domenica 17 febbraio 2013

Quadragesima ineunte






di Giannicola D'Amico

Sta per chiudersi il breve Carnevale di questo anno 2013, e la Quaresima si avvicina con le sue promesse di primavera.
Un tempo il “licet insanire” veniva appositamente celebrato “semel in anno” nei riti conclusivi del Carnevale: occasione di breve impazzimento cui seguiva un periodo di generale serietà, anche civile, strettamente collegato al tempo di Penitenza che la Quaresima imponeva.
Oggi, che l’impazzimento è generalizzato e dura tutto l’anno, la differenza fra Carnevale e altri periodi dell’anno è talmente sfumata – complici anche i media - da passare pressoché inosservata.

Tralasciando le norme sul digiuno e sull’astinenza, preme sottolineare come, almeno in campo liturgico-musicale, si possa recuperare qualche dato qualificante del tempo penitenziale, che va di pari passo con l’adozione di un determinato colore liturgico o con la velazione delle immagini, ovvero quel digiuno anche sensoriale che veniva proposto dalla Chiesa in Quaresima, e che sarebbe vivamente opportuno ripristinare, in un mondo in cui il digiuno fisico lo si prevede solo in caso di “dieta dimagrante”.
Quando le norme liturgiche erano maggiormente osservate, era un fatto assodato che in tempo di Quaresima si potesse usare l’organo solo e soltanto per accompagnare i canti, quindi ne era bandito, durante la liturgia, l’uso solistico.
L’organista scrupoloso si asteneva pure dall’accompagnare, ancorchè sommessamente, l’Elevazione con il solo suono dello strumento.

La sera del Giovedì Santo si inchiavardava lo strumento, non soltanto in senso simbolico, ma perchè non fosse venuto in testa a qualche scriteriato di suonare durante i riti della Passione e fino all’annunzio della Resurrezione.
Oggi queste accortezze, che sarebbero pure ancora consigliate dalle norme liturgiche, non sono più sentite ordinariamente, dimodochè il servizio musicale viene prestato durante le settimane quaresimali e anche durante la Settimana Santa, né più e né meno di come lo si concepisca per il Natale, per la Pentecoste o per la festa patronale, salvo l’utilizzo di canti adatti (ove pure non sussista il deprecabile malvezzo dei canti passepartout).
Ripristinare il puro canto “a cappella” nelle comuni Parrocchie sarebbe forse un eccesso di zelo e, al momento, un sacrificio troppo oneroso, per quanto le Cattedrali potrebbero fare un passo in tal senso, però un segno di “astinenza” dalla comune prassi sarebbe bene che fosse offerto al Popolo di Dio, da parte dei pastori e dei musicisti.

Considerato che in molte parrocchie è stato, negli ultimi decenni, affiancato all’organo (o a qualche suo surrogato) il suono di altri strumenti, sarebbe sufficiente che nel periodo compreso fra il Mercoledì delle Ceneri e la domenica di Pasqua, ci si astenga dall’uso di tali strumenti.
Allontanare almeno temporaneamente dalla liturgia le chitarre, i fiati, le percussioni o altro strumentario che, a vario titolo, è stato progressivamente inserito nella prassi liturgica delle nostre chiese, sarebbe un gesto di equilibrato buon senso liturgico.
Con l’occasione si dovrebbe cercare di curare maggiormente l’uso dell’accompagnamento organistico e, magari, ripristinare l’uso di qualche antica melodia gregoriana o post-gregoriana che un tempo caratterizzava il tempo di Quaresima: brani semplici o semplicissimi che anche il nostro popolo intonava senza soverchia difficoltà.

Magari con qualche breve catechesi circa l’adozione di questo repertorio, condita delle traduzioni del testo latino, per propiziarne la comprensione: un momento di meditazione e formazione in questo senso, sarebbe d’auspicio a recuperare alcuni “fondamentali” del servizio musicale.
Si potrebbe aiutare a comprendere, così, cominciando dai pastori e dai musicisti, per finire ai semplici fedeli, che il servizio musicale alla Liturgia non è intrattenimento puro e semplice, ma è sottoposto a delle norme precise, come lo è l’uso di determinati colori dei paramenti o l’adozione di certe letture del Nuovo e dell’Antico Testamento in luogo di altre.
Ricominceremmo così, almeno “semel in anno”, a rinsavire.



Scuola ecclesia mater



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