di Costanza Signorelli
08-10-2016
Se tutte le storie di conversione sono straordinarie perché testimoniano la potenza dell’Amore di Dio che conquista il cuore dell’uomo, la storia di suor Gloria Riva lo è ancor di più. Il suo personale incontro con la Salvezza è stato diretto, senza mediazioni, un vero e proprio faccia a faccia col Mistero di Cristo presente nella storia. «Dentro all’oscurità, improvvisamente ho visto una luce che mi veniva incontro. E ho avuto la certezza di essere alla Presenza di Dio».
Una vicenda di conversione sconvolgente e per certi versi anche atipica: nata in una famiglia cattolicissima ed educata in collegi religiosi, suor Gloria respira la fede, dentro e fuori casa, sin dalla tenera età, senza viverne una sostanziale ribellione. Ma, proprio per questo, racconta di un livello più profondo: la conversione, non è solo la novità dell’incontro con Cristo vivo, ma ancor più è «lo stare, il rimanere in Cristo e portare le persone in Cristo. Che è tutto e solo quello che noi cristiani dobbiamo fare». E’ il desiderio di convertire lo sguardo a Cristo in ogni istante, per sempre. Ebbene, questa esperienza di Dio per suor Gloria diviene talmente vita che nel 2007 arriva a fondare la comunità delle monache dell’Adorazione Eucaristica nel monastero di san Lazzaro e santa Maria Maddalena a Pietrarubbia (Pesaro-Urbino), come costola dell’ordine delle Adoratrici Perpetue del Santissimo Sacramento di cui faceva parte dal 1984. Il loro compito primario sta, appunto, nell’adorare giorno e notte ininterrottamente Cristo Eucarestia.
Domenica 9 ottobre, alle ore 15, Suor Gloria Riva sarà ospite alla Giornata della Bussola, a Monza, con un incontro dal titolo: "Dio irrompe nella storia. Testimonianze di vite trasformate da un incontro".
Partiamo proprio da qui. Dalla preghiera. “L’uomo moderno non prega, considera la preghiera una vana superstizione e, soprattutto, ne ignora completamente gli effetti”. Lo diceva il Nobel per la Medicina Alexis Carrel nel lontano 1941. Figurarsi oggi. Suor Gloria quali sono gli effetti concreti della preghiera?
(Sorride). «Ci vorrebbe un libro intero per rispondere a questa domanda».
Beh, già questo di per sè è rassicurante. Ma proviamoci lo stesso...
«Qualche giorno fa stavo tenendo l’ennesimo incontro sulla Misericordia, le lascio immaginare quanti ne ho fatti quest’anno sul tema, e non so perché ad un certo momento, spiegando l’etimologia del termine Misericordia, mi è venuto di parlare di un sacerdote di Chiaravalle, padre Alberico, che è stato il mio primo insegnante di ebraico. Ne ho parlato molto bene, secondo il ricordo che io conservavo di lui. Finito l’incontro viene da me una persona che, tra le lacrime, mi ringrazia per quel racconto. L’ha come illuminata in un momento di forte crisi che sta attraversando. Vengo poi a sapere che questa persona ha incontrato la fede proprio attraverso don Alberico e il mio parlare di lui l’aveva richiamato con potenza alla bellezza e alla verità di quell’incontro. Io non avevo mai parlato di don Alberico e non so perché quel giorno l’ho fatto. Oppure, recentemente ero in preghiera davanti al Santissimo Sacramento e improvvisamente mi viene in mente una certa persona. Scopro solo più tardi che quella stessa persona, proprio in quel momento, era sotto i ferri per un importante intervento. Io non sapevo nulla. Ecco, di fatti come questi me ne capitano in continuazione…».
La preghiera come forma di aiuto concreto nella difficoltà…
«Molto di più. La preghiera ti permette di entrare nello spessore della realtà. Ti fa entrare in quello che in greco si dice il kairos, ovvero, il tempo opportuno, il tempo che salva. Quelle circostanze che Dio fa accadere, che sono atti salvifici e che si intessono di elementi quotidiani, a volte banalissimi, ma che portano con sé tutto spessore della grazia. La preghiera ti educa, ti affina lo sguardo e l’animo a percepire la presenza di Dio negli eventi, nelle cose, nelle persone, negli incontri. La preghiera ti immette in un mondo misterioso che esiste, che c’è e che è la vita vera. E’ la vita interiore che tutti ci tiene collegati molto di più che i mezzi di comunicazione sociale. La preghiera ti educa alla vita eterna, perché questa è la vita eterna: stare in Dio e portare le persone in Dio. Che è tutto quello che noi cristiani dobbiamo fare».
Perché proprio l’Adorazione Eucaristica come forma di preghiera?
