazioni tradizionali o classiche, dall’altro, finiranno per mutare la carta d’identità del sacerdote francese. Se poi si considera che l’età media dei seminaristi tradizionali risulta inferiore rispetto a quella dei seminaristi non tradizionali (La Croix riporta che il 4% ha tra i 36 e i 40 anni, e il 2% addirittura tra i 41-45), gli spunti per capire come far fronte alla crisi nera delle vocazioni sacerdotali non mancano. Spunti, non ricette predefinite; però se si perdesse meno tempo alla teorizzazione e realizzazione delle unità pastorali, se si scommettesse un po’ meno sulla scialuppa di salvataggio del clero uxorato e si credesse un po’ di più nell’eterna giovinezza della Tradizione della Chiesa, forse qualcosa cambierebbe. Anzi, qualcosa sta già cambiando: l’esempio della Francia è sotto gli occhi di tutto. Ma occorre voler vedere e riconoscere che forse le cose sono più semplici di quanto non si creda.













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