Da: L'anno liturgico - di dom Prosper Guéranger
L'Assunzione della Madonna è una delle solennità liturgiche più ricche di gioia. Gaudent Angeli! Gaudete, quia cum Christo regnat! (Si rallegrano gli Angeli! Rallegratevi anche voi, perché regna con Cristo!).
La Chiesa del cielo e quella della terra si uniscono alla felicità infinita di Dio, che incorona sua Madre e cantano con amore la gioia verginale di Colei, che si introduce per tutta l'eternità nella gioia del suo Figlio e Angeli e Santi si affrettano ad acclamarla Regina, mentre la terra gioisce, per aver dato al Cielo la sua gemma più bella.
Glorificazione dell'anima di Maria.
Questo è il giorno natalizio di Maria, quello in cui si celebrano ad un tempo il trionfo della sua anima e quello del suo corpo. Consideriamo prima la glorificazione dello spirito, meno notata, perché comune a tutti i Santi. Il raggiungimento della visione beatifica da parte dell'anima di Maria è cosa di tanto splendore e di tanta ricchezza che riverbera una luce inimitabile sulle nostre più alte speranze. Non ci è possibile immaginare la bellezza di questa suprema rivelazione in cui lo sguardo già così puro e penetrante, della creatura più perfetta, si aprì repentinamente davanti ad un abisso di infinita Bontà, ma, con l'aiuto della grazia divina, tentiamo di levare i nostri pensieri verso la cima, sulla quale si compie questa meraviglia che i nostri occhi non distinguono ancora.
Veramente si tratta di una cima: è il punto di arrivo di un'ascensione continua e perseverante, perché, piena di grazia nel momento della Concezione, l'Immacolata continuò quaggiù a crescere davanti a Dio.
L'Annunciazione, il Natale, il Calvario, la Pentecoste hanno segnato le tappe di questo progresso meraviglioso e ad ogni tappa l'amore verginale e materno si è accresciuto e arricchito, tendendo ad un'altezza che nessuna creatura potrà mai raggiungere. La luce di gloria che investe d'improvviso l'anima di Maria e le rivela le grandezze del Figlio in tutta la loro magnificenza e la sua dignità materna, supera di molto la gloria di tutti gli Angeli e di tutti i Santi, perché, dopo la santa Umanità di Cristo, stabilita alla destra del padre nel santuario della Divinità, nulla possiede il mondo più perfetto di quest'anima materna irradiante purezza, bellezza, tenerezza e gioia: Beata Mater!
Lascerà ancora questo raggiungimento trionfale della felicità suprema qualche possibilità di sviluppo all'anima di Maria? Per sé no, perché ormai tutto in lei è perfetto e nell'eternità non si cresce nella perfezione. Aperta in modo totale sugli splendori del Verbo, suo Figlio, l'anima di Maria soddisfa ormai perfettamente tutte le esigenze della sua vocazione sublime. È lo stato d'anima di una perfetta Madre di Dio.
Ma Maria ebbe un figlio solo, Gesù. Madre di Dio Salvatore, è madre altresì di tutti coloro, che attingeranno alla sorgente della Salvezza, e la sua Maternità di grazia si estenderà fino alla fine del mondo. Nella luce beatifica, l'anima di Maria vede tutti i suoi figli e tutti i disegni di Dio su ciascuno di essi e, con un fiat di amore, consente e partecipa all'universale Provvidenza, in cui Dio la chiama ad avere un posto di intercessione, che non conosce limiti. Maria si unisce così al Sacerdote Sommo, che intercede per noi incessantemente la misericordia del Padre e la sua preghiera ottiene per la Chiesa, della quale è il tipo ideale, una Assunzione permanente fino a quando la pienezza del Corpo mistico sarà raggiunta in modo definitivo. L'anima di Maria, nell'attesa di questa apoteosi, meglio di qualsiasi altro santo, "impegna il suo Paradiso a fare del bene sulla terra". Sia allora libero lo slancio della nostra gioia, uniamo alla confidenza la gratitudine, lodiamo degnamente la nostra Avvocata, la Mediatrice, la Madre, che prende il suo posto di Regina, presso il trono dell'Agnello.
Fede della Chiesa nell'Assunzione di Maria.
L'origine di questa fede non ha una data precisa, ma da molti secoli la Chiesa afferma che il corpo di Maria è in Cielo unito all'anima sua gloriosa e questo privilegio del corpo di Maria è l'elemento distintivo del mistero dell'Assunzione. Il Sommo Pontefice Pio XII, il primo novembre del 1950, compiendo il voto unanime di vescovi e fedeli, proclamò solennemente come "dogma rivelato che Maria, l'Immacolata Madre di Dio, sempre Vergine, al termine della sua vita terrena, fu elevata, anima e corpo, alla gloria del cielo" (Bolla dogmatica Munificentissimus Deus).
La definizione non dice se Maria passò, vivente, dalla terra al Cielo, o se, come il Figlio, subì la morte e risuscitò, prima di entrare nella gloria. Il privilegio insigne dell'Immacolato Concepimento, la Verginità e la Santità perfetta potevano certo rendere Maria immortale, ma la Madre del Salvatore, che imitò sempre fedelmente il Figlio, volle senza dubbio seguirlo fino al sepolcro, perché doveva, come lui, e come tutti noi nell'ultimo giorno, trionfare pienamente con una risurrezione gloriosa, sul peccato e sulla morte.
Leggende.
Leggende apocrife, diffuse verso la fine del IV secolo, hanno volgarizzato narrazioni spettacolari, meravigliose e spesso incoerenti, sulla morte di Maria e sul trasporto del suo Corpo in Paradiso. Gli Apostoli, riuniti prodigiosamente presso la Madre del Salvatore, avrebbero assistito alla sua morte e ai suoi funerali. San Tommaso, giunto troppo tardi, avrebbe voluto la riapertura della tomba, il che permise di costatare che il Corpo verginale era stato portato in luogo noto a Dio soltanto. La nostra fede e la nostra certezza teologica non devono accettare questi documenti senza valore, nati forse fra comunità eretiche. Predicazione e insegnamento pastorale devono fare a meno di seguire queste maldestre imitazioni del racconto evangelico della Risurrezione del Signore. Queste leggende non hanno dato origine alla fede della Chiesa nella Assunzione, ma hanno anzi ritardata di parecchi secoli la perfetta unanimità di essa. Il pensiero cristiano dovette prima sbarazzarsi della dannosa loro influenza, per poter giungere a discernere bene i motivi veri, che portano a considerare l'Assunzione corporea di Maria una verità di fede.
La fede unanime.
Quale motivo permise dunque al Sommo Pontefice di definire dogma di fede l'Assunzione? Lo dichiara la Bolla pontificia con precisione: il consenso unanime dei Vescovi e delle Chiese oggi in comunione con la Sede Apostolica. Questa convinzione universale dei Pastori e dei fedeli non sarebbe mai stata possibile, se l'oggetto di essa non fosse in qualche modo contenuto nella Rivelazione.
Prove scritturali.
Dove troviamo la verità dell'Assunzione nella rivelazione cristiana? Nei documenti della Chiesa primitiva non abbiamo traccia di una tradizione orale di origine apostolica. Forse appena vi allude l'Apocalisse indirettamente, quando descrive la Chiesa in questi termini: "Apparve in Cielo un segno grande: una donna vestita di sole, la luna ai suoi piedi e sulla sua testa una corona di dodici stelle" (Ap 12,1). Tipo e modello perfetto della Chiesa è Maria, la Madre di Dio e può essere che qui san Giovanni abbia fatto una indiretta allusione alla presenza di Maria in Cielo.
È invece certo che i Libri sacri attribuiscono a Maria titoli e funzioni provvidenziali, che nel loro insieme esigono, come normale coronamento, il privilegio dell'Assunzione corporale. Dando un senso mariano al Versetto del Genesi, noto con il nome di Protoevangelo: "Stabilirò inimicizia fra te e la donna, fra la sua generazione e la tua, essa ti schiaccerà il capo", la tradizione cristiana espressa autenticamente nella Bolla dogmatica Ineffabilis, vide in questa sentenza divina l'annuncio di un trionfo perfetto di Cristo e della sua Madre sul peccato e tutte le conseguenze di esso. Pio IX si era appoggiato a questo testo, per definire l'Immacolata Concezione e non è impossibile vedere in questo testo anche una rivelazione implicita di un trionfo perfetto sulla morte.
Checché si pensi di questo testo misterioso, il Vangelo associa sempre Maria agli atti essenziali della Redenzione e specialmente al sacrificio della Croce e come si potrebbe credere che non sia più corporalmente unita al Figlio nell'esercizio del suo attuale sacerdozio celeste? Il Vangelo dichiara inoltre Maria piena di grazia, benedetta fra tutte le donne e soprattutto Madre del Signore e tanti titoli costituiscono, come vedremo, una rivelazione implicita della glorificazione immediata della sua anima e del suo corpo.
La mancanza di reliquie.
Tuttavia riconosciamo che i primi secoli cristiani non conobbero in modo positivo e preciso l'Assunzione di Maria. Dobbiamo tener presente un fatto importante: in nessun luogo fu mai rivendicato il Corpo della Santa Vergine, né mai furono cercati i resti e, in epoca in cui le reliquie dei santi erano molto onorate, ciò diventa un indice importante. Sembrerebbe che fin da quei tempi lontani si pensasse che il Corpo di Maria non poteva essere sulla terra. Sant'Epifanio, morto nel 377, dopo aver vissuto molto tempo in Palestina, confessa la sua ignoranza riguardo alla morte e al sepolcro di Maria, ma neppure una riga del suo scritto insinua che i resti mortali della Vergine sarebbero conservati quaggiù. Egli mette solo in dubbio i racconti fantasiosi che cominciano a diffondersi e si chiede se Maria è morta e se è morta martire e risponde che a queste domande non si può dare una risposta e, senza affermare l'Assunzione, pare tuttavia non ne faccia oggetto delle sue prudenti riserve.
