martedì 3 maggio 2022

Sarà mai canonizzato Pio XII?





03 MAG 22

by Aldo Maria Valli

Sarà mai canonizzato Pio XII? La domanda torna, di tanto in tanto. E dalla domanda prende spunto monsignor Héctor Aguer per quest’ampia carrellata (qui a tratti sintetizzata) sull’insegnamento di papa Pacelli: un formidabile corpus dottrinale.

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di monsignor Héctor Aguer*

Colpisce ciò che è accaduto nella Chiesa dal 1958. I papi che si sono succeduti da quella data in poi sono stati canonizzati: Giovanni XXIII, Paolo VI e Giovanni Paolo II; e presto sarà beatificato Giovanni Paolo I, il pontefice dei trentatré giorni (De mediaetate lunae secondo Malachia). E Pio XII? Attende ancora il suo turno.

Un paio di anni fa scrissi al cardinale Angelo Amato, allora prefetto della Congregazione delle cause dei santi, per chiedere lo stato della causa di papa Pacelli. Ora riconosco che il mio intervento era ispirato da una certa insolente sfiducia. Ebbi l’audacia di dire che Pio XII difficilmente avrebbe raggiunto l’onore degli altari, perché il Vaticano progressista di oggi non gli avrebbe perdonato di aver canonizzato Pio X, il papa che con l’enciclica Pascendi dominici gregis svelò contenuti e strategie del modernismo e le decisioni canoniche che l’hanno accompagnato. Il cardinale mi rispose subito e con serena comprensione. Mi informò che era già stato accertato che il servo di Dio aveva esercitato in grado eroico tutte le virtù cristiane, ma che per procedere alla beatificazione mancava un miracolo ottenuto per sua intercessione. Mi esortò anche a pregare e a far pregare, nonché a far conoscere la figura del grande pontefice, e ora mi pento di non averlo fatto.


Eugenio Pacelli fu eletto papa il 12 marzo 1939, in uno dei più brevi conclavi della storia. Era stato segretario di Stato del suo immediato predecessore, Pio XI, il quale lo preparò con cura, sicuro che gli sarebbe succeduto. Papa Ratti, uomo di fede intrepida (Fides intrepida è proprio il titolo attribuitogli nella pseudo-profezia di Malachia), si oppose fermamente al nazismo con l’enciclica Mit brennender Sorge, e al comunismo con la Divini Redemptoris. Nella stessa linea è l’enciclica Firmissimam constantiam sulla persecuzione religiosa in Messico. Ratti inviò il cardinale Pacelli come legato pontificio in America e al Congresso eucaristico internazionale, tenutosi a Buenos Aires nel 1934.


Diverse testimonianze assicurano che Pio XI dava per scontato che il suo segretario di Stato gli sarebbe succeduto. Ad esempio, monsignor Domenico Tardini, poi cardinale segretario di Stato di Giovanni XXIII, in un suo appunto scrive: “Più volte Sua Santità mi parlò del suo successore; per lui non c’era alcun dubbio: il futuro Papa doveva essere il suo Segretario di Stato. Mi disse che proprio per prepararlo alla tiara (la triplice corona che, deposta da Paolo VI, è stata sostituita dalla mitra, portata da tutti i vescovi), lo mandava spesso all’estero. Un giorno dell’ottobre 1936, mentre Sua Eminenza si trovava negli Stati Uniti, e dopo aver fatto un gran elogio del suo Segretario di Stato, concluse guardandomi con i suoi occhi scrutatori: ‘Sarà un magnifico Papa’. Non disse ‘sarebbe’ o ‘potrebbe essere’, ma ‘sarà’, senza ammettere alcuna incertezza. Queste parole furono pronunciate il 12 novembre; così si spiega l’allusione: in mezzo a voi c’è qualcuno che voi non conoscete. Fu nel discorso pronunciato per l’imposizione della berretta ai cardinali nel suo ultimo concistoro”.


