CHIESA
EDITORIALI
04-06-2018
Il Corpus Domini è sempre stata anche la festa della presenza di Gesù Cristo nella vita sociale, la processione un momento di missione. Quest'anno però in molte parti si è celebrata in tono dimesso, quasi che che "Chiesa in uscita" significhi che la Chiesa esce dal mondo invece che entrarci.
di Luigi Negri*
Nella tradizione la festa del Corpus Domini è sempre stata sentita e vissuta anche come festa della presenza di Gesù Cristo nella vita sociale. La processione del Corpus Domini – e lo ricordo fin dai tempi della mia gioventù - è il momento in cui si porta Cristo nel mondo. E lo si porta recuperando il termine essenziale e fondamentale della sua presenza nella Chiesa in corpo, sangue, anima e divinità, ovvero il sacramento dell’Eucarestia. In questo senso il Corpus Domini si inserisce nella grandiosa evocazione della Chiesa come missione.
Dovrebbe essere questa anche l’unica interpretazione adeguata del termine “Chiesa in uscita”: “Chiesa in missione”, una Chiesa che annunzia e rende presente Cristo al cuore di ogni uomo, con la certezza irrinunciabile che Cristo è il senso ultimo della vita e della storia, e quindi – come ci ha insegnato san Giovanni Paolo II – è l’unica possibilità di salvezza per l’uomo di questo tempo e di ogni tempo.
Ho invece avuto la percezione che quest’anno il Corpus Domini sia stato celebrato in tono minore in molte parti del mondo.
Qualche volta il sospetto è che la “Chiesa in uscita” sia interpretata come Chiesa che esce dal mondo, e non come Chiesa che entra nel mondo.
Quando si vive il Corpus Domini in tono minore si rischia di ingenerare la rincorsa all'organizzazione di attività talvolta ambigue se non erronee.
Lo si è visto con chiarezza con il recente coinvolgimento in iniziative di dialogo con associazioni Lgbt. Non è ovviamente in discussione il dialogo con realtà di bisogno, né il lavoro perché sia superata ogni ingiusta discriminazione. Ma mi domando perché, per entrare in dialogo con certe realtà, bisogna prendere parte a iniziative di chiara matrice ideologica che generano scandalo nelle anime dei cristiani. L’esito ovvio è che da quel momento in poi il mondo ci giudica come appartenenti a quel tipo di impegno ideologico. E comunque partecipare a iniziative ideologiche non significa esser presenti nel mondo al modo di Cristo.
Quello che colpisce dunque è questa immagine dimessa della presenza cristiana. Da qui nasce l’urgenza di riflettere sulla questione che ponevo all’inizio: “La Chiesa in uscita” vuol dire che la Chiesa entra nel mondo o che la Chiesa esce dal mondo? E se entra nel mondo vi porta la novità redentiva e trasformante del Vangelo oppure nel mondo si mescola e si liquefa perdendo la sua identità e quindi la sua missione? Il Signore ci conforti nel nostro quotidiano cammino di vita e di missione per Lui, con Lui, in Lui.
* Vescovo emerito di Ferrara-Comacchio
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