Il pensiero cristiano, all'inizio del secolo V, l'epoca del concilio di Efeso, particolarmente interessato alla dottrina mariana, affronta il problema della sorte riservata al Corpo di Maria e afferma che i racconti apocrifi interpretano in modo sconveniente e ridicolo una verità, che si impone da sé alle anime illuminate dalla fede: il Corpo di Maria non si è corrotto nella tomba: Dio lo ha miracolosamente portato in Paradiso.
Origine della Festa dell'Assunzione.
Le sole liturgie siriaca ed egiziana, attingono in quell'epoca ai racconti leggendari per le loro descrizioni della dormitio di Maria. Gerusalemme ha dal 450 la sua festa annuale della Madre di Dio fissata al 15 agosto, ma per due secoli l'ufficio non accenna all'Assunzione. Agli inizi del secolo VII la festa della Dormitio è istituita a Bisanzio, con decreto dell'Imperatore Maurizio, e presto, forse sotto l'influenza degli apocrifi, ma soprattutto per il senso profondo, che la Chiesa possiede delle verità della fede, oggetto principale della festa diventa l'ingresso del Corpo di Maria nella gloria. La festa dell'Assunzione è introdotta a Roma verso l'anno 650 e nella stessa epoca, forse anche alquanto prima, come in Gallia per la dipendenza di san Gregorio di Tours dagli apocrifi, l'Assunzione diviene oggetto di una commemorazione solenne fatta prima il 18 gennaio e più tardi il 15 agosto.
La festa a Roma.
Per la dottrina affermata, la celebrazione della festa dell'Assunzione costituiva per la Chiesa Romana un fatto di importanza capitale e, cosa ancor più degna di nota, Roma accettava la fede nell'Assunzione, senza aderire alle leggende. La sua liturgia ha una sola allusione all'Assunzione, ma è di una precisione mirabile e porta tutto il problema al suo vero centro. È la celebre orazione Veneranda nobis, che si recitava quando partiva la processione, che precedeva la Messa. "Signore, dobbiamo venerare la festa di questo giorno nel quale la Santa Madre di Dio fu sottomessa alla morte temporale. Ella tuttavia non poté essere trattenuta dai legami della morte, avendo generato nella sua propria sostanza il vostro Figlio incarnato, nostro Signore".
Non si poteva essere insieme più sobrii, più completi e più precisi. La fede nella morte, nella risurrezione e nell'Assunzione di Maria è affermata nettamente ed è messo in evidenza il motivo fondamentale di questa fede: la Maternità divina o, meglio, il fatto che la carne di Cristo, Verbo Incarnato, è stata presa da Maria. Questo gioiello della liturgia mariana data per lo meno dal secolo VIII, cioè dal tempo in cui, in Oriente, sant'Andrea, vescovo di Creta dal 711 al 720, predicando un triduo sulla Dormitio della Madonna, esponeva il dogma dell'Assunzione su basi puramente dottrinali e indipendenti da tradizioni apocrife.
San Germano di Costantinopoli e san Giovanni Damasceno, sebbene meno prudenti e riservati, riallacciano essi pure l'Assunzione alle sue sorgenti autentiche ed è necessario citare qualche passo delle loro ammirabili omelie.
Discorso di san Germano.
"Come avresti potuto essere concepita e poi svanire in polvere, esclama san Germano, Tu che, per la carne che desti al Figlio di Dio liberasti il genere umano dalla corruzione della morte? ...
Era mai possibile che il vaso del tuo Corpo, che fu pieno di Dio, se ne andasse in polvere, come qualsiasi carne? Colui, che si è annientato in te, è Dio fin dal principio e perciò vita, che precedette i secoli, ed era necessario che la Madre della Vita abitasse insieme con la Vita e cioè che si addormentasse per un istante nella morte, per assomigliare a Lui e che poi il passaggio di questa Madre della Vita fosse come un risveglio.
Un figlio prediletto desidera la presenza della madre e la madre, a sua volta, aspira a vivere col figlio. Era giusto perciò che salissi al Figlio tu che ardevi nel cuore di amore per Dio, frutto del tuo seno; era giusto ancora che Dio, nell'affetto filiale che portava alla Madre sua, la chiamasse presso di sé a vivere nella sua intimità" (Primo discorso sulla Dormitio PG 98; col. 345, 348).
In un secondo discorso ritorna sullo stesso argomento in termini ancora più precisi: "Tu avevi da te stessa la tua lode, perché tu sei la Madre di Dio ... Per questo bisognava che il tuo Corpo, un corpo che aveva portato Dio, non fosse abbandonato in preda alla corruzione e alla morte" (Secondo Discorso, col. 357).
D'ora in poi queste considerazioni nutriranno tutti i discorsi sulla Dormitio e sull'Assunzione della Madonna. Il padre Terrien scrive: "I discorsi di san Giovanni Damasceno sulla preziosa morte e Assunzione di Maria sono un inno perpetuo, che egli canta in onore della Vergine benedetta, e in esso richiama tutti i privilegi, tutte le grazie, tutti i tesori, dei quali fu prodigiosamente arricchita dal cielo, e tutti li riallaccia alla Maternità divina come raggi al loro centro" (Mère de Dieu, t. ii, p. 371-372).
L'oriente è ormai conquistato alla fede tradizionale nell'Assunzione di Maria e il suo pensiero non subirà più sbandamenti.
La fede in Occidente.
In occidente appaiono difficoltà. Il popolo cristiano, docile agli insegnamenti della liturgia, aderisce, nel suo complesso, senza riserve alla dottrina dell'Assunzione, ma i teologi, per lo meno nella Gallia, restano esitanti e temono gli apocrifi. Essi non negano l'Assunzione, ma non vogliono impegnarvi la fede della Chiesa e ai tempi di Carlomagno (verso l'anno 800) un concilio capitolare di Aix-la-Chapelle omette l'Assunzione nell'elenco delle feste della Madonna, riservandosi di esaminare, se possa essere conservata e sarà data una risposta affermativa solo nel 813, al concilio di Magonza.
La crisi aumenta nel secolo IX. La notizia sull'Assunzione, che abbiamo nel Martirologio di Adone, lascia di proposito nel dubbio la questione dell'Assunzione corporale e rigetta i dati frivoli ed apocrifi, che sono stati diffusi in argomento. Nella stessa epoca l'abate di Gorbia, Pascasio Radberto rivolge a dei religiosi un lungo sermone Cogitis me, nel quale ha l'abilità di farsi credere san Gerolamo e, mentre con parole commoventi celebra la morte della Madonna [1], comincia mettendo in guardia sul racconto del Passaggio di Maria dalla terra al cielo. A suo modo di pensare, non si sa nulla sulla sorte riservata al Corpo di Maria. È una reazione certo esagerata, ma dal fondo sano, alla troppo facile credulità verso gli apocrifi, allora in voga nella Gallia (la liturgia gallicana aveva preso molto da tali scritti). Il lato più curioso di questo episodio è che il sermone Cogitis me, sotto il nome di san Gerolamo, passò presto nelle lezioni del Breviario lungo l'ottava dell'Assunzione e ci volle la riforma di san Pio V, per eliminare dal Breviario un testo, che si allontanava dalla dottrina comune della Chiesa in un punto molto importante.
Nei due secoli che seguirono l'apparizione del Cogitis me, gli spiriti furono esitanti e san Bernardo, ad esempio, non afferma mai espressamente l'Assunzione corporale di Maria, sebbene non vi sia indizio che l'insieme del clero e del fedeli abbia condiviso gli scrupoli degli eruditi. La liturgia romana, in uso in tutto l'occidente, celebrava l'Assunzione di Maria, e, per il popolo cristiano, si trattava di Assunzione corporale, sicché la Colletta Veneranda affermava sempre chiaramente la fede comune, senza vincolarla ai documenti apocrifi.
Lo pseudo Agostino.
Sul finire del secolo X, o all'inizio dell' XI, ebbe un influsso decisivo sul pensiero teologico un nuovo libro sull'Assunzione, il cui autore è ancora ignoto, anche se fu molto presto attribuito a sant'Agostino. Non si trattava di riabilitare le leggende apocrife, ormai squalificate, ma di poggiare la verità dell'Assunzione di Maria su basi scritturali e dottrinali sicure e questo piccolo trattato sull'Assunzione è un capolavoro di chiarezza e di profondità. Procede con metodo scolastico, con ordine, senza digressioni e l'esposizione, in apparenza austera, è animata da sana e solida devozione mariana, tanto da rivelare la mano di un grande maestro e di un uomo di fede. È il miglior trattato sull'Assunzione che possieda la tradizione cristiana e bisogna citarne almeno le ultime righe.
"Nessuno nega che Cristo poté concedere a Maria questo privilegio (l'Assunzione corporale). Se Egli lo poté, lo volle, perché vuole tutto quello che è giusto e conveniente. Pare dunque che si possa, con ragione, concludere che Maria godette nel corpo, come nell'anima, una felicità inenarrabile nel Figlio e con il Figlio; che sfuggì alla corruzione della morte colei la cui integrità verginale fu consacrata, dando alla luce un Figlio così grande. Vive tutta intera colei dalla quale noi abbiamo la vita perfetta, è con Colui che portò nel suo seno, presso Colui che concepì, generò, nutrì della sua carne. Madre di Dio, nutrice di Dio, domestica di Dio, compagna inseparabile di Dio. Io non ho la presunzione di parlare di lei in modo diverso, perché non oso pensare in modo diverso" (Liber unus de Assumptione Virginis, PL 40, col. 1148).