«Le tentazioni dell’uomo moderno passano attraverso lo sguardo. Noi siamo colpiti da messaggi subliminali continui che ci attaccano, anche attraverso l’ascolto, ma soprattutto attraverso la potenza e la prepotenza delle immagini. Il messaggio che arriva attraverso gli occhi è micidiale perché va direttamente al cuore e colpisce a livello subliminale, senza che tu possa avere neanche delle difese. Quindi per me guardare al Santissimo Sacramento è come un antidoto. Un antidoto che preserva e guarisce dal veleno del male e allo stesso tempo che è segno di un sacrificio e di una gloria. In fondo l’Adorazione Eucaristica non è altro che il prolungamento stesso della Messa. E’ come una Messa infinita».
Veniamo alla sua storia. Come ha deciso di diventare suora di clausura?
«Finiti gli studi superiori al Collegio Guastalla di Monza, conosco un ragazzo, ci innamoriamo e decidiamo di sposarci. Reduce dal Sessantotto e da tutto quel mondo di avanguardia e di protesta, vivevo un momento di lontananza dalla fede. Ma siccome la mia famiglia era profondamente cattolica, l’opzione di un matrimonio civile non esisteva nemmeno. Pertanto io e il mio ragazzo iniziamo a frequentare un sacerdote in preparazione al sacramento del matrimonio. Fu un percorso determinante per la crescita della mia fede, che culminò con un pellegrinaggio a Lourdes».
Qualcosa però mi dice, suor Gloria, che quel percorso si interruppe. Cosa è accaduto?
«Al ritorno da Lourdes feci un incidente gravissimo con un’esperienza di premorte. Da lì cambio tutto».
Racconti..
«L’ultima cosa che ho visto sono stati due enormi fari bianchi, poi c’è stato il silenzio e il buio. Dentro questo buio totale ho capito che stavo morendo, che avevo 21 anni e che toccava a me di morire. E ho accettato la morte. Ho capito che c’è come un momento in cui ti si chiede se accetti la realtà così com’è ed io, non so bene per quale ragione misteriosa – ma credo anche per la preghiera di molte persone – io ho accettato di morire. Ho detto: “va bene, se devo morire va bene”. Dentro questa accettazione c’è stata subito una grande serenità, una grande pace. Immediatamente, in questa oscurità, ho visto una luce che mi veniva incontro. E ho avuto la certezza di essere alla Presenza di Dio. Cioè ho avuto la certezza che quella Luce era Dio e che Dio era Amore e che quell’Amore era il giudizio. Mentre desideravo andare verso quella luce, ho avuto come la chiarezza su tutta la mia vita: ho visto che nella mia vita quella gratuità di amore non c’era. E quindi sono stata travolta da un insieme di sentimenti contrastanti: da un lato un grande dolore perché la Felicità era lì, quella Luce mi chiamava e mi corrispondeva pienamente, ma io non la potevo raggiungere perché mi giudicavo indegna, perché mi giudicavo dissimile da quello che vedevo. Dall’altra una grande gioia perché ero destinata a diventare Luce. Sarebbe stato solo una questione di purificazione. Dentro a questa lotta, mi hanno rianimato in ospedale e a quel punto ho sentito tutto il dolore: avevo un trauma cranico, sette fratture, emorragie interne».
Insomma, era messa male..
«Malissimo. Però il ricordo dell’esperienza fatta è stato come galvanizzante: ho reagito benissimo a tutte le cure e gli interventi. Io che non ero per nulla coraggiosa ho reagito in un modo inspiegabile. Mi ricordo che il medico che mi ha trapanato a mente sana il tallone per mettermi in trazione la gamba, è rimasto letteralmente sconvolto perché non ho detto una parola, e mia mamma più di lui perché io non ero una così. Quell’esperienza mi aveva consegnato una forza e una profondità che non avevo mai avuto. I mesi successivi, costretta in ospedale, sono stati provvidenziali affinché io meditassi, approfondissi ed entrassi sempre più nel Mistero di ciò che avevo vissuto. Quando poi sono uscita, mi sono trovata diversa».
Poi cosa è accaduto?
«Sono tornata a Lourdes per ringraziare la Madonna ed entrando nella cappella, che era nella penombra, con il Santissimo Sacramento illuminato da dietro - come una piccola luce nel buio – ecco, io ho rivissuto la stessa magia dell’incidente. E ho capito che non c’è bisogno di fare un incidente mortale per vedere Dio. Noi abbiamo quella Luce, quell’Amore con cui Dio si manifesta, presente sugli altari tutti i giorni, ove si celebra l’Eucarestia e il Santissimo Sacramento».
http://www.lanuovabq.it
08-10-2016
Se tutte le storie di conversione sono straordinarie perché testimoniano la potenza dell’Amore di Dio che conquista il cuore dell’uomo, la storia di suor Gloria Riva lo è ancor di più. Il suo personale incontro con la Salvezza è stato diretto, senza mediazioni, un vero e proprio faccia a faccia col Mistero di Cristo presente nella storia. «Dentro all’oscurità, improvvisamente ho visto una luce che mi veniva incontro. E ho avuto la certezza di essere alla Presenza di Dio».
