di Andrea Zambrano (15/09/2017)
“Non siete tradizionalisti, siete cattolici al pari mio e del Papa”. Le parole del cardinal Robert Sarah, Prefetto del culto Divino arrivano scandite quasi al termine della relazione tenuta dal porporato nel corso del Convegno a dieci anni dal Summorum Pontificum di Benedetto XVI. E sembrano porre fine a una lunga traversata nel deserto compiuta dai gruppi stabili e dai tanti monaci e religiosi (all’Angelicum di Roma ieri erano soprattutto francesi e italiani) che in questi anni hanno sperimentato i benefici della forma straordinaria del rito romano.
E' la cosiddetta messa in latino o messa tridentina. Un clichè linguistico buono per tenere a bada e inquadrare un fenomeno nato in sordina, ma che oggi è cresciuto a tal punto che il termine tradizionalista sta stretto e per certi versi è ingeneroso dato che la maggior parte dei fedeli che hanno questa sensibilità sono giovani e nostalgici di nulla. A dare piena cittadinanza alla forma straordinaria del rito romano è arrivato anche l’attuale prefetto della disciplina dei Sacramenti che ha colto l’occasione nel corso della lectio magistralis di ieri per chiarire anche alcune sue espressioni che avevano scatenato i sospetti di alcuni guardiani della rivoluzione: l’orientamento in primis e la Riforma della Riforma secondariamente.
Non prima di ricordare che il motu proprio è stato “un segno di riconciliazione nella Chiesa che ha portato molto frutto e che in questo senso è stato fatto anche da Papa Francesco”. Partendo da Ratzinger il cardinale ha ricordato che «la dimenticanza di Dio è il pericolo più incalzante del nostro tempo». “Se la Chiesa di oggi è meno zelante ed efficace nel portare le persone a Cristo – ha detto alla platea dell’Angelicum -, una delle cause può essere la nostra mancata partecipazione alla Sacra Liturgia in modo autentico ed efficace. E ciò forse è dovuto a sua volta ad una mancanza di una adeguata formazione liturgica – di cui è preoccupato anche il nostro Santo Padre, Francesco, quando dice che “una liturgia che fosse staccata dal culto spirituale rischierebbe di svuotarsi”.
Per Sarah “questo può essere anche dovuto al fatto che molto spesso la liturgia, così come viene celebrata, non è celebrata fedelmente e pienamente come la intende la Chiesa, ma depauperandoci o deprivandoci di quel pieno incontro con Cristo nella Chiesa, che è un diritto di ogni battezzato”. Tanto che “molte liturgie sono davvero nient’altro che “antropocentriche”, “un teatro, un divertimento mondano, con tanti rumori, danze e movimenti corporali che assomigliano alle nostre manifestazioni folkloriche”. Invece, la liturgia è il momento di un incontro personale e di intimità con Dio e qui il cardinale ha ammonito Africa, Asia e America Latina a riflettere “sulla loro ambizione umana di inculturare la liturgia, in modo da evitare la superficialità, il folklore e l’autocelebrazione culturale”.
Ma che cosa c’entra questo con la messa in forma tridentina? C’entra perché nel cosiddetto usus antiquior questi rischi vengono notevolmente depotenziati. Come quello di perdere un orientamento liturgico che, lungi dall’essere una questione formale, rappresenta invece un dettaglio fondamentale per parlare con Dio. Dettaglio. Sarah lo ribadisce, ricordando di averne già parlato e di come negli ultimi anni il tornare a “volgersi ad Deum o ad orientem durante la liturgia Eucaristica, sia gestualità quasi universalmente assunta nelle celebrazioni dell’usus antiquior”.
Ma anche la pratica dell’orientamento “è perfettamente appropriata – e io insisto – e pastoralmente vantaggiosa, nella forma più moderna del rito Romano”. Il cardinale è consapevole che questo potrebbe causargli l’accusa di essere attento ai dettagli: “Sì, - ha proseguito - perché come ogni marito e moglie sanno, in ogni rapporto d’amore i più piccoli dettagli sono molto importanti, perché è in essi, e attraverso di essi, che l’amore si esprime e si vive giorno dopo giorno. Le ‘piccole cose’ nella vita matrimoniale esprimono e proteggono le realtà più grandi, tanto che il matrimonio inizia a rompersi quando questi dettagli vengono meno. Così anche nella liturgia: quando i suoi piccoli rituali diventano routine e non sono più atti di culto che esprimono le realtà del mio cuore e della mia anima, quando non mi prendo più cura dei dettagli, allora vi è il grande pericolo che il mio amore a Dio Onnipotente si raffreddi”.