Il trattato, riportando la questione dell'Assunzione corporale di Maria sul vero terreno dogmatico, esercitava un'influenza grandissima sui predicatori e sui teologi e, nel secolo d'oro della Teologia, il consenso era unanime: sant'Alberto Magno, san Bonaventura, san Tommaso d'Aquino parlano dell'Assunzione corporale di Maria come di verità accettata da tutta la Chiesa. La causa ormai è vinta.
Eruditi umanisti francesi sollevarono qualche dubbio nel secolo XVII, ma non si tratta della negazione del fatto dell'Assunzione, bensì della discussione delle sue basi storiche e, avvelenata da malignità, la battaglia termina presto, per mancanza di combattimenti.
L'Immacolata Concezione e l'Assunzione.
La dottrina dell'Assunzione tornò di attualità dopo la definizione del dogma dell'Immacolato Concepimento di Maria, nel 1854. I due privilegi si sostengono vicendevolmente e si basano su fondamenti comuni e non desta stupore il fatto che, quindici anni dopo, al Concilio Vaticano, un numero considerevole di vescovi indirizzi al Sommo Pontefice una supplica volta ad ottenere la definizione dogmatica dell'Assunzione corporea di Maria.
L'impulso magnifico dato agli studi mariani dal Sommo Pontefice Leone XIII, continuato da san Pio X, sviluppò e consolidò il pensiero cristiano, ma la Santa Sede restava in prudente attesa. San Pio X rispondeva, ad una domanda prematura, che la questione doveva essere ancora studiata lungamente.
L'opera di Pio XII.
Era serbato a Pio XII l'onore di coronare questa lenta penetrazione della verità dogmatica. Agli inizi del suo Pontificato, fissando la festa del Cuore Immacolato di Maria nel giorno ottavo dell'Assunzione, il Sommo Pontefice incoraggiava una devozione, che è condizionata all'attuale esistenza nella gloria del Corpo glorioso della Madonna. Il passo decisivo fu compiuto nel 1946, quando Pio XII inviò a tutti i vescovi del mondo cattolico un questionario sulla fede nell'Assunzione corporale di Maria e sulla opportunità di una definizione. Le risposte furono quasi tutte favorevoli e costituivano una testimonianza moralmente unanime della Chiesa universale in favore della verità dogmatica dell'Assunzione. Il 14 agosto 1950, il Sommo Pontefice annunciava che, per coronare l'anno giubilare, avrebbe solennemente proclamato il dogma mariano e fissava la cerimonia al primo novembre, nella festa di Ognissanti. Pensiero ammirabile, che associava la Chiesa trionfante alla gioia dei cattolici del mondo intero, accorsi in folla, per applaudire al trionfo di Maria.
L'ammirabile continuità nell'attaccamento della Chiesa alla dottrina dell'Assunzione è una delle testimonianze più belle della sua vita collettiva, e degno di nota è il fatto che tale attaccamento fu mantenuto, nelle ore più critiche, nell'affermazione discreta ma equilibrata della Liturgia Romana. Dopo il secolo VII, la Chiesa d'Occidente celebrò sempre l'Assunzione corporale di Maria e tale celebrazione fu lo strumento provvidenziale che fissò sempre maggiormente la luce divina nello spirito dei Pastori e dei fedeli. Cantando nell'allegrezza Assumpta est Maria in coelum il loro pensiero correva d'istinto alla gloria totale di Maria. Essi non si ponevano questioni critiche, né si chiedevano se il trionfo era dell'anima soltanto; essi vedevano levarsi nella gloria Maria, la Madre di Dio, Madre nel suo Corpo e Madre nella sua Anima.
MESSA
In occasione della definizione del dogma, che rivestì di splendore particolare e nuovo la festa dell'Assunzione, l'antica Messa del 15 agosto lasciò il posto ad una nuova Messa resa obbligatoria dal 1951.
EPISTOLA (Gdt 13,22-25; 15,10). - Il Signore t'ha benedetta nella sua potenza, perché per mezzo di te ha annientati i nostri nemici. O figlia, tu sei benedetta dal Signore Dio altissimo a preferenza di tutte le altre donne della terra. Benedetto sia il Signore, creatore del cielo e della terra, che diresse la tua mano nel troncare la testa del principe dei nostri nemici. Oggi Dio esaltò il tuo nome da essere lodato per sempre dagli uomini, che si ricorderanno in eterno della potenza del Signore. Per essi tu non hai risparmiato la tua vita, e, viste le angustie e le tribolazioni del tuo popolo, ne hai impedita la rovina davanti a Dio. Tu sei la gloria di Gerusalemme, la letizia d'Israele, l'onore del nostro popolo.
Le vittorie di Maria.
Abbiamo qui gli stessi versetti del libro di Giuditta, che leggiamo nella festa dei Dolori di Maria. La vocazione della Vergine Santa somiglia a quella del Signore: Era necessario che il Cristo soffrisse, per entrare nella gloria (Lc 24,26) ed era necessario, allo stesso modo, che una spada di dolore penetrasse l'anima di sua Madre, perché fosse associata al trionfo e alla gloria di Gesù.
Maria ci appare, oggi più che mai, Regina vivente e trionfante nel cielo e i nostri canti di gioia si uniscono alla lode di santa Elisabetta, per salutarla benedetta fra tutte le donne e possiamo e dobbiamo rivolgere le parole, che il Sommo Sacerdote Onia diceva a Giuditta, molto tempo prima della Incarnazione, a Colei che per il demonio è più temibile di tutta l'armata dei cristiani e che sul Calvario, unita al Figlio immolato, schiacciò il capo al serpente.
Da quel giorno le vittorie di Maria non sono cessate e, come non c'è grazia che a noi non giunga per Maria, così per Maria si conseguono tutte le vittorie della Chiesa, tutte le vittorie del cristiano su Satana. Non abbiamo dubbio alcuno che il trionfo offerto da S. S. Pio XII alla Regina del cielo e della terra sia il segno di una serie di vittorie per la Santa Chiesa, come lo fu, un secolo fa, la proclamazione del dogma dell'Immacolata Concezione.
VANGELO (Lc 1,41-50). - In quel tempo: Elisabetta, ripiena di Spirito Santo, esclamò ad alta voce: Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo seno. Come mai m'è concesso che venga a me la madre del mio Signore? Ecco, infatti, appena il suono del tuo saluto mi è giunto all'orecchio, il bambino ha esultato di gioia nel seno. E te beata che hai creduto, perché s'adempiranno le cose a te predette dal Signore. E Maria disse: L'anima mia glorifica il Signore; ed il mio spirito esulta in Dio, mio Salvatore; perché egli ha rivolto lo sguardo all'umiltà della sua serva; ecco, fin d'ora tutte le generazioni mi chiameranno beata: poiché grandi cose ha fatto in me l'Onnipotente, e santo è il suo nome. E la sua misericordia si stende in ogni età su quanti lo temono.
La preghiera di Maria.
Sebbene sgorgati dalle labbra della Vergine nella casa della cugina Elisabetta, i versetti del Magnificat sono, nel loro senso profondo, l'espressione della preghiera abituale di Maria. Raccolte le parole nella Scrittura, se le era applicate, contemplando nel silenzio le meraviglie che Dio operava in Lei e per Lei.
Furono senza dubbio la preghiera di tutta la vita della Santa Vergine e la Chiesa, cantando il Magnificat ogni giorno, in tutte le solennità vi trova sempre un senso nuovo e più profondo. Maria lo ripeté a Nazaret, a Cana, dopo la Risurrezione, sul Monte degli Ulivi, quando Gesù salì al cielo e molti autori spirituali pensano che lo cantasse, nel suo cuore colmo di dolore, il Venerdì santo a sera, mentre discendeva dal Calvario.
Più ancora il Magnificat è la preghiera della Vergine Santa nel giorno in cui Dio colma la misura delle grazie e dei favori verso la Madre del suo Figlio, elevandola corporalmente al cielo e coronandola Regina dell'universo.
Magnificat.
La sua anima, giunta alla pienezza della perfezione e il suo spirito illuminato dalla visione beatifica glorificano il Signore e godono la salvezza data a lei, più che a tutte le altre creature.
Ricorda che era una piccola creatura, l'ancella del Signore, e che, per sua bontà, senza meriti da parte sua, Egli ha rivolto a lei i suoi occhi.
Ed ecco che tutti i secoli la proclameranno beata e bene lo sappiamo noi, che, interrogando la storia, vediamo le vestigia lasciate dal culto e dall'amore per la Vergine Immacolata; noi che, presenti realmente o presenti attraverso le onde sulla piazza di san Pietro in Roma il mattino della festa di Ognissanti del 1950, abbiamo cantato la Vergine salita al cielo con acclamazioni entusiastiche e interminabili.
Sì, Egli fece in Maria cose grandi, Colui che può tutto e queste cose grandi noi non sapremmo ricordarle tutte, ma in questa festa noi ne vediamo il coronamento nella Assunzione al cielo.
E questa felicità non è felicità di Maria soltanto, perché noi pure esultiamo, non solo perché sappiamo felice presso Dio la nostra Madre, ma perché crediamo che un giorno la raggiungeremo, essendo la misericordia divina per tutti coloro che temono il Signore, per coloro che lo servono con fedeltà.
Come è vile il mondo! I grandi, i potenti, coloro che si gonfiavano di orgoglio nella loro potenza, nella loro scienza, nelle loro ricchezze, sono cancellati dalla memoria dei popoli. Erano sazi, non avevano bisogno della salvezza portata dal Messia. La Vergine umilissima, ignorata da tutti, e con lei i discepoli di Gesù sono ora saziati dei beni veri e la loro potenza, la loro felicità sono eterne.
Tutto questo è opera della fedeltà e della tenerezza di Dio al quale sia onore e gloria nei secoli dei secoli.
PREGHIAMO
O Dio onnipotente ed eterno che hai assunto alla gloria celeste, in corpo ed anima, l'Immacolata Vergine Maria, Madre del tuo Figliolo, concedici di essere sempre protesi verso le cose celesti, onde meritare di essere partecipi della sua gloria.
