sabato 2 giugno 2018

Rahner e l’eutanasia del cattolicesimo


Il gesuita Karl Rahner (1904-84).




Perché il rahnerismo è la deformazione meglio riuscita del cattolicesimo. Recensione al libro La nuova Chiesa di Karl Rahner di Stefano Fontana (Fede&Cultura, Verona, 2017).



da INSTAURARE  (maggio-agosto 2017)

Stefano Fontana, direttore dell’Osservatorio internazionale “Cardinal Van Thuan” per la Dottrina sociale della Chiesa, ha pubblicato con l’editore Fede & Cultura un agile volume (107 pp.), ben scritto, di taglio divulgativo, senza note o altro apparato critico, sul pensiero di Karl Rahner o, meglio, sul rahnerismo come “nuovo cattolicesimo”, nuova dottrina di una “nuova Chiesa”.

Fontana mette coraggiosamente in luce la portata totalizzante del paradigma rahneriano capace di sostituirsi completamente al cattolicesimo così come consegnatoci dalla Tradizione. Dalle pagine del volume emerge chiaramente la radicale inconciliabilità tra il cattolicesimo e il neo-cattolicesimo rahneriano.

Parlare dunque di “Chiesa di Karl Rahner”significa parlare d’una realtà intrinsecamente altra dalla Chiesa cattolica pur dandosi il rahnerismo “nella” Chiesa cattolica. In fondo Fontana denuncia la presenza tumorale d’una neo-chiesa nella Chiesa, d’un neo-cattolicesimo rahneriano nel Corpo ecclesiale. Corpo e massa tumorale non si identificano pur tendendo il cancro a invadere metastasicamente l’intero Corpo, il rahnerismo vive parassitariamente nella Chiesa la cui identità pretende però sostituire liquefacendola dall’interno.

La denuncia del rahnerismo come pericolo mortale per il cattolicesimo non è nuova, tra tutti il grandissimo padre Cornelio Fabro che, dopo Il trascendentale esistenziale e la riduzione al fondamentodel 1973, nel 1974 diede alle stampe La svolta antropologica di Karl Rahner, vero capolavoro di critica teologica capace di cogliere e confutare il fondamento teoreticamente e dogmaticamente eversivo del sistema rahneriano.

Alla scuola di padre Fabro, avendo presenti i più recenti saggi critici in tema di autori qualificati come Gherardini, Livi, Cavalcoli, Lanzetta, etc., Fontana offre al grande pubblico un testo lucidissimo che presenta, in brevi capitoli, il nocciolo del neo-cattolicesimo costruito in sistema dal gesuita tedesco.


La copertina del libro.

Con verità Fontana riconduce il rahnerismo teologico alle sue premesse filosofiche, ovvero ad Heidegger, senza dimenticare Kant e Hegel, e così ne smaschera il fondamento anti-realista dato dal trascendentalismo moderno. Tutto il sistema teologico di Karl Rahner poggia sul trascendentale esistenziale di Heidegger, sulla nozione heideggeriana di Essere. La trascendenza di Dio non è quindi più quella della metafisica classica ma è intesa “in senso esistenziale e storico: Dio è l’orizzonte che ci precede e che ci fa conoscere tutto il resto senza essere a sua volta conoscibile” (p. 16). L’inconoscibilità di Dio, il Suo essere (per Rahner) Silenzio, abisso, tenebra, rende impossibile una Rivelazione come comunicazione di Verità da Dio all’uomo, per il gesuita si fa esperienza della trascendenza nella esistenza ed è dunque nell’esistenza che Dio si autocomunica. Il mondo, la storia divengono così Rivelazione, storia profana e storia sacra coincidono, la voce di Dio è udibile ascoltando le vicende storiche “che accadono nell’umanità del mio tempo, perché è lì che Dio mi parla” (p. 17).

Come si vede, prima ancora che questo o quel dogma, è il fondamento stesso della Verità Rivelata ad essere ferito mortalmente. La nozione di Rivelazione è radicalmente altra in Rahner e nella Chiesa, per il tedesco la Rivelazione è atematica e il suo luogo teologico è il mondo inteso come storia. La Rivelazione pubblica conclusasi con la morte dell’ultimo apostolo, contenuta nella Scrittura e nella Tradizione, è dissolta nell’orizzonte storico-mondano.

Ecco perché, scrive Fontana, “le correnti rahneriane non accettano il concetto di evangelizzazione” (p. 19), coerentemente il rahnerismo non può ammettere l’evangelizzazione semplicemente perché non c’è nulla da evangelizzare essendo il mondo, proprio il mondo, il luogo teologico, la manifestazione di Dio. La Chiesa stessa è parte del mondo e del mondo deve leggere i segni. È il mondo, come storia, manifestazione di Dio che deve guidare/insegnare, la Chiesa, non più magistra, deve farsi discepola e ancella del mondo: è “il nuovo senso di laicità che si sta imponendo nella Chiesa cattolica” (p. 21), la Chiesa “è mondo a tutti gli effetti […] deve diventare sempre più mondo, sciogliendosi al suo servizio” (p. 22).

Ciò, ad esempio, porta alla più netta negazione della Dottrina sociale della Chiesa, alla negazione stessa della sua legittimità, della sua possibilità. Infatti “se la Chiesa deve imparare dal mondo, la Dottrina sociale della Chiesa è un assurdo” (p. 40).


Coerentemente, se pur assurdamente, Rahner rifiuta la Dottrina come insieme di verità, afferma il primato della pastorale ovvero della prassi da cui dipenderebbe la dottrina, la libertà in senso moderno liberale, l’utopia come slancio futurologico che inserisce vitalmente in quel “processo storico e mondano” da cui emerge la rivelazione di Dio.

Dalle pagine di Fontana si comprende come il rahnerismo non sia semplicemente una eresia ma propriamente un’altra “fede”, un sistema alternativo al cattolicesimo e ad esso inconciliabile. E tuttavia non come tale si presenta, il rahnerismo infatti non si pone quale “nuova religione” a sé ma piuttosto pretende di rileggere integralmente il Cristianesimo mutandone natura dall’interno. E tutto muta infatti se è accolto il paradigma rahneriano: la missione non è più evangelizzazione ma promozione umana e azione filantropica, il peccato originale è reinterpretato come male storicamente sedimentato in strutture di sfruttamento, tutto il Cristianesimo deve essere demitizzato e deellenizzato, la Divinità di Cristo sarà allora non dato ontologico ma espressione storica del rapporto trascendentale dell’uomo con Dio, la Resurrezione non evento reale ma convinzione della Chiesa, etc.

(fonte: instaurare.org)





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