Una vicenda di conversione sconvolgente e per certi versi anche atipica: nata in una famiglia cattolicissima ed educata in collegi religiosi, suor Gloria respira la fede, dentro e fuori casa, sin dalla tenera età, senza viverne una sostanziale ribellione. Ma, proprio per questo, racconta di un livello più profondo: la conversione, non è solo la novità dell’incontro con Cristo vivo, ma ancor più è «lo stare, il rimanere in Cristo e portare le persone in Cristo. Che è tutto e solo quello che noi cristiani dobbiamo fare». E’ il desiderio di convertire lo sguardo a Cristo in ogni istante, per sempre. Ebbene, questa esperienza di Dio per suor Gloria diviene talmente vita che nel 2007 arriva a fondare la comunità delle monache dell’Adorazione Eucaristica nel monastero di san Lazzaro e santa Maria Maddalena a Pietrarubbia (Pesaro-Urbino), come costola dell’ordine delle Adoratrici Perpetue del Santissimo Sacramento di cui faceva parte dal 1984. Il loro compito primario sta, appunto, nell’adorare giorno e notte ininterrottamente Cristo Eucarestia.
Domenica 9 ottobre, alle ore 15, Suor Gloria Riva sarà ospite alla Giornata della Bussola, a Monza, con un incontro dal titolo: "Dio irrompe nella storia. Testimonianze di vite trasformate da un incontro".
Partiamo proprio da qui. Dalla preghiera. “L’uomo moderno non prega, considera la preghiera una vana superstizione e, soprattutto, ne ignora completamente gli effetti”. Lo diceva il Nobel per la Medicina Alexis Carrel nel lontano 1941. Figurarsi oggi. Suor Gloria quali sono gli effetti concreti della preghiera?
(Sorride). «Ci vorrebbe un libro intero per rispondere a questa domanda».
Beh, già questo di per sè è rassicurante. Ma proviamoci lo stesso...
«Qualche giorno fa stavo tenendo l’ennesimo incontro sulla Misericordia, le lascio immaginare quanti ne ho fatti quest’anno sul tema, e non so perché ad un certo momento, spiegando l’etimologia del termine Misericordia, mi è venuto di parlare di un sacerdote di Chiaravalle, padre Alberico, che è stato il mio primo insegnante di ebraico. Ne ho parlato molto bene, secondo il ricordo che io conservavo di lui. Finito l’incontro viene da me una persona che, tra le lacrime, mi ringrazia per quel racconto. L’ha come illuminata in un momento di forte crisi che sta attraversando. Vengo poi a sapere che questa persona ha incontrato la fede proprio attraverso don Alberico e il mio parlare di lui l’aveva richiamato con potenza alla bellezza e alla verità di quell’incontro. Io non avevo mai parlato di don Alberico e non so perché quel giorno l’ho fatto. Oppure, recentemente ero in preghiera davanti al Santissimo Sacramento e improvvisamente mi viene in mente una certa persona. Scopro solo più tardi che quella stessa persona, proprio in quel momento, era sotto i ferri per un importante intervento. Io non sapevo nulla. Ecco, di fatti come questi me ne capitano in continuazione…».
La preghiera come forma di aiuto concreto nella difficoltà…
«Molto di più. La preghiera ti permette di entrare nello spessore della realtà. Ti fa entrare in quello che in greco si dice il kairos, ovvero, il tempo opportuno, il tempo che salva. Quelle circostanze che Dio fa accadere, che sono atti salvifici e che si intessono di elementi quotidiani, a volte banalissimi, ma che portano con sé tutto spessore della grazia. La preghiera ti educa, ti affina lo sguardo e l’animo a percepire la presenza di Dio negli eventi, nelle cose, nelle persone, negli incontri. La preghiera ti immette in un mondo misterioso che esiste, che c’è e che è la vita vera. E’ la vita interiore che tutti ci tiene collegati molto di più che i mezzi di comunicazione sociale. La preghiera ti educa alla vita eterna, perché questa è la vita eterna: stare in Dio e portare le persone in Dio. Che è tutto quello che noi cristiani dobbiamo fare».
Perché proprio l’Adorazione Eucaristica come forma di preghiera?
