Foto: Gaetano Chierici, Le gioie infantili, (1895)
Samuele Salvador, 17 MAG 2022
Un quadro impietoso quello descritto dal demografo Roberto Volpi nel suo ultimo saggio, Gli ultimi italiani (Solferino, Milano 2022), un brutto sogno dal quale ci si vorrebbe svegliare, una cattiva notizia che si preferirebbe non ricevere: la popolazione italiana ha intrapreso una traiettoria che potrebbe portarla, già nel prossimo secolo, all’estinzione.
Numeri e dati ufficiali alla mano, ma nello stile scorrevole che gli è proprio, l’autore analizza le nuove previsioni dell’Istat che danno la popolazione italiana a 47,6 milioni nel 2070 (12,1 milioni in meno rispetto agli abitanti al 2020, anno di inizio delle previsioni 2020-2070), che diverrebbero 40 milioni alla fine del secolo, se non ancora meno. Un vero e proprio crollo, unito ad un drastico invecchiamento, che appare, tragicamente, del tutto realistico.
La ragione sta nella natalità, o per meglio dire denatalità: dagli anni ’70 in Italia nascono sempre meno bambini e le morti oramai sopravanzano largamente le nascite. La condizione demografica ordinaria, normale, di più nati che morti, nel biennio 2018-2019 si è registrata solo in una delle 107 province italiane (quella di Bolzano) ed anzi 6 province su 10 presentavano oltre 150 morti ogni 100 nati.
Volpi individua quale primaria causa della denatalità la progressiva riduzione quantitativa dei matrimoni. Sottolinea che tra questi sono in continua diminuzione quelli religiosi, statisticamente i più stabili e prolifici. Nota inoltre come l’introduzione del divorzio abbia indotto una deresponsabilizazione e, rendendo incerto il perdurare del matrimonio, lo abbia fatto divenire una scelta di vita meno appetibile, come emerge dall’aumento delle coppie di fatto e dalla più recente diffusione delle coppie di fatto non conviventi.
Inoltre dimostra come nel nostro Paese le nascite siano influenzate negativamente dall’innalzamento dell’età media alla quale le donne si sposano e più in generale hanno il primo figlio.
Ne emerge uno scenario sconfortante: un’Italia spopolata ed invecchiata, anche e soprattutto nel Mezzogiorno, con la desertificazione dei piccoli paesi, la riduzione delle grandi città, lo spopolamento della montagna e delle colline. Fenomeni, è bene ricordarlo, già in atto oggi.
Volpi tuttavia, oltre all’appello all’incentivazione con ogni mezzo della natalità, propone dei rimedi che favoriscano la formazione di famiglie giovani: accorciare i percorsi educativi e professionali di studio; lavorare sul piano programmatico e legislativo alla creazione di un mercato del lavoro aperto, il più possibile indirizzato e favorevole ai giovani; ripensare i meccanismi di un ascensore sociale basato sul merito che possa generare stabilità economica anche per i giovani.
L’autore intende insomma convincere che la questione demografica debba diventare prioritaria nel dibattito pubblico e lo fa con argomenti persuasivi: ne nascerà certamente un senso di urgenza, considerando che ogni anno che passa diminuiscono i giovani ed aumentano i vecchi, e che la forbice si amplia inesorabile.
La lettura di queste pagine riserva anche diversi spunti che possono e debbono orientare l’impegno sociale dei prossimi decenni. Con tutta probabilità assisteremo ad una profonda trasformazione nella composizione della società che avrà dei risvolti quasi antropologici: con la preponderanza dei figli unici (laddove vi saranno) verrà meno la rete parentale costituita da fratelli, zii, cugini…; rimarrà la sola parentela verticale con un progressivo isolamento degli individui. Ne conseguirà uno sfilacciamento ed allontanamento della stessa società. Se a ciò si aggiungono i mutati costumi affettivi vi sarà una quota sempre maggiore di popolazione di “famiglie unipersonali” (persone che vivono sole), stimata fino al 40% e oltre. Condizioni che, a nostro parere, potrebbero rendere la popolazione pericolosamente incline ad uno Stato leviatano pervasivo e centralista.
Di contro l’enorme differenza tra i territori nella densità di popolazione (si toccheranno rapporti di 100 a 1 tra metropoli e campagna) si ripercuoterà inevitabilmente nei costumi e nei rapporti sociali, marcando nette differenze all’interno del Paese e rendendo difficili una direttrice nazionale e politiche generalizzate. Ciò, sempre a parer nostro, potrebbe spingere all’adozione del federalismo o comunque riforme nella direzione di una maggiore sussidiarietà.
Il testo non affronta il tema ma con tutta evidenza la diminuzione e l’invecchiamento degli italiani si ripercuoteranno sull’economia: vi sarà una diminuzione del PIL? Data la quantità ingente di debito pubblico, quali effetti avrà la demografia sul bilancio statale? Sarà necessario trovare proposte credibili a questi problemi anche perché verosimilmente dagli ambienti progressisti giungeranno due risposte: da un lato la mutualizzazione del debito all’interno dell’unione Europea con una parallela ed ulteriore spinta alla centralizzazione; dall’altro il ricorso all’immigrazione, che dovrebbe assumere proporzioni enormi (centinaia di migliaia di arrivi ogni anno) con seri e fondati problemi di integrazione che ne conseguirebbero e che sono ben noti nell’Europa settentrionale. Volpi per di più ridimensiona molto l’effetto positivo sul piano demografico apportato dall’immigrazione, che paragona ad un paracadute che rallenta ma non arresta la caduta.
In ogni caso appare evidente che la questione non possa essere elusa e che a tutti i livelli sociali si debba assumere una prospettiva di lungo respiro; chi intende impegnarsi in politica, ad esempio, dovrà considerare che le decisioni attuali avranno effetti concreti solo nei prossimi decenni: infatti un eventuale aumento della natalità oggi significherebbe un potenziale aumento della popolazione solamente tra venti-trent’anni (quando cioè le donne avranno raggiunto l’età fertile).
Naturalmente il futuro qui descritto è tutt’altro che ineluttabile: Dio, vero Signore della Storia, e la libertà dell’uomo non possono essere racchiusa in modelli matematici, tuttavia questo libro costituisce un importante monito che aiuta a dare il giusto peso alle priorità odierne ed a prepararsi con realismo alle sfide di domani.
Samuele Salvador
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