giovedì 7 giugno 2018

La Chiesa italiana "vende" pannelli solari




Il messaggio della CEI per la prossima Giornata del Creato è centrato sulla questione dei cambiamenti climatici, ma con un chiaro rischio ideologico, appiattendosi sulle posizioni di moda all'Onu.


di Stefano Fontana 07/06/2018

Le Commissioni della Conferenza episcopale italiana per i Problemi sociali e il lavoro e per l’Ecumenismo e il dialogo hanno reso noto il testo del Messaggio per la 13ma Giornata per la salvaguardia del creato che si terrà il prossimo 1 settembre 2018. Il testo è incentrato su alcuni problemi ecologici o, come oggi si dice, di alleanza con la terra: i cambiamenti climatici e la conseguente “devastazione del territorio” avvenuta anche nel nostro Paese, il negazionismo di chi esamina il problema in modo critico, il perseguimento di una società “decarbonizzata” come obbligo morale primario. I vescovi impegnano tutta la Chiesa a tutti i livelli nella “conversione ecologica”, ossia nella promozione di nuovi stili di vita improntati a sostenibilità, al consumo responsabile e al disinvestimento da fonti energetiche non rinnovabili.

Documenti di questo tipo, concentrati su simili tematiche, prestano il fianco ad alcuni rischi piuttosto gravi.

Quando si parla di idrocarburi o di riscaldamento globale – solo per fare alcuni esempi – ci si colloca a livello di problemi alquanto complessi, con molti aspetti tecnici e politici coinvolti, e su cui gli stessi esperti sono spesso in disaccordo. Molti scienziati, per esempio, sostengono che le riserve di idrocarburi nel sottosuolo siano inesauribili. Altri forniscono pareri articolati sul cosiddetto riscaldamento globale. Altri ancora, pur ammettendo questi fenomeni, non ne fanno l’unica causa, né la causa principale, degli effetti che oggi ad essi vengono troppo superficialmente e per sentito dire attribuiti. Le scienze, come è noto, non sanno dire la parola fine alle discussioni su dinamiche, anzi la discussione riguarda addirittura la raccolta dei dati.

Quando poi i dati vengono assunti per fare previsioni o per promuovere politiche di settore, la discrezionalità aumenta ulteriormente. Capita così che se i documenti del magistero scendono troppo nel concreto, corrono il rischio di battezzare visioni di parte, di non rispettare la corretta laicità dei saperi, di voler fare il mestiere degli scienziati, o di sposare scelte di politica ambientale che servono alcuni interessi e non altri e su di esse compromettere il Vangelo. Non è che la green economy non nasconda nessun interesse e perfino i “nuovi stili di vita” fanno ricco qualcuno.

Siccome poi gli studi su queste materie sono in evoluzione perché la materia stessa è per definizione in evoluzione, è possibile che domani vengano smentite certe conclusioni di oggi con il rischio che il documento ecclesiale risulti presto superato e la sua promulgazione incauta, quantomeno ingenua o addirittura irresponsabile.

Infine, va anche notato che nel mondo ci sono visioni ideologiche che vanno per la maggiore, sostenute e guidate da centri di interesse molto potenti, che dettano legge sulle visioni pubblicamente accettabili da assumere in campo ambientale. Non si dimentichi che l’ambientalismo è una ideologia molto di moda, ma la Chiesa non dovrebbe seguire le mode. Bisogna quindi fare attenzione affinché la Chiesa non adoperi il linguaggio e le categorie dell’ONU e degli altri organismi internazionali. Essa non deve appiattirsi sul prossimo COP 24 di Katowice (dicembre 2018) come non poteva farlo sul COP 21 di Parigi (settembre 2016). E’ purtroppo già successo molte volte in passato, come per esempio nel referendum sull’acqua o sulle trivelle. La salvezza cristiana non verrà dai vertici internazionali o dai parlamenti.

Per dirla in altri termini, bisogna stare attenti al rischio dell’ideologia. E’ alquanto strano che oggi si debba notare questa distorsione: se si pretende di valutare in senso cristiano delle leggi su aborto e famiglia è frequente negli ecclesiastici l’allarme del pericolo ideologico, ma se si deve valutare questioni ambientali secondo la vulgata corrente questo allarme diminuisce fino a sparire. Avremo così parrocchie attente ad avere i pannelli solari sulla Chiesa perché i vescovi hanno lanciato la campagna di disinvestimento dalle risorse energetiche non rinnovabili, ma anche che non dicono mai una parola contro il crimine dell’aborto?

Cos’è l’ideologia? Nella mia testa è rimasta la definizione che all’università ho imparato da Francesco Gentile: “una posizione di parte che pretende di valere per l’intero”. Bisognerebbe tenerla presente questa definizione quando si stendono documenti su questioni ambientali ed ecologiche. Se, esaminando la problematica ecologica, si isolano alcuni temi dalla complessiva visione cristiana del creato, si rischia di fare un’operazione ideologica. Questo è quanto fanno le agenzie dell’ONU, ma che non può fare la Chiesa.

Non si può trattare l’ambiente solo come ambiente, ma come ambiente umano e come creato da Dio. Se, per esempio, ci si concentra sulla cura degli animali senza parlare della cura dei bambini a cominciare da quelli concepiti e non ancora nati, si fa una operazione ideologica. La cura degli animali è cosa buona in sé, ma non è la sola e nemmeno la principale, sicché se viene isolata ed assolutizzata finisce per pretendere di valere per l’intero.

La cosiddetta “conversione ecologica” non deve essere intesa come una conversione all’ecologia (come in realtà l’espressione lascia intendere nella sua ambiguità), e nemmeno come una conversione all’uomo, ma come una conversione a Dio. Se viene presentata come una conversione all’ecologia allora si tratta di ideologia e non di fede cattolica. Ridotto l’uso del gasolio, ci sentiremo apposto con le esigenze della nostra fede, ma avremo ottenuto solo il risultato di finanziare i produttori di pannelli solari.
















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