domenica 25 febbraio 2018

Il giudice cita papa Francesco per giustificare la fine della vita del bambino contro il desiderio dei genitori





Nella traduzione di Chiesaepostconcilio da LifeSiteNews 23 febbraio, apprendiamo che Il giudice Hayden, che ha accolto la richiesta dell’ospedale di staccare il respiratore al piccolo Alfie, per lasciarlo morire poiché affetto da rarissima malattia, nella sua sentenza, ha citato la lettera scritta dal papa a mons. Vincenzo Paglia, presidente della Pontificia Accademia per la Vita il 7 novembre scorso, a margine di un convegno internazionale, il Meeting Regionale Europeo della “World Medical Association”, tenutosi in Vaticano proprio sul fine vita il 16 e 17 novembre 2017. E ora, il bimbo forse sarà lasciato morire (come già accaduto al piccolo Charlie) ma con una motivazione che è il risultato diretto di parole del papa, il quale non dovrebbe permettere che si usino le sue parole con tanta malizia.



Un giudice in Gran Bretagna ha giustificato la sua decisione di staccare il ventilatore ad un bambino, contro la volontà dei suoi genitori cattolici, citando un recente discorso controverso tenuto da Papa Francesco.
I genitori di Alfie Evans, un bambino di 21 mesi con una misteriosa malattia, il 20 febbraio scorso hanno ricevuto un colpo devastante dall'alta corte quando il giudice Anthony Hayden ha stabilito che il ventilatore del bambino deve essere spento. Kate James, 20 anni, e Tom Evans, 21 anni, dal giugno 2017 stanno lottando nei confronti dell'ospedale pediatrico Alder Hey a Liverpool.
Dopo essere stato ricoverato in ospedale nel dicembre 2016, le condizioni del piccolo Alfie hanno iniziato a peggiorare e l'ospedale ha iniziato a fare pressione sui genitori per rimuovere il loro bambino dal supporto vitale.
Il giudice ha riconosciuto la fede cattolica dei genitori di Alfie, e a tal proposito ha detto che “è importante che queste credenze siano considerate nell’ampia gamma di fattori rilevanti” in relazione agli “interessi superiori” di Alfie. Il giudice Hayden ha poi citato la lettera aperta di papa Francesco del novembre 2017 alla Pontificia accademia per la vita come giustificazione per la rimozione forzata del sostegno vitale di Alfie. Egli ha detto:
“La posizione della Chiesa cattolica romana è talvolta rappresentata in modo impreciso nei casi relativi a queste difficili questioni etiche. Il documento di Mylonas è una lettera aperta, di Sua Santità Papa Francesco, al Presidente della Pontificia Accademia per la Vita, datata novembre 2017. Nel suo messaggio, Papa Francesco ha chiesto "supplementi di saggezza " nel trovare un equilibrio tra gli sforzi medici per prolungare la vita e la decisione responsabile di mantenere il trattamento quando la morte diventa inevitabile. La sua lettera identifica che non adottare o sospendere misure sproporzionate può evitare un trattamento troppo zelante. Non vorrei presumere di aggiungere alcuna glossa ai seguenti estratti ...”.
La parte rilevante della lettera di Papa Francesco, usata dal giudice Hayden per giustificare la sua conclusione, parla della giustificazione morale alla sospensione del trattamento per la dignità del paziente. La lettera di Papa Francesco dice:

[inizio citazione] “Occorre quindi un supplemento di saggezza, perché oggi è più insidiosa la tentazione di insistere con trattamenti che producono potenti effetti sul corpo, ma talora non giovano al bene integrale della persona.
Il Papa Pio XII, in un memorabile discorso rivolto 60 anni fa ad anestesisti e rianimatori, affermò che non c’è obbligo di impiegare sempre tutti i mezzi terapeutici potenzialmente disponibili e che, in casi ben determinati, è lecito astenersene (cfr Acta Apostolicae Sedis XLIX [1957],1027-1033). È dunque moralmente lecito rinunciare all’applicazione di mezzi terapeutici, o sospenderli, quando il loro impiego non corrisponde a quel criterio etico e umanistico che verrà in seguito definito “proporzionalità delle cure” (cfr Congregazione per la Dottrina della Fede, Dichiarazione sull’eutanasia, 5 maggio 1980, IV: Acta Apostolicae Sedis LXXII [1980], 542-552). L’aspetto peculiare di tale criterio è che prende in considerazione «il risultato che ci si può aspettare, tenuto conto delle condizioni dell’ammalato e delle sue forze fisiche e morali» (ibid.). Consente quindi di giungere a una decisione che si qualifica moralmente come rinuncia all’“accanimento terapeutico”.
È una scelta che assume responsabilmente il limite della condizione umana mortale, nel momento in cui prende atto di non poterlo più contrastare. «Non si vuole così procurare la morte: si accetta di non poterla impedire», come specifica il Catechismo della Chiesa Cattolica (n. 2278). Questa differenza di prospettiva restituisce umanità all’accompagnamento del morire, senza aprire giustificazioni alla soppressione del vivere. Vediamo bene, infatti, che non attivare mezzi sproporzionati o sospenderne l’uso, equivale a evitare l’accanimento terapeutico, cioè compiere un’azione che ha un significato etico completamente diverso dall’eutanasia, che rimane sempre illecita, in quanto si propone di interrompere la vita, procurando la morte.
Certo, quando ci immergiamo nella concretezza delle congiunture drammatiche e nella pratica clinica, i fattori che entrano in gioco sono spesso difficili da valutare. Per stabilire se un intervento medico clinicamente appropriato sia effettivamente proporzionato non è sufficiente applicare in modo meccanico una regola generale. Occorre un attento discernimento, che consideri l’oggetto morale, le circostanze e le intenzioni dei soggetti coinvolti. La dimensione personale e relazionale della vita – e del morire stesso, che è pur sempre un momento estremo del vivere – deve avere, nella cura e nell’accompagnamento del malato, uno spazio adeguato alla dignità dell’essere umano”. [fine citazione -ndT]

Il giudice, per le sue decisioni, ha riflettuto sulle parti sopra evidenziate della lettera del papa come fondamento per la sua conclusione:
“Il supporto continuo della ventilazione, in circostanze che sono convinto sia inutile, ora compromette la dignità futura di Alfie e non rispetta la sua autonomia. Sono convinto del fatto che il supporto ventilatorio continuo non sia più nell’interesse di Alfie”. 

Non è la prima volta che la lettera di Papa Francesco viene utilizzata per giustificare decisioni di autorità governativa di sospendere i trattamenti salva-vita. Proprio lo scorso dicembre, i sostenitori della lotta contro la legge sull'eutanasia in Italia hanno affermato che la lettera ha indebolito la decisione di alcuni politici cattolici di votare contro.

Citando le stesse parti della lettera di papa Francesco sopra evidenziate, il New York Times ha concluso che "Papa Francesco ha inaspettatamente rafforzato le prospettive del disegno di legge". L'articolo del Times ha aggiunto:

I sostenitori del disegno di legge hanno usato le parole del papa per respingere i critici cattolici, osservando che Francesco aveva semplicemente ribadito gli insegnamenti di vecchia data della Chiesa cattolica quando affermava che la sua dottrina sulla santità della vita non giustificava trattamenti medici troppo zelanti per prolungare artificialmente la vita. 

L'Evangelium Vitae (1995) di Giovanni Paolo II n. 65 ha definito:

Per eutanasia in senso vero e proprio si deve intendere un'azione o un'omissione che di natura sua e nelle intenzioni procura la morte, allo scopo di eliminare ogni dolore. «L'eutanasia si situa, dunque, al livello delle intenzioni e dei metodi usati».

Il Santo Padre ha poi spiegato che esiste una distinzione tra l'eutanasia, come l'aveva appena definita, e la decisione di rinunciare o interrompere ciò che ha definito "trattamento medico aggressivo". Ha detto:
Da essa va distinta la decisione di rinunciare al cosiddetto «accanimento terapeutico», ossia a certi interventi medici non più adeguati alla reale situazione del malato, perché ormai sproporzionati ai risultati che si potrebbero sperare o anche perché troppo gravosi per lui e per la sua famiglia. In queste situazioni, quando la morte si preannuncia imminente e inevitabile, si può in coscienza «rinunciare a trattamenti che procurerebbero soltanto un prolungamento precario e penoso della vita, senza tuttavia interrompere le cure normali dovute all'ammalato in simili casi».

