Aldo Maria Valli
Ho una predilezione per le storie dei convertiti e quando ne trovo una mi fa piacere condividerla. È il caso della vicenda di Elise, giovane americana di origini svizzere. Una storia che ho letto sul Catholic Herald ed è centrata sulla scoperta dell’Eucaristia.
Il viaggio di Elise Amez-Droz verso la Chiesa cattolica iniziò in un luogo ben noto per il fervore religioso, ma non proprio per la fede cattolica: Salt Lake City, nello Utah, la città fondata dai mormoni.
Fu lì che la ventiquattrenne Elise incontrò un’amica che si stava convertendo al cattolicesimo, il che la sorprese moltissimo. Nata in Svizzera in una famiglia evangelica, la giovane aveva conosciuto solo cattolici di nome, non molto devoti. E adesso invece eccone lì una in carne e ossa, che non si vergognava di dire che amava Gesù. Allora, pensò Elise, il cattolicesimo non è una fede morta. Di lì un percorso di conversione, le cui premesse risalivano però all’infanzia della ragazza.
“Già alle elementari – racconta Elise – avevo iniziato a chiedermi quale fosse lo scopo della vita. Fu un periodo difficile. La vita mi sembra senza senso. Una volta cresciuta, e trasferitami negli Usa, a Salt Lake City, andai a una Messa con quell’amica, e la prima reazione fu: beh, non è poi una cosa così eretica come pensavo che fosse!”.
L’amica fu tempestata di domande: perché stava per entrare nella Chiesa cattolica? Che cosa la spingeva nel profondo del cuore?
Dopo essersi trasferita a Washington, Elise strinse altre amicizie con cattolici e notò che erano tutte gran brave persone, che praticavano la virtù in modo del tutto disinteressato, non per un tornaconto.
A dire il vero, inizialmente trovò le loro virtù “fastidiose”, ma non poté negare che quelle persone erano in gamba. Così decise di sapere qualcosa di più sulla Chiesa e la fede cattolica.
Entrata nel Rite of Christian Initiation of Adults o Ordo Initiationis Christianae Adultorum (un percorso pensato per potenziali convertiti adulti), scelse di approfondirlo nella parrocchia di St. Peter’s a Washington, perché incuriosita dai frati domenicani.
Ogni martedì sera incontrava persone che avevano già fatto il cammino di conversione e altre che lo stavano facendo. Ma la svolta arrivò poco prima della veglia pasquale del 2018. “A quel punto – racconta – mi divenne più chiaro che non avrei mai potuto tornare alla fede protestante”. Due i libri che la segnarono: Le confessioni di sant’Agostino e L’opzione Benedetto di Rod Dreher.
“Trovai L’opzione Benedetto davvero interessante”, dice Elise. “Penso che mi abbia spinta verso la tradizione”. E poi ci fu la lettura del libro Teologia del corpo per principianti. Con Giovanni Paolo II per riscoprire il significato della sessualità e del matrimonio, di Christopher West, libro decisivo perché per la prima volta Elise verificò che era possibile dare risposte a domande fondamentali: “Scoprii che quella teologia aveva un senso, e veniva da un papa! Il che mi fece pensare”.
Uno dei maggiori ostacoli fu accettare l’autorità della Chiesa, qualcosa di profondamente avverso alla mentalità protestante, ma, una volta superato quello scoglio, la navigazione divenne relativamente tranquilla.
Per la confermazione, Elise scelse come santa patrona Teresa di Lisieux, dopo essere venuta a conoscenza della sua storia durante un ritiro. “Mi piacque – ricorda – l’idea di poter essere grande pur essendo piccola, e trovai interessante che Teresa morì all’età di ventiquattro anni, la mia stessa età quando sarei entrata nella Chiesa cattolica”.
Un fattore di fondamentale importanza, nel percorso verso la Chiesa cattolica, fu la scoperta dell’Eucaristia, il che le permise, racconta, di restare fedele alla Chiesa anche quando venne a conoscenza degli scandali degli abusi. “Avrei potuto andarmene, ma in nessun altro posto avrei trovato l’Eucaristia, e così rimasi”.
“Non mi aspetto che la Chiesa sia perfetta”, dice Elise, che è rimasta comunque colpita favorevolmente dal fatto che i suoi amici cattolici non abbiano mai negato gli scandali e ne abbiano sempre parlato apertamente.
Elise Amez-Droz ha potuto accostarsi per la prima volta alla Comunione un anno fa, il 21 aprile 2019, durante la veglia pasquale.
“Il giorno prima – dice – vidi il film La Passione di Cristo e sentii di non essere assolutamente degna di ricevere la comunione. Durante la veglia ero davvero felice ed eccitatissima, sopraffatta al pensiero di poter condividere la persona stessa di Dio in un modo così concreto, anche se ne ero totalmente indegna”.
Ora Elise sostiene che l’Eucaristia è ciò che la rende veramente vicina a Dio. Una storia, la sua, che può fare bene anche a noi, specie in questo periodo di forzato digiuno eucaristico.
A.M.V.
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Fonte: Catholic Herald
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