di Tommaso Scandroglio
«Il catechismo non è scolpito nella pietra. Si può anche dubitare di ciò che dice». Il giudizio, scolpito – questo sì – nella pietra, risulta dirompente perché emesso da un alto prelato. Si tratta del cardinal Reinhard Marx, arcivescovo di Monaco, già segretario della Conferenza episcopale tedesca e membro del Consiglio dei cardinali, chiamati a consigliare Papa Francesco nel governo della Chiesa universale.
L’aforisma eterodosso di cui sopra è riferito all’omosessualità ed è parte della recente intervista rilasciata dal porporato al settimanale Stern. Marx dichiara inoltre senza ambiguità che «l’omosessualità non è peccato. Ed è un comportamento cristiano quando due persone, a prescindere dal genere, si difendono a vicenda, nella gioia e nel dolore». Da qui la richiesta di un mutamento di dottrina su questa materia da parte del Catechismo della Chiesa Cattolica. Qualche tempo fa il cardinale Jean-Claude Hollerich, presidente dei vescovi europei, chiese anche lui un cambio dottrinale in tema di omosessualità. Sulla stessa frequenza d’onda il sottosegretario del Sinodo dei Vescovi, suor Nathalie Becquart che il 3 aprile scorso ha tenuto una conferenza davanti a New Ways Ministry, organizzazione LGBTQ condannata dalla Congregazione per la Dottrina della Fede 23 anni fa.
Gli esempi di figure apicali nella Chiesa favorevoli all’omosessualità potrebbero continuare a lungo. Queste posizioni sono il frutto di una dinamica che appare identica sia in ambito ecclesiale che in quello antropologico. Tentiamo di spiegarci meglio. In ambito dottrinale si è verificata da tempo un’inversione di rapporto gerarchico, sotto gli occhi di tutti e più volte analizzata, tra dottrina e pastorale. La pastorale non si ispira più alla dottrina per cercare di trovare le modalità sempre più efficaci, a seconda dei tempi e dei luoghi, per declinare nel contingente l’imperitura dottrina cattolica, per sforzarsi di sviluppare un’inculturazione dei principi di morale e fede nel transeunte, per concretare nel particolare la verità e il bene universali. Il principio cardine che ha regolato da sempre la vita della Chiesa è perciò il seguente: deve essere la pastorale a cambiare per meglio adattarsi alle circostanze, non la dottrina. Ora invece in tema di omosessualità è la dottrina che dovrebbe cambiare per adeguarsi ad una pastorale non più fedele alla dottrina di sempre della Chiesa. La pastorale subordina la dottrina e questa si deve ispirare a quella. Ciò è avvenuto gradualmente: dalla giusta accoglienza della persona omosessuale, si è passati all’obbligatoria accoglienza dell’omosessualità. La doverosa carità nei confronti delle persone omosessuali, per essere tale, deve orientare la medesima persona al vero e al bene e dunque all’abbandono delle condotte omosessuali. Invece è accaduto l’opposto: una certa pastorale omosessuale vuole confermare le persone omosex nel loro orientamento perché giudicato positivo, conforme al Vangelo. Dunque la pastorale LGBT chiede una modifica dottrinale sulla materia perché la stessa pastorale esprime già in sé una dottrina, non certo cattolica.
Questa inversione di rapporti gerarchici tra dottrina e pastorale in ambito ecclesiale è specchio fedele di un’altra inversione di rapporti gerarchici che avviene invece tra due facoltà delle persona: l’intelletto e la volontà. Nella lezione classica di stampo aristotelico tomista, l’intelletto vede il bene e poi muove la volontà per partecipare questo stesso bene con le azioni. In questa dinamica l’intelletto e la volontà non si lasciano stornare dallE passioni contrarie all’autentico bene della persona, ma, potremmo dire, vanno dritte per la loro strada. Da secoli invece si predica una dinamica opposta: la volontà si adegua a ciò a cui la parte più sensitiva, emotiva e passionale anela, e ciò che la volontà desidera, mossa così dal piacere e dall’utile, l’intelletto lo deve qualificare come bene. Il filosofo Thomas Hobbes (1588-1679) lo spiegava con lucidità nel suo Leviatano: «Bene e male sono nomi che significano i nostri appetiti e le nostre avversioni». La ragione quindi non orienta più la volontà, ma è orientata da questa, andando a confermare, a rettificare come buono tutto ciò che è voluto, per il semplice motivo che è piacevole o utile. Prima la volontà e poi l’intelletto dunque, in analogia con quanto descritto sopra: prima la pastorale e poi la dottrina. E perciò, applicando all’omosessualità questo rapporto gerarchico che vede l’intelletto facoltà servente della volontà, le pulsioni omosessuali sperimentate come piacevoli sono assecondate dalla volontà e l’intelletto conferma il voluto, giudicandolo come un bene.
Le uscite del cardinal Marx e di altre personalità del mondo cattolico seguono quindi questa logica argomentativa per nulla logica, questa dinamica involutiva che non è per niente nuova nel processo rivoluzionario e che, in definitiva, vuole capovolgere l’ordine del creato voluto da Dio, ribaltando, come abbiamo appuntato, il rapporto tra dottrina e pastorale e tra intelletto e volontà.
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