PREGHIERA DI S. S. PIO XII A MARIA SANTISSIMA ASSUNTA
O Vergine Immacolata, Madre di Dio e Madre degli uomini!
1. Noi crediamo con tutto il fervore della nostra fede nella vostra assunzione trionfale in anima e corpo al cielo, ove siete acclamata Regina da tutti i cori degli Angeli e da tutte le schiere dei Santi;
e noi ad essi ci uniamo per lodare e benedire il Signore, che vi ha esaltata sopra tutte le altre pure creature, e per offrirvi l'anelito della nostra devozione e del nostro amore.
2. Noi sappiamo che il vostro sguardo, che maternamente accarezzava l'umanità umile e sofferente di Gesù in terra, si sazia in cielo alla vista della umanità gloriosa della Sapienza increata, e che la letizia dell'anima vostra nel contemplare faccia a faccia l'adorabile Trinità fa sussultare il vostro cuore di beatificante tenerezza;
e noi, poveri peccatori, noi a cui il corpo appesantisce il volo dell'anima, vi supplichiamo di purificare i nostri sensi, affinché apprendiamo fin da quaggiù a gustare Iddio, Iddio solo, nell'incanto delle creature.
3. Noi confidiamo che le vostre pupille misericordiose si abbassino sulle nostre miserie e sulle nostre angosce, sulle nostre lotte e sulle nostre debolezze; che le vostre labbra sorridano alle nostre gioie e alle nostre vittorie; che Voi sentiate la voce di Gesù dirvi di ognuno di noi, come già del suo discepolo amato: Ecco il tuo figlio;
e noi, che vi invochiamo nostra Madre, noi vi prendiamo, come Giovanni, per guida, forza e consolazione della nostra vita mortale.
4. Noi abbiamo la vivificante certezza che i vostri occhi, i quali hanno pianto sulla terra irrigata dal sangue di Gesù, si volgano ancora verso questo mondo in preda alle guerre, alle persecuzioni, alla oppressione dei giusti e dei deboli;
e noi, fra le tenebre di questa valle di lacrime, attendiamo dal vostro celeste lume e dalla vostra dolce pietà sollievo alle pene dei nostri cuori, alle prove della Chiesa e della nostra patria.
5. Noi crediamo infine che nella gloria, ove Voi regnate, vestita di sole e coronata di stelle, Voi siete, dopo Gesù, la gioia e la letizia di tutti gli Angeli e di tutti i Santi;
e noi, da questa terra, ove passiamo pellegrini, confortati dalla fede nella futura risurrezione, guardiamo verso di voi, nostra vita, nostra dolcezza, nostra speranza; attraeteci con la soavità della vostra voce, per mostrarci un giorno, dopo il nostro esilio, Gesù, frutto benedetto del vostro seno, o clemente, o pia, o dolce Vergine Maria (Pio Pp. XII).
Santità e gloria di Maria [2].
Solo chi conosce la santità di Maria può valutarne la gloria, ma la Sapienza, che ha colmato gli abissi (Prov 8,27), non ci rivelò la profondità di questo oceano al cui confronto le virtù dei giusti e le grazie da essi ricevute non sono che un ruscello. L'immensità della grazia e del merito, che costituisce la soprannaturale perfezione della Vergine benedetta, ci porta a concludere che, nella gloria, che consacra la santità degli eletti, deve avere altrettanta superiorità.
Mentre i predestinati si scaglionano nei diversi gradi della celeste gerarchia, la Madre santa di Dio si eleva oltre tutti i cori dei beati (Liturgia della festa) formando da sola un ordine distinto, un cielo nuovo, in cui le armonie angeliche ed umane sono superate. Dio è in Maria più glorificato, meglio conosciuto e più amato che in tutto l'universo e per questo, secondo l'ordine della Provvidenza creatrice, che subordina il meno perfetto al più perfetto, Maria doveva essere Regina della terra e del cielo.
Il mondo fatto per Cristo e per Maria.
Tenuto presente questo, il mondo esiste per l'Uomo-Dio e per Maria. Il grande teologo Card. Lugo, spiegando le parole dei santi dice: "Come Dio, compiacendosi di tutto creare per il suo Cristo, fece di lui il fine delle creature, così si può dire che, nell'amore per la Vergine Madre, creò tutto il resto, facendo sì che giustamente meritasse di essere chiamata fine di tutte le cose" (De Lugo, De Incarn. Disput. vii, sect. 2).
Maria, Madre di Dio e sua primogenita (Eccli 24,5) aveva titolo e diritto ai beni di Dio e, come sposa, doveva dividerne la corona. "La Vergine gloriosa, dice san Bernardino da Siena, ha tanti sudditi quanti ne ha la Trinità. Tutte le creature, non conta la posizione che hanno nel creato, sono sottomesse alla Vergine: le creature spirituali come gli Angeli, le ragionevoli come l'uomo, le materiali come i corpi celesti o gli elementi, il cielo, la terra, i reprobi, i beati, tutto quanto dipende dalla potenza di Dio. Infatti il Figlio di Dio e della Vergine benedetta, volendo, per così dire, uguagliare in qualche modo all'autorità del Padre quella di sua Madre, si fece, Egli che è Dio, servitore di Maria e, se è esatto dire che tutto, anche la Vergine, obbedisce a Dio, si può rovesciare la proposizione e affermare che tutto, anche Dio, obbedisce alla Vergine" (Discorso per la festa di Maria, c. 6).
Lo Spirito Santo ci dice che il dominio dell'eterna Sapienza comprende cielo, terra e abisso (Eccli 24,7-11) e tutto questo è appannaggio di Maria nel giorno della sua incoronazione e, come la Sapienza divina, Maria può glorificarsi in Dio (ivi 1). Colui, del quale cantò un giorno la magnificenza, oggi esalta la sua umiltà (Lc 1,46-55). La Beata per eccellenza (ivi 48) è ora l'onore del suo popolo, l'ammirazione dei santi, la gloria degli eserciti dell'Altissimo (Eccli 24,1-4). Nella sua bellezza, vada con lo Sposo alla vittoria (Sal 44,4-6) e trionfi dei cuori dei potenti e degli umili (Eccli 24,11). La consegna dello scettro del mondo nelle sue mani non è solo onore, ma realtà e, infatti, da quella consegna, Maria comanda e combatte, protegge la Chiesa, ne difende il capo, tien salde le schiere delle sacre milizie, suscita i santi, dirige gli apostoli, illumina i dottori, stermina l'eresia, ricalpesta l'inferno.
Regina e Madre.
Salutiamo la nostra Regina, cantiamo le sue imprese, siamo docili al suo comando, soprattutto amiamola e confidiamo nel suo amore. Non abbiamo paura che, per le sollecitudini enormi che richiede la diffusione del regno di Dio, dimentichi la nostra piccolezza e le nostre miserie: nulla a lei sfugge di quello che avviene nel più oscuro ridotto sul più lontano confine del suo immenso dominio. Dal suo titolo, in effetto di causa universale, al di sotto di Dio, a buon diritto si deduce l'universalità della sua provvidenza; e i maestri di dottrina (Suarez, 3.a Pars, qu. XXXVII, art. 4; Disp. XXI, sez. 3.a) ci presentano Maria associata nella gloria alla scienza detta di visione, per la quale tutto ciò che è, fu e sarà davanti a Dio è presente. La sua carità non ha imperfezioni e, come il suo amore per Dio sorpassa quello di tutti gli eletti, la tenerezza di cui circonda il più piccolo, il più dimenticato e derelitto figlio di Dio, che è anche suo figlio, supera l'amore di tutte le madri concentrato sopra un figlio solo. Ci previene con le sue sollecitudini, ascolta in qualsiasi momento le umili preghiere, ci segue nelle colpevoli fughe, sostiene nelle debolezze, compatisce nei malanni del corpo e dell'anima, largisce le grazie delle quali è tesoriera. Con le parole di uno dei suoi grandi servi, diciamole dunque:
Preghiera.
O santissima Madre di Dio, che abbellisci la terra e il cielo, tu, lasciando la terra non hai abbandonato gli uomini e, se quando eri quaggiù vivevi in cielo, ora che sei in cielo dimori con noi. Veramente felici quelli che ti contemplarono e vissero con la Madre della vita! Ma, come tu abitavi in carne con gli uomini dei primi tempi, ora abiti spiritualmente con noi. Noi ascoltiamo la tua voce, la voce dì noi tutti giunge alle tue orecchie e la protezione continua con cui ci segui è prova della tua presenza. Tu ci visiti, il tuo occhio è su ciascuno di noi e, se anche non possiamo vederti, tu sei in mezzo a noi e ti mostri in modi diversi a chi è degno di vederti. La tua carne, uscita dal sepolcro, non arresta la immateriale potenza, l'attività purissima dell'anima tua, che, inseparabilmente unita allo Spirito Santo, si fa sentire dove vuole (Gv 3,8). Ricevi, o Madre di Dio, l'omaggio riconoscente della nostra allegrezza e parla dei tuoi figli a Colui, che ti ha glorificata e, con la sua potenza divina, egli accoglierà qualsiasi tua domanda. Sia egli benedetto nei secoli (san Germano di Costantinopoli: Sulla Dormitio 1).
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[1] Il responsorio Ascendit Christus e l'antifona Hodie gloriosa Virgo caelos ascendit sembrano tolte dal sermone Cogitis me, e tuttavia è certo che Pascasio Radberto non ha riprodotto, né commentato queste parti liturgiche. Sarebbero allora anteriori all'anno 850? Il Pascasio stesso afferma che egli riporta testi liturgici precedenti.