La formazione teologica e canonica di Pacelli era ottima; aveva una vasta cultura, che acquisì e approfondì fin da giovanissimo. Il padre gli fece frequentare il liceo Visconti, un istituto laico, ma di ottimo livello. D’altra parte, la vicinanza a Pio XI e la collaborazione con lui nel ruolo di segretario di Stato gli permisero di conoscere l’ufficio pontificio e le alternative religiose, culturali e politiche del XX secolo. Benedetto XV gli aveva precedentemente affidato la nunziatura in Germania, cosa che lo spinse ad acquisire un’ottima conoscenza e un grande amore per il popolo tedesco (parlava perfettamente quella lingua).


L’opera di Pio XII mostra la sua straordinaria capacità e il suo spirito di fede. Padre Pierre Blet, SJ, specialista in materia, nel suo libro su Pacelli cita una definizione data dalla radio di Stoccarda pochi giorni dopo la sua morte: il papa fu paragonato a due geni, uno religioso, Francesco d’Assisi, e l’altro politico, Napoleone. Forse a noi il paragone può sembrare esagerato, ma è cosi che alcuni suoi contemporanei, che ebbero modo di valutarlo da vicino, consideravano il papa.

Segnalo altre due affermazioni significative, specie considerando chi sono gli autori. Giovanni XXIII, spesso osteggiato dai commentatori della vita ecclesiale, applicò al suo predecessore l’antifona ai Vespri dell’Ufficio dei Dottori della Chiesa: Doctor optime, Ecclesiae lumen, divinae legis amator. E il cardinale gesuita Agostino Bea in una conferenza dichiarò: “Forse ci vorranno decenni, probabilmente secoli, per misurare la grandezza di Pio XII e il suo influsso sulla Chiesa e, diciamolo pure, sulla storia dell’umanità. Ha seminato un seme incredibile. Si può dire che la dottrina di Pio XII ha trasformato l’aria che respiriamo senza che ce ne fossimo mai accorti. Questa dottrina ha costituito il fondamento stesso del Concilio, aprendosi a tutti i problemi dell’umanità contemporanea. Procura risolverli alla legge del Vangelo per vincere l’uomo moderno alla fede, alla Chiesa, a Cristo, a Dio”.


È importante sottolineare che Pio XII fu un papa rinnovatore. Molteplici gli elementi di prova. Ne bastano pochi, ma decisivi. In primo luogo, la sua azione per il rinnovamento liturgico. Restituì alla Chiesa la Veglia pasquale e gli dobbiamo anche le messe vespertine, con un nuovo regime di digiuno eucaristico. Un’altra importante realizzazione: incaricò il Pontificio Istituto Biblico di inserire nel Breviario una nuova traduzione latina dei salmi. La versione è straordinaria, realizzata secondo le modalità storico-critiche attualmente in uso, e così si comprende bene ciò che volevano dire gli autori sacri del Salterio. Per quanto riguarda la teologia liturgica, è necessario studiare l’enciclica Mediator Dei et hominum (20 novembre 1947), che fu un buon antecedente degli sviluppi successivi.

Pio XII poi moltiplicò gli interventi, anche radiofonici, sugli argomenti più diversi. Mi permetto di segnalare le catechesi (perché tali erano) agli sposi novelli, che riceveva regolarmente in udienza.


Molto importante fu anche l’insegnamento rivolto sui temi sociali, specie agli operai, che affidò all’intercessione di san Giuseppe. Decisa fu la sua opposizione al comunismo che, dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, avanzava e si diffondeva rapidamente.

Le encicliche di Pio XII costituiscono un imponente Corpus dottrinale. Nella prima, Summi pontificatus, pubblicata a Castelgandolfo il 20 ottobre 1939, si propone un’eziologia della situazione di allora, ma l’analisi è valida anche per i nostri giorni. L’agnosticismo religioso è la radice profonda dei mali che affliggono quella che possiamo continuare a chiamare “società moderna”, e da questa radice scaturiscono il positivismo giuridico, l’utilitarismo soggettivista nella moralità, l’oblio della solidarietà umana e il totalitarismo o assolutismo dello Stato. L’analisi proposta da Pio XII comprende due livelli: quello nazionale, con la distruzione dei diritti della persona umana e della famiglia, e quello internazionale. Il grande errore dello Stato totalitario è la negazione della comunità dei popoli, con la conseguente e continua minaccia di guerra, o almeno l’alterazione della pace vera.