Stesso argomento per il silenzio, il solo che “può edificare ciò che sosterrà la sacra celebrazione perché il rumore uccide la liturgia, assassina la preghiera, ci strappa e ci esilia lontano da Dio”. Si arriva così nel cuore della solenne celebrazione della Santa Messa nell’usus antiquior che “è un ottimo paradigma di questo, poiché, con i suoi livelli di ricco contenuto e i diversi punti di collegamento con l’azione di Cristo, ci permette di raggiungere tale silenzio. Tutto ciò è certamente un tesoro con il quale possono essere arricchite alcune celebrazioni dell’usus recentior, a volte purtroppo orizzontali e rumorose”.
Le riflessioni di Sarah però hanno come protagonista la messa in generale e non soltanto quella in forma straordinaria. Infatti il cardinale ha invitato a “non pregare il breviario con il proprio telefonino o il proprio ipad” perché “non è dignitoso, desacralizza la preghiera. Questo apparecchio non è uno strumento consacrato e riservato a Dio”. Ma anche scattare fotografie durante la Sacra Liturgia da parte di presbiteri.
Sui gruppi stabili Sarah ha espresso tutta la sua gratitudine testimoniando “la sincerità e la devozione di questi giovani uomini e donne, sacerdoti e laici e delle buone vocazioni al sacerdozio e alla vita religiosa che sono nate in comunità che celebrano l’usus antiquior”. E’ la miglior risposta a chi ritiene l’uso della messa tridentina ad un uso passatista o nostalgico: “A coloro che nutrono dei dubbi al riguardo io direi: visitate queste comunità e cercate di conoscerle, specialmente i giovani che vi fanno parte. Aprite i vostri cuori e le vostre menti a questi nostri giovani fratelli e sorelle, e guardate il bene che fanno. Non sono nostalgici né amareggiati né oppressi dalle lotte ecclesiastiche dei recenti decenni; essi sono pieni della gioia di vivere la vita di Cristo in mezzo alle sfide del mondo moderno”. Un appello esteso anche “ai miei fratelli vescovi: questi fedeli, queste comunità hanno una grande necessità di cura paterna. Non dobbiamo lasciare che le nostre preferenze personali oppure le incomprensioni del passato tengano lontani i fedeli che aderiscono alla forma straordinaria del Rito Romano”.
Perché – è il senso delle parole di Sarah - l’usus antiquior dovrebbe essere considerato come una parte normale della vita della Chiesa del ventunesimo secolo. “Statisticamente esso può ben rappresentare e rimanere una piccola parte della vita della Chiesa, come prevedeva Papa Benedetto XVI, ma non per questo è una via inferiore e di “seconda classe”. Non ci dovrebbe essere concorrenza tra la forma ordinaria e quella straordinaria dell’unico Rito Romano: la celebrazione di tutte e due le forme dovrebbe essere un elemento naturale della vita della Chiesa nei nostri giorni”
Infine una parola “paterna” a tutti coloro che sono associati alla forma più antica del Rito Romano. “Alcuni, quando non addirittura voi stessi, vi chiamano “tradizionalisti”. Per favore, non lo fate più. Voi non siete rinchiusi in una scatola su un ripiano di una libreria o in un museo di curiosità. Voi non siete tradizionalisti: voi siete cattolici del Rito Romano come me e come il Santo Padre. Voi non siete di seconda classe o membri particolari della Chiesa Cattolica a motivo del vostro culto e delle vostre pratiche spirituali, che sono state quelle di innumerevoli santi. Voi siete chiamati da Dio, come tutti i battezzati, a prendere il vostro posto nella vita e nella missione della Chiesa nel mondo di oggi, al quale anche voi siete inviati”.
E ancora: “Se voi non avete lasciato ancora le catene del “ghetto tradizionalista”per favore fatelo oggi. Dio Onnipotente vi chiama a fare questo. Nessuno vi ruberà l’usus antiquior, ma molti saranno beneficati, in questa vita e nella futura, dalla vostra fedele testimonianza cristiana che avrà tanto da offrire, considerando la profonda formazione nella fede che gli antichi riti, e l’ambiente spirituale e dottrinale ad essi connessi, vi hanno dato perché "non si accende una lucerna per metterla sotto il moggio, ma sopra il lucerniere perché faccia luce a tutti quelli che sono nella casa". Questa è la vostra vera vocazione, la missione alla quale vi chiama la Providenza divina nel suscitare , in tempo opportuno il Motu Proprio Summorum Pontificum”.
