giovedì 21 febbraio 2013

“Uno di noi”, firma per il riconoscimento giuridico dell’embrione







di Massimo Zambelli

“Uno di noi”. È il titolo della campagna europea di raccolta firme per il riconoscimento giuridico dell’embrione, con il fine di tutelarne la dignità, il diritto a vivere e l’integrità, rendendo così possibile l’introduzione di regole che “pongano fine al finanziamento di attività presupponenti la distruzione di embrioni umani”.

Il titolo “Uno di noi” dell’iniziativa ricalca la definizione presente nell’introduzione del documento del 1996 “Identità e statuto dell’embrione umano”, redatto dall’autorevole Comitato nazionale di bioetica (durante il governo dell’Ulivo): L’embrione è uno di noi: questa frase, talmente semplice da suonare per alcuni irritante, esplicita bene l’atteggiamento bioetico fondamentale che emerge dal nostro testo: il senso del limite al nostro possibile operare tecnologico“. La raccolta di firme è già iniziata e prosegue fino a novembre 2013, ed ha l’obiettivo di raggiungere 20 milioni di adesioni in tutta Europa e almeno 1 milione in Italia. Il sito internet in cui si può firmare l’appello è http://www.oneofus.eu/it/

Bisognerebbe creare una massiccia mobilitazione della rete per fare conoscere e promuovere questa iniziativa. I tempi lo richiedono. E contemporaneamente fornire sempre più capillarmente informazioni per aiutare a comprendere la verità dello slogan. “Uno di noi” è il claim che definisce l’embrione nello spazio comunicativo e meglio funziona quanto più si capisce che fotografa davvero la realtà. Il riferimento all’ottava arte non è casuale, in quanto proprio la fotografia offre uno spunto interessante per comprendere l’umanità dell’embrione.

In particolare aiuta a comprenderlo l’uso della Polaroid che ha qualcosa di meraviglioso. Si scatta la foto, dalla macchina esce un foglio, si prende in mano e si guarda con stupore divertito l’affiorare e il lento formarsi dell’immagine dal fondo chiaro del supporto. Questo piccolo prodigio è secondo me perfetto per illustrare quell’evento ancora più geniale che è la nascita e lo sviluppo di un essere umano. Quando inizia la vita umana? In quale momento del suo sviluppo possiamo dire convintamente “questo è un essere umano come noi”? L’iniziale e normale difficoltà di vedere nel pallino di cellule del concepito una vita integralmente umana, da rispettare e tutelare, può essere superata pensando a quel che accade con una fotografia Polaroid, il cui fascino non dipende solo dal formato quadrato della cornice rispetto al più diffuso 2/3 della pellicola 35 mm. Le ragioni vere della sua seduzione risiedono nel fatto che lo sviluppo avviene in diretta e che la foto è senza negativo. Ciò rende ogni immagine un pezzo unico e un piccolo evento. Se si perde una foto Polaroid, che documenta un momento prezioso, si perde tutto. Niente più possibilità di ristamparla. 

Come ogni essere umano, essa è unica e irripetibile. Ma anche il lento apparire dell’immagine dal fondo chiaro ha qualcosa di magico, che incanta. Nel foglio bianco c’è già tutta l’immagine che deve “svilupparsi”, come nell’embrione c’è già l’essenza della persona che reclama solo un po’ di tempo per crescere e – con stessa parola – svilupparsi. Se si mettesse la foto Polaroid in un congelatore per arrestarne il processo chimico, l’immagine resterebbe presente nel tempo pur non visibile, e dopo la disibernazione potrebbe riaffiorare. Così un embrione confinato nel cryotank ha latente l’umanità ricevuta dalla fecondazione e, rimesso in una condizione favorevole, può riprendere l’espressione di ciò che era ė stato impresso. L’analogia tra i due processi si spinge lontano: anche il fatto che in entrambi i casi lo sviluppo si realizza mediante un dinamismo interno (autosviluppo) è degno di nota. A differenza delle altre fotografie che necessitano di un intervento esterno per essere stampate, la Polaroid è autonoma. In modo simile lo sviluppo dell’embrione è self made. La madre ospita davvero un altro, autonomo quanto a principio dinamico che è ciò che caratterizza e qualifica i sistemi viventi. Tuttavia riconoscere l’umanità dell’embrione è un passo fondamentale ma non sufficiente.

Dire che l’embrione umano è un essere umano non basta. Come messo in rilievo anche da questo articolo, chi nega tutela alla vita nascente può passare rapidamente dal non guardare nel microscopio (comportandosi come chi non voleva guardare nel telescopio di Galileo) per non accettare la verità empirica (sempre più incontestabile) dell’appartenenza alla specie umana di embrione e feto, al riconoscere che sì, si tratta di vita umana, ma che tuttavia quell’organismo umano non è ancora persona umana, questa sì degna di rispetto e tutela. Diventa perciò importante chiarire alcuni passaggi: la scienza induce sempre di più a riconoscere che l’embrione umano è vivo ed è vita umana; la filosofia ne deduce che è persona da subito; la teologia conduce nel dibattito la convinzione che quella pur piccola vita ha dignità umana inviolabile e quindi diritti da tutelare, tra cui quelli primari alla vita e all’integrità fisica.