[2] Riportiamo a questo punto quanto il testo del Guéranger pone al 18 agosto, giorno quarto dell'ottava, ormai soppressa.
da: dom Prosper Guéranger, L'anno liturgico. - II. Tempo Pasquale e dopo la Pentecoste, trad. it. L. Roberti, P. Graziani e P. Suffia, Alba, 1959, p. 971-987
La Chiesa del cielo e quella della terra si uniscono alla felicità infinita di Dio, che incorona sua Madre e cantano con amore la gioia verginale di Colei, che si introduce per tutta l'eternità nella gioia del suo Figlio e Angeli e Santi si affrettano ad acclamarla Regina, mentre la terra gioisce, per aver dato al Cielo la sua gemma più bella.
Glorificazione dell'anima di Maria.
Questo è il giorno natalizio di Maria, quello in cui si celebrano ad un tempo il trionfo della sua anima e quello del suo corpo. Consideriamo prima la glorificazione dello spirito, meno notata, perché comune a tutti i Santi. Il raggiungimento della visione beatifica da parte dell'anima di Maria è cosa di tanto splendore e di tanta ricchezza che riverbera una luce inimitabile sulle nostre più alte speranze. Non ci è possibile immaginare la bellezza di questa suprema rivelazione in cui lo sguardo già così puro e penetrante, della creatura più perfetta, si aprì repentinamente davanti ad un abisso di infinita Bontà, ma, con l'aiuto della grazia divina, tentiamo di levare i nostri pensieri verso la cima, sulla quale si compie questa meraviglia che i nostri occhi non distinguono ancora.
Veramente si tratta di una cima: è il punto di arrivo di un'ascensione continua e perseverante, perché, piena di grazia nel momento della Concezione, l'Immacolata continuò quaggiù a crescere davanti a Dio.
L'Annunciazione, il Natale, il Calvario, la Pentecoste hanno segnato le tappe di questo progresso meraviglioso e ad ogni tappa l'amore verginale e materno si è accresciuto e arricchito, tendendo ad un'altezza che nessuna creatura potrà mai raggiungere. La luce di gloria che investe d'improvviso l'anima di Maria e le rivela le grandezze del Figlio in tutta la loro magnificenza e la sua dignità materna, supera di molto la gloria di tutti gli Angeli e di tutti i Santi, perché, dopo la santa Umanità di Cristo, stabilita alla destra del padre nel santuario della Divinità, nulla possiede il mondo più perfetto di quest'anima materna irradiante purezza, bellezza, tenerezza e gioia: Beata Mater!
Lascerà ancora questo raggiungimento trionfale della felicità suprema qualche possibilità di sviluppo all'anima di Maria? Per sé no, perché ormai tutto in lei è perfetto e nell'eternità non si cresce nella perfezione. Aperta in modo totale sugli splendori del Verbo, suo Figlio, l'anima di Maria soddisfa ormai perfettamente tutte le esigenze della sua vocazione sublime. È lo stato d'anima di una perfetta Madre di Dio.
Ma Maria ebbe un figlio solo, Gesù. Madre di Dio Salvatore, è madre altresì di tutti coloro, che attingeranno alla sorgente della Salvezza, e la sua Maternità di grazia si estenderà fino alla fine del mondo. Nella luce beatifica, l'anima di Maria vede tutti i suoi figli e tutti i disegni di Dio su ciascuno di essi e, con un fiat di amore, consente e partecipa all'universale Provvidenza, in cui Dio la chiama ad avere un posto di intercessione, che non conosce limiti. Maria si unisce così al Sacerdote Sommo, che intercede per noi incessantemente la misericordia del Padre e la sua preghiera ottiene per la Chiesa, della quale è il tipo ideale, una Assunzione permanente fino a quando la pienezza del Corpo mistico sarà raggiunta in modo definitivo. L'anima di Maria, nell'attesa di questa apoteosi, meglio di qualsiasi altro santo, "impegna il suo Paradiso a fare del bene sulla terra". Sia allora libero lo slancio della nostra gioia, uniamo alla confidenza la gratitudine, lodiamo degnamente la nostra Avvocata, la Mediatrice, la Madre, che prende il suo posto di Regina, presso il trono dell'Agnello.
Fede della Chiesa nell'Assunzione di Maria.
L'origine di questa fede non ha una data precisa, ma da molti secoli la Chiesa afferma che il corpo di Maria è in Cielo unito all'anima sua gloriosa e questo privilegio del corpo di Maria è l'elemento distintivo del mistero dell'Assunzione. Il Sommo Pontefice Pio XII, il primo novembre del 1950, compiendo il voto unanime di vescovi e fedeli, proclamò solennemente come "dogma rivelato che Maria, l'Immacolata Madre di Dio, sempre Vergine, al termine della sua vita terrena, fu elevata, anima e corpo, alla gloria del cielo" (Bolla dogmatica Munificentissimus Deus).
La definizione non dice se Maria passò, vivente, dalla terra al Cielo, o se, come il Figlio, subì la morte e risuscitò, prima di entrare nella gloria. Il privilegio insigne dell'Immacolato Concepimento, la Verginità e la Santità perfetta potevano certo rendere Maria immortale, ma la Madre del Salvatore, che imitò sempre fedelmente il Figlio, volle senza dubbio seguirlo fino al sepolcro, perché doveva, come lui, e come tutti noi nell'ultimo giorno, trionfare pienamente con una risurrezione gloriosa, sul peccato e sulla morte.
Leggende.
Leggende apocrife, diffuse verso la fine del IV secolo, hanno volgarizzato narrazioni spettacolari, meravigliose e spesso incoerenti, sulla morte di Maria e sul trasporto del suo Corpo in Paradiso. Gli Apostoli, riuniti prodigiosamente presso la Madre del Salvatore, avrebbero assistito alla sua morte e ai suoi funerali. San Tommaso, giunto troppo tardi, avrebbe voluto la riapertura della tomba, il che permise di costatare che il Corpo verginale era stato portato in luogo noto a Dio soltanto. La nostra fede e la nostra certezza teologica non devono accettare questi documenti senza valore, nati forse fra comunità eretiche. Predicazione e insegnamento pastorale devono fare a meno di seguire queste maldestre imitazioni del racconto evangelico della Risurrezione del Signore. Queste leggende non hanno dato origine alla fede della Chiesa nella Assunzione, ma hanno anzi ritardata di parecchi secoli la perfetta unanimità di essa. Il pensiero cristiano dovette prima sbarazzarsi della dannosa loro influenza, per poter giungere a discernere bene i motivi veri, che portano a considerare l'Assunzione corporea di Maria una verità di fede.
La fede unanime.
Quale motivo permise dunque al Sommo Pontefice di definire dogma di fede l'Assunzione? Lo dichiara la Bolla pontificia con precisione: il consenso unanime dei Vescovi e delle Chiese oggi in comunione con la Sede Apostolica. Questa convinzione universale dei Pastori e dei fedeli non sarebbe mai stata possibile, se l'oggetto di essa non fosse in qualche modo contenuto nella Rivelazione.
Prove scritturali.
Dove troviamo la verità dell'Assunzione nella rivelazione cristiana? Nei documenti della Chiesa primitiva non abbiamo traccia di una tradizione orale di origine apostolica. Forse appena vi allude l'Apocalisse indirettamente, quando descrive la Chiesa in questi termini: "Apparve in Cielo un segno grande: una donna vestita di sole, la luna ai suoi piedi e sulla sua testa una corona di dodici stelle" (Ap 12,1). Tipo e modello perfetto della Chiesa è Maria, la Madre di Dio e può essere che qui san Giovanni abbia fatto una indiretta allusione alla presenza di Maria in Cielo.
È invece certo che i Libri sacri attribuiscono a Maria titoli e funzioni provvidenziali, che nel loro insieme esigono, come normale coronamento, il privilegio dell'Assunzione corporale. Dando un senso mariano al Versetto del Genesi, noto con il nome di Protoevangelo: "Stabilirò inimicizia fra te e la donna, fra la sua generazione e la tua, essa ti schiaccerà il capo", la tradizione cristiana espressa autenticamente nella Bolla dogmatica Ineffabilis, vide in questa sentenza divina l'annuncio di un trionfo perfetto di Cristo e della sua Madre sul peccato e tutte le conseguenze di esso. Pio IX si era appoggiato a questo testo, per definire l'Immacolata Concezione e non è impossibile vedere in questo testo anche una rivelazione implicita di un trionfo perfetto sulla morte.
Checché si pensi di questo testo misterioso, il Vangelo associa sempre Maria agli atti essenziali della Redenzione e specialmente al sacrificio della Croce e come si potrebbe credere che non sia più corporalmente unita al Figlio nell'esercizio del suo attuale sacerdozio celeste? Il Vangelo dichiara inoltre Maria piena di grazia, benedetta fra tutte le donne e soprattutto Madre del Signore e tanti titoli costituiscono, come vedremo, una rivelazione implicita della glorificazione immediata della sua anima e del suo corpo.
La mancanza di reliquie.
Tuttavia riconosciamo che i primi secoli cristiani non conobbero in modo positivo e preciso l'Assunzione di Maria. Dobbiamo tener presente un fatto importante: in nessun luogo fu mai rivendicato il Corpo della Santa Vergine, né mai furono cercati i resti e, in epoca in cui le reliquie dei santi erano molto onorate, ciò diventa un indice importante. Sembrerebbe che fin da quei tempi lontani si pensasse che il Corpo di Maria non poteva essere sulla terra. Sant'Epifanio, morto nel 377, dopo aver vissuto molto tempo in Palestina, confessa la sua ignoranza riguardo alla morte e al sepolcro di Maria, ma neppure una riga del suo scritto insinua che i resti mortali della Vergine sarebbero conservati quaggiù. Egli mette solo in dubbio i racconti fantasiosi che cominciano a diffondersi e si chiede se Maria è morta e se è morta martire e risponde che a queste domande non si può dare una risposta e, senza affermare l'Assunzione, pare tuttavia non ne faccia oggetto delle sue prudenti riserve.
