«La lotta non è finita»: Connie Yates e Chris Gard, i genitori di Charlie, ce lo hanno ricordato ieri sera con un tweet in cui ringraziano tutti coloro che in questo periodo li hanno sostenuti nella battaglia per salvare Charlie da medici e giudici che ne hanno già decretato la condanna a morte. Servono ancora preghiere e serve aumentare la pressione sulle autorità, ora più che mai.
Non è finita perché – come noto – ora la palla è passata di nuovo all’Alta Corte. Che lunedì 10 luglio dovrà decidere cosa fare alla luce delle nuove offerte di terapie sperimentali avanzate in questi giorni. Una richiesta fatta dai medici del Great Ormond Street Hospital, forse alla ricerca di una via d’uscita da una situazione che, grazie all’attenzione mediatica, è per loro diventata molto difficile.
Un miracolo già c’è stato. Venerdì 30 giugno doveva essere il giorno dell’esecuzione di Charlie, invece a sorpresa è arrivato l’annuncio che i medici avrebbero dato più tempo ai genitori per abituarsi all’idea di perdere Charlie. Cosa sia accaduto per aver fermato la mano dei medici, fin lì fieramente determinati a procedere all’eliminazione del piccolo malato, non è mai stato spiegato, ma certo non può essere estraneo il mare di preghiere che si era già levato da ogni parte del mondo. Fatto sta che da qualche ora, quel tempo è diventato qualche giorno, nel frattempo sono arrivati i messaggi di papa Francesco, del presidente americano Donald Trump e di altre personalità politiche. Si sono mobilitati altri medici e dall’ospedale Bambin Gesù di Roma è arrivata l’offerta di accogliere Charlie; e infine la proposta di altre terapie possibili, offerta che ha dato ai medici inglesi la possibilità di rimandare la palla ai giudici.
Ora serve il secondo miracolo: che l’Alta Corte britannica fermi definitivamente il protocollo che porterebbe alla morte di Charlie per soffocamento. Non è scontato, perché lo si voglia o no il caso di Charlie è destinato a fare da precedente: se il giudice deciderà per la morte immediata, passerà il principio per cui ogni persona sofferente potrà essere soppressa, strappandola d’imperio all’affetto dei suoi cari; passerà il principio per cui ci sono vite indegne di essere vissute, e sarà lo Stato, il potere, a stabilire i confini della dignità della vita. È questo che medici e giudici volevano fin dal primo momento e non ci rinunceranno tanto facilmente. Se invece il giudice concederà la possibilità di nuove terapie a Charlie, magari consentendo il suo trasporto negli Stati Uniti o in Italia, allora sarà almeno ristabilita la priorità del rapporto vitale tra genitori e figli, sarà data almeno una chance alla vita, sarà più difficile far passare per rinuncia all’accanimento terapeutico ciò che è chiaramente eutanasia, infanticidio.
Ecco perché le preghiere e la mobilitazione sono necessarie ora più che mai. Ed ecco perché suona strano quell’appello al “silenzio” lanciato invece dall’Osservatore Romanonell’edizione che porta la data del 9 luglio. In un articolo firmato da Gianpaolo Dotto e titolato “Charlie e Gesù”, l’Osservatore ritiene che «davanti a questa tragedia umana come a tante altre simili, Gesù non direbbe niente, semplicemente si chinerebbe a disegnare per terra e aspetterebbe che si faccia silenzio. Non pronuncerebbe alcun giudizio, ma inviterebbe tutti ad andare oltre e a “non peccare più”, come si legge nel vangelo di Giovanni (8, 11)».
Incredibile che per sostenere la tesi del “silenzio” e del “non giudizio” – che è ormai l’ultima moda teologico-pastorale – l’autore dell’articolo faccia riferimento all’episodio dell’adultera. È invece proprio in virtù di un giudizio netto («Chi è senza peccato scagli la prima pietra») che Gesù strappa la donna alla lapidazione. Altro che silenzio.
L’Osservatore preferisce prendersela con i «giornalisti affamati di notizie ed esperti di vario tipo» che «mercificano» una sciagura familiare. «I commenti di costoro – dice ancora Dotto - possono essere come tante pietre lanciate contro un bambino senza difesa e i suoi genitori allo sbaraglio». Se la prende con «chi non vede e di chi consiglia e illude malamente» e parla di «decisioni cliniche inevitabili che devono essere prese come un aut aut davanti a situazioni difficili o impossibili da risolvere». Dopo aver condannato anche l’imposizione di decisioni che «infrangono il sacro vincolo personale che lega figli e genitori ma anche medico e famiglia», l’Osservatore conclude affermando che non peccare più «vorrebbe forse dire ritrovare nel silenzio il mistero della vita e lasciare con fiducia che faccia il suo corso».
Non si capisce se all’Osservatore Romano si rendano ben conto di quello che pubblicano. Perché l’articolo in questione dimentica di osservare che solo una grande mobilitazione di popolo ha fatto sì che Charlie non sia stato ancora ucciso, e che solo una «flotta di preghiere» - direbbe Charles Peguy – potrà evitare che questo accada nei prossimi giorni. Che solo i tanti interventi di esperti che si sono succeduti nelle ultime settimane hanno permesso di chiarire – a chi lo voglia – quale sia la posta in gioco. Che anche l’intervento del Papa – per quanto limitato e quasi costretto da un “assedio” di fedeli con lettere, sottoscrizioni e centralino di Santa Marta intasato per giorni – ha contribuito al ripensamento dei medici. Che, infine, il silenzio così tanto invocato significa la morte immediata di Charlie, significa la complicità in un infanticidio. È davvero questa la linea in Vaticano?
fonte: La nuova Bussola Quotidiana
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