E' la cosiddetta messa in latino o messa tridentina. Un clichè linguistico buono per tenere a bada e inquadrare un fenomeno nato in sordina, ma che oggi è cresciuto a tal punto che il termine tradizionalista sta stretto e per certi versi è ingeneroso dato che la maggior parte dei fedeli che hanno questa sensibilità sono giovani e nostalgici di nulla. A dare piena cittadinanza alla forma straordinaria del rito romano è arrivato anche l’attuale prefetto della disciplina dei Sacramenti che ha colto l’occasione nel corso della lectio magistralis di ieri per chiarire anche alcune sue espressioni che avevano scatenato i sospetti di alcuni guardiani della rivoluzione: l’orientamento in primis e la Riforma della Riforma secondariamente.
Non prima di ricordare che il motu proprio è stato “un segno di riconciliazione nella Chiesa che ha portato molto frutto e che in questo senso è stato fatto anche da Papa Francesco”. Partendo da Ratzinger il cardinale ha ricordato che «la dimenticanza di Dio è il pericolo più incalzante del nostro tempo». “Se la Chiesa di oggi è meno zelante ed efficace nel portare le persone a Cristo – ha detto alla platea dell’Angelicum -, una delle cause può essere la nostra mancata partecipazione alla Sacra Liturgia in modo autentico ed efficace. E ciò forse è dovuto a sua volta ad una mancanza di una adeguata formazione liturgica – di cui è preoccupato anche il nostro Santo Padre, Francesco, quando dice che “una liturgia che fosse staccata dal culto spirituale rischierebbe di svuotarsi”.
Per Sarah “questo può essere anche dovuto al fatto che molto spesso la liturgia, così come viene celebrata, non è celebrata fedelmente e pienamente come la intende la Chiesa, ma depauperandoci o deprivandoci di quel pieno incontro con Cristo nella Chiesa, che è un diritto di ogni battezzato”. Tanto che “molte liturgie sono davvero nient’altro che “antropocentriche”, “un teatro, un divertimento mondano, con tanti rumori, danze e movimenti corporali che assomigliano alle nostre manifestazioni folkloriche”. Invece, la liturgia è il momento di un incontro personale e di intimità con Dio e qui il cardinale ha ammonito Africa, Asia e America Latina a riflettere “sulla loro ambizione umana di inculturare la liturgia, in modo da evitare la superficialità, il folklore e l’autocelebrazione culturale”.
Ma che cosa c’entra questo con la messa in forma tridentina? C’entra perché nel cosiddetto usus antiquior questi rischi vengono notevolmente depotenziati. Come quello di perdere un orientamento liturgico che, lungi dall’essere una questione formale, rappresenta invece un dettaglio fondamentale per parlare con Dio. Dettaglio. Sarah lo ribadisce, ricordando di averne già parlato e di come negli ultimi anni il tornare a “volgersi ad Deum o ad orientem durante la liturgia Eucaristica, sia gestualità quasi universalmente assunta nelle celebrazioni dell’usus antiquior”.
Ma anche la pratica dell’orientamento “è perfettamente appropriata – e io insisto – e pastoralmente vantaggiosa, nella forma più moderna del rito Romano”. Il cardinale è consapevole che questo potrebbe causargli l’accusa di essere attento ai dettagli: “Sì, - ha proseguito - perché come ogni marito e moglie sanno, in ogni rapporto d’amore i più piccoli dettagli sono molto importanti, perché è in essi, e attraverso di essi, che l’amore si esprime e si vive giorno dopo giorno. Le ‘piccole cose’ nella vita matrimoniale esprimono e proteggono le realtà più grandi, tanto che il matrimonio inizia a rompersi quando questi dettagli vengono meno. Così anche nella liturgia: quando i suoi piccoli rituali diventano routine e non sono più atti di culto che esprimono le realtà del mio cuore e della mia anima, quando non mi prendo più cura dei dettagli, allora vi è il grande pericolo che il mio amore a Dio Onnipotente si raffreddi”.
