Sono almeno tre le novità che con questo papa caratterizzano le Giornate Mondiali della Gioventù: gli spazi di silenzio, l'età giovanissima, la passione di testimoniare la fede nel mondo
di Sandro Magister
ROMA, 24 agosto 2011 – Dopo ogni suo viaggio fuori d'Italia, Benedetto XVI ama tracciarne un bilancio nell'udienza generale del mercoledì successivo.
Fece così dopo la Giornata Mondiale della Gioventù di Colonia, nell'agosto del 2005:
http://www.vatican.va/holy_father/benedict_xvi/audiences/2005/documents/hf_ben-xvi_aud_20050824_it.html
Non lo fece invece tre anni dopo, di ritorno da Sydney, perché era luglio e in questo mese le udienze generali sono sospese. Ma il papa commentò più tardi quella sua trasferta australiana nel discorso che tenne alla curia romana per gli auguri di Natale del 2008, riprodotto in questo recente servizio di www.chiesa:
http://chiesa.espresso.repubblica.it/articolo/1349004
Questa volta, di ritorno da Madrid, ecco la riflessione che mercoledì 24 agosto Benedetto XVI ha dedicato alla terza Giornata Mondiale della Gioventù del suo pontificato:
http://press.catholica.va/news_services/bulletin/news/27945.php?index=27945&lang=it
Da questa e dalle sue precedenti riflessioni, è evidente che Benedetto XVI vede le Giornate Mondiali della Gioventù come un momento saliente della sua missione di successore di Pietro.
A una semplice osservazione esterna, questi ultimi raduni mondiali manifestano almeno tre caratteri distintivi e nuovi, che a Madrid sono apparsi con particolare visibilità.
Il primo è il silenzio. Un silenzio prolungato, intensissimo, che cala nei momenti chiave, in una marea di giovani che fino a subito prima esplodevano di gioia festante.
La Via Crucis è uno di questi momenti. Un altro, ancor più impressionante, è quello dell'adorazione dell'ostia santa durante la veglia notturna. Un terzo è stato quello della comunione durante la messa conclusiva.
L'adorazione silenziosa dell'ostia santa è un'innovazione introdotta nelle Giornate Mondiali della Gioventù da Benedetto XVI. Il papa si inginocchia e con lui si inginocchiano sulla nuda terra centinaia di migliaia di giovani. Tutti protesi non al papa ma a quel "nostro pane quotidiano" che è Gesù.
Il violento scroscio temporalesco che a Madrid ha preceduto l'adorazione eucaristica, creando notevole scompiglio, ha reso ancor più impressionante l'irrompere di tale silenzio. E altrettanto è accaduto la mattina dopo, nella messa. L'inaspettata cancellazione della distribuzione della comunione – per non chiarite ragioni di sicurezza – non ha prodotto disordine e distrazione nella distesa sterminata dei giovani ma, al contrario, un silenzio di compostezza e intensità sorprendenti, una "comunione spirituale" di massa di cui non si ricordano precedenti.
Un secondo carattere distintivo di quest'ultima Giornata Mondiale della Gioventù è l'età media molto bassa dei convenuti, 22 anni.
Questo significa che molti di essi vi hanno preso parte per la prima volta. Il loro papa è Benedetto XVI, non Giovanni Paolo II, che hanno conosciuto solo da bambini. Essi sono parte di una generazione di giovani e giovanissimi molto esposta a una cultura secolarizzata. Ma sono nello stesso tempo il segnale che le domande su Dio e i destini ultimi sono vive e presenti anche in questa generazione. E ciò che muove questi giovani sono proprio queste domande, alle quali un papa come Benedetto XVI offre risposte semplici eppure potentemente impegnative e attrattive.
I veterani delle Giornate Mondiali della Gioventù c'erano, a Madrid. Ma soprattutto tra le decine di migliaia di volontari che si sono prestati per l'organizzazione. O tra i numerosi sacerdoti e religiose che hanno accompagnato i giovani, e le cui vocazioni sono sbocciate proprio in precedenti Giornate Mondiali della Gioventù. È ormai assodato che questi appuntamenti sono un vivaio per le future leadership delle comunità cattoliche nel mondo.
Un terzo carattere distintivo è la proiezione "ad extra" di questi giovani. A loro non interessano affatto le battaglie interne alla Chiesa per un suo ammodernamento al passo con i tempi. Sono lontani anni luce dal "cahier de doléances" di certi loro fratelli maggiori: per i preti sposati, per le donne prete, per la comunione ai divorziati risposati, per l'elezione popolare dei vescovi, per la democrazia nella Chiesa, eccetera eccetera.
Per loro, tutto questo è irrilevante. A loro basta essere cattolici come papa Benedetto fa vedere e capire. Senza diversivi, senza sconti. Se alto è il prezzo con il quale siamo stati salvati, il sangue di Cristo, alta dev'essere anche l'offerta di vita dei veri cristiani.
Non è la riorganizzazione interna della Chiesa, ma la passione di testimoniare la fede nel mondo a muovere questi giovani. Il papa glielo stava per dire con queste parole, nel discorso interrotto dal temporale:
"Cari amici, non abbiate paura del mondo, né del futuro, né della vostra debolezza. Il Signore vi ha concesso di vivere in questo momento della storia, perché grazie alla vostra fede continui a risuonare il suo nome in tutta la terra".
Il vaticanista americano John L. Allen ha definito i giovani convenuti a Madrid "Evangelical Catholics":
http://ncronline.org/blogs/all-things-catholic/big-picture-world-youth-day-it%E2%80%99s-evangelicals-stupid
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