«Le tentazioni dell’uomo moderno passano attraverso lo sguardo. Noi siamo colpiti da messaggi subliminali continui che ci attaccano, anche attraverso l’ascolto, ma soprattutto attraverso la potenza e la prepotenza delle immagini. Il messaggio che arriva attraverso gli occhi è micidiale perché va direttamente al cuore e colpisce a livello subliminale, senza che tu possa avere neanche delle difese. Quindi per me guardare al Santissimo Sacramento è come un antidoto. Un antidoto che preserva e guarisce dal veleno del male e allo stesso tempo che è segno di un sacrificio e di una gloria. In fondo l’Adorazione Eucaristica non è altro che il prolungamento stesso della Messa. E’ come una Messa infinita».
Veniamo alla sua storia. Come ha deciso di diventare suora di clausura?
«Finiti gli studi superiori al Collegio Guastalla di Monza, conosco un ragazzo, ci innamoriamo e decidiamo di sposarci. Reduce dal Sessantotto e da tutto quel mondo di avanguardia e di protesta, vivevo un momento di lontananza dalla fede. Ma siccome la mia famiglia era profondamente cattolica, l’opzione di un matrimonio civile non esisteva nemmeno. Pertanto io e il mio ragazzo iniziamo a frequentare un sacerdote in preparazione al sacramento del matrimonio. Fu un percorso determinante per la crescita della mia fede, che culminò con un pellegrinaggio a Lourdes».
Qualcosa però mi dice, suor Gloria, che quel percorso si interruppe. Cosa è accaduto?
«Al ritorno da Lourdes feci un incidente gravissimo con un’esperienza di premorte. Da lì cambio tutto».
Racconti..
«L’ultima cosa che ho visto sono stati due enormi fari bianchi, poi c’è stato il silenzio e il buio. Dentro questo buio totale ho capito che stavo morendo, che avevo 21 anni e che toccava a me di morire. E ho accettato la morte. Ho capito che c’è come un momento in cui ti si chiede se accetti la realtà così com’è ed io, non so bene per quale ragione misteriosa – ma credo anche per la preghiera di molte persone – io ho accettato di morire. Ho detto: “va bene, se devo morire va bene”. Dentro questa accettazione c’è stata subito una grande serenità, una grande pace. Immediatamente, in questa oscurità, ho visto una luce che mi veniva incontro. E ho avuto la certezza di essere alla Presenza di Dio. Cioè ho avuto la certezza che quella Luce era Dio e che Dio era Amore e che quell’Amore era il giudizio. Mentre desideravo andare verso quella luce, ho avuto come la chiarezza su tutta la mia vita: ho visto che nella mia vita quella gratuità di amore non c’era. E quindi sono stata travolta da un insieme di sentimenti contrastanti: da un lato un grande dolore perché la Felicità era lì, quella Luce mi chiamava e mi corrispondeva pienamente, ma io non la potevo raggiungere perché mi giudicavo indegna, perché mi giudicavo dissimile da quello che vedevo. Dall’altra una grande gioia perché ero destinata a diventare Luce. Sarebbe stato solo una questione di purificazione. Dentro a questa lotta, mi hanno rianimato in ospedale e a quel punto ho sentito tutto il dolore: avevo un trauma cranico, sette fratture, emorragie interne».
Insomma, era messa male..
«Malissimo. Però il ricordo dell’esperienza fatta è stato come galvanizzante: ho reagito benissimo a tutte le cure e gli interventi. Io che non ero per nulla coraggiosa ho reagito in un modo inspiegabile. Mi ricordo che il medico che mi ha trapanato a mente sana il tallone per mettermi in trazione la gamba, è rimasto letteralmente sconvolto perché non ho detto una parola, e mia mamma più di lui perché io non ero una così. Quell’esperienza mi aveva consegnato una forza e una profondità che non avevo mai avuto. I mesi successivi, costretta in ospedale, sono stati provvidenziali affinché io meditassi, approfondissi ed entrassi sempre più nel Mistero di ciò che avevo vissuto. Quando poi sono uscita, mi sono trovata diversa».
Poi cosa è accaduto?
«Sono tornata a Lourdes per ringraziare la Madonna ed entrando nella cappella, che era nella penombra, con il Santissimo Sacramento illuminato da dietro - come una piccola luce nel buio – ecco, io ho rivissuto la stessa magia dell’incidente. E ho capito che non c’è bisogno di fare un incidente mortale per vedere Dio. Noi abbiamo quella Luce, quell’Amore con cui Dio si manifesta, presente sugli altari tutti i giorni, ove si celebra l’Eucarestia e il Santissimo Sacramento».
http://www.lanuovabq.it
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