Il pensiero cristiano, all'inizio del secolo V, l'epoca del concilio di Efeso, particolarmente interessato alla dottrina mariana, affronta il problema della sorte riservata al Corpo di Maria e afferma che i racconti apocrifi interpretano in modo sconveniente e ridicolo una verità, che si impone da sé alle anime illuminate dalla fede: il Corpo di Maria non si è corrotto nella tomba: Dio lo ha miracolosamente portato in Paradiso.
Origine della Festa dell'Assunzione.
Le sole liturgie siriaca ed egiziana, attingono in quell'epoca ai racconti leggendari per le loro descrizioni della dormitio di Maria. Gerusalemme ha dal 450 la sua festa annuale della Madre di Dio fissata al 15 agosto, ma per due secoli l'ufficio non accenna all'Assunzione. Agli inizi del secolo VII la festa della Dormitio è istituita a Bisanzio, con decreto dell'Imperatore Maurizio, e presto, forse sotto l'influenza degli apocrifi, ma soprattutto per il senso profondo, che la Chiesa possiede delle verità della fede, oggetto principale della festa diventa l'ingresso del Corpo di Maria nella gloria. La festa dell'Assunzione è introdotta a Roma verso l'anno 650 e nella stessa epoca, forse anche alquanto prima, come in Gallia per la dipendenza di san Gregorio di Tours dagli apocrifi, l'Assunzione diviene oggetto di una commemorazione solenne fatta prima il 18 gennaio e più tardi il 15 agosto.
La festa a Roma.
Per la dottrina affermata, la celebrazione della festa dell'Assunzione costituiva per la Chiesa Romana un fatto di importanza capitale e, cosa ancor più degna di nota, Roma accettava la fede nell'Assunzione, senza aderire alle leggende. La sua liturgia ha una sola allusione all'Assunzione, ma è di una precisione mirabile e porta tutto il problema al suo vero centro. È la celebre orazione Veneranda nobis, che si recitava quando partiva la processione, che precedeva la Messa. "Signore, dobbiamo venerare la festa di questo giorno nel quale la Santa Madre di Dio fu sottomessa alla morte temporale. Ella tuttavia non poté essere trattenuta dai legami della morte, avendo generato nella sua propria sostanza il vostro Figlio incarnato, nostro Signore".
Non si poteva essere insieme più sobrii, più completi e più precisi. La fede nella morte, nella risurrezione e nell'Assunzione di Maria è affermata nettamente ed è messo in evidenza il motivo fondamentale di questa fede: la Maternità divina o, meglio, il fatto che la carne di Cristo, Verbo Incarnato, è stata presa da Maria. Questo gioiello della liturgia mariana data per lo meno dal secolo VIII, cioè dal tempo in cui, in Oriente, sant'Andrea, vescovo di Creta dal 711 al 720, predicando un triduo sulla Dormitio della Madonna, esponeva il dogma dell'Assunzione su basi puramente dottrinali e indipendenti da tradizioni apocrife.
San Germano di Costantinopoli e san Giovanni Damasceno, sebbene meno prudenti e riservati, riallacciano essi pure l'Assunzione alle sue sorgenti autentiche ed è necessario citare qualche passo delle loro ammirabili omelie.
Discorso di san Germano.
"Come avresti potuto essere concepita e poi svanire in polvere, esclama san Germano, Tu che, per la carne che desti al Figlio di Dio liberasti il genere umano dalla corruzione della morte? ...
Era mai possibile che il vaso del tuo Corpo, che fu pieno di Dio, se ne andasse in polvere, come qualsiasi carne? Colui, che si è annientato in te, è Dio fin dal principio e perciò vita, che precedette i secoli, ed era necessario che la Madre della Vita abitasse insieme con la Vita e cioè che si addormentasse per un istante nella morte, per assomigliare a Lui e che poi il passaggio di questa Madre della Vita fosse come un risveglio.
Un figlio prediletto desidera la presenza della madre e la madre, a sua volta, aspira a vivere col figlio. Era giusto perciò che salissi al Figlio tu che ardevi nel cuore di amore per Dio, frutto del tuo seno; era giusto ancora che Dio, nell'affetto filiale che portava alla Madre sua, la chiamasse presso di sé a vivere nella sua intimità" (Primo discorso sulla Dormitio PG 98; col. 345, 348).
In un secondo discorso ritorna sullo stesso argomento in termini ancora più precisi: "Tu avevi da te stessa la tua lode, perché tu sei la Madre di Dio ... Per questo bisognava che il tuo Corpo, un corpo che aveva portato Dio, non fosse abbandonato in preda alla corruzione e alla morte" (Secondo Discorso, col. 357).
D'ora in poi queste considerazioni nutriranno tutti i discorsi sulla Dormitio e sull'Assunzione della Madonna. Il padre Terrien scrive: "I discorsi di san Giovanni Damasceno sulla preziosa morte e Assunzione di Maria sono un inno perpetuo, che egli canta in onore della Vergine benedetta, e in esso richiama tutti i privilegi, tutte le grazie, tutti i tesori, dei quali fu prodigiosamente arricchita dal cielo, e tutti li riallaccia alla Maternità divina come raggi al loro centro" (Mère de Dieu, t. ii, p. 371-372).
L'oriente è ormai conquistato alla fede tradizionale nell'Assunzione di Maria e il suo pensiero non subirà più sbandamenti.
La fede in Occidente.
In occidente appaiono difficoltà. Il popolo cristiano, docile agli insegnamenti della liturgia, aderisce, nel suo complesso, senza riserve alla dottrina dell'Assunzione, ma i teologi, per lo meno nella Gallia, restano esitanti e temono gli apocrifi. Essi non negano l'Assunzione, ma non vogliono impegnarvi la fede della Chiesa e ai tempi di Carlomagno (verso l'anno 800) un concilio capitolare di Aix-la-Chapelle omette l'Assunzione nell'elenco delle feste della Madonna, riservandosi di esaminare, se possa essere conservata e sarà data una risposta affermativa solo nel 813, al concilio di Magonza.
La crisi aumenta nel secolo IX. La notizia sull'Assunzione, che abbiamo nel Martirologio di Adone, lascia di proposito nel dubbio la questione dell'Assunzione corporale e rigetta i dati frivoli ed apocrifi, che sono stati diffusi in argomento. Nella stessa epoca l'abate di Gorbia, Pascasio Radberto rivolge a dei religiosi un lungo sermone Cogitis me, nel quale ha l'abilità di farsi credere san Gerolamo e, mentre con parole commoventi celebra la morte della Madonna [1], comincia mettendo in guardia sul racconto del Passaggio di Maria dalla terra al cielo. A suo modo di pensare, non si sa nulla sulla sorte riservata al Corpo di Maria. È una reazione certo esagerata, ma dal fondo sano, alla troppo facile credulità verso gli apocrifi, allora in voga nella Gallia (la liturgia gallicana aveva preso molto da tali scritti). Il lato più curioso di questo episodio è che il sermone Cogitis me, sotto il nome di san Gerolamo, passò presto nelle lezioni del Breviario lungo l'ottava dell'Assunzione e ci volle la riforma di san Pio V, per eliminare dal Breviario un testo, che si allontanava dalla dottrina comune della Chiesa in un punto molto importante.
Nei due secoli che seguirono l'apparizione del Cogitis me, gli spiriti furono esitanti e san Bernardo, ad esempio, non afferma mai espressamente l'Assunzione corporale di Maria, sebbene non vi sia indizio che l'insieme del clero e del fedeli abbia condiviso gli scrupoli degli eruditi. La liturgia romana, in uso in tutto l'occidente, celebrava l'Assunzione di Maria, e, per il popolo cristiano, si trattava di Assunzione corporale, sicché la Colletta Veneranda affermava sempre chiaramente la fede comune, senza vincolarla ai documenti apocrifi.
Lo pseudo Agostino.
Sul finire del secolo X, o all'inizio dell' XI, ebbe un influsso decisivo sul pensiero teologico un nuovo libro sull'Assunzione, il cui autore è ancora ignoto, anche se fu molto presto attribuito a sant'Agostino. Non si trattava di riabilitare le leggende apocrife, ormai squalificate, ma di poggiare la verità dell'Assunzione di Maria su basi scritturali e dottrinali sicure e questo piccolo trattato sull'Assunzione è un capolavoro di chiarezza e di profondità. Procede con metodo scolastico, con ordine, senza digressioni e l'esposizione, in apparenza austera, è animata da sana e solida devozione mariana, tanto da rivelare la mano di un grande maestro e di un uomo di fede. È il miglior trattato sull'Assunzione che possieda la tradizione cristiana e bisogna citarne almeno le ultime righe.
"Nessuno nega che Cristo poté concedere a Maria questo privilegio (l'Assunzione corporale). Se Egli lo poté, lo volle, perché vuole tutto quello che è giusto e conveniente. Pare dunque che si possa, con ragione, concludere che Maria godette nel corpo, come nell'anima, una felicità inenarrabile nel Figlio e con il Figlio; che sfuggì alla corruzione della morte colei la cui integrità verginale fu consacrata, dando alla luce un Figlio così grande. Vive tutta intera colei dalla quale noi abbiamo la vita perfetta, è con Colui che portò nel suo seno, presso Colui che concepì, generò, nutrì della sua carne. Madre di Dio, nutrice di Dio, domestica di Dio, compagna inseparabile di Dio. Io non ho la presunzione di parlare di lei in modo diverso, perché non oso pensare in modo diverso" (Liber unus de Assumptione Virginis, PL 40, col. 1148).
Il trattato, riportando la questione dell'Assunzione corporale di Maria sul vero terreno dogmatico, esercitava un'influenza grandissima sui predicatori e sui teologi e, nel secolo d'oro della Teologia, il consenso era unanime: sant'Alberto Magno, san Bonaventura, san Tommaso d'Aquino parlano dell'Assunzione corporale di Maria come di verità accettata da tutta la Chiesa. La causa ormai è vinta.