Altre encicliche. La Sertum laetitiae (1 novembre 1939), indirizzata all’episcopato degli Stati Uniti, celebra i centocinquant’anni dell’instaurazione della gerarchia ecclesiastica in quel Paese. La Saeculo exeunte octavo (13 giugno 1940) rievoca gli otto secoli dell’indipendenza del Portogallo, paese al quale il papa raccomanda di continuare a impegnarsi nell’opera missionaria. Il 29 giugno 1943 Pio XII pubblica un testo di grande valore sulla Teologia della Chiesa, la Mystici Corporis Christi, nella quale, riprendendo l’ispirazione paolina, parla della Chiesa e della nostra unione con Cristo in essa. Quasi contemporaneamente esce la Divino afflante Spiritu (30 settembre), sullo studio della Sacra Scrittura, che con coraggio e prudenza apre la strada a ulteriori sviluppi nell’esegesi biblica, negli studi storico-critici e nella scoperta del testo originale.


Il quindicesimo centenario della morte di san Cirillo, patriarca di Alessandria che combatté ferocemente contro l’eresia di Nestorio, fu l’occasione per pubblicare la Orientalis Ecclesiae Deus (9 aprile 1944). E nella Orientales omnes Ecclesias volle commemorare i 350 anni dell’unione della Chiesa rutena con quella romana. Si tratta di una rievocazione storica, ma evidenziamo un paragrafo: “Gli orientali non hanno per nulla a temere d’essere costretti, per il ritorno all’unità di fede e di governo, ad abbandonare i loro legittimi riti e usi”. Si tratta di un’osservazione mirabile, estremamente rilevante per noi latini, nel momento in cui il motu proprio Traditionis custodes ha eliminato la forma straordinaria del Rito romano.

Nel 1947 si ricordavano anche i quattordici secoli dalla morte di san Benedetto, che può essere considerato non solo il santo patrono d’Europa, ma anche il Padre della cultura occidentale. E Pio XII, che ammirava le figure illustri della tradizione cattolica, per commemorare quell’anniversario pubblicò la Fulgens radiatur (21 marzo).

Il 20 novembre dello stesso anno scrisse la Mediator Dei et hominum, in cui si valorizzano gli importanti studi dovuti al movimento liturgico, allora pienamente in corso. Sottolineo il prudente equilibrio del giudizio del pontefice: mette in guardia dai pericoli sia delle carenze di coloro che si oppongono a qualsiasi rinnovamento e disprezzano gli studi pubblicati dai membri del movimento, sia dell’ansia delle novità degli altri, che si allontanano dalla sana dottrina e mancano di prudenza. Un’osservazione sempre valida. Il testo contiene una descrizione dei principali fondamenti della liturgia ed espone il rapporto tra il culto pubblico della Chiesa e le devozioni popolari dei fedeli.


L’enciclica Optatissima Pax (18 dicembre 1947) pone l’accento sui problemi sorti dopo la terribile guerra recente. La pace è, infatti, la più alta aspirazione dei popoli.

La devozione al Santo Rosario fa da argomentazione all’enciclica Ingruentium malorum, pubblicata il 15 settembre 1951. L’espansione del comunismo sovietico nell’Europa orientale provocava atroci persecuzioni contro i cristiani. Il 15 dicembre 1952 Pio XII indirizzò una lettera all’episcopato delle Chiese orientali di Romania, Ucraina e Bulgaria, per confortarli e incoraggiarli a continuare a offrire la loro testimonianza del martirio. Come d’uso, portava il titolo delle prime parole del testo: Orientales Ecclesias.