Con questo in mente, Papa Giovanni Paolo II condanna fermamente l'eutanasia come un atto contrario alla legge naturale.
“Fatte queste distinzioni, in conformità con il Magistero dei miei Predecessori e in comunione con i Vescovi della Chiesa cattolica, confermo che l'eutanasia è una grave violazione della Legge di Dio, in quanto uccisione deliberata moralmente inaccettabile di una persona umana. Tale dottrina è fondata sulla legge naturale e sulla Parola di Dio scritta, è trasmessa dalla Tradizione della Chiesa ed insegnata dal Magistero ordinario e universale”. [grassetto aggiunto]
Anche se questo può sembrare simile a quello che Papa Francesco ha scritto nella sua lettera alla Pontificia Accademia per la Vita, e potrebbe sembrar giustificare le decisioni prese dal giudice nel caso del piccolo Alfie e dai legislatori in Italia, è di vitale importanza notare che anche il Papa Giovanni Paolo II distingue ulteriormente tra "cure mediche" e mezzi naturali per preservare la vita. In un Discorso ai medici, a Roma nel 2004:

“In particolare, vorrei sottolineare come la somministrazione di acqua e cibo, anche quando avvenisse per vie artificiali, rappresenti sempre un mezzo naturale di conservazione della vita, non un atto medico. Il suo uso pertanto sarà da considerarsi, in linea di principio, ordinario e proporzionato, e come tale moralmente obbligatorio, nella misura in cui e fino a quando esso dimostra di raggiungere la sua finalità propria, che nella fattispecie consiste nel procurare nutrimento al paziente e lenimento delle sofferenze”. (grassetto aggiunto)

Anche se Papa Giovanni Paolo II non menzionava la ventilazione per aiutare i polmoni a mantenere il flusso di ossigeno, la somministrazione di un ventilatore non è più invasiva o ingombrante dei mezzi artificiali per fornire nutrimento e acqua.

Il dott. Paul Byrne, ex presidente dell'Associazione medica cattolica e co-inventore dei primi ventilatori neonatali, ha detto a LifeSiteNews:
"Un ventilatore muove l'aria nella trachea e nelle vie aeree maggiori. Supporta la respirazione solo in una persona vivente. L'ossigeno passa dai polmoni al sangue, quindi viene fatto circolare in tutte le cellule, i tessuti e gli organi, quindi il biossido di carbonio viene raccolto e riportato ai polmoni per essere espirato. La respirazione si verifica solo quando è presente la vita. Il ventilatore per respirare è analogo a un tubo di alimentazione. Questi tubi sono di supporto alla vita solo in una persona vivente. Togliere il ventilatore da Alfie significherebbe infliggergli la morte".
Nella dichiarazione di Giovanni Paolo II ai medici, è chiaro che l'argomento che egli fornisce per ciò che costituisce l'eutanasia per omissione si applicherebbe anche all'utilizzo di un ventilatore:
L'obbligo di fornire "cure ordinarie dovute ai malati in questi casi" (1) include, in effetti, l'uso di nutrizione e idratazione (2). La valutazione delle probabilità, fondata su scarse speranze di recupero quando lo stato vegetativo si prolunga oltre un anno, non può giustificare eticamente la cessazione o l'interruzione di cure minime per il paziente, inclusa la nutrizione e l'idratazione. La morte per fame o disidratazione è, infatti, l'unico risultato possibile a causa del loro ritiro. In questo senso finisce per diventare, se fatta consapevolmente e volontariamente, vera e propria eutanasia per omissione.

Il Catechismo della Chiesa Cattolica è chiaro sui confini dell'autorità civile. Al n. 2235 afferma: “Nessuno può comandare o istituire ciò che è contrario alla dignità delle persone e alla legge naturale”. Come stabilito da Papa Giovanni Paolo II, l'eutanasia include l'omissione volontaria della fornitura dei bisogni fondamentali per il sostentamento della vita, egli condanna l'eutanasia come un crimine contro la legge naturale. Ma attraverso il mandato giudiziario, il giudice Hayden ha disposto che una necessità fondamentale per il sostentamento della vita umana fosse rimossa da un bambino innocente, contro i desideri espressi dei suoi genitori.

Il fatto è che la fornitura di un ventilatore non è complicata o eccessivamente onerosa, e i genitori avevano abbastanza sostegno finanziario per portare a casa il loro bambino in modo che potessero prendersi cura di lui autonomamente. Le richieste dei genitori di portare a casa il loro bambino sono state tutte negate.


Purtroppo, oltre a dare ai legislatori cattolici in Italia una copertura morale per il passaggio della legislazione pro-eutanasia, le dichiarazioni di Papa Francesco hanno ora aiutato un'autorità statale a prevalere sui diritti e sui desideri dei genitori di prendersi cura del loro figlio. E ora, un bambino sta per morire come risultato diretto.

[Traduzione a cura di Chiesa e post-concilio]













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