Eruditi umanisti francesi sollevarono qualche dubbio nel secolo XVII, ma non si tratta della negazione del fatto dell'Assunzione, bensì della discussione delle sue basi storiche e, avvelenata da malignità, la battaglia termina presto, per mancanza di combattimenti.
L'Immacolata Concezione e l'Assunzione.
La dottrina dell'Assunzione tornò di attualità dopo la definizione del dogma dell'Immacolato Concepimento di Maria, nel 1854. I due privilegi si sostengono vicendevolmente e si basano su fondamenti comuni e non desta stupore il fatto che, quindici anni dopo, al Concilio Vaticano, un numero considerevole di vescovi indirizzi al Sommo Pontefice una supplica volta ad ottenere la definizione dogmatica dell'Assunzione corporea di Maria.
L'impulso magnifico dato agli studi mariani dal Sommo Pontefice Leone XIII, continuato da san Pio X, sviluppò e consolidò il pensiero cristiano, ma la Santa Sede restava in prudente attesa. San Pio X rispondeva, ad una domanda prematura, che la questione doveva essere ancora studiata lungamente.
L'opera di Pio XII.
Era serbato a Pio XII l'onore di coronare questa lenta penetrazione della verità dogmatica. Agli inizi del suo Pontificato, fissando la festa del Cuore Immacolato di Maria nel giorno ottavo dell'Assunzione, il Sommo Pontefice incoraggiava una devozione, che è condizionata all'attuale esistenza nella gloria del Corpo glorioso della Madonna. Il passo decisivo fu compiuto nel 1946, quando Pio XII inviò a tutti i vescovi del mondo cattolico un questionario sulla fede nell'Assunzione corporale di Maria e sulla opportunità di una definizione. Le risposte furono quasi tutte favorevoli e costituivano una testimonianza moralmente unanime della Chiesa universale in favore della verità dogmatica dell'Assunzione. Il 14 agosto 1950, il Sommo Pontefice annunciava che, per coronare l'anno giubilare, avrebbe solennemente proclamato il dogma mariano e fissava la cerimonia al primo novembre, nella festa di Ognissanti. Pensiero ammirabile, che associava la Chiesa trionfante alla gioia dei cattolici del mondo intero, accorsi in folla, per applaudire al trionfo di Maria.
L'ammirabile continuità nell'attaccamento della Chiesa alla dottrina dell'Assunzione è una delle testimonianze più belle della sua vita collettiva, e degno di nota è il fatto che tale attaccamento fu mantenuto, nelle ore più critiche, nell'affermazione discreta ma equilibrata della Liturgia Romana. Dopo il secolo VII, la Chiesa d'Occidente celebrò sempre l'Assunzione corporale di Maria e tale celebrazione fu lo strumento provvidenziale che fissò sempre maggiormente la luce divina nello spirito dei Pastori e dei fedeli. Cantando nell'allegrezza Assumpta est Maria in coelum il loro pensiero correva d'istinto alla gloria totale di Maria. Essi non si ponevano questioni critiche, né si chiedevano se il trionfo era dell'anima soltanto; essi vedevano levarsi nella gloria Maria, la Madre di Dio, Madre nel suo Corpo e Madre nella sua Anima.
MESSA
In occasione della definizione del dogma, che rivestì di splendore particolare e nuovo la festa dell'Assunzione, l'antica Messa del 15 agosto lasciò il posto ad una nuova Messa resa obbligatoria dal 1951.
EPISTOLA (Gdt 13,22-25; 15,10). - Il Signore t'ha benedetta nella sua potenza, perché per mezzo di te ha annientati i nostri nemici. O figlia, tu sei benedetta dal Signore Dio altissimo a preferenza di tutte le altre donne della terra. Benedetto sia il Signore, creatore del cielo e della terra, che diresse la tua mano nel troncare la testa del principe dei nostri nemici. Oggi Dio esaltò il tuo nome da essere lodato per sempre dagli uomini, che si ricorderanno in eterno della potenza del Signore. Per essi tu non hai risparmiato la tua vita, e, viste le angustie e le tribolazioni del tuo popolo, ne hai impedita la rovina davanti a Dio. Tu sei la gloria di Gerusalemme, la letizia d'Israele, l'onore del nostro popolo.
Le vittorie di Maria.
Abbiamo qui gli stessi versetti del libro di Giuditta, che leggiamo nella festa dei Dolori di Maria. La vocazione della Vergine Santa somiglia a quella del Signore: Era necessario che il Cristo soffrisse, per entrare nella gloria (Lc 24,26) ed era necessario, allo stesso modo, che una spada di dolore penetrasse l'anima di sua Madre, perché fosse associata al trionfo e alla gloria di Gesù.
Maria ci appare, oggi più che mai, Regina vivente e trionfante nel cielo e i nostri canti di gioia si uniscono alla lode di santa Elisabetta, per salutarla benedetta fra tutte le donne e possiamo e dobbiamo rivolgere le parole, che il Sommo Sacerdote Onia diceva a Giuditta, molto tempo prima della Incarnazione, a Colei che per il demonio è più temibile di tutta l'armata dei cristiani e che sul Calvario, unita al Figlio immolato, schiacciò il capo al serpente.
Da quel giorno le vittorie di Maria non sono cessate e, come non c'è grazia che a noi non giunga per Maria, così per Maria si conseguono tutte le vittorie della Chiesa, tutte le vittorie del cristiano su Satana. Non abbiamo dubbio alcuno che il trionfo offerto da S. S. Pio XII alla Regina del cielo e della terra sia il segno di una serie di vittorie per la Santa Chiesa, come lo fu, un secolo fa, la proclamazione del dogma dell'Immacolata Concezione.
VANGELO (Lc 1,41-50). - In quel tempo: Elisabetta, ripiena di Spirito Santo, esclamò ad alta voce: Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo seno. Come mai m'è concesso che venga a me la madre del mio Signore? Ecco, infatti, appena il suono del tuo saluto mi è giunto all'orecchio, il bambino ha esultato di gioia nel seno. E te beata che hai creduto, perché s'adempiranno le cose a te predette dal Signore. E Maria disse: L'anima mia glorifica il Signore; ed il mio spirito esulta in Dio, mio Salvatore; perché egli ha rivolto lo sguardo all'umiltà della sua serva; ecco, fin d'ora tutte le generazioni mi chiameranno beata: poiché grandi cose ha fatto in me l'Onnipotente, e santo è il suo nome. E la sua misericordia si stende in ogni età su quanti lo temono.
La preghiera di Maria.
Sebbene sgorgati dalle labbra della Vergine nella casa della cugina Elisabetta, i versetti del Magnificat sono, nel loro senso profondo, l'espressione della preghiera abituale di Maria. Raccolte le parole nella Scrittura, se le era applicate, contemplando nel silenzio le meraviglie che Dio operava in Lei e per Lei.
Furono senza dubbio la preghiera di tutta la vita della Santa Vergine e la Chiesa, cantando il Magnificat ogni giorno, in tutte le solennità vi trova sempre un senso nuovo e più profondo. Maria lo ripeté a Nazaret, a Cana, dopo la Risurrezione, sul Monte degli Ulivi, quando Gesù salì al cielo e molti autori spirituali pensano che lo cantasse, nel suo cuore colmo di dolore, il Venerdì santo a sera, mentre discendeva dal Calvario.
Più ancora il Magnificat è la preghiera della Vergine Santa nel giorno in cui Dio colma la misura delle grazie e dei favori verso la Madre del suo Figlio, elevandola corporalmente al cielo e coronandola Regina dell'universo.
Magnificat.
La sua anima, giunta alla pienezza della perfezione e il suo spirito illuminato dalla visione beatifica glorificano il Signore e godono la salvezza data a lei, più che a tutte le altre creature.
Ricorda che era una piccola creatura, l'ancella del Signore, e che, per sua bontà, senza meriti da parte sua, Egli ha rivolto a lei i suoi occhi.
Ed ecco che tutti i secoli la proclameranno beata e bene lo sappiamo noi, che, interrogando la storia, vediamo le vestigia lasciate dal culto e dall'amore per la Vergine Immacolata; noi che, presenti realmente o presenti attraverso le onde sulla piazza di san Pietro in Roma il mattino della festa di Ognissanti del 1950, abbiamo cantato la Vergine salita al cielo con acclamazioni entusiastiche e interminabili.
Sì, Egli fece in Maria cose grandi, Colui che può tutto e queste cose grandi noi non sapremmo ricordarle tutte, ma in questa festa noi ne vediamo il coronamento nella Assunzione al cielo.
E questa felicità non è felicità di Maria soltanto, perché noi pure esultiamo, non solo perché sappiamo felice presso Dio la nostra Madre, ma perché crediamo che un giorno la raggiungeremo, essendo la misericordia divina per tutti coloro che temono il Signore, per coloro che lo servono con fedeltà.
Come è vile il mondo! I grandi, i potenti, coloro che si gonfiavano di orgoglio nella loro potenza, nella loro scienza, nelle loro ricchezze, sono cancellati dalla memoria dei popoli. Erano sazi, non avevano bisogno della salvezza portata dal Messia. La Vergine umilissima, ignorata da tutti, e con lei i discepoli di Gesù sono ora saziati dei beni veri e la loro potenza, la loro felicità sono eterne.
Tutto questo è opera della fedeltà e della tenerezza di Dio al quale sia onore e gloria nei secoli dei secoli.
PREGHIAMO
O Dio onnipotente ed eterno che hai assunto alla gloria celeste, in corpo ed anima, l'Immacolata Vergine Maria, Madre del tuo Figliolo, concedici di essere sempre protesi verso le cose celesti, onde meritare di essere partecipi della sua gloria.
PREGHIERA DI S. S. PIO XII A MARIA SANTISSIMA ASSUNTA
O Vergine Immacolata, Madre di Dio e Madre degli uomini!