L’enciclica Doctor Mellifluus, del 24 maggio 1953, ricorda l’ottavo centenario della morte di san Bernardo. La Fulgens corona (8 settembre 1953), ha lo scopo di commemorare il primo centenario della definizione del dogma dell’Immacolata Concezione di Maria Santissima, proclamato dal beato Pio IX impegnando il carisma dell’infallibilità. L’anno successivo, il 25 marzo, papa Pacelli pubblica la Sacra Virginitas, sulla verginità, nella quale ribadisce la dottrina tradizionale, che fa riferimento a san Paolo, circa la maggiore eccellenza della verginità rispetto al matrimonio. Termini tipicamente cattolici che oggi sono stati dimenticati dalla cultura e dalla vita della gente: né il matrimonio né la verginità hanno più molto significato, se mai ne hanno avuto.

Ai vescovi di Gran Bretagna, Germania, Austria, Francia, Belgio e Olanda fu indirizzata, il 5 giugno 1954, la Ecclessiae fastos, nel dodicesimo anniversario della morte di san Bonifacio, vescovo e martire, apostolo di quei popoli. E il 7 ottobre 1954 arrivò la Sinarum gentem (indirizzata al popolo cinese); un’enciclica che accompagnava i cattolici cinesi nella fedeltà che vescovi, sacerdoti e fedeli mantenevano nonostante la persecuzione. Il papa ammetteva che era ragionevole per loro godere di indipendenza in vari aspetti della vita ecclesiale, ma avvertiva che alcune pretese di interpretare la dottrina secondo la propria volontà giocavano a favore dei tentativi del governo comunista di formare una “Chiesa nazionale” e osservava che molti ne erano stati sedotti.

Con la Ad Caeli Reginam (11 ottobre 1954) Pio XII istituì la regale festa liturgica della Beata Vergine Maria. Nel testo spiegava le argomentazioni che fondavano la divina maternità e la collaborazione di Maria nell’opera redentrice di Cristo come Nuova Eva, intimamente associata al Nuovo Adamo. Ella regna con Cristo e partecipa alla potenza e alla distribuzione dei frutti della redenzione. Riporto un passaggio del testo, che mi sembra di fondamentale importanza: “Però in queste e altre questioni, che riguardano la beata Vergine, i teologi e i predicatori della divina parola abbiano cura di evitare certe deviazioni per non cadere in un doppio errore; si guardino cioè da opinioni prive di fondamento e che con espressioni esagerate oltrepassano i limiti del vero; e dall’altra parte si guardino pure da un’eccessiva ristrettezza di mente nel considerare quella singolare, sublime, anzi quasi divina dignità della Madre di Dio, che il dottore angelico ci insegna ad attribuirle per ragione del bene infinito, che è Dio (Somma teologica, I, q 25, a 6 ad 4)”.

Tra gli interessi e nelle preoccupazioni di Pio XII non poteva mancare la musica sacra. Pubblicata il 25 dicembre 1955, la Musicae sacrae disciplina traccia una sintesi della “lunga strada” percorsa dalle “semplici e ingenue melodie gregoriane”, espone i principi dell’arte musicale nella Chiesa e le sue qualità, e afferma che la musica sacra “deve essere santa”, veramente artistica, di carattere universale e accessibile al popolo. Valorizza il canto religioso popolare “in funzioni non del tutto liturgiche”, e privilegia l’utilizzo dell’organo sugli altri strumenti. La Costituzione conciliare Sacrosanctum Concilium, capitolo VI, segue, a mio avviso, le linee guida indicate in questa enciclica pacelliana, ma oggi, quasi ovunque, nulla di tutto questo è rimasto!

La Haurietis aquas (15 marzo 1956) è un vero trattato di teologia, di culto e di devozione al Sacro Cuore di Gesù. La Luctuosissimi eventus (28 ottobre 1956) parla della rivolta del popolo ungherese contro il comunismo, mentre la Laetamur admodum riguarda i pericoli di una guerra in Medio Oriente (1 novembre 1956).