Stesso argomento per il silenzio, il solo che “può edificare ciò che sosterrà la sacra celebrazione perché il rumore uccide la liturgia, assassina la preghiera, ci strappa e ci esilia lontano da Dio”. Si arriva così nel cuore della solenne celebrazione della Santa Messa nell’usus antiquior che “è un ottimo paradigma di questo, poiché, con i suoi livelli di ricco contenuto e i diversi punti di collegamento con l’azione di Cristo, ci permette di raggiungere tale silenzio. Tutto ciò è certamente un tesoro con il quale possono essere arricchite alcune celebrazioni dell’usus recentior, a volte purtroppo orizzontali e rumorose”.
Le riflessioni di Sarah però hanno come protagonista la messa in generale e non soltanto quella in forma straordinaria. Infatti il cardinale ha invitato a “non pregare il breviario con il proprio telefonino o il proprio ipad” perché “non è dignitoso, desacralizza la preghiera. Questo apparecchio non è uno strumento consacrato e riservato a Dio”. Ma anche scattare fotografie durante la Sacra Liturgia da parte di presbiteri.
Sui gruppi stabili Sarah ha espresso tutta la sua gratitudine testimoniando “la sincerità e la devozione di questi giovani uomini e donne, sacerdoti e laici e delle buone vocazioni al sacerdozio e alla vita religiosa che sono nate in comunità che celebrano l’usus antiquior”. E’ la miglior risposta a chi ritiene l’uso della messa tridentina ad un uso passatista o nostalgico: “A coloro che nutrono dei dubbi al riguardo io direi: visitate queste comunità e cercate di conoscerle, specialmente i giovani che vi fanno parte. Aprite i vostri cuori e le vostre menti a questi nostri giovani fratelli e sorelle, e guardate il bene che fanno. Non sono nostalgici né amareggiati né oppressi dalle lotte ecclesiastiche dei recenti decenni; essi sono pieni della gioia di vivere la vita di Cristo in mezzo alle sfide del mondo moderno”. Un appello esteso anche “ai miei fratelli vescovi: questi fedeli, queste comunità hanno una grande necessità di cura paterna. Non dobbiamo lasciare che le nostre preferenze personali oppure le incomprensioni del passato tengano lontani i fedeli che aderiscono alla forma straordinaria del Rito Romano”.
Perché – è il senso delle parole di Sarah - l’usus antiquior dovrebbe essere considerato come una parte normale della vita della Chiesa del ventunesimo secolo. “Statisticamente esso può ben rappresentare e rimanere una piccola parte della vita della Chiesa, come prevedeva Papa Benedetto XVI, ma non per questo è una via inferiore e di “seconda classe”. Non ci dovrebbe essere concorrenza tra la forma ordinaria e quella straordinaria dell’unico Rito Romano: la celebrazione di tutte e due le forme dovrebbe essere un elemento naturale della vita della Chiesa nei nostri giorni”
Infine una parola “paterna” a tutti coloro che sono associati alla forma più antica del Rito Romano. “Alcuni, quando non addirittura voi stessi, vi chiamano “tradizionalisti”. Per favore, non lo fate più. Voi non siete rinchiusi in una scatola su un ripiano di una libreria o in un museo di curiosità. Voi non siete tradizionalisti: voi siete cattolici del Rito Romano come me e come il Santo Padre. Voi non siete di seconda classe o membri particolari della Chiesa Cattolica a motivo del vostro culto e delle vostre pratiche spirituali, che sono state quelle di innumerevoli santi. Voi siete chiamati da Dio, come tutti i battezzati, a prendere il vostro posto nella vita e nella missione della Chiesa nel mondo di oggi, al quale anche voi siete inviati”.
E ancora: “Se voi non avete lasciato ancora le catene del “ghetto tradizionalista”per favore fatelo oggi. Dio Onnipotente vi chiama a fare questo. Nessuno vi ruberà l’usus antiquior, ma molti saranno beneficati, in questa vita e nella futura, dalla vostra fedele testimonianza cristiana che avrà tanto da offrire, considerando la profonda formazione nella fede che gli antichi riti, e l’ambiente spirituale e dottrinale ad essi connessi, vi hanno dato perché "non si accende una lucerna per metterla sotto il moggio, ma sopra il lucerniere perché faccia luce a tutti quelli che sono nella casa". Questa è la vostra vera vocazione, la missione alla quale vi chiama la Providenza divina nel suscitare , in tempo opportuno il Motu Proprio Summorum Pontificum”.
http://h2.lanuovabq.it/it/non-siete-tradizionalisti-ma-cattolici-uscite-dal-ghetto
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