Vita umana: Edoardo Boncinelli, genetista, afferma: “Non c’è dubbio che la vita di un organismo specifico – ranocchio, gatto o uomo – inizia con la fecondazione, cioè con la congiunzione di un gamete maschile, lo spermatozoo, e uno femminile, la cellula-uovo o ovocita maturo” E ancora: “Dal punto di vista biologico non c’è in sostanza nessuna discontinuità dal concepimento alla nascita e oltre”. Documento di Carlo Flamigni e soci sull’ootide (neologismo parascientifico per aggirare la definizione di embrione): “La transizione oocita-embrione risulta da una successione di eventi che si susseguono nel tempo con larghe sovrapposizioni funzionali e temporali. In tale transizione un evento peculiare sul quale basare la criticità del passaggio generazionale e quindi l’inizio di un nuovo essere umano, è rappresentato dalla costituzione del nuovo assetto cromosomico diploide e dal successivo inizio della segmentazione”. Lo considero un piccolo autogol. Perfino chi come Flamigni critica la legge 40 e il suo definire soggetto l’embrione umano, constata che dopo sole 24-36 ore dalla fecondazione, con l’inizio della fase embrionale, c’è la presenza di un “nuovo essere umano”. Poi lui, per convenienza, non gli riconosce lo statuto di persona, ma qui siamo già nel campo della filosofia e non più della biologia. Biologicamente parlando è un individuo della specie uomo.

Persona umana: Basterebbe la domanda posta da Giovanni Paolo II: “Come può un individuo umano non essere una persona umana?” Se una vita umana non fosse una persona umana da subito, cioè dalla sua apparizione come essere della specie uomo, quando lo sarebbe? E cosa gli fornirebbe questo statuto? Quale evento lo costituirebbe? Le azioni che dimostrano il mio essere persona vengono dopo il mio esserlo. Il fare segue l’essere. Dissociare l’essere persona umana dall’avere un vita umana, porta a ricostituire caste sociali in cui alcuni soggetti umani non sono ancora, o non sono più, o non sono abbastanza, persone. 

Peter Singer ritiene coerentemente che nemmeno i neonati siano persone. Non hanno ancora sviluppate le caratteristiche che rendono tali le persone: coscienza, volontà, relazionalità. Pertanto alcuni individui o non sono ancora persone (feti, neonati, infanti, matti) o non lo sono più (chi è in stato vegetativo, chi è afflitto da gravi malattie degenerative del cervello). Io dico, allora, anche i dormienti! Se essere persona è avere in atto coscienza e volontà, un dormiente non le ha. Occorre che si svegli per essere pienamente persona. Quindi se un omicida dimostrasse che la sua vittima stava dormendo mentre la uccideva, per la logica assurda che consegue a questi ragionamenti dovrebbe essere assolto. Serve a poco ribattere che il dormiente appena si sveglia riacquisterà coscienza e volontà. Anche un feto le espliciterà non appena sarà cresciuto. Il dormiente e il feto sono in situazione di potenzialità rispetto all’avere espresse e attive la coscienza e la libertà. Perché chiudere un occhio su una forma di potenzialità rispetto all’altra?

Dignità umana: Qui il nocciolo. Riconosciuto che un embrione è un essere umano, e quindi persona umana, cosa farsene? È così piccolo e insignificante… La teologia, o meglio, una visione religiosa della vita, nomina la dignità come spirito, anima, e l’ebraismo e il cristianesimo come “imago Dei”. Una filosofia materialista è in grado di nominarla con tanta profondità? Può dire dignità universale e inviolabile? Attenzione che non sto parlando di comportamento concreto del dichiarante. So che ci sono persone credenti che hanno contravvenuto alla “teoria”. A me, e secondo me alla società attuale, preme però sapere se la dignità sia un illusione, un effetto ottico, oppure una realtà vera. Questo perché cerco una coerenza (fin quando posso applicarla) tra la prassi e la teoria. Credo ancora che siano le idee a muovere le gambe. La campagna nobilmente politica “Uno di noi” ha dentro di sé tutto questo.

Per qualcuno è già ben chiaro e distinto, mentre per molti altri sono ancora ragionamenti impliciti e latenti, come in una foto Polaroid appena scattata, che ha bisogno solo di tempo e di condizioni giuste (una giusta cultura) per svilupparsi. Intanto, se tu condividi quanto detto, hai già firmato (serve un documento)?


http://www.uccronline.it/2013/02/20


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