sabato 28 aprile 2018

“Se il chicco di grano...”





di Padre Giovanni Scalese 28-04-2018

L’altro giorno stavo preparando un post su Sua Maestà (la Regina Elisabetta), i parrucconi di Sua Maestà (i giudici inglesi), i boia di Sua Maestà (i medici dell’Alder Hey Hospital) e i cappellani di Sua Maestà (l’episcopato d’Inghilterra e del Galles), quando è arrivato l’appello di Thomas Evans a sospendere qualsiasi tipo di intervento che non fosse la preghiera. E cosí quel post è rimasto incompiuto, e forse è stato bene cosí. Arrivati a questo punto, non conviene piú occuparsi di Sua Maestà e della sua Corte. Meglio lasciarli al loro destino, dal momento che l’ira di Dio incombe su di loro (Gv 3:36). E su tutti noi.


Permettete invece che vi racconti ciò che è accaduto lunedí scorso, 23 aprile, festa di San Giorgio. Avevo deciso di recitare il Rosario e la coroncina della divina Misericordia e di celebrare la Santa Messa per Alfie. Per esperienza, ormai di lunga data, quando desidero ottenere qualche grazia, uso questo sistema, che si è rivelato infallibile: si viene sempre, in un modo o nell’altro, esauditi. Questa volta ho voluto chiedere un miracolo. Quale, ho lasciato a Dio deciderlo. E in effetti di miracoli, in questi giorni, ne abbiamo visti tanti, uno piú sorprendente dell’altro. Segno che Dio non abbandona il suo popolo fedele e ascolta le sue preghiere. Arrivato al momento della comunione, però, le suore hanno intonato l’antifona dal Comune di un martire nel tempo pasquale: «Se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto. Alleluia» (Gv 12:24-25). Lí ho capito che Alfie sarebbe morto; ma non perché i medici e i giudici lo volevano morto, bensí perché aveva una missione da compiere: doveva portare—deve portare—molto frutto. E per questo doveva morire, per non rimanere solo. Quale sia la missione che Alfie, il chicco di grano caduto in terra, deve compiere, non sappiamo; ma presto ci verrà rivelato.


Mons. Negri ha voluto rendere ad Alfie l’onore delle armi. Un bel pensiero, che però presuppone che Alfie si sia arreso. L’onore delle armi viene concesso a quei soldati che, dopo una lunga e valorosa resistenza, si arrendono. Ma Alfie non si è arreso; non è stato sconfitto. Egli ha vinto; gli sconfitti sono coloro che volevano la sua morte. Alfie è un martire e, come tutti i martiri, è un vincitore: «Questi sono i santi che hanno vinto per mezzo del sangue dell’Agnello; hanno disprezzato la vita fino a subire la morte; per questo regnano con Cristo in eterno. Alleluia» (antifona d’ingresso del Comune dei martiri nel tempo pasquale; cf Ap 12:11). Il fatto che fosse ancora un infante non gli impedisce di essere un martire, come lo sono stati i Santi Innocenti:

I bambini, senza saperlo, muoiono per Cristo, mentre i genitori piangono i martiri che muoiono. Cristo rende suoi testimoni quelli che non parlano ancora. Colui che era venuto per regnare, regna in questo modo. Il liberatore incomincia già a liberare e il salvatore concede già la sua salvezza … O meraviglioso dono della grazia! Quali meriti hanno avuto questi bambini per vincere in questo modo? Non parlano ancora e già confessano Cristo! Non sono ancora capaci di affrontare la lotta perché non muovono ancora le membra, e tuttavia già portano trionfanti la palma della vittoria (Quodvultdeus).
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Pubblicato da Querculanus 





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