1. Noi crediamo con tutto il fervore della nostra fede nella vostra assunzione trionfale in anima e corpo al cielo, ove siete acclamata Regina da tutti i cori degli Angeli e da tutte le schiere dei Santi;
e noi ad essi ci uniamo per lodare e benedire il Signore, che vi ha esaltata sopra tutte le altre pure creature, e per offrirvi l'anelito della nostra devozione e del nostro amore.
2. Noi sappiamo che il vostro sguardo, che maternamente accarezzava l'umanità umile e sofferente di Gesù in terra, si sazia in cielo alla vista della umanità gloriosa della Sapienza increata, e che la letizia dell'anima vostra nel contemplare faccia a faccia l'adorabile Trinità fa sussultare il vostro cuore di beatificante tenerezza;
e noi, poveri peccatori, noi a cui il corpo appesantisce il volo dell'anima, vi supplichiamo di purificare i nostri sensi, affinché apprendiamo fin da quaggiù a gustare Iddio, Iddio solo, nell'incanto delle creature.
3. Noi confidiamo che le vostre pupille misericordiose si abbassino sulle nostre miserie e sulle nostre angosce, sulle nostre lotte e sulle nostre debolezze; che le vostre labbra sorridano alle nostre gioie e alle nostre vittorie; che Voi sentiate la voce di Gesù dirvi di ognuno di noi, come già del suo discepolo amato: Ecco il tuo figlio;
e noi, che vi invochiamo nostra Madre, noi vi prendiamo, come Giovanni, per guida, forza e consolazione della nostra vita mortale.
4. Noi abbiamo la vivificante certezza che i vostri occhi, i quali hanno pianto sulla terra irrigata dal sangue di Gesù, si volgano ancora verso questo mondo in preda alle guerre, alle persecuzioni, alla oppressione dei giusti e dei deboli;
e noi, fra le tenebre di questa valle di lacrime, attendiamo dal vostro celeste lume e dalla vostra dolce pietà sollievo alle pene dei nostri cuori, alle prove della Chiesa e della nostra patria.
5. Noi crediamo infine che nella gloria, ove Voi regnate, vestita di sole e coronata di stelle, Voi siete, dopo Gesù, la gioia e la letizia di tutti gli Angeli e di tutti i Santi;
e noi, da questa terra, ove passiamo pellegrini, confortati dalla fede nella futura risurrezione, guardiamo verso di voi, nostra vita, nostra dolcezza, nostra speranza; attraeteci con la soavità della vostra voce, per mostrarci un giorno, dopo il nostro esilio, Gesù, frutto benedetto del vostro seno, o clemente, o pia, o dolce Vergine Maria (Pio Pp. XII).
Santità e gloria di Maria [2].
Solo chi conosce la santità di Maria può valutarne la gloria, ma la Sapienza, che ha colmato gli abissi (Prov 8,27), non ci rivelò la profondità di questo oceano al cui confronto le virtù dei giusti e le grazie da essi ricevute non sono che un ruscello. L'immensità della grazia e del merito, che costituisce la soprannaturale perfezione della Vergine benedetta, ci porta a concludere che, nella gloria, che consacra la santità degli eletti, deve avere altrettanta superiorità.
Mentre i predestinati si scaglionano nei diversi gradi della celeste gerarchia, la Madre santa di Dio si eleva oltre tutti i cori dei beati (Liturgia della festa) formando da sola un ordine distinto, un cielo nuovo, in cui le armonie angeliche ed umane sono superate. Dio è in Maria più glorificato, meglio conosciuto e più amato che in tutto l'universo e per questo, secondo l'ordine della Provvidenza creatrice, che subordina il meno perfetto al più perfetto, Maria doveva essere Regina della terra e del cielo.
Il mondo fatto per Cristo e per Maria.
Tenuto presente questo, il mondo esiste per l'Uomo-Dio e per Maria. Il grande teologo Card. Lugo, spiegando le parole dei santi dice: "Come Dio, compiacendosi di tutto creare per il suo Cristo, fece di lui il fine delle creature, così si può dire che, nell'amore per la Vergine Madre, creò tutto il resto, facendo sì che giustamente meritasse di essere chiamata fine di tutte le cose" (De Lugo, De Incarn. Disput. vii, sect. 2).
Maria, Madre di Dio e sua primogenita (Eccli 24,5) aveva titolo e diritto ai beni di Dio e, come sposa, doveva dividerne la corona. "La Vergine gloriosa, dice san Bernardino da Siena, ha tanti sudditi quanti ne ha la Trinità. Tutte le creature, non conta la posizione che hanno nel creato, sono sottomesse alla Vergine: le creature spirituali come gli Angeli, le ragionevoli come l'uomo, le materiali come i corpi celesti o gli elementi, il cielo, la terra, i reprobi, i beati, tutto quanto dipende dalla potenza di Dio. Infatti il Figlio di Dio e della Vergine benedetta, volendo, per così dire, uguagliare in qualche modo all'autorità del Padre quella di sua Madre, si fece, Egli che è Dio, servitore di Maria e, se è esatto dire che tutto, anche la Vergine, obbedisce a Dio, si può rovesciare la proposizione e affermare che tutto, anche Dio, obbedisce alla Vergine" (Discorso per la festa di Maria, c. 6).
Lo Spirito Santo ci dice che il dominio dell'eterna Sapienza comprende cielo, terra e abisso (Eccli 24,7-11) e tutto questo è appannaggio di Maria nel giorno della sua incoronazione e, come la Sapienza divina, Maria può glorificarsi in Dio (ivi 1). Colui, del quale cantò un giorno la magnificenza, oggi esalta la sua umiltà (Lc 1,46-55). La Beata per eccellenza (ivi 48) è ora l'onore del suo popolo, l'ammirazione dei santi, la gloria degli eserciti dell'Altissimo (Eccli 24,1-4). Nella sua bellezza, vada con lo Sposo alla vittoria (Sal 44,4-6) e trionfi dei cuori dei potenti e degli umili (Eccli 24,11). La consegna dello scettro del mondo nelle sue mani non è solo onore, ma realtà e, infatti, da quella consegna, Maria comanda e combatte, protegge la Chiesa, ne difende il capo, tien salde le schiere delle sacre milizie, suscita i santi, dirige gli apostoli, illumina i dottori, stermina l'eresia, ricalpesta l'inferno.
Regina e Madre.
Salutiamo la nostra Regina, cantiamo le sue imprese, siamo docili al suo comando, soprattutto amiamola e confidiamo nel suo amore. Non abbiamo paura che, per le sollecitudini enormi che richiede la diffusione del regno di Dio, dimentichi la nostra piccolezza e le nostre miserie: nulla a lei sfugge di quello che avviene nel più oscuro ridotto sul più lontano confine del suo immenso dominio. Dal suo titolo, in effetto di causa universale, al di sotto di Dio, a buon diritto si deduce l'universalità della sua provvidenza; e i maestri di dottrina (Suarez, 3.a Pars, qu. XXXVII, art. 4; Disp. XXI, sez. 3.a) ci presentano Maria associata nella gloria alla scienza detta di visione, per la quale tutto ciò che è, fu e sarà davanti a Dio è presente. La sua carità non ha imperfezioni e, come il suo amore per Dio sorpassa quello di tutti gli eletti, la tenerezza di cui circonda il più piccolo, il più dimenticato e derelitto figlio di Dio, che è anche suo figlio, supera l'amore di tutte le madri concentrato sopra un figlio solo. Ci previene con le sue sollecitudini, ascolta in qualsiasi momento le umili preghiere, ci segue nelle colpevoli fughe, sostiene nelle debolezze, compatisce nei malanni del corpo e dell'anima, largisce le grazie delle quali è tesoriera. Con le parole di uno dei suoi grandi servi, diciamole dunque:
Preghiera.
O santissima Madre di Dio, che abbellisci la terra e il cielo, tu, lasciando la terra non hai abbandonato gli uomini e, se quando eri quaggiù vivevi in cielo, ora che sei in cielo dimori con noi. Veramente felici quelli che ti contemplarono e vissero con la Madre della vita! Ma, come tu abitavi in carne con gli uomini dei primi tempi, ora abiti spiritualmente con noi. Noi ascoltiamo la tua voce, la voce dì noi tutti giunge alle tue orecchie e la protezione continua con cui ci segui è prova della tua presenza. Tu ci visiti, il tuo occhio è su ciascuno di noi e, se anche non possiamo vederti, tu sei in mezzo a noi e ti mostri in modi diversi a chi è degno di vederti. La tua carne, uscita dal sepolcro, non arresta la immateriale potenza, l'attività purissima dell'anima tua, che, inseparabilmente unita allo Spirito Santo, si fa sentire dove vuole (Gv 3,8). Ricevi, o Madre di Dio, l'omaggio riconoscente della nostra allegrezza e parla dei tuoi figli a Colui, che ti ha glorificata e, con la sua potenza divina, egli accoglierà qualsiasi tua domanda. Sia egli benedetto nei secoli (san Germano di Costantinopoli: Sulla Dormitio 1).
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[1] Il responsorio Ascendit Christus e l'antifona Hodie gloriosa Virgo caelos ascendit sembrano tolte dal sermone Cogitis me, e tuttavia è certo che Pascasio Radberto non ha riprodotto, né commentato queste parti liturgiche. Sarebbero allora anteriori all'anno 850? Il Pascasio stesso afferma che egli riporta testi liturgici precedenti.
[2] Riportiamo a questo punto quanto il testo del Guéranger pone al 18 agosto, giorno quarto dell'ottava, ormai soppressa.
da: dom Prosper Guéranger, L'anno liturgico. - II. Tempo Pasquale e dopo la Pentecoste, trad. it. L. Roberti, P. Graziani e P. Suffia, Alba, 1959, p. 971-987
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