Con la Datis nuperrime (5 novembre 1956), Pio XII torna sulla situazione dell’Ungheria, dove i carri armati sovietici reprimevano la rivolta popolare. Cito: “Si è saputo che per le città e i villaggi dell’Ungheria scorre di nuovo il sangue generoso dei cittadini che anelano dal profondo dell’animo alla giusta libertà, che le patrie istituzioni, non appena costituite, sono state rovesciate e distrutte, che i diritti umani sono stati violati e che al popolo sanguinante è stata imposta con armi straniere una nuova servitù”. La Fidei donum, del 21 aprile 1957, analizza la situazione delle missioni cattoliche e le loro principali necessità, soprattutto in Africa. Poi celebra il terzo centenario del martirio del gesuita polacco sant’Andrea Bobba, il 16 maggio 1957, pubblicando la Invicti Athletae Christi.

Il primo centenario delle apparizioni della Beata Vergine a Bernadette Soubirous, nella grotta di Massabielle, viene ricordato con la Le pelerinage de Lourdes, nella quale si esprimono gioia e gratitudine per questo dono della Madre di Dio e per le conversioni e le guarigioni.

Di fronte al materialismo pratico della società, il papa raccomanda di affidare se stessi all’Immacolata per la propria santificazione e il rinnovamento cristiano della società (2 luglio 1957).

Sempre attento alle mutevoli esigenze dei tempi, Pio XII dedica un’importante enciclica a cinema, radio e televisione: la Miranda prorsus (8 settembre 1957).

Infine, negli ultimi mesi del suo fecondo pontificato, papa Pacelli pubblica ancora due encicliche: Ad Apostolorum Principis sepulchrum (29 giugno 1958), indirizzata ai cattolici cinesi, dove affronta il doloroso problema della situazione religiosa e delle consacrazioni episcopali non autorizzate dalla Santa Sede, e la Meminisse iuvat (14 luglio 1958), nella quale, di fronte alle voci di guerra e alla terribile minaccia della bomba atomica, esorta ad appellarsi all’intercessione della Beata Vergine,.

Ho lasciato per ultima un’enciclica che era ed è di fondamentale importanza. Pubblicata il 12 agosto 1950, inizia con la seguente frase: Humani generis in rebus religiosis ac moralibus discordia (“I dissensi e gli errori degli uomini in materia religiosa e morale”). Nella Humani generis il fondamento della critica di Pio XII alla cosiddetta nuova teologia sta in questa osservazione: “La Chiesa non può essere legata ad un qualunque effimero sistema filosofico”. Alcuni, dice il papa, sostengono che le “necessità” moderne richiedano che le verità della fede siano formulate in linea con la filosofia moderna, l’immanentismo, l’idealismo o l’esistenzialismo. Si tentano queste spinte in avanti perché si pensa che i misteri della fede non possano mai essere espressi in concetti del tutto veri, ma solo con concetti approssimativi, che cambiano continuamente; la verità è a malapena indicata, e anche necessariamente sfigurata. La storia dei dogmi consisterebbe nell’esporre le varie forme che la verità rivelata avrebbe assunto secondo le opinioni e le dottrine manifestate nel corso dei secoli. Inoltre, nell’analisi della Sacra Scrittura il significato letterale dovrebbe cedere il passo a una nuova esegesi chiamata simbolica o spirituale. Gli autori cattolici medievali avevano già correttamente catalogato i vari significati che si possono scoprire in un testo biblico.

Pio XII cita ed enumera i dieci errori teologici che si basano sui principi indicati: si mette in dubbio che la ragione umana possa, senza la luce della rivelazione e la forza della grazia, riuscire a dimostrare l’esistenza di Dio con argomenti dedotti dalle cose create (si tratta di un errore tipicamente protestante); si nega che il mondo abbia avuto un inizio (in contrasto con Genesi 1,1; a Dio è negata anche l’eterna e infallibile prescienza delle azioni. Alcuni sostengono che gli angeli siano persone e non accettano che la materia differisca essenzialmente dallo spirito. Si altera anche la gratuità dell’ordine soprannaturale: Dio non potrebbe creare esseri intelligenti senza ordinarli e chiamarli alla visione beatifica. Viene distrutto il concetto di peccato originale, così come la soddisfazione che Cristo ha dato per noi attraverso il sacrificio della croce. Non mancano coloro i quali sostengono che la dottrina della transustanziazione eucaristica sarebbe basata su un antiquato concetto di sostanza, e quindi andrebbe corretta: la presenza di Cristo nel Santissimo Sacramento non sarebbe reale ma simbolica, segno esteriore dell’intima unione di Cristo con i suoi fedeli nel Corpo mistico. Altri ancora respingono l’insegnamento del magistero sull’identità della Chiesa cattolica romana con il Corpo di Cristo.

Dopo l’avvertimento su questi errori, il pontefice espone serenamente la dottrina cattolica su tutti i punti citati. Non mancano gli incoraggiamenti a chi si dedica all’insegnamento; per far progredire le scienze che professano, salvaguardando la verità della fede e della dottrina cattolica. Dopo il Vaticano II, gli errori denunciati dall’Humani generis dilagano nella Chiesa.

Oltre al corpo delle encicliche, Pio XII si avvalse di altri generi magisteriali: le costituzioni apostoliche, le lettere apostoliche, le bolle (accenno soltanto alla Munificentissimus Deus, del 1° novembre 1950, con la quale, avvalendosi del suo magistero infallibile, il pontefice definì dogma di fede l’Assunzione della Santissima Vergine Maria in anima e corpo alla gloria celeste).

L’entusiasmo di Pio XII per l’insegnamento (cfr 2 Tm 4, 2) si espresse in innumerevoli discorsi, catechesi e radiomessaggi. Di quest’ultimo genere magistrale è il radiomessaggio natalizio del 1944, dedicato al tema della democrazia. Quando la guerra non è ancora finita, il papa pensa già all’organizzazione necessaria per ricostruire. Di questo pronunciamento desidero evidenziare la distinzione tra popolo e massa: una democrazia autentica richiede l’unità organica e organizzativa di un vero popolo.

Uno studio soddisfacente della personalità e dell’opera di papa Pacelli richiederebbe un’esposizione ancora più ampia. Concludo riferendomi alla calunnia rivolta a Pio XII, accusato di non aver alzato con forza la voce contro la persecuzione scatenata dalla barbarie nazista nei confronti del popolo ebraico. Il Vicario, famigerato libro di Hochhut, è stato molto dannoso. L’opera giuridica e politica di Pio XII si esprime chiaramente sull’organizzazione degli Stati e sui diritti umani, affermando tutto il contrario della tirannia nazista e delle sue pretese di espansione e conquista del mondo. Il papa sapeva che una sua forte dichiarazione pubblica avrebbe aggravato la persecuzione degli ebrei e della Chiesa, anch’essa perseguitata. Dunque, sviluppò un’intelligente azione diplomatica e si occupò personalmente del salvataggio di decine di migliaia di ebrei (certamente più di centomila), molti dei quali ospitati in conventi di clausura. Questo suo agire fu immediatamente riconosciuto dalle autorità ebraiche. Il caso più commovente è quello del gran rabbino di Roma, Israel Zolli, che, convertitosi al cattolicesimo, scelse come nome di battesimo Eugenio, come papa Pacelli. E sua moglie, anch’essa convertita, si chiamò Eugenia.

Sarà beatificato Pio XII? Forse c’è ancora molto da aspettare. Almeno fino a quando il progressismo, che ha invaso la Chiesa, e che in essa riproduce gli errori indicati nella Humani generis, finirà per dissiparsi.

*arcivescovo emerito di La Plata

Fonte: infocatolica.com

Traduzione di Valentina Lazzari

Titolo originale: ¿Será beatificado Pío XII?









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